Gazzettino – “Il dopo-Mose? Noi siamo pronti”
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25
apr
2014
L’INTERVISTA – lI presidente del Consorzio: «Questa diventerà una delle più importanti attrazioni di Venezia»
Fabris: «Sulla gestione è la politica che deve decidere. Ma le competenze qui ci sono»
E rivela: «Stiamo risparmiando, alla fine l’opera potrebbe costare meno del previsto»
TAGLI AI COSTI «Insieme, io e Redi, guadagniamo il 40% di quello che percepiva il vertice precedente»
VOGLIA DI EXPO «Parteciperemo a un grande progetto sul rapporto tra uomo e acqua»
«Vuole che facciamo una scommessa? Il Mose diventerà una delle più importanti attrazioni di Venezia».
Addirittura, presidente Mauro Fabris…
«Sì. Già oggi abbiamo 10mila visitatori ogni anno, metà stranieri. Questo aumenta il mio rammarico perché questa opera, unica al mondo, ci viene invidiata da tutti, ci viene chiesta da Cina, Giappone, Stati Uniti, Emirati Arabi… È uno dei simboli dell’ingegneria italiana, la più grande opera pubblica mai costruita nel nostro Paese. E tra l’altro si inserisce perfettamente nell’ambiente e del sistema lagunare. Fra tre mesi non si vedrà nulla della parte emersa, sparirà tutto sott’acqua. Ma gli italiani e molti veneziani non l’hanno ancora conosciuta in pieno…».
Non dovranno aspettare molto: oggi l’Arsenale di Venezia, dove ha sede il Consorzio, apre le porte a tutti per mostrare proprio la cabina di regia del Mose. E nel 2016 l’opera sarà completata.
«E quando sarà finita ci si accorgerà di cosa voglia dire. Chioggia ci ringrazia ancora perché da un paio d’anni, con il “baby Mose”, la città è salvata dalle acque alte».
Lei è presidente del Consorzio Venezia Nuova, che sta per completare il Mose: normale che ne sia entusiasta. Anche perché è costato oltre 5 miliardi di euro.
«Per l’esattezza 5 miliardi 493 milioni. La Milano-Napoli è costata 18 miliardi, la Pedemontana Veneta 2.5. Voglio dire che dal 1966, da quando si è iniziato a parlare di salvare Venezia dalle acque alte, non mi pare sia una cifra spropositata. Tenuto conto della grandezza e della valenza dell’opera».
Tutti soldi pubblici, stanziati dal Governo italiano. In giro per l’Italia non vi sarete fatti molti amici, con la fame di contributi per opere pubbliche…
«Il fatto che lo Stato abbia sempre garantito la continuità dei finanziamenti è l’esempio di come il Mose sia considerato opera di preminente interesse nazionale. In un Paese dove le incompiute non mancano di certo, questo è un bel risultato di cui Venezia e il Veneto dovrebbero andar fieri».
Mai temuto che i rubinetti si chiudessero?
«A luglio, con il terremoto giudiziario che ha colpito la vecchia gestione del Consorzio, non era affatto scontato che arrivasse l’ultima tranche di finanziamenti. Portare a casa i 400 e rotti milioni della Legge di stabilità non è stata una passeggiata. Ma in questo caso Venezia ha fatto squadra».
Presidente, oggi più che mai chi gestisce soldi pubblici viene chiamato a farlo con raziocinio. Voi siete un consorzio di imprese private, ma finanziato dallo Stato. Non rientrate nella spending review imposta da Renzi per gli enti pubblici, ma due conti li avete fatti?
«Sull’ultima tranche di 400 milioni che ci è arrivata da Roma siamo lavorando per vedere di risparmiare. Alla fine potrebbero bastare meno soldi».
E sulle spese di gestione?
«Fin da subito abbiamo tagliato i compensi degli amministratori. Io e il direttore Redi percepiamo il 40 per cento di quello che spettava alla vecchia dirigenza. Abbiamo avviato una severa “due diligence” con la Mazars spa, ricostituito l’organo di vigilanza con componenti tutti esterni (prima la metà era fatta da interni). Abbiamo tagliato i contributi di liberalità che venivano elargiti a enti, istituzioni, associazioni, perfino a sagre e feste, per concentrarci su attività legate al nostro settore. Tutto ciò ci ha consentito risparmi di qualche milione di euro l’anno (i dati precisi ancora non li abbiamo). E abbiamo applicato la legge 231 anticorruzione».
Avete liquidato con sette milioni l’ex presidente Mazzacurati, che ha lasciato il Consorzio dopo essere stato coinvolto nel terremoto giudiziario. È vero che comunque avete limitato i danni con quella cifra?
