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Gazzettino – Mestre. Don Torta con i lavoratori di Auchan

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6

mag

2015

COMMERCIO IN CRISI – Il parroco di Dese: «Gli esuberi? Un delitto annunciato»

Anche don Enrico Torta con i lavoratori di Auchan. Il parroco di Dese, da tempo in prima linea contro le aperture domenicali dei centri commerciali tanto da essere ricevuto un anno fa in Vaticano dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, parla dei licenziamenti annunciati dalla catena francese come di un “delitto annunciato”.

Sabato mattina il presidio in via Don Tosatto inizierà alle 9, lo sciopero di otto ore (per ogni turno) dalle 3 e mezza di mattina, quando arrivano i primi dipendenti. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno comunicato ieri le modalità della manifestazione collegata allo sciopero nazionale contro i 1.426 licenziamenti annunciati da Auchan, 65 nella sola sede di Mestre.

«Ciò che sta innescando il supermercato Auchan in tutta Italia è un delitto annunciato – sostiene don Torta -. Fuori le persone chiamate “esuberi”: non ci interessate più. Siamo divenuti un piccolo bicchiere di plastica: prima ti uso e poi ti getto. In tutte le aziende, soprattutto in questa crisi così dirompente, bisogna accettare e mettere in conto i momenti difficili, come abbiamo accumulato nei momenti facili. Io spero tanto che i lavoratori della grande distribuzione si ribellino, tutti insieme, a questa logica rendendosi conto della gravità di ciò che sta accadendo. Il lavoro e la vita di ogni uomo sono sacri – conclude il parroco di Dese -, e non sono vendibili all’idolo del denaro».

Intanto, a Roma, il deputato del Pd, Andrea Martella ha presentato un’interrogazione ai ministri del Lavoro e dello Sviluppo Economico per chiedere un intervento per scongiurare gli annunciati tagli del personale e salvaguardare i livelli occupazionali, «in particolare del centro commerciale di Mestre dove – scrive Martella -, secondo le organizzazioni sindacali non vi sarebbero le ragioni di un così rilevante intervento sul personale».

(f.fen.)

 

LA DIREZIONE «Siamo costretti ad adeguarci a quello che fanno gli altri»

Un doppio fronte della protesta si allarga oltre le porte scorrevoli dei centri commerciali. Se all’Auchan il clima teso è inevitabile dopo l’annuncio di 65 esuberi nell’ipermercato mestrino, e lunedì si terrà l’assemblea dei dipendenti in vista dello sciopero nazionale già previsto per il 9 maggio, anche al centro Le Barche i lavoratori si mobilitano con una lettera-appello consegnata al direttore della galleria commerciale contro le aperture domenicali e festive.

Il centro Le Barche oggi sarà aperto insieme a Valecenter, Nave de Vero, Panorama e singoli negozi. La lettera parla delle aperture domenicali e nei festivi, ma anche di una diversa organizzazione degli orari, di una saturazione tale da non riuscire più a garantire né adeguati controlli di sicurezza, né la giusta attenzione al cliente.

«Si parla di tre giornate: il 1° maggio, il 15 agosto e il 25 aprile, in cui vogliamo anche proporre eventi – replica il direttore de Le Barche, Francesco Giusto -. Capisco le paure dei lavoratori, ma chiedo loro di stare tranquilli, siamo dalla loro parte e l’obiettivo è tutelare i posti di lavoro. Anche perché qui, per fortuna, non si è mai parlato di tagli. Siamo però costretti ad adeguarci a quello che succede intorno e ad accettare il compromesso: il centro di Mestre vive già un momento difficile, non può spegnersi completamente mentre tutti gli altri aprono».

Con i lavoratori de Le Barche, si schiera Tiziana Agostini (candidata Pd al Consiglio regionale): «Per aprire i centri commerciali sono stati sventrati i centri urbani, il commercio di vicinato è stato immolato alla grande distribuzione con la scusa dei posti di lavoro, e adesso con Auchan e Carrefour vediamo il palco che inizia a crollare. E i lavoratori, nonostante i sacrifici, rischiano di essere lasciati a casa comunque».

«Questo territorio dal 2008 è stato caratterizzato pesantemente dalla chiusura di imprese e dalla perdita di posti di lavoro – interviene Francesca Zaccariotto, candidata a sindaco di Venezia, a proposito dei tagli annunciati da Auchan -. Chiederemo un incontro con la proprietà e le organizzazioni sindacali per capire se esistono possibilità concrete di intervento».

La candidata al Consiglio regionale Maria Laura Faccini (Ncd/Area Popolare) parla del fallimento di una politica strategica di Regione e Comuni che, insieme alla crisi, ha finito per impoverire il tessuto economico non solo dei centri, ma anche delle periferie.

