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Il filosofo economista Latouche, teorico della decrescita, per due giorni a Treviso

Il fallimento del mercato unico europeo e l’effetto Grecia sugli altri Paesi

«Venezia si salverà cacciando le Grandi Navi dalla laguna, selezionando e tassando il turismo. Chi vuole visitare Piazza San Marco e il Ponte di Rialto, ammirare Punta della Dogana e passeggiare per il Ghetto deve essere disposto a pagare un sacco di soldi. Perché il turismo non è democratico, ma di élite».

La ricetta è di Serge Latouche, economista e filosofo francese teorico della “decrescita felice”, ieri e oggi a Treviso, invitato dalla Fondazione Benetton, per parlare di «Nuovi paradigmi della decrescita: aspetti economici, sociali e culturali».

La crisi dell’Europa economica, il successo elettorale di Alexis Tsipras in Grecia, l’elezione di papa Francesco e i guai di una città mondiale come Venezia, per il professore francese sono tutti sintomi che hanno un’origine comune: il fallimento del mercato globalizzato («un gioco al massacro su scala globale»), fondato sulla speranza di una continua crescita: «Si deve entrare nell’ordine di idee di costruire una società frugale, di prosperità senza crescita».

Sono giorni difficili per l’Europa: la crisi in Ucraina ne sta certificando la debolezza politica. Le elezioni in Grecia ne stanno mettendo in discussione il sistema economico. I problemi mai risolti stanno emergendo tutti insieme? «Il fallimento dell’Europa economica era previsto e annunciato da tempo. L’idea politica originaria era affascinante, ma è stata sviluppata male: l’Europa come un mercato unico, parte del grande mercato globalizzato. La conseguenza è stata che i governi dei singoli Paesi sono diventati i burattini delle istituzioni finanziarie, gettando nella disperazione intere popolazioni che, ora, iniziano a spingere dal basso. Come è accaduto in Grecia».

Tsipras ora però si trova di fronte a un bivio. «Ha di fronte una grande sfida. Uscire dalla moneta unica può essere una soluzione per la Grecia che, per secoli, ha vissuto senza l’euro. Ma non sarà sufficiente tornare alla Dracma. In caso di uscita la Grecia sarà politicamente isolata e non so se sarà pronta ad affrontare questo isolamento. L’unica certezza è che non ha più nulla da perdere e che dovrà abbandonare le misure di austerità, una moderna forma di masochismo criminale».

In tutta Europa stanno riscuotendo successo movimenti con posizioni molto critiche nei confronti dell’Europa: Le Pen in Francia, in Italia la Lega e il Movimento 5 Stelle, Podemos in Spagna. L’effetto Grecia si estenderà in altri Paesi? «Questi partiti, in alcuni casi con posizioni fasciste e razziste, raccolgono però esigenze reali che vengono dal basso. Non dimentichiamo che, per esempio in Italia, la Lega è votata dalla classe operaia che prima votava Partito comunista, o dalla piccola borghesia che si era affidata per anni alla Democrazia cristiana. Questi partiti hanno poi distrutto il ricco tessuto industriale di piccola e media impresa, facendo il gioco della Lega. I governi dovrebbero prima di tutto pensare a come ricostruire un nuovo tessuto industriale e tornare a considerare le ricchezze paesaggistiche e ambientali come una risorsa».

Ma di turismo si può anche morire. E il “caso Venezia”, con le immense navi da crociera che costeggiano San Marco, fa discutere il mondo intero. «È necessario individuare una qualche forma di protezionismo, nel senso di protezione del bene comune. Ho visto con i miei occhi la distruzione di Capri per colpa di un turismo violento e irrispettoso e il Comune non ha neanche i soldi per riparare i danni fatti dai troppi visitatori. Non parliamo poi di Pompei. La verità è che si deve trovare una formula per selezionare il turismo e il modo migliore è tassandolo».

Chi trae profitto dal turismo di massa afferma che in questo modo si penalizzerebbero i meno abbienti, in favore dei più ricchi. «Ma il turismo non è democratico, è di élite. Su una popolazione mondiale di quasi 7 miliardi di persone è una piccola percentuale quella che può permettersi di viaggiare. Per quanto riguarda Venezia deve prima di tutto finire lo scempio delle Grandi Navi in laguna, i cui passeggeri low-cost non portano alcun beneficio reale all’economia della città. E poi chi vuole godere delle bellezze di Venezia deve essere disposto a pagare tanti soldi: serviranno anche per pagare i danni provocati dal turismo stesso».