«Quella è una decisione che ci siamo trovati sul tavolo e con i nostri consulenti legali abbiamo deciso di chiudere la partita su quella cifre, per evitare strascichi più onerosi».
Il Mose sarà finito nel 2016. E dopo? Che succederà del Consorzio?
«Appena insediato ho detto che la priorità e la nostra missione era completare l’opera. Poi il Consorzio avrò esaurito il suo compito».
Ma ci sono la gestione e la manutenzione…
«Per quello ci penserà la politica, spetta ai politici decidere. Servirà una cabina di regia che metta insieme tutti i soggetti interessati. Se la politica deciderà che dovrà essere il Consorzio a proseguire, noi siamo pronti. L’importante è che non venga disperso il patrimonio umano e di conoscenze acquisito in questi anni. Anche per questo, per valorizzare il nostro lavoro, abbiamo in mente un progetto per l’Expo».
Cioè?
«Parteciperemo, con altri soggetti di dimensione nazionale e internazionale, a una iniziativa nell’ambito del Comitato Expo voluto dal Comune. Lavoreremo sull’acqua e sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente acquatico».
Un altro punto importante, attuale in questi giorni, riguarda il traffico navale con cui il Mose dovrà fare i conti. Avete una preferenza tra le ipotesi in campo per ridurre o estromettere le crociere da San Marco?
«No. Per il semplice fatto che il Mose è un sistema flessibile che si adatta a ogni soluzione. E mi fa piacere che tutti i progetti in campo abbiamo considerato il Mose non come un ostacolo, ma come un’opera necessaria ed acquisita. Anche quello degli ambientalisti, che sostengono il terminal crociere appoggiato alla conca di navigazione di Punta Sabbioni. Il che è tutto dire».
Davide Scalzotto
DENTRO LA “CONTROL ROOM” – La cabina di regia che fermerà l’acqua alta
Chi schiaccerà il “bottone” per far entrare in funzione il Mose? La “control room”, la sala di controllo del Consorzio Venezia Nuova, ha sede all’Arsenale nord. Qui, in uno degli edifici cinquecenteschi recuperati dal vecchio Arzanà, un pannello con tanti schermi, stile cabina di regia, offre tutte le informazioni necessarie per prendere la decisione finale di alzare le dighe mobili in caso di acqua alta: condizioni meteo, marea, moto ondoso, traffico acqueo sono tenuti costantemente sotto osservazione. Ma che succede quando scatta l’allarme acqua alta? Già alcune ore prima del picco massimo la macchina si mette in funzione. La cabina di regia è quindi in grado di programmare quando e come chiudere le paratoie. Da qui il comando passa a ciascuno dei tre centri di controllo posizionati proprio alle bocche di porto, che materialmente procederà ad alzare la paratoie. Contemporaneamente alla decisione di alzare le barriere, la Capitaneria di Porto dovrà emettere l’ordine alle navi in entrata e in uscita dalla laguna di fermarsi il tempo necessario alla fine dell’emergenza (di norma la marea si alterna ogni sei ore, ma il picco massimo dura molto meno: una o due ore). Allo stesso tempo una squadra di pattugliatori dovrà controllare che, quando le paratoie si alzeranno, non ci siano imbarcazioni in zona. Al momento è previsto che il Mose entri in funzione a una quota di marea di 110 centimetri sul livello medio del mare. Il che significa comunque che piazza San Marco, il punto più basso della città, sarà coperta di 25 centimetri di acqua.
