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Gazzettino – Mose. “Chisso, collettore di tangenti”

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

16

dic

2014

MOSE – Le motivazioni del gup sul patteggiamento (2 anni e mezzo) all’ex assessore regionale

«Chisso, collettore di tangenti»

«Per nove anni ha ricevuto uno “stipendio annuale” e dazioni una tantum dal sistema del Consorzio»

Dall’inchiesta sul sistema Mose risulta che l’ex assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso, era il «collettore del denaro prezzo della corruzione».

Lo scrive il giudice per l’udienza preliminare di Venezia, Massimo Vicinanza, nelle motivazioni, depositate ieri, della sentenza di pattegiamento con cui, lo scorso 28 novembre, ha applicato all’esponente politico di Forza Italia la pena di due anni, sei mesi e 20 giorni di reclusione, sulla base dell’accordo raggiunto con i pm Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola Tonini.

Nella sentenza vengono citate la vicenda del 7 febbraio 2013 «seguita passo passo dagli investigatori grazie all’attività di intercettazione telefonica, che ha portato ad individuare la consegna di denaro» all’ex assessore, nonché le dichiarazioni rese da Claudia Minutillo, responsabile di Adria Infrastrutture, uno dei soggetti giudici che avevano interesse ad ottenere l’adozione di atti pubblici favorevoli, Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova (Cvn) al quale era stata affidata la realizzazione dell’opera denominata Mose, Piergiorgio Baita, Nirco Voltazza, «tutte convergenti» contro Chisso. Insomma, secondo gil gup «non vi sono elementi in forza dei quali fondare il proscioglimento» richiesto dalla difesa.

Il giudice sottolinea che la condotta illecita di Chisso si è protratta per 9 anni, a partire dalla sua nomina ad assessore nel 2005, e scrive che è corretta la qualificazione giuridica del reato di corruzione operata dalla Procura e poi confermata dalla Cassazione, «visto che l’impegno del pubblico amministratore, retribuito con uno “stipendio annuale” e con dazioni una tantum, di adottare in senso favorevole al Consorzio tutti i provvedimenti previsti dalla legge, anche quelli contrari ai doveri d’ufficio, integra la violazione dell’articolo 319 cp».

La sentenza entra anche nel merito del reato di abuso d’ufficio contestato a Chisso in concorso con il dirigente regionale Fabio Fior in relazione all’affidamento al Cvn del Servizio Informativo per il monitoraggio delle discariche abusive e incontrollate del Veneto. Affidamento ritenuto illecito e reso possibile «proprio grazie alla copertura politica del Chisso… in chiara violazione della disciplina generale in materia di appalti di pubblici servizi». Quel progetto fu finanziato con oltre 4 milioni di euro, somma che Baita ha definito uno «sperpero totale di soldi dello Stato a beneficio di nessuno», anche perché il Servizio Informativo affidava gli incarichi «senza nessun tipo di gara, a parenti, amici, cose del Consorzio».

Quanto alla pena inflitta a Chisso, il giudice la definisce «congrua e correttamente determinata… L’imputato pare meritevole delle attenuanti generiche, se non altro perché in tal modo si adegua la pena all’effettivo ruolo avuto nella vicenda, tenuto conto delle sanzioni già applicate ad altri protagonisti della vicenda, tra cui il presidente della Regione Veneto Galan».

Infine la confisca, disposta per l’ammontare di 2 milioni di euro (a fronte di soli 1500 euro sequestrati all’ex assessore), somma quantificata «in via prudenziale» dal gup: «Deve ritenersi che nel corso degli anni, cioè dal 2005, Chisso per l’adozione di atti contrari ai doveri d’ufficio è stato retribuito stabilmente con somme non inferiori, se si tiene conto delle indicazioni forniute da Mintuillo e Mazzacurati, a 200mila euro per anno, oltre a dazioni ugualmente significative, anche prossime al milione di euro (dichiarazioni di Baita), ovvero cessioni o acquisti in plusvalenza di quote di società… La condotta, si è detto, si è protratta per nove anni».

 

 

LETTERE AL DIRETTORE – Con il “premio”a chi confessa si può combattere la corruzione

Caro direttore,
mentre la corruzione dilaga, il governo disegna. Mi riferisco al disegno di legge anticorruzione che, diversamente dal decreto legge, richiederà i tempi parlamentari per diventare legge. Ma voglio aggiungere un aspetto interessante. Venerdì scorso alle 18, un’ora prima che si riunisse il Consiglio dei ministri, circolava una bozza di questo Ddl in cui, all’articolo 1, era presente un comma che istituiva per i pentiti in questioni di corruzione la stessa norma premiale già istituita contro mafia e terrorismo, con sconti di pena da un terzo fino a metà, secondo l’aiuto offerto. Alle 20, al termine del Consiglio dei ministri, nel Ddl di questa norma non c’era più traccia. Cosa dobbiamo pensare? Forse ha ragione Massimo Fini. Le parole gridate ai quattro venti dai nostri governanti contro i disonesti, sono solo fumo negli occhi. Le reali intenzioni viaggiano su un altro binario.
Giovanni Moccia