Giorgio Barbieri

 


 

Mille manifestanti e oltre 160 comitati contro cemento e assalto al territorio

Chiesto a gran voce il blocco delle grandi opere. «Fermate il project financing»

VENEZIA – Ci voleva un prete per metterli d’accordo tutti. Ma adesso per don Albino Bizzotto, il fondatore di Beati i costruttori di pace, comincia la vera sfida: quella di superare rivalità, antagonismi, campanilismi e antichi dissapori e dare a questo arcipelago di comitati – ne ha censiti più di 160 in tutto il Veneto – una voce libera, unitaria e forte. A Venezia sono arrivati in moltissimi: dal Comelico che si batte contro la strada Intervalliva con l’Austria al Polesine che ha il problema della centrale di Porto Tolle; dai comitati di Opzione zero che, sulla Riviera del Brenta, puntano il fucile su Veneto City Green (il green è stato aggiunto da poco) a quelli che si battono contro l’ampliamento dell’aeroporto di Treviso. Moltissimi i comitati della Superstrada Pedemontana Veneta, da Treviso a Vicenza. E poi Sos Salviamo il paesaggio, le associazioni della Valpolicella, i comitati contro gli impianti a bio gas e i gassificatori. E ancora gli attivisti di Stop ai pesticidi nella zona del prosecco e quelli di Aria Nova. I comitati no Ogm e per la Decrescita felice. Insomma, tutto il mondo stanco di vivere in una foresta di cemento che ogni giorno consuma ettari su ettari e non restituisce mai all’ambiente. E poi le associazioni ambientaliste tradizionali – Legambiente su tutte – e i partiti: presenti in fondo al corteo con le bandiere Italia dei valori, Rifondazione comunista, Sinistra Ecologia e libertà e Movimento 5 stelle. Molte le adesioni personali, soprattutto di consiglieri regionali e parlamentari del centrosinistra. Curiosa la presenza delle bandiere del Veneto, con un ritrovato Franco Rocchetta a difesa, questa volta, di quel che resta del Veneto.

Don Albino Bizzotto, che quest’estate ha voluto digiunare per venti giorni e sollevare il tema delle grandi opere, è naturalmente soddisfatto. La sua battaglia è «per mettere insieme, far capire che questi comitati hanno un comune denominatore: il modello di sviluppo sta deflagrando dal suo interno, bisogna ripensarlo. L’impronta ecologica del Veneto, 6 ettari a testa, non può più essere sopportata dal pianeta».

«La Terra non ce la fa più – recita l’appello degli oltre 160 comitati veneti -: l’inquinamento atmosferico, la cementificazione e asfaltatura del suolo, gli eccessivi prelievi d’acqua, il sistema del project financing».

Per fermare tutto questo i comitati chiedono di bloccare le grandi opere, allontanare le grandi navi dalla laguna, liberare il Veneto dalle servitù militari, finanziare i Comuni per mettere in sicurezza il territorio, gestire in maniera pubblica i beni comuni, stop al consumo di suolo agricolo, fermare la privatizzazione della sanità, abolire la legge obiettivo, bloccare nuove autostrade e Alta velocità, strade, raccordi e centri commerciali. Ci sono anche primi comitati contro i project financing, considerato la «peste»: si fanno strade, ospedali, centrali.

Lunghissimo, il corteo si snoda da piazzale della stazione a campo Santa Margherita. Gli organizzatori dicono 1500, la questura 600: di sicuro sono più di mille. A sera, i ragazzi dei centri sociali e del Comitato No Grandi Navi forzano la testa del corteo e si ritrova muso contro muso sul ponte della Stazione marittima. Ma, a parte il lancio di qualche uova e l’affissione di uno striscione, sarà solo una prova muscolare. Il corteo si esaurisce stanco, ma felice di aver mostrato l’altra faccia del Veneto, quella che a malapena trova cittadinanza nella politica, quella che non appare mai e che viene sempre bollata come il «popolo del No». Ecco, sostituire il No con tanti «Per» sarebbe davvero una svolta.

Daniele Ferrazza

link articolo

 

l’ispiratore

Don Bizzotto: «Piano casa un autogol della Regione»

Le energie di Don Albino non si esauriscono mai. Dopo una giornata intera di manifestazione è comunque pronto per celebrare la messa.

«Mi aspetto che ci saranno delle reazioni al corteo – dice con voce leggermente stanca, ma sempre combattiva – Sono pronto a rivolgermi anche al Governo se le cose non cambiano. Siamo di fronte a dei suicidi finanziari e Letta per primo lo sa. Non capisco come mai ci siano così tanti soldi per le grandi opere e niente per mettere in sicurezza il nostro territorio dai rischi che corre».

Chi vuole le grandi opere tira in ballo il lavoro, ma è proprio nelle grandi opere che Don Albino vede la crisi. Negli ultimi tempi lui ci ha messo la faccia per difendere la speculazione della terra e anche il proprio corpo, con numerosi digiuni. Sacrifici che hanno sicuramente attirato l’attenzione mediatica, meno forse quella dei politici: «Riscontro un atteggiamento doppio – prosegue – perché da un lato tutti riconoscono che la situazione ambientale non è un optional ma richiede un’attenzione obbligatoria, dall’altro permane un circolo vizioso di interessi privati».