«Il personale occupato nelle grandi strutture – commenta Faccini – è costituito per la quasi totalità da donne alle quali, in nome dei risultati di bilancio aziendale, è stato imposto di lavorare nei giorni festivi sacrificando i pochi momenti di riposo di cui potevano godere dopo essersi assunte il consueto carico del ménage familiare. Regione e Comune devono impegnarsi a rimettere al centro dell’azione politica la persona, la famiglia e il lavoro».

Melody Fusaro

 

La catena francese vara il piano dei tagli che investe pesantemente anche Mestre. Penalizzate soprattutto le commesse

baccaglini (cgil) – Rimaniamo esterrefatti, non siamo disposti a perdere nemmeno un posto. Assemblea il 4 maggio, mentre il 9 sarà sciopero

Prima la malattia non più retribuita al 100 per cento, le pause di lavoro non pagate, i premi di produzione annullati e la quattordicesima andata in fumo, adesso la dichiarazione di esubero di 65 dipendenti. Anche Auchan di Mestre, sulla scorta di quanto la catena francese sta facendo a livello nazionale, ha annunciato gli esuberi.

Filcams Cgil, Uiltucs Uil e Fisascat Cisl, rispondono di non essere disposti a perdere nessun lavoratore, aderiscono allo sciopero nazionale del 9 maggio e proclamano assemblea a Mestre con i lavoratori il 4 maggio.

«In tutto il Veneto si salva solo Verona», spiega Paolo Baccaglini di Filcams-Cgil, «A Mestre si parla di 65 persone su 323 lavoratori, per la maggior parte donne. Siamo esterrefatti di questa decisione: all’inizio dell’anno discutevamo dell’andamento dell’iper, di strategie per tamponare l’emorragia dei consumi, poi di punto in bianco si sono interrotte le trattative sulla scorta di quanto stava avvenendo a livello nazionale. Adesso la presa di posizione».

Spiega Baccaglini: «Sappiamo che vogliono tagliare anche Mestre, ma non sappiamo quali sono i dati dell’ipermercato che portano a questi numeri. Nessuno parla di decreto Salva Italia, di liberalizzazioni: quando dicevamo che le aperture sette giorni su sette avrebbero portato solo a una maggiorazione dei costi e non a un aumento delle venite e dei guadagni, non ci hanno ascoltato. Rispediamo al mittente gli esuberi, non vogliamo perdere posti di lavoro. Disponibilità a discutere di ammortizzatori sociali, ma senza quelle richieste inaccettabili che ci hanno proposto. Tra l’altro guardando i dati, si apre una procedura di mobilità e tra gli esuberi non c’è un quadro, un dirigente, un direttore, sono solo addetti, una condizione paradossale. Perché vogliono far pagare le scelte sbagliate prese a livello dirigenziale a chi non ne ha colpa? L’iper è all’osso, i dipendenti sono quelli che permettono che stia in piedi».

«Ci aspettavamo quanto successo», aggiunge Andrea Stevanin di Fisascat Cisl, «A nostro avviso l’esubero non c’è e non è motivato, a Mestre non esiste questa esigenza. Noi non faremo uscire nessuno se non volontariamente dal posto di lavoro, non ci sono le condizioni effettive per lasciare scoperti posti di lavoro, riteniamo questa presa di posizione dell’azienda un atto arrogante. Prima hanno disdetto l’integrativo, poi gli esuberi. Ci sono gli ammortizzatori sociali, il servizio alla clientela va mantenuto».

Il senatore Antonio De Poli (Udc) ha presentato un’interrogazione al Ministro del Lavoro Poletti. «Dobbiamo porre in essere tutte le azioni necessarie a tutela dei lavoratori e delle rispettive famiglie».

Marta Artico

 

Riconosciuto il “diritto alla programmabilità del tempo”. Auchan risarcisce il 30% dello stipendio

Turni variabili, dipendente vince la causa

Diritto alla programmabilità del tempo extralavorativo. Un tema attuale di questi tempi, per il quale c’è chi fa causa e la vince, come M.N., dipendente dell’Auchan che si è rivolta all’avvocato Cosimo Damiano Cisternino, fiduciario della Fisascat Cisl, che ha avuto ragione dal giudice del lavoro di Venezia.

«Il giudice», spiega il legale, «ha riconosciuto illegittimo il comportamento del datore di lavoro verso la lavoratrice part-time, che come altre non ha firmato clausole di flessibilità e ha subito invece sin dall’assunzione la rotazione dei turni, con preavvisi di poche settimane. La legge prevede che il lavoratore part-time debba sapere qual è la collocazione del turno, se mattina o sera, sulla base di una clausola che predetermina la turnazione inserita nel contratto. Diversamente c’è il lavoratore che accetta che la collocazione del turno possa variare. La lavoratrice in questione invece, non avendo firmato questa clausola di flessibilità, ha svolto turni che variavano sempre».

Il giudice del lavoro ha riconosciuto un danno importante, ossia la maggiorazione del 30 per cento della retribuzione mensile per dieci anni.

