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Ieri l’incontro a casa di Toffoletto, la prossima settimana nuova riunione per scegliere la strategia

VOLPAGO. Vertice ieri mattina in municipio dei sindaci dei comuni su cui è previsto il passaggio dell’elettrodotto di Terna. A convocarlo è stato il padrone di casa Roberto Toffoletto.

«Si è trattato di un incontro interlocutorio. Per definire le posizioni da tenere in merito al progetto, ci riuniremo di nuovo la prossima settimana»,

informa Toffoletto. Su otto sindaci invitati due non hanno partecipato a causa di altri impegni istituzionali. Dell’elettrodotto si è parlato anche lunedì sera a margine del consiglio comunale di Volpago. La seduta era stata ufficialmente chiusa quando Eddy Martimbianco, consigliere della lista di minoranza Alleati per Volpago, ha chiesto al sindaco cosa intendesse fare dopo la decisione di Terna di chiudere la fase di concertazione con gli enti locali sul progetto a giugno. Toffoletto ha detto di essere andato a Venezia a parlare del piano assieme agli altri sindaci con l’assessore Giorgetti e di aver convocato il vertice di ieri mattina. Tra il pubblico vi erano anche membri del comitato per il no all’elettrodotto che hanno chiesto al sindaco impegni più concreti proponendo tra l’altro in convegno pubblico con tecnici per stabilire l’utilità dell’opera.

«L’elettrodotto è stato inserito nella legge obiettivo, per cui non si può fermare. Anche mantenere la linea dura per avere un minore impatto può essere controproducente perché Terna minaccia di non dare opere di compensazione ai comuni che non si allineano»,

ha risposto il sindaco. Dal pubblico è stato chiesto se il Comune intenda andare al Tar contro Terna.

«Neanche questo potrebbe servire. Il ricorso può anche non sospendere i lavori e adesso sono giunte limitazioni di legge alle spese legali dei comuni contro altre amministrazioni dello Stato come le autorizzazioni del ministero allo sviluppo economico ad aziende come Terna»,

ha risposto Toffoletto. Laura Sartor, consigliere di minoranza della Civica per Volpago ha chiesto:

«Interrando la linea sarebbe ancora necessaria la stazione elettrica a Volpago? L’elettrodotto serve vista la produzione da fotovoltaico?».

Il sindaco le ha ribattuto: «La centrale è necessaria all’elettrodotto qualunque sia il sistema con cui viene costruito e, secondo le previsioni, il fotovoltaico per il futuro non basterà». Una donna dal pubblico ha suggerito al sindaco di mettersi alla testa dei cittadini per ribellarsi “anche prendendo i forconi».

Gino Zangrando

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Domenica sera Report se ne occuperà all’interno della rubrica “C’è chi dice no”

Sarà ripercorsa la storia dell’area industriale la cui ombra s’allunga sul voto 

VEDELAGO – Il caso Barcon fa ancora notizia. Domenica sera il progetto per la mega area industriale nella campagne della frazione vedelaghese sarà protagonista di un servizio trasmesso all’interno della trasmissione Report condotta da Milena Gabanelli su Rai 3. La rubrica si chiama «C’è chi dice no» (dal titolo di un pezzo di Vasco Rossi) ed è curata dal giornalista Giuliano Marucci. Sarà ripercorsa la storia delle vicenda iniziata nel lontano 2009 con un progetto lanciato da alcune aziende private per la realizzazione di un mega polo agro industriale nelle campagne vicino via Terza Armata. Dal punto di vista burocratico il piano era un Accordo di Programma per una presunta «riqualificazione» dell’area interessata. I privati coinvolti erano la ditta Rotocart spa di Piombino Dese, azienda che opera nel settore della carta, interessata a realizzare una cartiera in quella zona. Produzione di carta igienica, fazzoletti di carta, rotoloni. L’altra ditta era la Colomberotto, azienda che opera nel settore dell’allevamento, interessata a realizzare un maxi allevamento con centro di macellazione della carne. Nel piano iniziale, poi rivisto, si prevedeva anche un farmer market. L’area interessata dal pianto era enorme. 90 ettari di terreno, ovvero 180 campi trevigiani consumati per fare questo polo industriale. Una colata di cemento spaventosa con un cantiere che sarebbe durata anni e un escavazione stimata in 2 milioni di metri cubi di ghiaia. Inizialmente il progetto includeva alcune opere complementari, in particolare alcune bretelle stradali realizzate dai privati. Ma poi l’Accordo di programma venne rivisto e i benefici in termini di opere pubbliche vennero ridotti drasticamente. Nel frattempo nacque un comitato di cittadini, il Comitato Spontaneo Barcon Viva, che si è battuto per bloccare il progetto. Una raccolta di oltre 6 mila firme consegnate al Presidente della Provincia Leonardo Muraro e al Governatore Luca Zaia. Eventi di sensibilizzazione e spettacoli per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica. La giunta sul progetto si spaccò, Quaggiotto perse diversi assessori. Alla fine l’accordo di programma dovette arrivare in consiglio comunale nel novembre 2012. E venne bocciato. Votarono contro 3 assessori (Renzo Franco, Cristina Andretta e Marco Perin) votò contro il consigliere Daniele Volpato, il consigliere Valter Santin, i gruppi consiliari Bordignon Sindaco e Primavera Civica. Quaggiotto fu sconfitto e l’indomani partì la mozione di sfiducia che lo portò alle dimissioni. (d.q.)

 

La Finanza: «Compravendite e cambi di gestione sospetti anche per bar e tabaccherie ». Riciclaggio: 119 segnalazioni

Malavita dietro i banconi dei negozi o dei bar, degli espositori delle tabaccherie, ma anche all’interno di alcuni dei vasti capannoni che popolano le nostre zone industriali e che sono sfitti da anni. È l’allarme lanciato ieri dalla Guardia di Finanza di Treviso. La mala nella piccola distribuzione. Il pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata – hanno spiegato i finanzieri – è legato alla crisi che ha fatto chiudere molte aziende grandi e piccole, messo in difficoltà commercianti, impoverito le aree produttive. Una congiuntura che ha alimentato compravendite di attività ed esercizi commerciali e passaggi di gestione che la Finanza non esita a definire «sospetti» e sui quali ha deciso di avviare accertamenti per verificare la correttezza delle pratiche, la fedina penale dei compratori e la limpidezza dei soldi utilizzati. Al centro dei controlli ci sono i piccoli negozi dei centri storici, attività come ricevitorie lotto, tabaccherie, bar. Non mancano infatti segnalazioni relative a veri e propri piccoli «imperi del tabacco», intestati a imprenditori unici, nati nel giro di due anni acquisendo attività che altri erano costretti a cedere. Da dove arriva tutta questa disponibilità di capitali? Solo rischio d’impresa? «Che la Marca sia un possibile canale di investimento per la criminalità organizzata è un dato di fatto» sottolinea il colonnello Giuseppe De Maio, comandante della Guardia di Finanza provinciale, «sta a noi intercettare questa possibile ingerenza e stroncarla».