Gazzettino – Venezia. Fabris: “Sconcertante la richiesta di danni al Consorzio”
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17
apr
2014
DOPO LE LETTERE INVIATE DA PORTO, VTP E AGENTI MARITTIMI
Mauro Fabris, presidente del Consorzio Venezia Nuova, si dichiara “sconcertato” e aggiunge: «Non voglio entrare in polemica con nessuno – aggiunge – Se ci saranno delle contestazioni, risponderemo, ma credo obiettivamente che i progetti fossero ben noti e conosciuti. Abbiamo una linea di condotta e una serie di progetti da portare avanti, che sono noti e soprattutto che erano conosciuti da tutti. Se vogliono necessariamente prendersela, beh, allora che se la piglino con lo Stato. Noi facciamo quello che ci è stato chiesto come ente concessionario». Il presidente del Consorzio risponde così all’Autorità portuale, alla Venezia Terminal Passeggeri e all’associazione degli Agenti marittimi che, in altrettante lettere avevano contestato mancati introiti per la chiusura della bocca di porto per i lavori del Mose. Sulla vicenda sono intervenuti anche gli Agenti marittimi che hanno ribadito come non vi sia alcun contenzioso legale, ma solo una lettera con richiesta di chiarimenti per i ritardi nei lavori del Mose tanto da mettere in difficoltà la categoria. Essendo tutti i soggetti collegati o facenti riferimento in qualche modo al Ministero delle infrastrutture, non è escluso che tutta la vicenda possa finire sul tavolo del ministro Maurizio Lupi. I mancati introiti – come riferisce Sandro Trevisanato, Presidente di Vtp – sono stati dovuti al blocco della bocca di porto degli Alberoni dove sono stati posati alcuni “cassoni” del Mose. Di fatto, alcune navi non hanno potuto entrare a Venezia – nonostante fosse stata scelta la bassa stagione e si fosse tentato di accorciare i tempi d’opera – facendo ridurre gli introiti per gli operatori dello scalo marittimo. Su un fatturato di 40 mln di euro la sola Vtp, che paga al Porto una concessione di 6 mln di euro, avrebbe perso – dice Trevisanato – oltre 600mila euro dei quali viene chiesto il rimborso. Trevisanato riferisce che si sta vagliando la possibilità di poter recuperare il denaro attraverso il Consorzio o con l’ottenimento di uno “sconto” sulla concessione.
Mattino di Padova – Codevigo. L’oasi abbandonata di Valle Millecampi: ora la Procura indaga.
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28
mar
2014
Inchiesta sul cantiere nel lembo di laguna padovana: lavori fermi da un anno, chiatte e rimorchiatori abbandonati
CODEVIGO. «Un pingue dossier sullo stato in cui versa Valle Millecampi, dopo l’abbandono del cantiere da parte del Consorzio Venezia Nuova, è stato presentato alla Procura di Padova che ha aperto un’indagine»: l’annuncio è del comandante della polizia provinciale Cino Augusto Cecchini, che sottolinea: «Oltre alle nostre informazioni e ai nostri dossier è stato determinante il servizio pubblicato sul Mattino di Padova: è una situazione che deve essere risolta, ma noi come corpo provinciale non abbiamo nè mezzi nè competenze. È giusto che ora se ne occupi la magistratura. Abbiamo interessato anche l’Usl 16 che sta operando le sue verifiche con lo Spisal».
L’annuncio dell’indagine sul cantiere abbandonato è stato fatto nel corso di una conferenza stampa a palazzo Santo Stefano promossa dall’assessore Enrico Pavanetto per illustrare l’attività che la polizia provinciale, insieme al corpo forestale dello Stato, svolge sulle valli di Codevigo. Non bastasse l’immane lavoro quotidiano necessario a preservare l’ecosistema delle valli, minacciato da pescatori di frodo e bracconieri, a creare un nuovo e preoccupante allarme è stato l’abbandono, circa un anno fa, da parte del Consorzio Venezia nuova del cantiere, commissionato dal Magistrato alle acque, che avrebbe dovuto portare a termine i lavori per realizzare delle nuove velme, gli isolotti tipici della laguna, e scavare i canali. Del cantiere sono rimaste le chiatte, alcuni rimorchiatori mezzo inabissati, un grosso tubo in plastica che come un serpente attraversa la valle per dragare la sabbia da una chiatta all’altra. Un cimitero di mostri semi-arrugginiti che ferisce lo sguardo su quello che dovrebbe essere un piccolo paradiso incontaminato.
«Si tratta di uno dei più bei siti naturalistici dell’intera regione» dichiara Pavanetto, «prezioso dal punto di vista ambientale e come tale da salvaguardare. La nostra polizia opera in coordinamento con il corpo forestale dello Stato, ma sono numerose anche le operazioni congiunte con carabinieri e guardia di finanza, oltre che con la collaborazione delle guardie volontarie».