«Il che vale più di un Tfr», precisa l’avvocato. «Il parziale accoglimento del ricorso», si legge testuale nella disposizione, «accerta la violazione da parte di Auchan S.p.a. del diritto della ricorrente alla programmabilità del proprio tempo extra lavorativo in conseguenza della continua variazione dei turni di lavoro impostale sin dall’assunzione e per l’effetto condanna l’S.p.a. al risarcimento del danno a favore della ricorrente nella misura del 30% della retribuzione via via maturata dal 24 ottobre 2003 alla data di deposito del ricorso, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali dalle singole scadenze al saldo effettivo».

Racconta M.N.: «Non ho mai firmato nulla, hanno giocato a ping pong con i miei orari, hanno gestito la mia vita e il mio tempo libero, era come fossi flessibile ed elastica. Non potevo prendere un appuntamento, un visita medica, faccio da madre e padre, con tutti i problemi del caso. A un certo punto ho detto basta: dopo pressioni e pressioni non ce l’ho più fatta. Adesso ho finalmente capito che la legge e il mio contratto, mai osservato da loro, prevedeva il rispetto e la preservazione del mio tempo libero. Ho sofferto molto. Volevo riavere la mia dignità di lavoratrice e non essere uno zerbino».

«È una sentenza che ha premiato il disagio che la lavoratrice ha subito», commenta Fisascat Cisl attraverso Andrea Stevanin.

(m.a.)

 

Shopping, colossi spaccati

Centri commerciali aperti per la Liberazione e Festa del Lavoro, quando però chiuderà Auchan. Due giorni di serrande abbassate alla Coop: «Scelta etica»

Lo shopping è festivo ma il fronte è spaccato

MESTRE – Crisi o non crisi, sarà shopping a go-go per le feste comandate alle porte: sabato 25 aprile, giorno in cui cade la ricorrenza della Liberazione ma anche del patrono San Marco per tutti i veneziani e ancor più il primo maggio, Festa del Lavoro, templi dello shopping, outlet e centri commerciali rimarranno aperti nella speranza di fare affari.

Ad eccezione del colosso francese, ossia l’Auchan di Mestre, che ha deciso di tenere chiuso “per scelta” il primo maggio e del gruppo Coop Adriatica, che con la campagna “Valori in corso”, ha scelto di mantenere chiusi i suoi oltre 190 negozi (in tutto il territorio), dai piccoli supermercati dei centri storici ai supermercati di vicinato agli ipercoop. Coop Adriatica. Una campagna mirata, i clienti affezionati sono stati avvisati in anticipo.

«La decisione di restare chiusi il 25 aprile e il Primo maggio è coerente con i valori, la cultura, e la storia della cooperazione e di quella di consumo in particolare», ha spiegato il presidente di Coop Adriatica, Adriano Turrini in una nota diffusa qualche giorno fa. Chiusa, quindi, la Coop Campo Grande Mestre di via Pionara a due passi da Auchan.

Ma la curiosità che spiazzerà sicuramente più di qualcuno, è che il 25 aprile e il Primo maggio rimarrà chiusa anche la grande Coop&Coop che si trova all’interno del colosso di Marghera, ossia la Nave de Vero. Galleria di negozi aperta, shop center in prima linea e ipermercato chiuso al piano terra.

«Siamo sempre stati contrari alle aperture domenicali e festive», spiega Alessandra Tiengo, consigliera di amministrazione e presidente del distretto del Nordest di Coop Adriatica, «poi ci siamo adeguati all’andamento generale previsto dalla normativa, ma non siamo favorevoli e nelle feste tradizionali, religiose piuttosto che laiche, cerchiamo di rimanere chiusi per scelta e per rispetto ai lavoratori e alla famiglia. Non è stato facile chiudere la Coop all’interno della Nave de Vero in giorno di apertura, ma abbiamo pensato che se lo avevamo fatto dalle altre parti non potevamo non farlo anche là». Una motivazione di coerenza e anche un segno.

Chiuso e fuori dal coro sarà anche Auchan di Mestre. «La scelta», spiega il responsabile della galleria commerciale Giovanni Argenio, «conferma quanto fatto lo scorso anno ed è in linea con l’orientamento aziendale di rispettare e osservare, laddove possibile, la festa dei lavoratori».

Ma andiamo con ordine.

Liberazione. Sabato 25 aprile sarà aperto il centro commerciale Auchan, il centro commerciale Valecenter, a due uscite di tangenziale, così come rimarrà aperta La Nave de Vero e pure il Panorama di Marghera. Aperto sarà anche il Centro Le Barche di Mestre, diventata ormai una meta consolidata per il brunch alla Feltrinelli in voga tra i mestrini, che ci fanno colazione, aperitivo, e pure pranzo. Aperto l’outlet di Noventa di Piave, che non teme la pioggia né il sole visto che lavora molto con i turisti delle spiagge e le località balneari. Aperti saranno pure altri negozi di catene commerciali, come la Maison du Monde, sempre in zona Auchan. Sabato 25 aprile serrande alzate anche al Centro Tom Tommasini di Santa Maria di Sala (chiuso il Primo maggio) e al Centro commerciale Adriatico 2 di Portogruaro aperto anche per la Festa del lavoro.