Capannoni cassaforte. Nel 2013 le Fiamme gialle di Treviso hanno deciso di fare una verifica a tappeto nelle aree industriali. «Temiamo che proprietari di capannoni sfitti da anni alla fine possano cedere alle lusinghe di chi si offre di affittarli per utilizzarli come depositi di merce di provenienza illecita», prosegue De Maio, trasformandoli di fatto in magazzini della mala. È successo con le oltre 4,3 tonnellate di sigarette di contrabbando scoperte a inizio 2012, e potrebbe ripetersi.

Infiltrazioni in azienda. Colpire tra le pieghe e sulle piaghe di un sistema in sofferenza, per non trovare resistenze. Questa, secondo la Finanza, la strategia della malavita organizzata. Nel mirino finiranno anche le aziende in difficoltà della Marca, che la Finanza ha deciso di «mappare per evitare che diventino il canale di investimento di capitali sporchi». Solo nel 2012 la Banca d’Italia ha segnalato 119 operazioni sospette riciclaggio.

I mali della Marca. Ai nuovi fronti di battaglia vanno legati i problemi «fisiologici» della Marca: «L’evasione fiscale è un problema ricorrente nel settore del mobile (il caso della Jesse e della Zaccariotto, con una vera e propria contabilità alternativa è stato emblematico, ndr), ma anche in altri ambiti della produzione di Marca come il legno e la compravendita di auto», spiega il colonnello De Maio, «L’altro problema è il lavoro nero, soprattutto nella manodopera cinese». Sono oltre 480 i lavoratori irregolari scoperti durante i blitz della Finanza, 67 quelli totalmente in nero. Nel 2012, l’indagine della Finanza ha portato a scoprire 295 milioni sottratti a tassazione per un totale di Iva evasa di 49.176.282 euro, un +78% rispetto al 2011 (e i numeri in questo caso fanno quasi paura). «Non è patologia» sottolineano le Fiamme gialle, «ma un problema serio, fisiologico sul quale dobbiamo continuare a intervenire per far cambiare le cose».

Federico de Wolanski

 

Quasi due denunce al giorno al “117”

Gli evasori sono 105 e 17 i milioni sottratti

I dati del bilancio definitivo pubblicato ieri dalle Fiamme Gialle di Treviso non fa ben sperare. A controlli sempre più puntuali, sono seguiti riscontri sempre tristemente positivi. Ben 105 gli evasori totali scoperti a cui faceva capo la bellezza di 17,5 milioni di Iva evasa. Furbetti scoperti anche grazie alla pioggia di telefonate arrivate al 117: 607 chiamate di denunce qualificate, il +120% rispetto al 2011 quando furono appena 275. Si segnalano soprattutto evasioni fiscali (29% delle volte), ma non mancano anche gioco d’azzardo, lavoro nero, controlli strumentali). Numeri da capogiro a cui si aggiungono le 18 frodi comunitarie scoperte (1,7 milioni di aiuti europei incassati illecitamente) e i reati fallimentari con quasi 26 milioni di euro distratti al fisco. Fondamentale anche la campagna contro la contraffazione e l’importazione di oggetti o materiali non sicuri, che ha portato al sequestro di 84mila prodotti. Resta aperto per la Finanza sempre il fronte degli stupefacenti, con oltre 4 chili di droga sequestrata nel corso dell’anno passato e la bellezza di 2000 pastiglie di droghe sintetiche intercettate nell’attività di verifica sul territorio.

 

I primi cittadini di Quinto, Morgano e Volpago da Giorgetti Terna vuole chiudere la concertazione già entro giugno

QUINTO. I sindaci dell’elettrodotto in missione a Palazzo Balbi, a Venezia. Ieri mattina i primi cittadini di Quinto, Mauro Dal Zilio, Morgano, Elena Basso, e Volpago, Roberto Toffoletto, in rappresentanza degli altri colleghi sindaci impegnati nella battaglia con Terna hanno incontrato l’assessore regionale all’Energia Massimo Giorgetti. Un faccia a faccia chiesto con estrema urgenza dai primi cittadini di Paese, Morgano, Quinto, Zero Branco, Povegliano, Ponzano, Trevignano, Volpago, Istrana, Scorzé e Martellago, dopo che nelle scorse settimane Terna aveva comunicato che la fase di concertazione con gli enti locali sul progetto si chiuderà a giugno, dopodiché l’opera sarà sottoposta allo studio d’impatto ambientale e avviata in autorizzazione entro la fine del 2013 al Ministero dello sviluppo economico.

«La Regione, attraverso l’assessore Giorgetti, ha dato la disponibilità ai sindaci per stare al loro fianco, anche se ha sottolineato che l’opera è necessaria per evitare problemi di fabbisogno alla rete elettrica”, spiega Mauro Dal Zilio, «in Regione abbiamo fatto il punto della situazione. Ci rendiamo conto di lottare contro un colosso qual è Terna. Cerchiamo dunque di farci meno male possibile. Ora ci ritroveremo tra sindaci per decidere i prossimi passi».

La battaglia entra nel vivo. Terna ha imposto il limite di giugno per i Comuni per concordare l’ottimizzazione del progetto e firmare un accordo che associ alla realizzazione della nuova linea gli interventi di razionalizzazione delle reti esistenti. Già nel marzo dello scorso anno, i sindaci dell’elettrodotto avevano bussato alla porta dell’assessore Giorgetti per chiedere una presa di posizione della Regione sull’opera e sulla sua necessità per il territorio. Di fatto l’ente veneziano non si è finora mai espresso.

«Dobbiamo cercare la soluzione migliore per l’elettrodotto. A Giorgetti abbiamo ribadito la necessità tra l’altro di tutelare l’area del Parco del Sile», chiarisce ancora il sindaco di Quinto. «C’è davvero bisogno di questo impianto? E come la mettiamo con il fotovoltaico?», attacca il sindaco di Zero Branco Mirco Feston, «ho i miei dubbi che l’opera sia davvero necessaria».

Rubina Bon

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ASOLO. Sul nuovo Pat interviene il presidente degli agenti immobiliari Fiaip del Veneto, Moreno Marangoni.

«Di fronte a notizie di questo genere, ribadiamo il recupero del patrimonio edilizio esistente come via da percorrere anche per la ripresa del mercato immobiliare», osserva, «Ci vuole tanto a capire che non c’è bisogno di ulteriori nuove case? La curva demografica è in discesa, la crisi in salita. Mentre la Regione Friuli dà contributi per le ristrutturazioni, noi cosa facciamo? Stiamo a guardare, mentre qui non si riesce a comprar casa e neanche a venderla. Da lungo tempo la nostra Federazione ha avviato una politica volta a valorizzare il patrimonio edilizio esistente suggerendo alle istituzioni locali di dare agevolazioni ai privati che vogliano riattare l’alloggio. Nelle nostre città ci sono numerose unità abitative che posso essere ristrutturate e trasformate abbattendo molti obbrobri del passato. La nostra proposta è rivitalizzare le aree urbane esistenti senza ulteriori lottizzazioni».