Le ultime norme sul Piano Casa ne sono per lui un esempio: «È stato un autogol della Regione. Chi doveva sistemare la propria casa lo ha già fatto e ora soltanto chi ha i soldi lo potrà fare. Spero anche che i sindaci reagiscano di fronte a queste decisioni che li espropriano di ogni scelta».

Vera Mantengoli

 

Un portale unirà 162 comitati ambientalisti

VENEZIA. Un portale che unisca tutte le battaglie ambientaliste del Veneto. L’idea, accarezzata ieri pomeriggio a margine del corteo, potrebbe essere una delle novità scaturite dalla grande mobilitazione di Venezia, che ha visto scendere in piazza 162 Comitati ambientalisti veneti: dai Beati costruttori di pace a Legambiente di Este. L’idea, non del tutto nuova, potrebbe trovare riscontro dalla rinnovata volontà delle associazioni e dei comitati di superare l’attuale frammentazione che rende spesso vane le battaglie per un nuovo modello di sviluppo e di una rinnovata attenzione al territorio. Giusto a pochi giorni dal nuovo piano casa regionale.

 

CEMENTIFICAZIONE – Il piano casa nel segno degli “schei”

Fariseo Luca Zaia, che pubblicamente si rammarica della passata eccessiva cementificazione, dopo Pedemontana, Mose, Veneto City ecc., dota la Regione di un nuovo Piano casa (schei, schei!). Come se in Veneto e in tutta Italia ci fosse bisogno di altri metri cubi. Ulteriore conferma della arretratezza degli amministratori del bel Paese (sic) che sono capaci solo di usare mattoni e cemento per muovere l’economia. Gli saranno grati gli speculatori e tutti gli impresari che assumono manodopera “foresta”, possibilmente in nero, con buona pace di un leghista doc (prima i veneti…). Se siamo un Paese che arranca economicamente è anche grazie a questi amministratori. Cin, cin Luca Zaia!

Leonardo Brescacin

 

Dopo la tre-giorni di Venezia, “Altro futuro” – la seconda fiera per la Decrescita e la Città sostenibile, promossa dall’assessorato al Commercio e organizzata da Aeres, Venezia per l’AltraEconomia – sbarca a Mestre, in Piazza Ferretto, da domani a domenica 22, con un intenso programma che intende far toccare con mano, respirare, raccontare e creare insieme un altro futuro possibile.

Si alterneranno infatti laboratori didattici, presentazioni, dibattiti, incontri, spettacoli teatrali, ma anche degustazioni, aperitivi e caffè. In particolare venerdì alle 17, si terrà l’incontro “Progetto di riqualificazione urbana attraverso i mercati”, che vedrà la partecipazione degli assessori al Commercio del Comune di Venezia, Carla Rey, e del Comune di Padova, Marta Dalla Vecchia, e sarà coordinano da Massimo Renno di AEres e Franco Zecchinato, presidente di Aiab Veneto.

 

Stand, incontri, spettacoli alle Zattere e in piazza Ferretto

Dopo il successo della prima edizione – con oltre duemila presenze – torna “Altro Futuro – Fiera della Decrescita e della Città Sostenibile”, appuntamento promosso dal Comune di Venezia e organizzata da AEres – Venezia per l’AltraEconomia, l’associazione che raggruppa 35 realtà dell’Altra Economia veneziana. Una fiera tra stand biologici, laboratori e appuntamenti di riflessione su sostenibilità e cooperazione, tinture naturali, meditazione Yoga, grandi opere, libri, orto in casa, incontri con gli autori e spettacoli teatrali, che si apre oggi a Venezia – in fondamenta delle Zattere, fino a domenica 15 settembre – per poi trasferirsi in piazza Ferretto a Mestre il prossimo weekend, dal 19 al 22 settembre.

La manifestazione, nata lo scorso anno come evento parallelo alla terza “Conferenza internazionale per la decrescita, la sostenibilità ambientale e l’equità sociale”, ha l’obiettivo di continuare a suggerire ai cittadini risposte e proposte di azioni concrete per un futuro comune più equo, etico, responsabile, rispettoso delle persone, dell’ambiente, inclusivo e sociale.

L’inaugurazione ufficiale è per le 18 di oggi – con l’assessore comunale al Commercio, Carla Rey, e il presidente di AEres, Massimo Renno, a tagliare idealmente il nastro della manifestazione, alle Zattere – ma già dalla mattina la fondamenta sarà affollata dalla presenza di stand dedicati all’esposizione e vendita di prodotti da parte di soggetti che operano nel settore del biologico, al sociale, alla cooperazione internazionale, al commercio solidale e al terzo settore.

Parallelamente la manifestazione si articola in un programma artistico e culturale denso di laboratori, incontri, concerti, dibattiti, in cui saranno trattati argomenti connessi al biologico, al commercio equo e solidale, alla città sostenibile e alla decrescita: dai laboratori di cucina, agli incontri sul lavoro con ospiti da Rosarno, dai laboratori di “permacultura” agli incontri sulla cooperazione internazionale.