Primo maggio. Che sia bello o brutto tempo, c’è chi ne approfitterà sicuramente per fare una puntatina a guardare due negozi prima di inforcare la bici o prendere il sole al parco. Aperti Valecenter, Panorama, Nave de Vero, Centro Le Barche, Outlet di Noventa e diversi negozi dei centri città, qualcuno ha pure appeso un cartello alla vetrina con tanto di scritta “Primo maggio aperti”. Un tour de force per i lavoratori, che faranno tutto un diritto.

Marta Artico

 

Il Patriarcato contrario all’apertura nei giorno festivi

Don Pistolato: «Primo maggio conquistato con il sangue»

Tiziana d’andrea Con don Enrico Torta mercoledì scorso abbiamo incontrato Moraglia. Noi abbiamo le armi spuntate, confidiamo nella Chiesa

MESTRE «Ma il primo maggio non dovrebbe essere la festa del lavoro?». Il vicario episcopale don Dino Pistolato commentando la notizia dei centri commerciali che rimarranno aperti per le festività, va diritto al cuore del problema senza tanti giri di parole. La posizione del Patriarca Francesco Moraglia in merito al lavoro festivo e domenicale è chiara.

«Quand’ero ragazzino mi ricordavo che si faceva festa per un motivo specifico», spiega, «perché oggi la rincorsa a tenere aperte a tutti i costi queste piazze mediatiche o come le vogliamo chiamare, quali sono quelle dei centri commerciali? Luoghi che non aiutano ad incontrarsi e socializzare ma a spendere, se ci sono, i soldi. Il primo maggio è festa dal lavoro e del lavoro, ed è giusto che qualcuno tenga chiuso, fa bene chi lo fa. Il Patriarca l’ha detto a Pasqua e l’ha ribadito anche in un recente dibattito sull’ecologia della vita».

Precisa: «Ricordo che la dottrina sociale della chiesa nasce con Papa Leone XIII, il quale aveva detto tre cose, tre pilastri fondamentali: tutela delle donne, tutela dei bambini dal lavoro e giornata di riposo settimanale come tutela della dignità della persona».

Aggiunge don Pistolato: «Abbiamo perso la misura dell’uomo. È una festa, quella del primo maggio, che è stata pagata con il sangue, c’è gente che è stata massacrata a fucilate, ecco perché è il giorno di riposo del lavoro e dal lavoro».

I diritti dei lavoratori non possono essere cancellati con un colpo di spugna. «Guardiamo a Gesù realmente risorto e a partire da lui consideriamo, in modo radicalmente nuovo, l’uomo e la società» ha scritto il patriarca nella lettera di Pasqua ai fedeli della Diocesi, «in questa logica entra la domenica come giorno del Signore e giorno dell’uomo ma se continueremo progressivamente a smarrire il senso religioso, antropologico e sociale della domenica semplicemente perderemo l’uomo, “ridotto” ormai alla sola dimensione economica».

Da quando la deregulation del commercio ha livellato tutti i giorni della settimana e dei mesi, in prima linea nel Patriarcato a difesa del riposo festivo è don Enrico Torta, il sacerdote di Dese, al quale il “sempre aperto” non va proprio giù. Mercoledì scorso don Torta assieme all’imprenditore Roberto Aggio e alla leader delle commesse trevigiane Tiziana D’Andrea, sono stati ricevuti dal patriarca Moraglia proprio per parlare del problema del lavoro festivo e domenicale.

«Noi abbiamo le armi spuntate», spiega D’Andrea, «per questo confidiamo nella Chiesa e abbiamo chiesto aiuto al Patriarca».

Marta Artico

 

Corradi (Confcommercio) attacca il pseudoliberismo. Franceschi (Confesercenti) appoggia la Coop

«Le nostre tradizioni vanno rispettate»

MESTRE «È una vergogna, non si può perdere l’identità di un Paese in questo modo, abbiamo una storia e delle tradizioni che vanno rispettate».

Il presidente di Ascom Confcommercio, Doriamo Calzavara, non è per niente concorde con le aperture festive, e lo ripete ancora una volta.

«Sono contento che il centro commerciale Auchan rimanga chiuso il primo maggio, si sono dimostrati persone civili, il loro gesto va apprezzato, al contrario degli altri. Quello che manca è una regolamentazione nazionale. Ho incontrato nei giorni scorsi il ministro Poletti e ho fatto presente anche a lui che il decreto Monti sulle liberalizzazioni e la deregulation del commercio è stato fatto in un momento di emergenza, adesso si deve fare una legge diversa, che vada nella direzione di tutelare le tradizioni del nostro Paese, come fanno gli altri stati».