I numeri di un anno di controlli nelle valli li ha illustrati il comandante Cecchini: «Sul fronte della vigilanza venatoria sono stati controllati 550 cacciatori, mentre sul fronte della vigilanza ittica sono stati identificati 350 pescatori: circa il 10% è stato sanzionato. Gli illeciti di natura penale accertati vanno dalla caccia in periodo di divieto, all’abbattimento di volatili protetti e utilizzo di richiami elettroacustici vietati. In questo ambito ci sono stati sequestri di armi, munizioni, della fauna abbattuta e dei richiami illegali». Il comandante ha ricordato le sanzioni elevate sia per violazioni al Codice della strada sia al Codice della navigazione. Nel 2013 sono state scoperte e sequestrate anche delle piante di marijuana. «Fondamentale è l’attività di contrasto alla pesca di frodo e al bracconaggio» sottolinea il comandante Cecchini, «con interventi di prevenzione con monitoraggi sia diurni che notturni nelle valli. Sono state sequestrate reti fino a 24 metri di lunghezza, con una maglia di appena due centimetri, così fina da catturare anche 2-300 chili di pesce al giorno; abbiamo sequestrato anche attrezzi vietati per la pesca come i tremagli». Frequenti le operazioni per contrastare la pesca illegale dei “caparossoli”, praticata da pescatori di Chioggia che raggiungono le valli a bordo di natanti dotati di potenti motori: in diversi casi hanno speronato le imbarcazioni delle polizia per assicurarsi la fuga. Gli agenti di polizia provinciale sono in tutto 21 di cui 18 impiegati sul territorio. «È evidente che ci sia una carenza di risorse umane e strumentali» fa notare l’assessore Pavanetto, «quindi sono fondamentali le sinergie con altre forze». Da qui la collaborazione con il corpo forestale: «Specie in momenti di crisi e difficoltà si è chiamati a dare risposte efficaci» il commento del comandante provinciale dei forestali Paolo Zanetti, «grazie a una convenzione in via di definizione la sinergia fra noi e la polizia provinciale sarà ancor più consistente. Il lavoro da fare è molto e siamo consapevoli che ci è demandato il compito di gestire, custodire e tutelare un ambiente, quello delle valli di Codevigo, che è riconosciuto come patrimonio dell’umanità dall’Unesco».
Elena Livieri
Nuova Venezia – Grandi navi “Stop al canale Contorta subito il terminal al Lido”
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23
mar
2014
Grandi navi, Endrizzi (M5S): al Senato abbiamo posto dei vincoli precisi al governo
Applicazione immediata del decreto Clini-Passera. E la Via è necessaria
MIRA – Salvare Venezia dall’incubo delle grandi navi e impedire lo scavo del canale Contorta e della «rotatoria» in laguna. Giovanni Endrizzi, senatore del M5S, entra in polemica con il ministro delle Infrastrutture Lupi e lo invita a bloccare il progetto Contorta, primo passo dello sbarco a Marghera.
«C’è il rischio di creare una grande rotatoria in laguna con il Contorta e in una seconda fase con il Vittorio Emanuele: a trarne i vantaggi sarebbe solo la famiglia Salmini che si troverebbe valorizzata l’area della cockeria oggi non più recuperabile visto il degrado. L’altro vantaggio andrebbe alle imprese su cui pioverebbe una manna di 150-170 milioni di euro con gli appalti. Soldi sprecati perché le navi non verrebbero spostate fuori laguna. Il M5S chiede di non ripetere i vecchi errori: ci vuole la Via e la Vas su tutti i progetti e poi si dovrà scegliere sulla base dell’efficienza», spiega il senatore Endrizzi. Quale dev’essere l’orizzonte? «Paolo Costa sta raccontando bugie. E ci deve spiegare se il canale Contorta si argina con i fanghi ammassati senza nessun contenimento: in ogni caso non sarebbero delle barene perché nascerebbero dei vortici pericolosi soggetti ad erosione con effetto pistone con il passaggio delle navi. Costa ci spieghi invece se le opere di mitigazione dell’ambiente naturale sono delle casse di colmata: allora si tratta di ammassidi fango con delle pietre. E non va bene perché in questo caso il sistema di arginature del Contorta sarebbe del tutto simile a quello del canale dei petroli, il cui progetto è stato ritirato perché hanno capito che non passava. Si ripetono gli stessi errori del Mose. I grandi appalti vanno visti con cautela, dopo l’inchiesta sul consorzio Venezia Nuova».
Senatore, come se ne esce? «Il decreto Clini-Passera impone di trovare soluzioni alternative e non si può restare in Marittima a Venezia che va valorizzata in altro modo. No alla navi a Marghera, i passeggeri vanno portati fuori laguna e il terminal va realizzato al Lido o a Punta Sabbioni: si tratta di soluzioni innovative, che bloccano il gigantismo dell’industria del turismo. Ci sono studi che dimostrano l’appeal delle proposte alternative e al Senato abbiamo posto dei vincoli molto stringenti alle scelte del governo. Il ministro Lupi ora deve far rispettare le leggi varate dal parlamento e dispiace che la politica abbia perso due anni dal varo del decreto Clini-Passera: è un ritardo colpevole».
(al.sal.)