In calendario anche spettacoli teatrali e concerti e il “Caffè letterario”, uno spazio con oltre 14 presentazioni e dialoghi con gli autori su libri trattanti tematiche attinenti alla fiera, realizzato con la collaborazione della Libreria Marco Polo.

Per oggi, ad esempio, in programma laboratori per bimbi “Pigiamo l’uva” e, per tutti, sul restauro delle imbarcazioni tipiche della laguna, la realizzazione di un orto sul balcone, incontri su come curarsi con il cibo, una discussione sul Dossier Tav. Tutto il denso programma si può trovare su http://www.altrofuturo.net/Programma/AreaIncontri.aspx. Info: www.altrofuturo.net   comunicazione@aeresvenezia.it   o   www.comune.venezia.it/altrufuturo.

 

 

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31/01/13 a Salzano – Esiste un risparmio giusto?

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26

gen

2013

Movimento Decrescita Felice di Venezia

incontro pubblico su

ESISTE UN RISPARMIO “GIUSTO”?

Oggi ci preoccupiamo di quanti interessi ci vengono garantiti da coloro a cui diamo i nosstri soldi. Sembra che non sia importante come viene utilizzato il nostro risparmio.

Riflessione sul tema con

Giancarlo Cioli

L’esperienza della banca svedese JAK che sta nascendo anche in Italia:

prestiti e depositi senza interessi ed accessibili alle attività che migliorano il territorio

RENATO MAZZONE

Le proposte di raccolta e utilizzo del risparmio della Cooperativa MAG Venezia

 

Giovedì 31 gennaio alle h 20.30

trattoria Alla Botteghetta via Villetta 88 a Salzano (VE)

INGRESSO LIBERO

buffet con offerta libera a sostegno dell’iniziativa

è importante la prenotazione !

per informazioni: mdfvenezia@gmail.com

 

 

STORIE DI DECRESCITA DOPO IL FORUM DI VENEZIA

La mestrina Francesca Radin, il compagno e la figlioletta dal Veneto alla Toscana: «Il mio stile di vita era sbagliato»

VENEZIA «Meno è più». È stato questo lo slogan della terza conferenza internazionale della Decrescita, chiusasi ieri a Venezia dopo quattro giorni di incontri e laboratori, tutti accomunati da alcuni principi cardine: rispetto dell’ambiente, lotta contro lo spreco e diritto alla felicità. In migliaia stanno ritornando a casa, dopo aver lasciato testimonianze ed esempi. Come quello di Jacopo Amistani, 24 anni, laureando in sociologia, padovano che ha di recente portato in Italia il progetto americano “Open Source Ecology” (www.opensourceecology.org). Si tratta di una piattaforma che promuove un nuovo modello sostenibile di economia partecipata e cooperativismo tramite l’uso della rete. I progetti sono infatti tutti disponibili on line. La macchina per fare mattoni, la Ceb Press, costruita a Forte Marghera per “Activity Workshop”, costa circa 15 mila euro ed è in grado di fare 10 mila mattoni in terra cruda pressata per un’abitazione di 220 metri quadri in dieci ore di lavoro: «Il materiale utilizzato è tutto realizzato in Veneto, eccetto il motore che viene dall’Emilia Romagna, e così quello naturale come la terra e la paglia. È tutto riciclabile e dura moltissimo. Può servire nelle zone in stato di emergenza, ma anche per l’edilizia». C’è chi invece ha optato per un cambio radicale. Francesca Radin di Mestre, 36 anni, ha lasciato il dottorato per trasferirsi con il suo compagno Mattia Pantaleoni e la figlia Olga in Toscana. Qui, insieme ad altre famiglie, stanno cercando di realizzare un ecovillaggio, cioè un luogo in cui si decide di vivere in maniera sostenibile: «Ho deciso di cambiare vita per molti motivi: provavo una grande insofferenza per l’ambiente universitario perché c’era molta incoerenza tra il dire e il fare. Poi, viaggiando in Africa, mi sono resa conto che era necessario ridimensionare il nostro stile di vita. Infine, sono diventata mamma e volevo dedicarmi a mia figlia. In una comunità si turnano i doveri della quotidianità e alla fine si sta decisamente tutti meglio». Anche lei ribadisce che fino a quando si rimane ancorati a un modello di vita in cui la crescita equivale alla produzione illimitata, sarà difficile accorgersi dei vantaggi di un cambio di prospettiva: «Il Veneto sta già decrescendo – conclude – e in maniera molto triste perché non se ne ha la consapevolezza. Si fa pochissimo per rendere il dipendente contento di quello che fa. Molto spesso non c’è una valorizzazione delle competenze e ci si ritrova a svolgere altri ruoli. Tutto questo va a scapito dell’intero sistema». Vera Mantengoli