«Il problema è sempre il solito», aggiunge il direttore Ascom Dario Corradi, «questo pseudo liberismo che è passato, tra l’altro, solo nel campo del commercio, dove ci ha portato? Oggi servirebbe una normativa rispetto alla quale senza tante chiacchiere, venga stabilito un calendario unico e condiviso con le chiusure delle attività in determinate festività, religiose e laiche, Pasqua e Pasquetta piuttosto che Liberazione. Invece ogni volta ci troviamo di fronte a questa menata infinita: chi apre, chi chiude, non lo sanno nemmeno più i centri cosa devono fare».

Il responsabile di Confesercenti provinciale, Maurizio Franceschi, dice anche di più: «Le aperture nelle festività sono un imbarbarimento, un’involuzione, sono contrarie alla modernità, che va in un’altra direzione».

Quella cioè di tutelare e valorizzare la tradizione e le specificità. E sulla scelta di Coop Adriatica: «La disparità di comportamenti segnala per me un fatto distintivo che differenzia imprese e aziende che rispettano i territori e le comunità con le loro festività – laiche o religiose che siano – rispetto a chi invece crede che mercato concorrenza e liberismo spinto possano sovrastare e contrastare tutto. Un errore gravissimo che si fa nel “sistema paese” e che non fa assolutamente progredire la nostra nazione».

Chiude: «In questo modo la società non evolve ma involve, questo trend cancella valori, cancella le comunità e quello che rappresentano. Le aperture nelle festività sono antimoderne, plaudo alla Coop».

(m.a.)

 

Gazzettino – 1° Maggio, Auchan non ci sta.

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1

apr

2015

COMMERCIO – Il centro commerciale del Terraglio rispetterà la festa

Levata di scudi contro le aperture annunciate dagli altri ipermercati

Tutti meno uno. Se tutti gli altri ipermercati e una raffica di supermarket cittadini terranno aperto il Primo maggio, la direzione di Auchan ha deciso di rispettare la festa dei lavoratori, tenendo chiuso il centro commerciale. Ma tutte le altre aperture annunciate dai centri commerciali di Marghera a quello di Portogruaro, passando per l’Outlet di Noventa e il Valecenter di Marcon, hanno già scatenato una raffica di proteste.

La decisione controcorrente di Auchan è stata presa ieri, a fronte dell’ufficializzazione delle aperture da parte dei diretti concorrenti. Una sorpresa che fa tirare un respiro di sollievo a dipendenti ed operatori di tutti i negozi della galleria commerciale i quali, se l’ipermercato avesse optato per l’apertura straordinaria, avrebbero dovuto uniformarsi e rinunciare alla festa.

«Nei centri commerciali non si è liberi di decidere – spiega Doriano Calzavara, presidente di Confcommercio Mestre -, quindi se lavora l’ipermercato si è obbligati a tenere aperto. E già lavoriamo tutte le domeniche».

Sulla decisione di tenere aperto da parte degli altri centri commerciali e supermercati, Calzavara non lesina aggettivi: «Una situazione folle, pazzesca, vergognosa. Conad che tiene aperto il giorno di Pasqua, gli altri che non hanno alcun rispetto dell’importanza di una festa civile come quella del Primo maggio… Il problema è che, nel silenzio assordante del sindacato, manca una legge nazionale che imponga di tenere chiuso nelle dieci feste, sei religiose e quattro civili, che rappresentano la storia del nostro Paese».

«È un problema che riguarda il lavoro ma anche la cultura – interviene Alessandro Visentin della Uiltucs -. Oggi i giovani non conoscono il significato e le origini del 1° maggio come della festa della donna. Però tutti devono sapere che i diritti non sono piovuti dall’alto, ma sono frutto di conquiste ottenute con battaglie e lotte durate anni».

«Il prossimo Primo maggio si ripete la storia di sempre, con i centri commerciali che vogliono tenere aperto a qualunque costo – commenta Maurizio Franceschi, direttore di Confesercenti -. Ma oggi, con i licenziamenti annunciati da Carrefour (50 su 200 lavoratori a Marcon, ndr.), siamo vicini all’esplosione della “grande bolla” della grande distribuzione. Finora hanno resistito con il ridimensionamento del monte ore del personale, mentre adesso devono cominciare a tagliare perché la competizione tra di loro non può più reggere sul nostro territorio».

 

Gazzettino – Primo Maggio spingendo carrelli

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31

mar

2015

IL CASO – Iper e supermercati di vicinato hanno già deciso di aprire nella festa dei lavoratori

Da Marghera a Portogruaro, ogni centro commerciale va a caccia di clienti

Ei fu. Almeno nel commercio, il Primo Maggio morirà tra un mese. Per la prossima festa dei lavoratori terranno aperto tutti – ma proprio tutti, sempre che non ci siano defezioni dell’ultima ora – gli ipermercati e i supermercati di Mestre e di buona parte della provincia. E c’è chi aprirà anche domenica prossima, a Pasqua.