 

Puppato porta il Pat in Parlamento

Summit delle minoranze per stabilire il piano d’attacco, il console britannico firma la petizione

ASOLO – La senatrice del Pd Laura Puppato porta il nuovo Pat di Asolo in Parlamento. L’ex sindaco di Montebelluna, eletta in Senato, ha pronta un’interrogazione al Governo sul piano di assetto del territorio.

«L’atteggiamento della giunta Baldisser è davvero incomprensibile»,

sostiene Laura Puppato davanti alla volontà dell’esecutivo asolano di tirare dritto. Sabato intenso ieri per le minoranze consiliari che si sono riunite per discutere sulla strategia da adottare contro l’adozione del nuovo piano di assetto del territorio. L’aveva annunciata una settimana fa, alla fine l’interpellanza è arrivata e nei prossimi giorni la senatrice è pronta a presentarla già in parlamento.

«Non si capisce l’atteggiamento così ostile della giunta», osserva Puppato, «Mi sembra impossibile che vadano avanti, che spingano per l’adozione».

Da una decina di giorni il Pat ha messo sul piede di guerra le minoranze, i cittadini e le associazioni di categoria. Tutti contro l’adozione del piano di assetto del territorio che prevede una colata di cemento pari a 350 mila metri cubi, previsti in capannoni, villette e condomini, proprio ai piedi della Rocca.

«Adesso c’è proprio il bisogno di preparare e fare un’interpellanza: presto la presenterò al Governo»,

assicura la senatrice Puppato. L’imperativo per la parlamentare, le minoranze e i cittadini è solo uno: salvare la città dei cento orizzonti dalla colata di cemento. L’opinione pubblica è scesa in campo: i cittadini con le associazioni di categoria si sono fatti sentire, hanno protestato in piazza e firmato petizioni sempre e comunque contro il Pat. Da palazzo Beltramini intanto bocche cucite. «Asolo non si tocca: quel Pat è un attentato al territorio. È una città molto importante per la sua storia e ricca di bellezza», sottolinea ancora la senatrice,

«L’attuale giunta purtroppo sembra essere un muro di ferro. Fino ad ora non ha dimostrato ancora di avere la volontà di fare un passo indietro rispetto all’adozione del piano di assetto del territorio e questo è inconcepibile. Il rinvio del consiglio comunale di mercoledì sera non è ancora la vittoria, il lavoro da fare per bloccare l’adozione del Pat è solamente all’inizio».

Si sono messi attorno a un tavolo ieri mattina i tre gruppi consiliari di minoranza (ConTe per Asolo, Progetto Asolano e Insieme per Asolo). Nell’incontro svoltosi a Casella hanno fissato i punti da adottare per una linea strategica comune che contrasti con la decisione della giunta leghista. E l’ondata di proteste continua. Per questa settimana è in programma un incontro pubblico organizzato dal comitato “Asolo Viva”. Oltrepassa invece le 800 firme la petizione online “In difesa di Asolo”, messa in rete dal gruppo consiliare “Insieme per Asolo”. Dopo le firme dell’onorevole esponente del Pd Ermete Realacci e dello scrittore Salvatore Settis arriva la sottoscrizione del console britannico di stanza a Venezia.

Vera Manolli

 

 

L’architetto Mancuso: mai sottoscritto. E da Replay: nessun progetto definitivo di ampliamento per lo stabilimento

ASOLO –  È giallo sulla firma dell’architetto Francesco Mancuso in calce al Pat. Il professionista, assieme al collega Francesco Finotto e all’architetto Leopoldo Saccon, aveva ricevuto l’incarico dalla giunta leghista per la redazione del nuovo piano di assetto del territorio. Ma, in una lettera inviata all’amministrazione comunale, l’architetto sostiene di non aver mai sottoscritto la bozza del nuovo Pat e soprattutto di essere estraneo a qualsiasi attività svolta per la redazione dello strumento urbanistico, successivamente alla costituzione dell’associazione temporanea tra professionisti per partecipare all’assegnazione dell’incarico. A sollevare la questione sono i gruppi di minoranza di “Con te per Asolo” e “Insieme per Asolo” . Ieri hanno presentato un’interrogazione urgente al sindaco Loredana Baldisser. «Nella lettera l’architetto segnala di non aver mai sottoscritto la convenzione e nessuna analisi rispetto al Pat», osserva Insieme, «nonostante il suo nome compaia, a sua insaputa, in tutte le cartografie». Il gruppo di minoranza chiede alla giunta Baldisser quali iniziative prenderà nei confronti dell’ associazione temporanea di professionisti che ha avuto l’incarico della redazione del Pat visto il mancato rispetto delle clausole di assegnazione. Nell’interrogazione il capogruppo di ConTe, Franco Dalla Rosa, pone analoga domanda. Per Insieme è interessante capire «se l’amministrazione intende procedere con l’adozione del Pat in pendenza di questo elemento». E intanto dalla Replay prendono le distanze e riguardo all’ampliamento della Fashion Box parlano di pura ipotesi. A dichiararlo è lo stesso vicepresidente della Replay Fashion Box group, Attilio Biancardi. «Se dovesse esserci la necessità di ampliare la Fashion Box ne saremo ben felici», sostiene, «ma l’attuale momento del mercato ci impone di riflettere a fondo». Investimento in forse. E il Pat?

Vera Manolli

Il comitato convoca un’assemblea al Duse «Il sindaco venga a spiegare il piano»

ASOLO. Protesta no stop contro l’approvazione del Pat: il comitato Asolo Viva programma un’assemblea pubblica fissata per la prossima settimana al teatro Duse. «Alla serata inviteremo tutti», spiega Andrea Regosa, attivista del gruppo, «soprattutto sindaco e assessori». Un confronto diretto con presentazione del nuovo piano di assetto del territorio. E se il sindaco Loredana Baldisser non dovesse presentarsi? «Vorrà dire che la sedia resterà vuota», risponde Regosa, «La serata informativa potrebbe essere l’occasione giusta per spiegare a molti cittadini cosa sono il Pat e le sue funzioni». Giovedì mattina il comitato ha inviato una lettera alla giunta. «L’amministrazione comunale, con il rinvio dell’adozione del Pat, ha preso al balzo la possibilità di ritornare sui propri passi se non altro sotto il profilo dell’acquisizione del parere dei cittadini», scrive il comitato, « Se è vero che è stato dettato dall’esigenza e la voglia di un confronto con la cittadinanza, partecipate all’assemblea». (v.m.)