 

Gruppi di acquisto solidale la nuova tendenza: dai pannelli fotovoltaici alle gomme per auto. Le buone pratiche di Ponte nelle Alpi, Banca Etica, AriaNova, ColtivarCondividendo

VENEZIA «L’utopia concreta» esiste già. E giusto nel Veneto. Perché se Venezia ospita per quattro giorni la terza Conferenza internazionale sulla decrescita, nel Veneto le buone pratiche rivolte a un nuovo modello di sviluppo sono particolarmente diffuse. Non c’è una ragione particolare, se non nella sensibilità di centinaia di associazioni di volontariato, gruppi informali, comunità di famiglie che da tempo – magari deluse dalla politica – hanno provato a fare qualcosa di concreto a casa loro. «La crisi ha certamente accelerato il processo – spiega Gianni Tamino, tra i promotori del forum veneziano – ma in questa regione c’è da tempo un’intensa attività che promuove i nuovi stili di vita». Tra i progenitori di questi movimenti, nel 1994, l’Associazione Verso la Banca Etica di Padova, oggi la prima realtà italiana di questo tipo con 38 mila soci e 800 milioni di euro di raccolta bancaria a tassi, appunto, «etici». Ma anche i sempre più numerosi «farmer markets» che portano i produttori agricoli direttamente in piazza a vendere le loro produzioni. Coldiretti ne ha fatto un marchio: Campagna Amica, sfruttando la sempre maggiore attenzione al «chilometro zero». A Ponte nelle Alpi, l’87 per cento dei rifiuti è separato in modo certosino e i costi sono diminuiti, anche perché la gestione della raccolta è direttamente comunale, con la società Ponte servizi. L’anima del progetto è certamente Ezio Orzes, che ha sfidato il rischio incombente di una nuova discarica dando una svolta ai comportamenti (e alle tasche) dei cittadini. Il modello è quello del Consorzio Priula di Treviso, quasi mezzo milioni di abitanti serviti, che vanta il record nazionale della raccolta differenziata. Buone pratiche sono anche quelle dell’associazione «ColtivarCondividendo» di Tiziano Fantinel, che nel Bellunese si è messo in testa di recuperare le varietà antiche degli alberi da frutto e adesso può mostrare 35 varietà di fagioli bellunesi, dodici di mais, ma anche le insalate, i cereali, i cavoli. Tra Padova, Treviso e Belluno è attivo invece il più grande Gruppo di acquisto solidale d’Italia di pannelli fotovoltaici: partito dall’associazione «Aria Nova», coinvolge quasi un migliaio di famiglie. Adesso si sta adoperando per promuovere la «rigenerazione» dei pneumatici usati, con un risparmio per l’automobilista del 30 per cento. La distribuzione di stoviglie biodegradabili si sta invece facendo largo tra i consorzi rifiuti del Padovano e del Trevigiano. Consente un risparmio notevolissimo in termini di stoccaggio. A Villorba esiste un’impresa – la Ecobù – specializzata nella produzione di pannolini ecologici e lavabili, realizzati in bambù e cotone. La catena della grande distribuzione Auchan ha introdotto nei suoi centri commerciali i «dispenser» per la vendita di detersivi e cereali, evitando così l’impatto dell’imballaggio. Anche l’industria del denim sta lavorando attorno a questi temi, eliminando i processi di sabbiatura e introducendo il concetto «naturale» nel jeans che vuol dire risparmiare il 92% di acqua (per i ripetuti lavaggi) e il 30% di energia. Dal circuito dei gruppi di acquisto solidale, soprattutto tra Verona e Padova, è partito il marchio Eco-geco, un jeans interamente realizzato nel Veneto con cotone biologico e tinto con indaco naturale. Grazie all’introduzione di questi nuovi stili di vita, si registra anche nel Veneto il ritorno di giovani che scelgono di gestire un’azienda agricola. Non solo: nelle città e nei paesi è tornato di moda il riparatore. La rivincita dell’aggiustatutto.

Daniele Ferrazza

 

Il verbo degli obiettori di crescita

Le 8 “R” di Latouche: tra rivalutare, redistribuire, ridurre, riutilizzare e riciclare