L’anno scorso l’unico a spezzare la tradizione della chiusura dell’1 maggio fu il Panorama, all’epoca “stretto dalla morsa” dell’inaugurazione della vicina Nave de Vero. Ma quest’anno sembra quasi che si siano messi tutti d’accordo da Portogruaro a Noventa, per arrivare fino a Mestre e a Marghera. Apriranno quindi sicuramente (con lavoratori già avvisati): Nave de Vero, Valecenter di Marcon, il Designer Outlet di Noventa, il Centro Adriatico 2 di Portogruaro (con il Carrefour), mentre solo Auchan è ancora in forse. Ma le aperture annunciate hanno già creato un “effetto domino” sui supermercati di vicinato, quelli più piccoli e inseriti nel contesto urbano come il Pam di corso del Popolo o le altre catene minori anche in periferia, discount compresi, dove i dipendenti sanno già che quest’anno – per la prima volta – non potranno rifiatare nemmeno venerdì 1° maggio. Se gli andrà bene, lavoreranno solo mezza giornata, mentre la catena Conad – che ha appena rilevato i supermercati ex Billa – terrà aperto addirittura domenica prossima, giorno di Pasqua, nei punti vendita di Venezia e del Lido (resterà chiuso solo quello di corso del Popolo a Mestre), e il 1° maggio dovrebbero lavorare praticamente tutti.

«Ormai è davvero saltato ogni parametro – commentano Alessandro Visentin e Fabio Marchiori della Uiltucs -. Si parla tanto di “tempi di vita”, ma in questo modo le aziende della grande e media distribuzione stanno distruggendo le famiglie. Una forzatura continua con la scusa del “fatturato”, del “reagire alla crisi” o dello spettro di “perdere clienti” se si tiene chiuso quando qualche altro decide di restare aperto. Ma così arriveremo anche alle aperture nel giorno di Natale». E uno sciopero non è nemmeno ipotizzabile. «Sarebbe un boomerang – riprende Visentin -. È chiaro che siamo contrari a queste aperture, ma i lavoratori hanno paura di perdere il posto e l’adesione non sarebbe massiccia. Sono parole da anni ’70, ma ormai siamo schiavi ricattati da questa situazione perversa. Finché la gente, i clienti, di domenica e nei giorni di festa affolleranno i centri commerciali anziché andare a respirare un po’ d’aria buona al mare o in montagna, questi vorranno tenere tutto aperto».

 

 

Ultimo giorno del Billa di via Camporese, senza sapere cosa succederà da domani nel supermercato del rione Pertini. E gli abitanti raccolgono 200 firme in meno di una mattinata.

«Stiamo ancora aspettando la delibera del Comune che doveva essere discussa venerdì scorso – spiega Fabio Marchiori della Uiltucs che sta seguendo il caso del market e dei suoi 12 dipendenti che rischiano di restare senza lavoro -. Domani ci sarà un primo incontro con Billa e gruppo “Dado”, le due aziende coinvolte, per cercare soluzioni a garanzia dei posti e capire cosa ostacola ancora il passaggio alla nuova catena “Eurospesa” che dovrebbe rilevare il punto vendita». Ieri mattina, intanto, i lavoratori hanno organizzato un presidio davanti al negozio per sensibilizzare la cittadinanza e spiegare la situazione ai molti clienti preoccupati per il cartello affisso in entrata che annuncia la chiusura del negozio il 31 marzo. Spontaneamente gli abitanti del quartiere hanno chiesto di raccogliere delle firme, arrivate a quota 200 in poche ore, per chiedere al Comune di accelerare le questioni burocratiche. Il negozio è infatti molto frequentato essendo il supermercato di riferimento del rione Pertini dove fanno gli acquisti gli abitanti della zona, soprattutto quelle persone che non possono permettersi di prendere al macchina per recarsi in un centro commerciale.

(f.fen.)

 

Centri commerciali aperti a turno la domenica. A lanciare la proposta di una turnazione festiva degli ipermercati sono i sindacati del commercio Fisascat Cisl, Filcams-Cgil e Uiltucs. La richiesta nasce dall’esigenza di tutelare, ove possibile, il diritto al riposo domenicale degli addetti, minato dalla liberalizzazione delle aperture dei negozi ormai in atto. Ma le ragioni addotte dai rappresentanti dei lavoratori vanno incontro anche alle esigenze dei colossi della Grande distribuzione, alle prese con la perdurante contrazione dei consumi che ha spostato lo shopping alla domenica senza peraltro incrementare i fatturati.

«Sempre più spesso – spiega Andrea Stevanin della Fisascat-Cisl – aziende come Auchan e Carrefour utilizzano forme di flessibilità e contratti di solidarietà per far fronte alla crisi che ha creato proboemi di esuberi di personale».

Ma le aperture domenicali, spiega il sindacalista, non risolvono il problema: «Alle aziende costano di più e in questo modo si rischia di arrivare a una nuova contrazione dei posti di lavoro», attualmente un migliaio soltanto nell’area veneziana.