Orsoni e Costa su fronti opposti
Scelta tra 7 progetti
Zanetti: «Giudecca»
VENEZIA «Ho capito che il presidente Marchi ti vuole bene….». Scherza con il sindaco Giorgio Orsoni il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi. E racconta della riunione mattutina organizzata dal suo partito, il Nuovo centrodestra. E delle polemiche sollevate dal presidente della Save contro il sindaco. Sindaco in prima linea anche nella polemica con il suo (ex?) amico Paolo Costa, di cui era stato assessore nei primi anni Duemila e oggi su fronti opposti per le alternative alle grandi navi. Costa insiste per lo scavo del nuovo canale Contorta-Sant’Angelo, il sindaco per portare le navi a Marghera. «Avvieremo la procedura di valutazione ambientale per tutti i progetti che sono arrivati al ministero per l’Ambiente», garantisce Lupi.
I progetti sono sette. Oltre al Contorta e a Marghera, quattro riguardano la nuova Marittima in bocca di Lido, uno lo scavo di un nuovo canale dietro la Giudecca. Progetto quest’ultimo sostenuto dal parlamentare di Scelta civica Enrico Zanetti – nel frattempo diventato sottegretario all’Economia – e finanziato dalla società delle crociere, la Venezia terminal passeggeri. «Non è un progetto perfetto, per carità», spiega Zanetti, «ma di fatto è l’unico alternativo al Contorta. Si scaverebbe meno e con meno spesa, e anche in modo trasversale e non longitudinale. E si restituirebbe il canale della Giudecca al piccolo traffico delle barche veneziane. Non abbiamo nulla contro l’ipotesi Marghera, ma per questa ci vogliono anni».
Opinione opposta quella del Comune e del sindaco Giorgio Orsoni. «L’unico modo per far presto», dice, «è quello di attrezzare una banchina per l’apprododelle grandi navi a Marghera. È anche un’occasione per rilanciare l’area e recuperarla».
Mercoledì, come annunciato dal ministro, saranno sul tavolo anche le ipotesi di spostare la Marittimafuori della laguna, con i progetti del nuovo terminal al Lido diDe Piccoli, Claut, Boato e Fabbri. Ieri il capogruppo Udc in Comune Simone Venturini è andato a Roma a parlare con il neoministro dell’Ambiente. «La Marittima», dice, «non si può abbandonare».
(a.v.)
«Pronti a ospitare le navi medio-grandi»
La proposta del sindaco di Chioggia al ministro Lupi. Casson: «Svincolare i 45 milioni di fondi residui della Legge Speciale»
CHIOGGIA – Chioggia si apre alle navi da crociera. La marittima passeggeri, realizzata a Isola Saloni, potrebbe diventare uno scalo ideale per le navi medio-grandi, sotto le 96mila tonnellate, quando inizieranno i lavori per spostare il terminal veneziano. Dell’ipotesi ha parlato ieri il sindaco Giuseppe Casson durante il colloquio privato con il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi. Buone speranze anche per lo svincolo dei fondi della Legge Speciale dal Patto di stabilità e per una mediazione del ministro nella vicenda del Tribunale. Erano queste le tre questioni “calde” che il sindaco voleva porre all’attenzione di Lupi in modo riservato. Il colloquio è avvenuto ieri mattina a Venezia a colazione prima delle cerimonie ufficiali. Casson ha potuto interloquire con il ministro per oltre mezz’ora. Legge Speciale. «È stato un incontro piacevole», spiega Casson, «ho trovato molta disponibilità soprattutto su due questioni, quella dei fondi della Legge Speciale e quella del porto. Lupi ha riconosciuto che occorre dare concretezza al concetto di particolarità che è stato riconosciuto al nostro territorio con la Legge Speciale. Lo Stato non può da un lato riconoscerci un trattamento “speciale” e dall’altro non darci modo di spendere i fondi che ci derivano da questa particolarità ». Nelle casse del Comune ci sono 45 milioni di euro, di fondi residui della Legge Speciale, che potrebbero servire per la manutenzione delle strade e per spostare il mercato ittico, che non possono essere usati perché il Patto di stabilità non lo permette. «Questi fondi vanno svincolati», ribadisce Casson, «il ministro concorda, deve però trovare il modo tecnico per poterlo fare senza incidere nei conti dello Stato e si è preso un po’ di tempo per trovare la soluzione contabile migliore». «Le parole del sindaco mi sembrano di buon senso», conferma il ministro Lupi, «se il legislatore ha riconosciuto la particolarità di un territorio e prevede delle risorse straordinarie non si può poi impedire che queste vengano spese. Delle due l’una: o la legge non ha senso, e non è così, o occorre trovare il sistema per permettere che questi soldi vengano spesi per la salvaguardia della città». Tribunale. Sul ripristino del Tribunale ovviamente non ha competenza diretta Lupi, ma si è impegnato a fare da tramite condividendo la bontà delle motivazioni sollevate dal sindaco per chiedere il ripristino. Navi da crociera. Altra questioni pressante per Chioggia il nuovo Piano regolatore del porto da cui dipende, anche, il trasferimento del mercato ittico all’ingrosso e la conversione definitiva di Isola Saloni a polo crocieristico. La marittima è pronta già da un paio di anni ora servono le navi. «Siamo pronti», spiega Casson, «non vogliamo porci in concorrenza a Venezia collaborare. Da noi non possono arrivare navi grandissime, il limite dei fondali a 8.5 metri ci consente di arrivare fino a 96mila tonnellate di stazza. Però nelle more della realizzazione del nuovo terminal decentrato di Venezia potremo iniziare a ospitare qualche nave e chissà che poi non scelgano di rimanere qui».