VENEZIA – A prima vista i discepoli della decrescita potrebbero sembrare degli alieni, ma dopo un po’ che li si ascolta sembra di intravedere la luce in fondo al tunnel. «Sappiamo che quello che enunciamo sembra una grande utopia» afferma Serge Latouche, autodefinendosi obiettore di crescita «ma quando saremo nel fondo della crisi allora sembrerà la prospettiva più realistica». Ieri si è inaugurata al Teatro Malibran la conferenza di apertura di una full immersion di quattro giorni all’insegna di un movimento mondiale che sta riscuotendo sempre più successo. Il messaggio del popolo della decrescita è chiaro: esiste un nuovo modo di vivere che tiene in considerazione l’ambiente, valorizza la creazione di comunità e, soprattutto, rende tutti più felici. Latouche sintetizza i comandamenti della decrescita nelle 8 R (rivalutare, ricontestualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare), ma non è questo che può risolvere i guai dell’Europa. Per uscire dalla crisi ci vogliono delle rivoluzioni culturali che implichino la denuncia del programma economico dei governi europei, il coraggio di uscire dall’eurozona equiparata a una mostruosità intellettuale, la lotta contro i mercati finanziari e la rivalutazione del nostro rapporto con l’ambiente, tradotto per esempio in una nuova consapevolezza della terra e del fare agricoltura. Il problema della disoccupazione o il numero di suicidi di imprenditori in Veneto è, per uno dei guru dell’economia alternativa, un segnale di allarme che necessita un urgente cambiamento di modo di vivere. Bisogna rafforzare il chilometro zero, espellere i pesticidi, utilizzare le energie sostenibili, ma soprattutto, lavorare di meno: «Non significa che lavorando di più si guadagni di più» conclude «perché bisogna vivere meglio e ritrovare il tempo di sognare e di stare insieme». Non si può neppure obiettare che un modello di vita che segua i principi della decrescita non esista. In Veneto ne abbiano infatti diversi esempi, a partire da Spiazzi Verdi a Venezia o dagli orti sociali di Limena a Padova, e l’entusiasmo è crescente: «Il nostro territorio» spiega Gianni Tamino, presidente dell’Associazione Decrescita Veneto, docente di biologia ed esponente dei Verdi «ha la particolarità di essere costituito da piccole imprese legate a una cultura artigianale e tradizionale in cui il ruolo dell’uomo è rilevante. Per questo il Veneto può aprirsi a una cultura diversa puntando alla produzione di prodotti durevoli e aggiustabili. Adesso invece il mercato segue la direzione della produzione illimitata realizzando prodotti usa e getta o costringendo a cambiare l’intero prodotto anziché una parte. È una follia che produce solo rifiuti e spreco». «Si pensa alla crescita come soluzione» afferma l’ambientalista Rob Hopkins, fondatore del movimento Città in transizione «e non ci si rende conto che il futuro parte dal basso, dalla riappropriazione dell’energia da parte della collettività».

Vera Mantengoli

 

 

IL PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE

Il cibo buttato vale il 2,3 per cento del Pil

VENEZIA. 89 milioni di tonnellate di cibo buttato nella spazzatura, mediamente ogni famiglia spreca 1600 euro all’anno, un terzo di quanto si spende per i pasti quotidiani. Nel 2010 lo spreco è stato pari al 2,3% del Pil, dieci volte quanto viene destinato ai beni culturali, senza contare che nel 2012 abbiamo già sprecato 12,6 miliardi di metri cubi d’acqua usati per produrre 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli abbandonati nei campi. Numeri sufficienti a interessarsi al programma del Malibran.

Oggi 9 -11.30, Beni Comuni con Gianni Tamino e Matelda Reho dello Iuav. 17.15-19.15, Fonti: antropologo Arturo Escobar, Marcelo Barros teologo. Venerdì 21. Mattina: Lavoro con Mario Agostinelli sull’energia felice, Maurizio Pallante del Movimento Decrescita Felice. Sera, Scenari con Luca Mercalli . Sabato 22. Mattina, Democrazia con Marco Deriu Ass. Decrescita e lo storico Marco Revelli. Sera, tema Soggetti con l’economista Alberto Castagnola e il lavoratore Fiat Antonio Di Luca. Attività parallele: Altro futuro (cibo e artigianato). Aia in Laguna (autoproduzione). Immaginazione e Spiritualità (conferenza alle 21 in Basilica dei Frari con Marcelo Barros, Alex Zanotelli e Serge Latouche). Libri e Riviste (Scoleta dei Calegheri: non stop di presentazioni). Rassegna cinematografica (Giorgione, Teatro dei Frari e Casa del Cinema). Activity Workshop (Yoga, Biketour: Iuav. Teatro: San Leonardo ed Ex Chiesa Santa Marta. Costruzione turbina a vento a Forte Marghera. Design partecipato Magazzini del Sale a cura di Sale Docks).