E visto che le aziende, da sole, non sono disposte a fare un passo indietro per non lasciare campo libero alla concorrenza, i sindacati si appellano alle istituzioni. «La Regione o la Provincia, attraverso il suo commissario – prosegue Stevanin – dovrebbero promuovere un tavolo territoriale di contrattazione sulle aperture festive».

L’idea è di arrivare a una turnazione delle aperture domenicali analoga a quella praticata dalle farmacie, in modo da assicurare il riposo domenicale ai dipendenti e costi minori alle aziende della Grande distribuzione.

«Qualora questa proposta fosse disattesa – si legge in una nota dei sindacati del commercio – correremo il rischio di perdere ulteriori posti di lavoro e vanificare tutti gli accordi che in questi anni hanno permesso di reggere alla crisi».

Alberto Francesconi

 

 

Meglio una domenica in famiglia, che una domenica a lavorare in un supermercato. Il patriarca Francesco Morglia si è schierato ancora una volta dalla parte delle chiusure domenicali, nel nome della sacralità del giorno di riposo. E lo ha fatto al termine della sua visita ai detenuti del carcere di Santa Maria Maggiore, rispondendo a una domanda sulle commesse che hanno sollecitato la chiusura festiva per passare più tempo con le loro famiglie. «Viviamo tempi economicamente difficili, e se queste aperture domenicali servissero, sarebbe un altro discorso – ha detto Moraglia – Ma i problemi dell’economia non si risolvono con formule al servizio di pochi. Se non rispettiamo certi momenti, certe istituzioni, difficilmente la società riuscirà a risollevarsi».

Il patriarca, come ogni Natale, ha voluto quindi testimoniare il senso del messaggio cristiano ai detenuti. L’invito a riscattarsi e a rimettersi in gioco, traendo beneficio dalla lettura del Vangelo e ispirazione da San Camillo de Lellis, «uomo finito a 24 anni e cambiato dall’incontro con il Signore», sono stati tra i passaggi più significativi dell’omelia di Moraglia, durante la messa celebrata insieme al cappellano don Antonio Biancotto, a fra Nilo e a don Dino Pistolato.

A seguire la funzione religiosa, caratterizzata da frasi in otto lingue e canti legati ai riti cattolico, cristiano ortodosso ed ebraico, una sessantina di detenuti e una ventina tra guardie e personale penitenziario, con la direttrice Immacolata Mannarella. «Tutti ce la possono fare: il Signore scrive dritto anche sulle righe storte, ma occorre che noi facciamo da riga – ha continuato il Patriarca – Ispiratevi al presepe, dove i pastori non possono mancare nonostante fossero considerati il nulla, gli ultimi. Inoltre, non dimenticate che si vale più delle proprie azioni, che comunque ci seguono: il passato è importante, ma molto più lo sono il presente e il futuro».

A dare il benvenuto a monsignor Moraglia, il detenuto Fabio. E a portare le loro testimonianze, il veneziano Alberto, che ha sottolineato l’importanza del volontariato e delle attività socialmente utili, e Leonardo e Christian, che per il presepe del carcere hanno impiegato materiali poveri come acqua e farina, cassette rotte, paglia e caffè.

In conclusione, la donazione per un’adozione a distanza e la consegna al Patriarca di una cartellina e una borsa realizzate nel laboratorio di pelletteria.

 

Nuova Venezia – I sindacati: “Basta aperture selvagge”

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16

dic

2014

Cgil, Cisl e Uil: vanno tagliati gli orari festivi, non danno occupazione e tolgono tempo alle famiglie

VENEZIA – Ancora no alle aperture selvagge dei negozi, ancora un appello a tornare indietro dalla strada di una liberalizzazione che, a distanza di pochi mesi, ha mostrato tutti i suoi limiti. I segretari regionali Filcams Cgil Giovanni Viafora, Fisascat Cisl Maurizia Rizzo e Uiltucs Uil Luigino Boscaro tornano sull’argomento con una lettera aperta che stanno inviando a istituzioni, amministratori e grande distribuzione.

«Basta con le aperture selvagge. I lavoratori sono stremati e costretti a condizioni insopportabili mentre si moltiplicano i centri commerciali e diminuisce l’occupazione» recita la lettera, che aggiunge: «Se le previsioni sulle vendite non sono tra le più rosee, di sicuro questo Natale si profila magrissimo per le condizioni di tanti lavoratori che si vedono vincolati ad una vita di negozio senza sosta: se non bastasse, ancor peggio degli anni precedenti a fronte delle riduzioni occupazionali, dell’aumentata cassa integrazione, delle nuove condizioni contrattuali imposte agli ultimi assunti».

Non sarà festa di sicuro a Santo Stefano, soprattutto nelle province di Vicenza, Belluno e Treviso dove diversi centri commerciali e supermercati hanno annunciato l’orario continuato.