Tribuna di Treviso – Venezia-Cortina-Dobbiaco in treno

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12

apr

2013

L’Ordine degli ingegneri: allungare l’Smfr fino a Calalzo e andare oltre

TREVISO – Una metropolitana in grado di collegare due patrimoni dell’umanità come Venezia e le Dolomiti. Per il turismo e per andare a sciare la domenica, ma anche per i pendolari. L’ordine degli ingegneri di Treviso rilancia il tema con il convegno che si terrà domani al S. Artemio. Il progetto, che si inserisce nel quadro della metropolitana di superficie, sfrutterebbe le linee ferroviarie esistenti. Non è la prima volta che si parla della rinascita della ferrovia delle Dolomiti, abbandonata negli anni ’60, dopo le Olimpiadi invernali di Cortina, tanto che sabato verrà presentato uno studio di fattibilità realizzato dalla Net Engineering per conto della Regione.

«Oggi le Dolomiti sono raggiungibili solo attraverso due corridoi, il Fadalto e il Feltrino»,

spiega il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Treviso Vittorino Dal Cin.

«Dove ci si muove solo in colonna. Quando ci sono infrastrutture adeguate, i turisti arrivano da tutto il mondo. È su questo che dobbiamo puntare, visto che la nostra base manifatturiera è in crisi».

Il progetto della metropolitana delle dolomiti è diviso in due parti. La prima fino a Calalzo, la seconda fino a Cortina e Dobbiaco. Più facile realizzare il primo tratto. La ferrovia è già in uso, non servono grandi interventi.

«Bisognerebbe mettere mano ai treni, usando mezzi adatti al tipo di servizio, quindi aumentando i posti in piedi a discapito di quelli a sedere»,

spiega Andrea Modolo, presidente della commissione giovani dell’Ordine.

«Sarebbe poi necessario migliorare le stazioni, e creare dei parcheggi scambiatori. I treni dovrebbero avere una cadenza precisa e ravvicinata, ogni 20/30 minuti. Se i turisti e i cittadini sapessero che possono andare in stazione ed aspettare al massimo 20 minuti per un treno, lo utilizzerebbero».

Oggi ci sono solo 7 treni al giorno che collegano Venezia e Calalzo. Più problematica la realizzazione del secondo tratto. L’intenzione è di utilizzare la linea ferroviaria nata per le Olimpiadi di Cortina e chiusa poco dopo, solo che nel frattempo sopra vi sono state costruite le piste ciclabili. Sarebbe dunque necessario realizzare una cinquantina di chilometri di nuove rotaie.

«Difficile in questo momento individuare i costi complessivi del progetto»,

prosegue Riccardo Gai, della commissione giovani,

«si parla di centinaia di milioni. Credo che intanto si debba guardare al tratto fino a Calalzo e poi allargare il campo. Noi abbiamo posto come obiettivo il 2020».

Quel che manca oggi sono i soldi, e non è poco.

«Ma il nostro obiettivo è porsi questo progetto come obiettivo. Da qui si deve partire per reperire le risorse. In Trentino ci sono riusciti pochi anni fa»,

conclude Dal Cin. Si guarda a finanziamenti europei e dell’Unesco visto il collegamento tra due Patrimoni dell’umanità, ma anche al project financing. Sabato inoltre si parlerà del progetto di un collegamento ferroviario per l’aeroporto di Venezia, pochi chilometri per collegarlo ai binari per Trieste.

(Federico Cipolla)

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La colata di cemento che minaccia Asolo, che è sempre la città dei cento orizzonti, finisce sotto i riflettori dell’Inghilterra, scatena la stampa nazionale, fa rievocare antiche campagne agli albori dell’ambientalismo. È stridente, semplicemente, la contraddizione fra la cubatura di nuovi capannoni da costruire in zone ancora non compromesse dal cemento, e la desolata landa che sono le nostre zone industriali – erano 1.077 nel 2007, in provincia una media di 12 per comune! – oggi ampiamente vuote, con i capannoni ridotti a mesti templi dei fasti passati del Nordest. Stupisce che gli amministratori, da sempre i politici più vicini ai cittadini e al territorio, non colgano questa rinnovata sensibilità dei cittadini sul territorio devastato e sull’ambiente. Sensibilità assolutamente trasversale alle comunità, quando un tempo era patrimonio dei soli ambientalisti e di comitati spontanei. È di pochi mesi fa la battaglia di Barcon di Vedelago per fermare il superinsediamento commerciale e industriale in uno dei pochi polmoni di campagna della Marca. A Casale è fresca l’eco della battaglia contro il progetto dell’Ikea, alla fine «congelato» dalla stessa multinazionale svedese. A Treviso, uno dei temi della campagna elettorale è lo scontro sui 2,8 milioni di metri cubi portati in dote dal Pat con l’arretrato della vecchia variante al Prg, in un capoluogo che intanto registra quasi 100 grandi contenitori vuoti, abbandonati, degradati. Di queste ore la lotta dei comitati di Vittorio Veneto contro il Pat. E dovremmo aggiungere le battaglia in embrione sulla viabilità, come il casello autostradale di Santa Lucia, contro cui ora si schierano anche i grillini. La campagna stuprata della Marca, ha fatto gridare di rabbia la voce di Zanzotto, ha scatenato memorabili monologhi di Paolini, ha stravolto l’orizzonte stesso di una terra un tempo poesia dell’anima. Altrove, anche al Nord, non è così: il consumo è stato razionale, ordinato, programmato. Forse un tempo il boom economico, l’assenza di ogni senso del limite da parte di chi «disegnava» il nostro suolo, la fame di espansione di aziende e famiglie ha prodotto il micidiale cocktail di capannoni e mattoni. Adesso che la sbornia è arrivata, e che il modello si è incastrato, l’assurdità di un pensiero di sviluppo esplode sotto i nostri occhi. Solo i manovratori non se ne sono accorti?

Andrea Passerini

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Ambientalisti, categorie produttive, intellettuali e abitanti tutti contro la Lega

La Giunta accetta di ritirare il piano da un milione di metri cubi di edifici
 
Il ministro Clini: «Basta consumo del suolo, il paesaggio va tutelato»

