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Visita a Venezia della commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti

Il presidente Bratti chiede una maggiore collaborazione della Procura della Repubblica veneziana

«Tra Veneto e Campania non vedo grandi differenze, certo ne Sud Italia c’è il radicamento della criminalità organizzata che per fortuna manca al Nord, ma per quanto riguarda la corruttela e le conseguenze di danno ambientale che genera nell’ambito della gestione delle discariche la situazione è simile». Non sono tenere le parole dell’onorevole Alessandro Bratti, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che ieri ha terminato la sua due giorni a Venezia con un sopralluogo a Porto Marghera e con l’audizione di una quindicina di autorità per quanto riguarda il settore. Ferrarese, non ha soltanto esperienza politica, per lunghi anni ha lavorato all’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale dell’Emilia Romagna.

Il riferimento è all’ultima inchiesta della Procura veneziana, quella che ha fatto scattare le manette ai polsi del dirigente regionale dell’Ambiente, Franco Fior: un’indagine che ha messo a nudo un sistema molto simile a quello che avviene nel Sud nella gestione del traffico di rifiuti. E il deputato del Pd che presiede la Commissione ha lamentato una collaborazione insufficiente da parte dei vertici della Procura veneziana: «Nonostante il procuratore sia stato sentito per tre volte da noi in questi giorni, a Verona, a Padova e a Venezia, chiederemo al pubblico ministero che ha seguito quell’inchiesta di venire a Roma» ha concluso.

I parlamentari hanno compiuto anche un sopralluogo a Porto Marghera: «L’impressione che abbiamo tratto», ha spiegato il presidente, «è che vi siano ampie zone abbandonate», insomma c’è ancora tanto da lavorare. Ha aggiunto che, dopo aver ascoltato dal prefetto al presidente del Consorzio Venezia Nuova, dall’ammiraglio della Capitaneria all’Autorità portuale, dal presidente della giunta regionale al direttore dell’Arpa, le questioni scottanti da risolvere a Marghera riguardano lo smaltimento di 67 fusti di fosfogessi tossici radioattivi di cui da almeno 20 anni si rimpallano la responsabilità; i prodotti chimici pericolosi stoccati al Petrolchimico dove dal 7 dicembre le maestranze di Vinyls Italia che presidiano lo stabilimento non avranno più, dopo 5 anni, la cassa integrazione e gli impianti del cvm/pvc dovranno in qualche nodo essere messi in sicurezza; la presenza in grande quantità di amianto nell’area portuale con una previsione enorme di spesa visto che nel veneto non esiste una discarica attrezzata per lo smaltimento; infine il contenzioso da risolvere, visto anche l’arresto dell’assessore regionale, per l’ampliamento per rifiuti pericolosi dell’area del Vallone Moranzani.

Per quanto riguarda la presenza in questo settore della criminalità organizzata il presidente Bratti ha aggiunto che in veneto «non sembra esservi radicamento, ma esistono segnali che non vanno trascurati». E ancora una volta arrivano da alcune inchieste della magistratura veneziana e non. C’è quella che ha visto al centro la società “Enerambiente” dell’imprenditore veneziano Stefano Gavioli, finito in carcere assieme ai suoi consulenti legali e fiscali sia a Napoli sia a Catanzaro: nel capoluogo campano per la gestione della raccolta dei rifiuti, nella città calabrese per la gestione di una discarica. E poi l’arresto dell’imprenditore di Pianiga Sandro Rossato, titolare della “Ramm” e finito in manette assieme ad alcuni boss della ’ndrangheta. Infine, i parlamentari hanno ricordato che il presidente della giunta regionale, Luca Zaia, ha espresso una forte preoccupazione per la futura gestione del Mose, che per stessa ammissione del direttore del Consorzio Hermes Redi richiederà almeno 30 milioni ogni anno.

Giorgio Cecchetti

 

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