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Nuova Venezia – Un piano per rigenerare Porto Marghera

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

26

nov

2014

riqualificazione

Piano del Vega per rigenerare Porto Marghera

Il Parco Vega, controllato da soci pubblici, ha un progetto per risanare i suoi bilanci e rilanciare le aree abbandonate

«Immaginiamo», dice l’architetto Andreas Kipar del gruppo di progettazione tedesco Land, esperto nella riqualificazione sostenibile di centri urbani degradati, «che il centro storico di Venezia e la sua miriade di isole e ponti siano le radici di un gigantesco albero del quale il ponte della Libertà e via Righi sono il tronco e la terraferma la sua chioma, con una macchia di rami secchi senza più vita in corrispondenza di Porto Marghera».

Ma, niente paura, c’è la cura– assicura l’architetto Kipar che ha collaborato al nuovo progetto di “waterfront” del parco tecnologicio e scientifico Vega di Marghera per «riportare nella parte di chioma malata la linfa vitale che scorre nelle eccezionali radici nella Venezia storica».

È questa, la “Green tree strategy”, messa a punto dalla società che gestisce il Parco Vega – controllata al 90% dalle isituzioni pubbliche con il comune di Venezia in preminenza (60%) – e il gruppo Land, per «far arrivare la linfa della radici storiche di Venezia nella chioma e far rifiorire i rami secchi».

Ad Amburgo, Mosca, Nantes, Parigi, New York, Barcellona e tante altre metropoli ci hanno pensato vent’anni fa e a piccoli passi sono arrivati a rigenerare spazi urbani e industriali inquinati e abbandonati a se stessi nel cuore della città, trasformandoli e valorizzandoli dal punto di vista paesaggistico, culturale ed economico.

A Venezia, purtroppo, si è cercato fino a pochi anni fa di tenere in piedi l’industria petrolchimica – malgrado l’alto impatto ambientale e il fatto che ormai non era più un business redditizio – col risultato che Porto Marghera si è trasformato in un deserto industriale con centinaia di ettari da bonificare, capannoni fatiscenti da abbattere, connessioni stradali insufficienti e malridotte.

Una landa desolata in cui emergono, per ora, solo piccole oasi; con nuovi impianti industriali (Eni-Versalis) che puntano sulla “green economy”; un parco tecnologico e scientifico come il Vega (22 ettari non del tutto utilizzati) assediato dai ruderi delle industrie dismesse e scollegato con altri poli nevralgici come Forte Marghera, l’area dei Pili, il Parco di San Giuliano e il campus universitario di via Torino.

«Il Vega Watefront è la nostra proposta all’intera città per fare un efficace gioco di squadra», spiega l’amministratore delegato del parco Vega scarl, Tommaso Santini, «un progetto di trasformazione urbana che riguarda lo sviluppo di un quadrante strategico di Venezia per i prossimi venti anni, messo a punto nel pieno rispetto di quanto previsto dal Pat, il Piano di assetto territoriale e tutti gli altri strumenti urbanistici, a cominciare dalla variante del Prg per Porto Marghera e dai previsto vincoli a destinazione industriali, commerciale e di servizio. In questo quadro si inseriscono il nuovo padiglione dell’Expo in costruzione nell’area Vega 2 e piccoli interventi temporanei per rivitalizzare subito le entrate del Vega».

Si tratta, insomma, di «un nuovo modello di sviluppo urbano mirato a presentare sul mercato nazionale ed internazionale del Real Estate un progetto innovativo con un approccio “finanziarizzato” e sostenibile in grado di far cogliere in modo chiaro e trasparente ai potenziali investitori i rischi e le opportunità che lo caratterizzano e con una visione d’insieme dell’intero ambito: quella logica di “messa a sistema” di viabilità, mobilità, reti infrastrutturali, bonifiche ambientali, paesaggio, pianificazione urbanistica ma soprattutto l’esigenza di un piano economico finanziario sostenibile e di una governance praticabile, tutti aspetti senza i quali non si riattiva un processo economico su un pezzo di città».

Finanziamenti sono stati promessi dal ministero dello Sviluppo Ecnomico e altri 20 milioni di euro potranno essere recuperati attraverso il fondo europeo Fers erogato e gestito dalla Regione. Ma sarebbe soltanto l’inizio di un processo che, per contagio, dovrebbe portare altri investimenti, anche privati, che valorizzerebbero gli stessi edifici del Vega 1, permettendo così alla società consortile controllata dal Comune di uscire dal concordato del tutto risanata.

Gianni Favarato

 

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