ASOLO – La notte ha salvato Asolo. La città era in pericolo. La notte di ieri è stata particolarmente lunga e sofferta per i suoi 9450 abitanti che, da mesi, aspettavano di sapere se, davvero, la loro Asolo, la perla dei colli trevigiani, sarebbe stata vittima di una colata di cemento spaventosa: 300 mila metri quadri, di cui 285 mila metri cubi industriali, di nuove edificazioni, a cui vanno aggiunti i 150 mila già recepiti nel vecchio Piano regolatore. Il destino del gioiellino trevigiano – in cui basta mettere piede una volta per perdersi nei sospiri di Eleonora Duse, sepolta qui, o nei versi dell’“Asolando” del vittoriano Robert Browning – appeso a una somma matematica che, in un batter d’occhio, poteva cambiare l’assetto di questa piccola città, amata e raccontata il tutto mondo per le sue 29 ville venete e la sua tipica unicità. Il consiglio comunale riunito ieri a Palazzo Beltramini si annunciava di fuoco. La giunta, vista la contrarietà pubblica ha fatto un intelligente passo indietro, annunciando il temporaneo ritiro del Pat, per tornare a illustrarlo e discuterlo con i cittadini nelle riunioni frazionali. Un dietrofront morbido che potrebbe anche portare a un accantonamento dell’odiato progetto. Nell’area fra piano e collina, ai piedi di uno dei borghi più belli del nostro Paese, il progetto prevede settecento villette, o, in alternativa, un migliaio di appartamenti. Il resto sarebbe destinato a capannoni. Ma ad Asolo, come dappertutto, gli imprenditori, complice la crisi, attaccano cartelli con su scritto “vendesi” e “affittasi” all’entrata dei loro capannoni. Stanno inoltre calando i residenti, compresi gli immigrati, che, se fino al 2010 avevano dato il loro contributo all’aumento della popolazione, ora fanno le valigie e meditano di andare altrove. Non si sa per chi verrebbero costruite tutte queste case e cosa produrrebbero tutte queste industrie. Una sorte fredda come il cemento è scritta nelle pagine di un Piano regolatore approvato dalla giunta leghista guidata dal sindaco Loredana Baldisser. La storia è cominciata alcuni mesi fa, quando il Comune ha accettato la richiesta della Srl «Agribox» (azienda dedicata alla coltivazione di cerali, legumi da granella e semi oleosi) di trasformare 57 mila metri quadri di terreno agricolo, che corre davanti a Villa Rinaldi Barbini, in una nuova area industriale. Il tutto in cambio di un versamento di 960 mila euro nelle casse dell’amministrazione, di cui 300 mila da versare entro al fine del 2012 per non sforare il patto di stabilità. Nessuno, fino alla settimana scorsa, immaginava che questo potesse essere solo l’inizio. Le cose si sono complicate ancor di più quando la giunta ha presentato il piano moltiplicato, con i 285 mila metri cubi di nuove residenze e 30 ettari da strappare all’agricoltura per dare vita alla nuova area industriale. Uno scempio, a detta degli abitanti che scendono in piazza e si ribellano temendo di vedere violentata, sotto i loro occhi, quest’opera di natura e bellezza che vuole rimanere tale ancora a lungo. In pochi giorni, la petizione non-stop “In difesa di Asolo” ha raccolto oltre 500 firme, con le adesioni di Edoardo Salzano, tra i più celebri urbanisti italiani, Marco Tamaro, direttore della Fondazione Benetton, e di Mario Pozza presidente di Confartigianato, ma tutte le categorie produttive si sono schierate, per ora vanamente, contro l’operazione della giunta leghista. A schierarsi contro anche Laura Puppato, senatore del Pd, che ha rimproverato i suoi colleghi politici per questa azzardata cementificazione della campagna, e lo stesso presidente della Regione Veneto Luca Zaia, leghista come il sindaco Baldisser, sorpreso dalla “mole” di cemento che potrebbe trasformare Asolo in una piccola Sesto San Giovanni. Il governatore ha chiesto al Comune di fermarsi: «Nel Veneto si è costruito troppo». Addirittura il celebre quotidiano britannico “Guardian” ha dedicato un servizio alla questione, non nascondendo un tono di incredulo stupore. La corrispondente da Roma Lizzy Davies la definisce, come spesso si fa con orgoglio, la “città dai cento orizzonti”, la “perla di Treviso” dotata di una “bellezza che ha stregato per secoli”. Basta chiudere gli occhi e pensare a cos’era e com’era Asolo ai tempi della corte della regina di Cipro, Caterina Cornaro, a cosa fantasticava Giorgione guardando le sue colline, e poi al Canova, all’esploratrice Freya Stark, e a Carlo Scarpa, che di fronte alla minacciosa colata di cemento degli anni Settanta, disse: «Mi batterò con la mitraglia». Erano gli anni di un minacciato piano regolatore che prometteva disastrui contro cui si schierò coin corsivi di fuoco anche Indro Montanelli. Senza contare le tante battaglie di Sergio Saviane per l’Asolano. Tant’è, forse bisognava aspettare i paladini della veneticità per veder massacrare uno degli angoli più belli del Veneto. Ora il dietrofront.

Silvia Zanardi

L’AMBIENTE MINACCIATO»LA BATTAGLIA CONTRO IL CEMENTO

«Il valore economico del paesaggio di Asolo deve guidare le decisioni relative a un ulteriore consumo di suolo per fini industriali». Lo dice il ministro veneto dell’Ambiente Corrado Clini su twitter intervenendo sulla polemica che riguarda la salvaguardia del pregiato borgo storico del trevigiano. «La provincia di Treviso», aggiunge Clini «è popolata di capannoni industriali che fanno parte di una storia di sviluppo che sembra superata nei fatti». La prospettiva di una grande espansione di edilizia industriale nel territorio asolano sta suscitando grandi polemiche e preoccupazioni da parte degli ambientalisti, dei residenti, di molte forze politiche e sociali e di quanti hanno a cuore il futuro del gioiello della Pedemontana veneta e in questi giorni il dibattito sta infiammando anche il web.

Asolo, la retromarcia. Salta il consiglio sul Pat.
 
Centinaia di cittadini a manifestare prima del consiglio: «Sindaco, ci ripensi»

Vertice con i capigruppo, poi il rinvio della seduta. Piano presentato ai 50 rimasti

ASOLO – Un’ovazione manco avesse segnato la nazionale: Pat rinviato e giunta sconfitta. È stato questo l’esito del consiglio comunale (abortito prima del via) di ieri sera. Con un piano già contestatissimo che prima dovrà passare al vaglio della cittadinanza per tornare poi in aula. «Il Pat non s’ha da fare», era il monito di quanti si sono riuniti con striscioni, cartelli, volantini e megafoni davanti a Palazzo Beltramini. Strapieno come non mai, con centinaia di cittadini a partecipare quasi attivamente alla discussione. I più giovani, fuori dall’aula, reggevano dei cartelli indicanti l’area incriminata con il messaggio «Sindaco, ci ripensi», e due striscioni con «Asolo è il nostro futuro» e «Giù le mani da Asolo». Già prima dell’inizio erano volate parole grosse, con assessore e consiglieri apostrofati dai manifestanti. Tutti aspettavano il Pat, ma la sorpresa era in agguato: la maggioranza, compresa la malparata, ha fatto quadrato prima di entrare. Concorde il verdetto: meglio non schiantarsi. Così il sindaco Loredana Baldisser si è rifugiata in corner, convocando i capigruppo per evitare di ritrovarsi a battagliare. Un viavai irrefrenabile ha contraddistinto la riunione, sfociata però in una fumata grigia: rinviato l’intero consiglio comunale, il Pat non finisce in discussione. Baldisser ha letto il documento stilato in pochi minuti osservando che «per me sono importanti due punti: l’appoggio della Provincia e quello dei cittadini». Il cortocircuito, allo stato dell’arte, era inevitabile. La giunta leghista ha rilanciato sul tema, proponendo l’immediata presentazione pubblica del piano, in virtù della massiccia adesione della cittadinanza. Idea rigettata dalle minoranze, che hanno chiesto un’adeguata informazione e una sala capiente, magari al Teatro Duse, prima di andarsene. «Il centro storico non verrà toccato», ha spergiurato il sindaco, «la nostra comunque non è una retromarcia, semplicemente serviva un’occasione concreta per presentare il Pat». Dopo l’annuncio del rinvio politico i cittadini hanno lasciato la sala. Solo in 50 sono restati ad ascoltare l’urbanista del Comune, chiamato per illustrare il piano che rischia di rivoluzionare Asolo.