«Tutto ciò – proseguono i sindacati – non ha comportato nessuna occupazione aggiuntiva e tutto il peso viene fatto ricadere su lavoratori ormai stremati da orari spezzati con lunghi intervalli nel corso della giornata, da riposi che arrivano anche dopo 10 giorni consecutivi di lavoro, da impieghi che costringono a lavorare ogni domenica privando la persona di ogni possibilità di passare – almeno una volta all’anno – una giornata con la propria famiglia, da calendari lavorativi comunicati 24 ore prima rendendo impossibile programmarsi la vita, per non parlare della miriade di contratti precari ai limiti della legalità che vengono applicati con sempre maggiore facilità, quali i voucher, arrivati quest’anno in Veneto a sfondare il milione nel solo settore del commercio».

Per arginare questa situazione i Segretari Generali di Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil regionali hanno deciso di aprire una negoziazione con il sistema delle imprese ed al contempo di invitare la Giunta regionale e le istituzioni locali ad avviare un secondo tavolo di supporto che coinvolga associazioni datoriali e sindacati per definire una nuova “disciplina dell’ apertura degli esercizi commerciali”. Del resto, come è possibile che mentre si moltiplicano i centri commerciali, l’occupazione continui a calare ed anche nel 2014 registri in Veneto un -1,8% sui 12 mesi precedenti? Non è solo un problema dei piccoli negozi che vengono spazzati via dalla politica aggressiva della grande distribuzione, poiché anche quest’ultima registra un decremento significativo (-1,6%) con l’aggiunta di 5.598.442 ore di cassa integrazione straordinaria, pari ad un +84% rispetto al 2013.

 

Gazzettino – Moraglia: “La domenica sia di riposo”

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22

nov

2014

ALLA SALUTE

LA CERIMONIA – Dalla difesa della domenica alla crisi del lavoro: l’appello del Patriarca ai veneziani

Folla in basilica e Moraglia tuona: «Società malata»

Nella ricorrenza della Festa della Madonna della Salute il patriarca Francesco Moraglia ha tuonato ancora una volta, senza mezzi termini, contro «la mercificazione della domenica a vantaggio di pochi o di centri abili ad individuare un territorio da spolpare», come in difesa del valore inviolabile della vita umana. In basilica erano presenti almeno duemila persone per la messa del patriarca. Oltre al Capitolo metropolitano, al vicario generale don Angelo Pagan, ai vicari episcopali, a molti parroci (e tra questi anche don Luca Biancafior, in pausa di riposo dopo i recenti spiacevoli eventi), nelle prime file dei banchi erano seduti, come tradizione, le autorità civili e militari, e tra queste il commissario prefettizio Vittorio Zappalorto, il prefetto Domenico Cuttaia, il questore Angelo Sanna, il procuratore aggiunto Adelchi D’ Ippolito e il provveditore al porto Paolo Costa, quest’ultimo con un grosso cero in mano.

«Siamo chiamati a una critica serena ma ferma per “ricreare” l’uomo come Dio l’ha pensato – ha affermato il patriarca -, anche attraverso gesti politici ossia inerenti alla città. Bisogna mettere in evidenza la centralità della persona umana, il principio di solidarietà e della destinazione universale dei beni, sapendo però valorizzare il principio di sussidiarietà proprio a servizio della dignità della persona. E, allora, una finanza non più a servizio dell’economia di un territorio e delle persone che lo abitano è una distorsione che si ritorce contro l’uomo stesso. Ciò vale anche per uno Stato che non riesce a porsi a servizio della società civile. E cosa dire, poi, di una politica che parla molto ma spesso non è più in grado d’offrire autentiche risposte e soluzioni?».

Per la crisi del lavoro in atto Moraglia chiama imputabili sia la politica «prima responsabile del bene pubblico, ma anche i diversi soggetti che, con la politica, sono responsabili del mercato del lavoro. Organizzazioni e realtà imprenditoriali e sindacali sono chiamate a fare la loro specifica parte e a dare il rispettivo e concreto contributo al bene comune».

Ha quindi sottolineato la sacralità della domenica, giorno in cui si è chiamati a costruire nuove relazioni umane a partire dalla logica della gratuità, al di fuori della dimensione economica e del profitto. «Sul piano sociale, rubandoci la domenica – ha spiegato il patriarca -, ci rubano un modo d’essere uomini e ne propongono un altro finalizzato al profitto di pochi. Infatti, la domenica – intesa come giorno del riposo e della gratuità – ci garantisce, come singoli e come comunità, che le relazioni umane non si riducono a quelle economiche e che l’uomo non è solo ciò che produce».

Mons. Moraglia ha citato infine papa Francesco per ricordare che l’essere umano, comunque sia, è sempre sacro e inviolabile, in qualunque istante della sua esistenza e per pregare il Signore che « regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri. La Madonna della Salute ci guidi verso un nuovo umanesimo, capace d’esprimersi in una rinnovata fraternità a partire dai più deboli».

 

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