Elisabetta B. Anzoletti
«Grandi navi fuori dal Bacino le compagnie hanno capito»
Lupi annuncia: «Mercoledì vertice con gli altri ministeri per avviare lo studio sui vari progetti. Alternativa pronta nel 2016. I crocieristi si autolimitano»
VENEZIA «Dal primo gennaio 2015 le navi sopra le 96 mila tonnellate non passeranno più davanti a San Marco. E il progetto di una via alternativa sarà pronto entro il 2016. Non abbiamo bisogno né di cantanti né di Tar che ci dicano cosa fare». Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi non si sottrae alle domande sul problema «grandi navi». Polemiche riesplose dopo la sentenza del Tar che ha eliminato ogni divieto, accogliendo il ricorso della Venezia terminal passeggeri. Ma Lupi annuncia che non ci sarà bisogno dei ricorsi. «Perché le compagnie hanno accettato quanto abbiamo loro chiesto, cioè che dal primo gennaio del prossimo anno entreranno a San Marco solo navi più piccole.Èil successo di un metodo che abbiamo avviato in accordo con il sindaco e il presidente della Regione». Le navi dunque staranno fuori «volontariamente». A patto che entro un anno e mezzo la soluzione alternativa sia realizzata. «Per mercoledì ho convocato una riunione con il ministero per l’Ambiente e il ministero dei Beni culturali», annuncia Lupi, «per studiare l’avvio della procedura di impatto ambientale. Si dovranno esaminare le soluzioni alternative. Il canale Contorta ma anche le altre soluzioni presentate entro 90 giorni. Poi si dovranno avviare gli interventi». «Nulla cambia», secondo il ministro, rispetto a quanto stabilito nella riunione del 5 novembre 2013. Allora il premier era Enrico Letta, e adesso il governo è cambiato. Ma il ministro per le Infrastrutture è sempre Lupi, quello dell’Ambiente l’Udc Gianluca Galletti, subentrato al pd Andrea Orlando, quello della Cultura – che si è già pronunciato contro le grandi navi – Enrico Franceschini. «A scanso di assurde polemiche», scandisce il ministro, «la nostra posizione sulle grandi navi non cambia: vogliamo tutelare la salvaguardia di Venezia ma anche l’impresa turistica ». «Una cosa è certa», ha concluso il ministro, «cioè che i tempi che ci siamo dati saranno rispettati. E saranno estremamente rapidi. Io continuo a credere che la strada migliore sia quella della Legge Obiettivo». Il sindaco Giorgio Orsoni, che ha visto a lungo il ministro a Ca’ Farsetti venerdì sera, annuisce: «Il ministro ha accolto la nostra richiesta sulla comparazione di tutti i progetti alternativi. A questo punto occorre fare in fretta. Per evitare la solita inutile polemica se si deve difendere la città o i posti di lavoro». Accordo che non prevede fino a questo momento, la scelta di un progetto. Porto, Capitaneria e lo stesso ministero – per bocca del Magistrato alle Acque che ha avviato gli studi – hanno sempre detto di preferire il nuovo canale Contorta Sant’Angelo, proposto dall’Autorità portuale. Ma adesso tutti i progetti dovranno essere valutati dal punto di vista ambientale, economico e operativo. «Le compagnie potrebbero limitarsi volontariamente per il 2015», conferma il presidente del Porto Costa, «a patto che sia fatta una scelta in tempi rapidi delle alternative ».
Alberto Vitucci
Nuova Venezia – Sette milioni per Mazzacurati “Commissione d’indagine sulla maxi liquidazione”
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12
mar
2014
«Sono pronto a convocare la commissione di indagine sulla Mantovani e il Consorzio Venezia Nuova. Prima però la sua validità dovrà essere prorogata dal Consiglio, perché siamo scaduti».