Vera Manolli

La Marca dei capannoni inutili almeno 4 su 10 restano vuoti
 
Già prima della crisi, nel 2007, un quarto del patrimonio immobiliare industriale era abbandonato

Zaia aveva promesso una moratoria: «Basta cemento». Ma la Provincia invoca nuovi insediamenti

TREVISO – Quattro capannoni su dieci vuoti. E prestissimo saranno la metà esatta, avvertono gli esperti. Quaranta milioni di metri quadri; cioè l’intera superficie di Oderzo, trequarti abbondanti del capoluogo Treviso. Senti le associazioni di categoria, o gli immobiliaristi, ed è un pianto greco. A Treviso e hinterland, nel 2012, hanno chiuso 450 imprese artigiane, altre 170 hanno abbassato la serranda nel solo Coneglianese. In riva al Sile, la cittadella della Chiari e Forti a Silea è un simbolo. E ovunque, dalla strda Ovest del capoluogo all’ultima zona industriale del più piccolo comune pedomontano, là dove c’erano aziende fiorenti e capannoni impregnati di febbrile attività, per dirla alla Celentano, oggi ci sono solo cartelli e striscioni “vendesi” e “affittasi”. Non è stato il governatore Luca Zaia, pochi mesi fa, a lanciare la moratoria di capannoni e case? «Nel Veneto si è costruito troppo non possiamo continuare così», ama sempre ribadire sul punto, il presidente della giunta regionale, «è necessario fermarsi, e questo vale sia per i capannoni industriali che per le abitazioni. Piuttosto, diamo valore al recupero di volumi esistenti». E ancora: «Non possiamo continuare a sfigurare il paesaggio, a consumare territorio, a offre il destro a speculazioni che oggi, tra l’altro, non hanno più mercato e provocano un danno ancora più grave, perché il patrimonio esistente, a fronte di nuove costruzioni, si svaluta e perde valore». I dati sulle aree industriali della Marca sono agghiaccianti: 1.077 erano quelle censite, fra 2007 e 2008, dai tecnici che hanno redatto il piano Territoriale di coordinamento provinciale, con la relazione di metà 2008. Il piano sarà infine approvato definitivamente nel 2010. Allora la Marca aveva 80 milioni di metri quadri (1 volta e mezza la superficie del territorio comunale di Treviso) ricoperta da capannoni. Erano i tempi del boom prodotto dalla legge «Tremonti 2», quella delle agevolazioni fiscali (sostanzialmente detassava parte dei costi di costruzione) a chi costruiva centri direzionali, stabilimenti industriali e ipermercati. Ma di questi 80 milioni – e stiamo parlando di 2007/2008, dunque prima della crisi – almeno 20 milioni erano inutilizzati. Il 25 per cento esatto, in tempi in cui nessuno poteva nemmeno immaginare il ciclone della crisi innescata dai subprime d’Oltreoceano e dal crac di Lehmann Brothers, che imperversa ancora oggi senza che si intraveda la fine del tunnel. Adesso quel 25% è quasi raddoppiato, sotto la morsa della crisi. Numeri talmente eclatanti che si fatica a capire dove i professionisti che hanno redatto i vari Pat dei comuni della Marca abbiano potuto solo intravedere la necessità di nuovi insediamenti industriali e artigianali. E dice tutto che la stessa Ikea, che pure aveva premuto per il nuovo megastore di Casale, abbia congelato il piano di sviluppo, rinviando tutto a data da destinarsi, e comunque alla fine del decennio. Non deve stupire se in questo quadro, a Treviso, l’attenzione al tema del paesaggio e della difesa della (poca) campagna rimasta abbia contagiato le stesse categorie: ad eccezione degli industriali, le altre associazioni hanno firmato, fra 2011 e 2012, un protocollo con i tre sindacati confederali, in cui chiedevano il ripensamento del modello di sviluppo espansionista coltivato sin qui, e bocciavano alcuni dei grandi progetti in discussione allora. «Ricostruire, riqualificare, riciclare, riutilizzare: devono essere queste adesso le parole chiave», ribadisce Guido Pomini, presidente provinciale dell’Ascom . E le possibili ripercussioni su edilizia e indotto, travolti dalla crisi? C’è chi teme, ed è la linea leghista, da Asolo a Vedelago alla Provincia, che senza offerte di cubatura e metri quadri dove insediarsi si rischi la fuga di chi cerca nuovi spazi. Ma molti oppongono la necessità di ripensare lo sviluppo, privilegiando o recuperi, demolizioni dove occorre, riqualificazioni, riusi. Il caso Asolo, anche per la celebrità del borgo, uno dei più belli d’Italia, fra i pochissimi conosciuti in tutto il mondo, con una storia e una momoria che fanno invidia alle stesse capitali culturali italiane, ha innescato reazioni a catena. Dopo ambientalisti, critici d’arte, paesaggisti, partiti del centrosinistra, e nomi illustri della cultura, ieri anche il consigliere regionale Antonio De Poli (Udc), che oltre ad aderire alla campagna di raccolta di firme contro il Pat in votazione ieri sera chiede al governatore Zaia di intervenire per fermare «chi vuole deturpare questo gioiello del Veneto». In una nota dice «che se c’è chi Oltremanica si batte per difendere Asolo, a maggior ragione dobbiamo farlo noi veneti, contro una scelta leghista, che rischia di incidere negativamente sul futuro di un borgo che tutti ci invidiano».

Il Touring Club: via la bandiera arancione
 
Anche l’associazione dei “Borghi più belli” pronta a revocare il riconoscimento. Presto un sopralluogo