Venezia

——
Caro lettore,
il tema è complesso ed eviterei quindi semplificazioni eccessive. Personalmente, come ho avuto modo di scrivere anche nella prefazione del libro “Retata storica” uscito in questi giorni e dedicato allo scandalo Mose, ritengo che il fenomeno corruttivo abbia raggiunto nel nostro Paese un livello di tale gravità ed estensione, da giustificare anche l’adozione di misure eccezionali, come appunto quella di prevedere sconti di pena significativi per i corrotti che confessano e forniscono un concreto aiuto ai magistrati nelle loro indagini. Del resto è altrimenti difficile spezzare la catena d’interesse che lega corrotti e corruttori. Naturalmente non mi sfuggono le riserve o le controindicazioni di natura etica e anche giuridica che una tale misura può generare: “premiare” chi ha commesso un reato può non trovare tutti d’accordo. Ma credo che, come accadde per il terrorismo negli anni di piombo, sia necessario anteporre a tutto l’interesse generale e la necessità di colpire in modo deciso la corruzione. E ritengo questa misura più efficace degli ipotizzati aumenti di pena che rischiano di restare sulla carta se non si danno ai magistrati strumenti efficaci per scoprire e colpire il malaffare.

 

VIVERE OGGI LA LEZIONE DI SAN PAOLO

Domenica San Paolo ci esorta: “Siate sempre lieti”; e ripetutamente nelle sue lettere: “State lieti… non preoccupatevi di nulla”. Dobbiamo perciò essere lieti e sereni anche quando restiamo senza soldi, anche il giorno che paghiamo le tasse. Ma c’è un modo per coltivare la letizia, la serenità? Vito Mancuso, col suo libro “Io amo”, suggerisce di cominciare dall’essere felici di sè, “dall’accettazione della propria condizione, amata per quella che è anche nei suoi limiti, ai quali si giunge a sorridere con quella leggerezza dell’autoironia che è una delle proprietà più belle dell’essere umano”. E poi allargare lo sguardo agli “altri”, poiché “ognuno di noi nasce dalle sue relazioni, vive nelle sue relazioni, è le sue relazioni. L’Io è costitutivamente relazione. Quando si vive per gli altri si sente il proprio Io espandersi”. Ecco, trovo questi concetti splendidamente sintetizzati dall’ossimoro di uno spot pubblicitario letto oggi sul Gazzettino: “Siate egoisti, fate del bene. Fare del bene è il miglior modo di sentirsi bene”. Cioè di essere lieti. Anche in vista del vicino Natale.

Domenico Ceoldo – Vigonza (Pd)

 

CORRUZIONE, I MAGISTRATI UNICO BALUARDO

L’ennesimo problema di corruzione, in questo Paese, dimostra come la politica è incapace di controllare chi si serve di essa e da molto tempo. Le compiacenze, i legami con il malaffare sono ormai il costume endemico di una società che è costretta a convivere, ma reagisce ancora stupendosi di tanto marcio che si annida in chi, nelle istituzioni come nel privato, gestisce il potere e. Purtroppo il danno d’immagine a questa povera Italia è diventato una voragine, esposta al pubblico ludibrio su tutto il Pianeta! Quando poi a essere coinvolta nella corruzione è pure la capitale di una nazione, che dovrebbe essere il riferimento per orgoglio, cultura, storia, autorità politica centrale, in una democrazia occidentale, tutto ciò che gravita e fa perno su organizzazioni malavitose di questa città, riflette inesorabilmente l’intera società malata. Ora bisogna provvedere al rimedio, con giustizia, senza alcuna indulgenza e con rigore cristallino almeno per tentare di recuperare un po’ di onore perso. Ma quante altre situazioni, analoghe a Roma, ci saranno da far scoperchiare? Ci sarebbe da azzerare un intero sistema politico-istituzionale, che non può certo definirsi garante di uno Stato di diritto! Esistono solo privilegi e furti, questi ultimi nei confronti dei cittadini contribuenti. Con l’amaro in bocca e tanta tristezza faccio davvero fatica a dire che questa Costituzione tuteli i cittadini. E come potrebbe, se padroneggia la piena libertà di approfittarsi della gestione pubblica, da dove invece dovrebbero uscire modelli di servizi eccellenti, mentre si assiste solo a buone intenzioni, per giunta riuscite a metà? L’unica speranza la ripongo nelle persone che hanno ancora vero senso dello Stato, come alcuni solitari magistrati, sorretti naturalmente dalle forze dell’ordine. Sono loro i veri garanti dei cittadini e dell’intera collettività nazionale.

Adalberto de’ Bartolomeis – Monselice (Pd)

 

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