Il presidente dell’organismo Luca Rizzi annuncia di aver ricevuto le richieste di convocazione dell’organismo, incaricato nel febbraio scorso di far luce sui rapporti tra il concessionario dello Stato e la sua maggiore azionista, l’impresa Mantovani spa, e il Comune.
Bufera seguita agli arresti del presidente della Mantovani Baita e del presidente di Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati.
Adesso a far notizia è la liquidazione milionaria che il Consorzio ha pagato all’ingegner Mazzacurati per i suoi 30 anni di servizio ai vertici del pool di imprese. Sette milioni di euro.
«Dovuti, abbiamo consultato due studi legali e se non glieli davamo avremmo dovuto sborsarne ancora di più», dice il neopresidente di Venezia Nuova Mauro Fabris.
«Dovrebbe devolverli al Comune come risarcimento danni», ha commentato il senatore del Pd Felice Casson.
Jacopo Molina, consigliere comunale del Pd, ha definito «scandalosa» la vicenda e chiesto appunto a Rizzi la convocazione della commissione di indagine.
Una cifra assegnata al manager pubblico le cui rivelazioni potrebbero far fare passi avanti all’inchiesta sui fondi distribuiti in questi anni dal Consorzio.
(a.v.)
Gazzettino – Consorzio Venezia Nuova. “Una liquidazione scandalosa”
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10
mar
2014
CONSORZIO VENEZIA NUOVA – Le forze politiche attaccano la decisione di un’erogazione così consistente
Il Cda ha elargito all’ex presidente e direttore Giovanni Mazzacurati 7 milioni di euro
Scandalosa e inaccettabile. Non ha mezze misure il consigliere del Pd, Jacopo Molina, nel definire la buonuscita di 7 milioni che il Consiglio di amministrazione del Consorzio Venezia Nuova ha deciso di erogare all’ex presidente ed ex direttore Giovanni Mazzacurati. La somma deliberata copre un’attività lavorativa di quasi trent’anni al servizio del Consorzio d’imprese che sta costruendo il Mose. Lo scorso anno, come si ricorderà, Mazzacurati era stato arrestato con l’ipotesi di reato di turbativa d’asta, pochi giorni dopo le sue dimissioni dalla presidenza del Consorzio.
«La buonuscita di 7 milioni di euro deliberata dal Consiglio di amministrazione del Consorzio a favore dell’ex direttore e presidente è scandalosa – sentenzia Molina – Lo è in quanto viene attribuita a chi ha diretto e presieduto un consorzio di società private che non ha rischiato nulla per avere operato in regime di monopolio e non ha svolto attività imprenditoriale (per avere svolto attività soltanto in forza del denaro pubblico stanziato per realizzare il Mose, pari complessivamente a 5,5 miliardi di euro). L’ingegner Mazzacurati – attacca Molina – è stato il gran ciambellano che ha ripartito detto importo tra i consorziati e così, a “scendere per li rami”, ai subappaltatori “amici”. Per avere svolto detta attività viene gratificato con 7 milioni di euro, ancora una volta di derivazione sostanzialmente pubblica».
Proprio per questo motivo la cifra sarebbe ingiustificata, spiega Molina.
«Questa ulteriore erogazione è inaccettabile – conclude il consigliere comunale del Pd – si pensi a quanti interventi nella nostra città, anche di manutenzione ordinaria su immobili pubblici e privati, si sarebbero potuti fare con 7 milioni di euro».
Pure sul versante del centrodestra questa erogazione non riscuote favori.
«Anche se i privati posso dare quello che vogliono ai loro amministratori – dice Sebastiano Costalonga, capogruppo di Fratelli d’Italia – mi sembra comunque una cosa strana. Mi auguro che quei milioni non provengano dai fondi che lo Stato ha destinato al Mose con molti sacrifici. In generale, comunque, non è più possibile che esistano situazioni del genere in tempi di ristrettezze come quelli attuali».
Il Movimento Cinquestelle versa benzina sul fuoco.
«Reputiamo semplicemente vergognosa una liquidazione da 7 milioni – attacca il gruppo di Venezia – soprattutto perché proveniente dal concessionario unico della più grande opera pubblica d’Italia. Se fosse davvero così, e lo è, perché è stato ammesso dallo stesso Consorzio, sarebbe vergognoso utilizzare soldi pubblici in questo modo. Imprese che tengono al loro nome – conclude il M5S – dovrebbero costituirsi a giudizio per il danno d’immagine che è stato causato dal loro ex presidente per l’inchiesta che lo riguarda. Sembra invece che vogliano mettere la polvere sotto il tappeto e questo fa molto dispiacere, visto che ci sono migliaia di imprese edili alla canna del gas».