 

L’OPINIONE

L’ABBONDANZA SIA FRUGALE

«Sarei tentato di dire che decrescita è il termine peggiore per descrivere il progetto di democrazia ecologica e di società di abbondanza frugale, ma dopo tutti gli altri»: così Serge Latouche, il più noto teorico di quella decrescita di cui si è aperta ieri a Venezia la terza conferenza mondiale (dopo Barcellona 2008 e Parigi 2004). Latouche è consapevole degli equivoci che circondano la provocatoria parola, ma lo è altrettanto del suo contenuto profondo. «Un ciclo di materia sostenuto da un flusso di energia»: questa è, biologicamente, la vita. La decrescita punta a difenderla, riducendo il consumo dissipativo di materia e di energia prodotto dall’attuale sistema economico e produttivo (e dall’ideologia che lo celebra). C’è stato un tempo, durato in effetti solo un paio di secoli, in cui grazie soprattutto al ricorso ai combustibili fossili, si è sviluppato un sistema sedicente capace di soddisfare illimitatamente bisogni sempre nuovi (un’illusione, e un disastro, che ha accomunato capitalismo e socialismo reale). Oggi materia ed energia si stanno deteriorando e impoverendo. La crisi attuale, al di là delle contingenze, è anche il riflesso economico e finanziario di questa crisi più radicale. La decrescita, scientificamente prima ancora che politicamente e culturalmente, mira a proporre antidoti a questa consunzione. A volte si pensa che sia un sinonimo di “sviluppo sostenibile”, ma non è così. A parte che con tale definizione si sono a volte pudicamente coperti veri e propri insulti all’ambiente, lo “sviluppo sostenibile” comprende spesso idee e politiche che cercano di proseguire la stagione storica dell’industrialismo e del consumismo limitandone i danni ma nella sostanza continuando come prima. Milioni di auto elettriche sono meglio di milioni di auto a benzina, ma la vera alternativa è una mobilità pubblica a basso impatto che non costringa alla motorizzazione privata. Enormi campi fotovoltaici (ma non su suoli agricoli) sono meglio di una centrale a carbone (o nucleare), ma la vera alternativa sono i piccoli impianti fotovoltaici diffusi e autogestiti in una rete democratica. Le barriere fonoassorbenti o un certo tipo di asfalto rendono più “sopportabile” un’autostrada, ma non più “sostenibile”. La decrescita va in direzione opposta. Critica l’illusione sviluppista e le sue ingiustizie anche economiche e sociali, e propone una linea di resistenza e di alternativa. Semmai, al crescente movimento che, in tutto il mondo, si impegna su questi temi, si potrebbe prospettare di assumere con più nettezza una sfida ulteriore. Oltre, cioè, a far “descrescere” l’attuale modello e a difendere e potenziare la “resilienza” degli ecosistemi (cioè la loro capacità di ricostituirsi malgrado i colpi ricevuti) si dovrebbe ora puntare a rigenerare la terra, localmente e globalmente, a bonificarla e a restituirla a se stessa e a usi ecologicamente appropriati e stili di vita più improntati a quell’abbondanza frugale tipica di una vita ricca di bisogni non fasulli, non creati né soddisfatti dal mercato. Venezia, città dove in origine perfino la terra è stato necessario materialmente creare, e dove questa terra, come l’acqua e l’aria, è adesso necessario bonificare e rigenerare, città da sempre sul limite del mare e del tempo, governata dagli astri e dagli elementi non meno che dall’ingegno (o dalla stoltezza) del genere umano, è oggi forse il luogo più adatto a ospitare questa epocale riflessione.

GIANFRANCO BETTIN

 

 

Libri e cd in condivisione a Padova c’e’ gia’ il baratto

Come per l’auto, è l’idea di «book sharing» lanciata da un edicolante padovano Tutto gratis, su un banchetto i clienti lasciano un volume e ne scelgono un altro

PADOVA – Leggere un libro e poi lasciarlo ammuffire su uno scaffale? No.Si può rimetterlo in circolo, farlo leggere ad altri. Si chiama book sharing (condivisione del libro), l’ha messa in pratica Andrea Lanata, edicolante di Padova. Oltre ad essere un’espressione intelligente di decrescita è anche una prova di civiltà culturale. Quando lo scorso dicembre ha cominciato col suo piccolo servizio di book sharing, il signor Andrea Lanata, un ex assicuratore genovese dal 1994 residente nella città del Santo, che tre anni fa ha deciso di cambiar vita e aprire un’edicola, non aveva più che un piccolo banchetto fuori dalla suo negozio in via Facciolati 104E, con un centinaio di libri. Ora, appena dieci mesi dopo, sul suo banchetto stracolmo si contano seicento pezzi fra libri, videocassette, cd, riviste e dvd. Di tutto: da libri storici a manuali, da romanzi a carte geografiche, c’è anche la sezione per bambini. Ogni mattina un capannello di avventori si forma davanti al banchetto del signor Lanata, depositano un libro e ne prendono un altro, la gente si scambia commenti sui libri esposti, legge e fa le sue recensioni. Il tutto senza spendere un centesimo. In via Facciolati a Padova, in realtà, accade quanto è già ampiamente diffuso in molti paesi. Il book sharing è gusto della cultura e del baratto: non si prende mai un libro senza averlo sostituito con uno che si è portato da casa, l’importante è che resti sempre qualcosa da leggere e scambiare. Vien da chiedersi per quale ragione in Italia questa pratica non abbia ancora preso piede. Non è certo per egoismo o inciviltà, perché «tutti seguono le regole e rispettano l’iniziativa» spiega il signor Lanata «anzi, molti vengono a portare libri, dvd e cassette che altrimenti butterebbero, senza prendere nulla in cambio. Il banchetto è a disposizione degli interessati ventiquattr’ore al giorno: di notte lo copro semplicemente con un telo per paura della pioggia e fino ad oggi nessuno ha danneggiato o rubato nulla… Quando facevo l’assicuratore lavoravo molto all’estero, e in paesi come Germania, Francia e Regno Unito lo facevano tutti, lasciando addirittura i libri, incustoditi, sulle panchine dei parchi e per le strade: mi sembrava interessante portare questa iniziativa anche nel mio Paese». Quella del signor Lanata per i libri è una passione che viene da lontano: «Mio nonno era un libraio molto conosciuto a Genova, e oltre alla collezione di famiglia (possiedo circa 8000 libri, fra cui alcuni incunaboli del ‘500) mi ha trasmesso la sua passione. Il fulcro del book sharing è proprio questo: l’importanza, il valore di un oggetto come il libro, di cui tutti meritano di fruire liberamente. Questo è il motivo del successo della mia iniziativa, che oltre ad essere un buon espediente anticrisi e a dare visibilità alla mia edicola, diventa anche punto di incontro: c’è chi mi ha chiesto di mettere un paio di tavoli e qualche sedia per potersi fermare a chiacchierare più a lungo. È un buon inizio, mi piacerebbe anche aprire una piccola libreria indipendente, un giorno».