ASOLO – Guerra al Pat: Touring Club e Borghi più d’Italia sono pronti a revocare il marchio di qualità turistico ambientale assegnato ad Asolo. Per i due club il ritiro della bandiera arancione assegnata nel 2005 dal Touring e nel 2002 quello della denominazione “Borgo più bello d’Italia” saranno immediati se l’impatto ambientale verrà stravolto dal nuovo patto di assetto del territorio presentato dalla giunta Baldisser. Così la città dei cento orizzonti perderebbe i riconoscimenti, conquistati in poco più di 10 anni, di qualità, bellezza e storicità e che hanno portato Asolo a diventare un’eccellenza a livello mondiale. «Sicuramente chiederemo tutti gli atti amministrativi e un colloquio con il sindaco», annuncia il presidente di Borghi d’Italia, Fiorello Primi, «Il passo successivo sarà quello di fare un sopralluogo per verificare la zona su cui vorrebbero costruire questa nuova area industriale e capire se l’impatto possa effettivamente danneggiare il paesaggio». «Siamo molto preoccupati per la scelta di questa amministrazione comunale»,confessa il direttore delle strategie territoriali del Touring club italiano, Marco Girolami, «Prima di tutto ci vuole un grande rispetto per il patrimonio culturale e ciò per il nostro club è importante: è fondamentale la promozione di un modello di sviluppo che premi e valorizzi il territorio». Presto i rappresentanti delle due associazioni faranno un sopralluogo in città. «Il sindaco dovrà motivare e spiegare seriamente questo tipo di decisione», dichiara Primi, « Ovvio che a seguito di numerose segnalazioni che ci sono arrivate in questi giorni da vari cittadini faremo un controllo sul campo. Andremo a verificare tutti i requisiti e se la nuova area è davvero dannosa per l’impatto visivo con conseguenze sul paesaggio si procederà con l’espulsione dal nostro club». Stop al cemento, chiedono tutti. «Bisogna bloccare il consumo del territorio: meno cemento, più valorizzazione del paesaggio», continua il presidente di Borghi più belli d’Italia, «È una follia costruire devastando in questo modo l’ambiente e questo va solo contro alla bellezza del territorio, del paesaggio e contro alla storia di una città di questo livello». (v.m.)

Il «Saccheggio di Asolo» apre il sito del Guardian
 
l’intervento della stampa inglese

ASOLO. Si scatena la polemica anti-Pat sulla stampa inglese. E sul sito del quotidiano The Guardian ieri è apparso l’articolo: «L’Italia si mobilita contro il saccheggio di Asolo». «La perla di Treviso è una cittadina idilliaca amata dal poeta Robert Browning e che ora il suo sviluppo futuro è al centro di uno scontro», scrive il quotidiano più autorevole della stampa inglese, «la cittadina di Asolo al NordEst dell’Italia la cui bellezza è conosciuta da secoli e la scorsa settimana il governo Lega Nord della cittadina ha presentato un piano per nuove costruzioni e per una vicina area industriale. Il sindaco Loredana Baldisser, riporta il giornale « ha dichiarato: “è necessario per lo sviluppo del territorio”». Ma il programma di costruzioni che sarà votato dai politici locali mercoledì sera «ha provocato una reazione furiosa sulla Baldisser da parte delle opposizioni e di molti residenti che contestano la necessità l’inutilità di questo consumo del territorio in un area famosa per le sue bellezze naturali. Le intenzioni della giunta asolana sembrano andare in contrasto con quanto dichiarato l’anno scorso dal presidente Luca Zaia della Lega Nord di fermare le costruzione nella regione». La vicenda in questi giorni ha appassionato anche la stampa nazionale, riuscendo addirittura ad arrivare in tutta Europa. (v.m.)

Realacci: un freno ai palazzinari, non sono il futuro della città  

ASOLO – All’appello “In difesa di Asolo” si aggiunge la voce dell’onorevole Ermete Realacci. La petizione online, promossa dal gruppo consiliare di minoranza “Insieme per Asolo”, ha raccolto l’adesione di Realacci, presidente onorario di Legambiente ed esponente del Partito Democratico. «È una decisione profondamente sbagliata quella adottata dall’attuale amministrazione», dichiara l’onorevole noto per le sue battaglie in difesa del patrimonio ambientale, «È un’operazione come dicono a Roma da palazzinari, è un modo di far cassa distruggendo il nostro territorio. Gli oneri di urbanizzazione devono essere utilizzati per valorizzare il territorio non certo per distruggerlo». Di recente il deputato ha presentato una proposta di legge sulle norme per il contenimento dell’uso del suolo e la rigenerazione urbana. «Frenare il consumo del suolo», conclude Realacci, «è una priorità per il nostro Paese con un territorio già fragile dove secondo l’Ispra si consumano 8 metri quadri si suolo al secondo. Per la città di Asolo questo è sicuramente il modo sbagliato di costruire il suo futuro a livello ambientale e turistico». Contro l’adozione del Pat e a sostegno della petizione in difesa di Asolo si schiera anche il senatore dell’Udc Antonio De Poli, che si appella al governatore del Veneto. «Chiedo al presidente Zaia di intervenire», dichiara , «chi ama il Veneto non può che remare contro una decisione che rischia di distruggere per sempre un gioiello della nostra regione. La società civile può fare la sua parte: l’amore dei turisti di tutto il mondo per questo angolo meraviglioso del Veneto può aiutarci ad accendere i riflettori su una decisione che rischia di distruggere il futuro di uno dei borghi più belli d’Italia». Intanto si allunga la lista di sostenitori: dopo lo scrittore Salvatore Settis, l’urbanista Edoardo Salzano, l’europarlamentare Andrea Zanoni, la CoVePa, lo Spi Cgil, le associazioni di categoria (Confartigianato AsoloMontebelluna, Ascom, Cna e Coldiretti), si aggiunge anche l’ex presidentessa Fai Ilaria Borletti Buitoni . (v.m.)

 

Asolo, il critico d’arte condanna il piano che porterà a una massiccia edificazione: «Basta con la politica del “capanòn”»

ASOLO.

«Ogni metro cubo di cemento in più per Asolo è un crimine contro l’umanità»

con queste parole Philippe Daverio, critico d’arte, docente di architettura nonché scrittore e conduttore televisivo notissimo per la sua trasmissione “Passepartout”, condanna il Piano di assetto del territorio asolano. Un piano che prevede quasi 350 mila metri cubi di nuove edificazioni. In 10 anni l’area che si sviluppa lungo la statale Bassanese di Casella, proprio ai piedi di uno dei borghi più belli d’Italia, rischia di essere sommersa da un cimitero di capannoni e case così ripartiti: 150 mila metri quadri destinati alle industrie, 135 mila metri cubi ad area residenziale cui ne vanno aggiunti altri 150 mila già recepiti nel vecchio Piano regolatore. Contro il Pat, che verrà portato in consiglio comunale domani, sono scesi in piazza i cittadini che domenica hanno stretto il loro prezioso borgo in un abbraccio simbolico.

Se la giunta di Loredana Baldisser, per bocca del vicesindaco Federico Dussin, giustifica l’operazione con l’intento del riordino e del completamento delle aree esistenti, decisamente diversa è la posizione di Daverio, tra i più ferventi sostenitori del “patrimonio Italia” tanto da aver fondato il movimento di salvaguardia nazionale“Save Italy”:

«Oggi mutare l’equilibrio di Asolo va contro il buon gusto e contro gli interessi degli stessi abitanti. Questo non vuol dire che non si possa costruire ma Asolo è un caso talmente emblematico, non è un paese qualunque è un “bene storico” che necessita di un’attenzione tutta particolare. Spesso ne parlo ai miei studenti a lezione come esempio di “rivolta contro il passato”, la Pedemontana fa da punto di discrimine, il lato che guarda le colline è intatto, quello verso la pianura è “svaccato”. Vogliono svaccarlo ancora di più? È ora che ci si fermi un attimo. Occorre un grandissimo progetto di ridisegno del paesaggio, per il bene del suo avvenire».

Bellezza e fragilità quindi che vanno protette continua Daverio:

«Ad Asolo non si deve agire per “aggiunta” la vera miglioria sta nel ripulire la zona dagli “sbagli edili” fatti in passato. Costruire oggi non è necessario».

Come rispondere allora alle esigenze dei Comuni di fare cassa, specie di questi tempi, con gli oneri di urbanizzazione?

«Consideriamo che i soldi servono, è vero, ma lavoriamo su una pianificazione consapevole, stabiliamo delle unità minime di abitanti da non superare, creiamo un comprensorio intercomunale che lavori a una distribuzione tra i vari enti partecipanti. Non si può più ragionare singolarmente destinando un po’ all’edilizia, un po’ all’agricoltura, un po’ all’industria».

Il risultato di questi processi consolidati è quello di aver distrutto la “diversità” del paesaggio, non c’è più distinzione tra area urbana e campagna. Continua Daverio:

«La ghigliottina veneta è il capannone, la faccenda va ripensata. La storia è fatta di tesi, antitesi e sintesi. Il rapporto in cui l’interesse privato si contrappone al bene pubblico deve essere superato, una volta per tutte. Diamo un futuro ai luoghi, diamo un destino ad Asolo e non assassiniamo il patrimonio col “capanòn”».

Valentina Calzavara

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La bellezza di Asolo e il Dio del cemento

La latina Acelum viene nominata nella «Naturalis historia» di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.); Pietro Bembo vi ambientò «Gli Asolani», un dialogo sull’amore immaginato alla corte di Caterina Cornaro; Robert Browning, in “Asolando”, la descrisse come una città “splendida di magnifiche architetture, perfette in ogni aspetto”; Giosue Carducci la definì la »città dai cento orizzonti». Ma il luogo di soggiorno di Eleonora Duse, Gian Francesco Malipiero e Freya Stark, oltre che di molti altri personaggi, nei prossimi anni rischia di possederne uno solo di «orizzonte»: quello grigio del cemento. Il paesaggio di uno dei borghi più belli d’Italia, e quindi del mondo, è minacciato dall’arrivo di oltre un milione di metri cubi di nuove costruzioni: villette, appartamenti, capannoni. Il Pat che verrà adottato tra qualche giorno dal Consiglio comunale consentirà una devastazione senza precedenti del suo territorio. Peraltro senza che vi sia stata, come prevede la legge, una discussione pubblica con la comunità, che sarà messa di fronte al fatto compiuto: le osservazioni dei cittadini non cambieranno la filosofia del Pat. Nella relazione tecnica la parola «bellezza» compare una sola volta, mentre il concetto di paesaggio viene richiamato con un significato prevalentemente tecnico. A chi giova questo cemento? E soprattutto a cosa serve, se solo si scrutano le previsioni dell’andamento demografico ed economico per i prossimi anni e il numero spaventosi di edifici vuoti e abbandonati, anche di recente costruzione, disseminati in tutta la pedemontana veneta? C’è da chiedersi se gli attuali amministratori di Asolo conoscano l’importanza del territorio che stanno governando e del gioiello che stanno custodendo pro tempore. Anche una città è un prodotto da vendere. Asolo, non da oggi, è un brand della cultura e del turismo spendibile a livello internazionale. È questo il suo valore aggiunto. Un Veneto che oggi è la prima regione d’Italia per flussi turistici, non può permettersi che la barbarie del cemento uccida il paesaggio dei colli asolani. Non è un dibattito nuovo. Già all’inizio degli anni Settanta, ai tempi dell’approvazione del primo Piano Regolatore, Asolo trovò validi difensori contro il cemento che minacciava la sua bellezza: Diego Valeri, Giuseppe Mazzotti, Carlo Scarpa, Neri Pozza, Indro Montanelli, Manlio Brusatin, Bruno Zevi. Ma oggi i paladini dell’ambiente non vanno più di moda, anzi vengono criminalizzati come nemici del progresso da coloro che, in perfetta malafede, pensano che le risorse della terra siano illimitate e che si possa continuare a consumare suolo all’infinito. Serve che l’intelligenza riprenda possesso delle menti degli amministratori locali. L’altro giorno Domenico Finiguerra, il sindaco che è stato il promotore del movimento nazionale «Stop al Consumo di Territorio» e del «Censimento del Cemento» (cioè delle case, dei locali commerciali, dei capannoni vuoti o abbandonati che potrebbero essere riqualificati e utilizzati), ha scritto:

«Non sarebbe ora che tutti noi, cittadine e cittadini, animatori di comitati, ambientalisti, paesaggisti, urbanisti illuminati, blogger di inchiesta, amministratori anomali, costruttori di comunità, agricoltori rivoluzionari, custodi di semi, consumatori consapevoli, difensori del territorio, dell’ambiente, dei beni comuni, della bellezza, della storia, non sarebbe ora che tutti noi, ci si riunisca e ci si riconosca»?

Ad Asolo i consiglieri di minoranza si sono mobilitati e stanno girando diversi appelli in rete. Non basta. Nei prossimi giorni serve uno sforzo collettivo per impedire che un paesaggio unico venga abbruttito, annerito, violentato. Salvare Asolo da questo scempio compiuto in nome e per conto del dio cemento, significa conservare un pezzo della nostra anima, una delle ultime cartoline della provincia di Treviso nel mondo. È «grillismo»? No, è politica. E in questo caso è legittima difesa, quasi una polizza sulla bellezza.

 

La petizione arriva a quota 400

ASOLO “In difesa di Asolo”: la petizione no stop lanciata da Insieme per Asolo supera in tre giornate 400 firme. E raccoglie le importanti adesioni di Edoardo Salzano, tra i più celebri urbanisti italiani, di Marco Tamaro direttore della Fondazione Benetton, e di Mario Pozza presidente di Confartigianato. Fermare le ruspe nella città dei cento orizzonti, è questo l’obiettivo di minoranze, cittadini e associazioni di categoria che già da giovedì scorso hanno messo in rete la raccolta firme. Il Pat presentato dal vicesindaco Federico Dussin mercoledì sera in occasione della commissione urbanistica alle minoranze, ha sollevato in questi giorni molte polemiche. Immediatamente sono nate petizioni e manifestazioni contro l’adozione del nuovo piano di assetto del territorio, come quella che si è svolta domenica in centro storico organizzata da un gruppo spontaneo di cittadini. E non si fermano l’ondata di commenti e le condivisioni sul sito e la pagina facebook della Tribuna di Treviso che ha aperto una finestra virtuale per raccogliere le opinioni a volte infuocate dei cittadini. A mobilitarsi contro la colata di cemento ci sono nomi noti della scena culturale e sociale italiana. Tra questi anche il critico d’arte Vittorio Sgarbi che ha fortemente criticato «lo scempio» messo in atto dalla giunta Baldisser: «Sono dei barbari». Anche il Coordinamento Veneto per la superstrada Pedemontana alternativa ha appoggiato la petizione online. (v.m.)

 

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