Riccardo Cecconi

 

 

LA CONFERENZA SULLA DECRESCITA

(v.t.) Da oggi fino al 23 settembre Venezia ospita la terza edizione della Conferenza internazionale sulla Decrescita, sostenibilità ecologica ed equità sociale promuovendo una serie di eventi per riflettere sulle alternative possibili all’economia delle banche e delle imprese del consumo, modello di sviluppo oggi in crisi che si trova a dover fare i conti con risorse sempre più limitate. La conferenza, che si svolgerà nella sede Iuav dell’ex Cotonificio Veneziano, è stata inaugurata ieri al Teatro Malibran con un convegno a cui hanno partecipato alcuni tra i principali teorici della decrescita. «Viviamo in un universo in cambiamento – ha spiegato Bob Thomson organizzatore della Conferenza sulla decrescita svoltasi a maggio in Canada – Dobbiamo imparare a cambiare insieme ad esso mettendo al centro indicatori di benessere differenti dal livello del pil, come le biodiversità e le differenze tra culture». Serge Latouche ha definito insensata la logica che regola il mondo e ha indicatola via per invertire il processo: «Riconvertire, rilocalizzare e ridurre, sono queste le parole d’ordine per uscire dall’inferno in cui siamo sprofondati. Compiere una transizione dalla società della crescita capace di creare squilibri impressionanti alla prosperità senza crescita». Al centro la gestione dei beni comuni, il futuro e il ruolo della democrazia partecipativa nella creazione di un modello di sviluppo fondato sull’equità, la sostenibilità e il rispetto dei diritti. A margine della conferenza, riservata agli addetti ai lavori, una ricca serie di eventi collaterali gratuiti e aperti al pubblico animeranno le strade di Venezia e Mestre. In centro storico alle Zattere è stata allestita la Fiera Altro Futuro. Il programma completo è consultabile sul sito venezia2012.

 

Gazzettino – Marcia contro le grandi opere a passo di asino

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19

set

2012

MIRA – Sono arrivati lunedì sera a Lova di Campagna Lupia, il gruppo di viaggiatori lenti che, partiti a piedi da Ferrara assieme ai loro asini, hanno fatto una sosta prima di percorrere la penultima tappa che li porterà a Mira. La loro meta è Venezia per la giornata di apertura della 3^ Conferenza Internazionale sulla Decrescita in programma dal oggi al 23 settembre. Il gruppo è arrivato al grido di «Arriveremo a San Marco con un raglio grande come il mondo!» Ad attenderli la delegazione del Comitato Opzione Zero. La comitiva è ripartita ieri mattina e si è trasferita a Borbiago e nel pomeriggio è transita in Municipio di Mira dove era presente anche il Sindaco. Soddisfatti per la riuscita dell’iniziativa i responsabili del comitato Opzione Zero che hanno commentato. «Dopo aver accompagnato domenica il gruppo di eco-ciclo-attivisti di Ecotopia Biketour, arrivati da Barcellona assieme al gruppo di viaggiatori lenti abbiamo percorso l’argine del Taglio Nuovissimo del Brenta, uno dei luoghi simbolo delle nostre battaglie: la Romea Commerciale che prevede, infatti, un tracciato parallelo all’attuale statale. Uomini e animali hanno tracciato, con implacabile lentezza, un cammino simbolico che ribadisce ancora una volta un vigoroso no alle Grandi Opere inutili e devastanti». (l.per)

 

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