Infine, il presidente della Commissione speciale d’inchiesta sul ruolo della Mantovani e del Consorzio sulla vita della città, Luca Rizzi (Pdl), ricorda che non può neppure chiedere una nuova convocazione.
«È da un mese – commenta – che chiedo al presidente del Consiglio comunale, Roberto Turetta, di rinnovare il mandato della commissione, visto che è scaduta e che dovevamo sentire ancora un sacco di persone. Mi pare di aver capito che non spiace a nessuno che i lavori di questa Commissione vadano a rilento. Ma non dite che la colpa è del centrodestra».
Nuova Venezia – Mazzacurati, liquidazione da 7 milioni
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9
mar
2014
Sette milioni a Mazzacurati
Maxi liquidazione al manager arrestato lo scorso anno
BUONUSCITA MILIONARIA
Pagati dal Consorzio Venezia nuova per i 22 anni da direttore e per gli 8 di presidenza fino a pochi giorni prima dell’arresto
VENEZIA – Sette milioni di euro di buonuscita. Una cifra record quella liquidata dal Consorzio Venezia Nuova all’ingegnere Giovanni Mazzacurati, direttore e poi presidente del sodalizio, tra gli «inventori» del progetto Mose, il sistema di dighe mobili contro l’acqua alta. Cifra che colpisce, soprattutto in tempi di spending review e di crisi di lavori e finanziamenti pubblici. La chiusura della pratica è stata decisa nei giorni scorsi dal nuovo Cda del Consorzio e dal presidente Mauro Fabris.
«Abbiamo fatto tutto seguendo le indicazioni di due studi legali e dei consulenti del lavoro», conferma Fabris, «la cifra di partenza era molto più alta».
La prima ipotesi di liquidazione per Mazzacurati, deliberata pochi giorni dopo le sue dimissioni il 28 giugno scorso, riguardava il suo incarico di direttore. Il Cda presieduto dal vicepresidente Mazzi aveva stabilito di pagare al presidente sette milioni per i suoi quasi trent’anni passati al vertice del Consorzio. Adesso in quella cifra, spiegano al Consorzio, è compresa anche l’indennità per l’incarico di presidente, assunto dieci anni fa dopo Luigi Zanda, Paolo Savona e Franco Carraro. Sette milioni di euro versati dopo la vicenda che lo scorso anno – pochi giorni dopo le sue dimissioni – aveva portato l’ingegnere agli arresti con l’accusa di turbativa d’asta. Ma non si tratta di cifre sborsate a cuor leggero, precisano al Consorzio. La perizia sui conti è stata consegnata qualche settimana fa dallo studio legale Vanzetti di Milano e dallo studio Madia di Bologna, gli uffici legali di cui si avvale il Consorzio. Sostituiti l’avvocato Alfredo Biagini, che per anni ha tutelato il Consorzio in sede amministrativa e difeso lo stesso Mazzacurati nella sua vicenda giudiziaria. Cambio anche al vertice dell’ufficio stampa. Non è più Flavia Faccioli, architetto e storica collaboratrice di Mazzacurati e Baita a curare i rapporti esterni. Ma la società di Enrico Cisnetto, e in particolare il giornalista Antonio Gesualdi.
Costi suppletivi? «Da quando siamo qui abbiamo risparmiato quasi dieci milioni in consulenze», precisa il presidente Fabris, «la liquidazione, ripeto, era un atto dovuto». Uno sforzo economico notevole forse per «liberarsi» di un passato diventato ormai ingombrante dopo le inchieste giudiziarie. Ma le due vicende, assicurano al Consorzio, non hanno alcun rapporto tra loro. Giovanni Mazzacurati, 82 anni, è stato direttore del Consorzio Venezia Nuova dal 1983 al 2005, presidente del pool di imprese fino al giugno del 2013. È stato lui, da sempre, la vera anima politica oltre che tecnica del Consorzio, frequentatore dei palazzi romani, abile e capace non soltanto nel ramo ingegneristico. Il 28 giugno dell’anno scorso si era dimesso a sorpresa, ufficialmente per motivi di salute. Pochi giorni dopo, il 12 luglio, l’arresto con l’accusa di turbativa d’asta. Indagini che proseguono e potrebbero rivelare nuove clamorose sorprese proprio grazie alle dichiarazioni messe a verbale da Mazzacurati e la rete di pagamenti e consulenze per milioni di euro che il Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico dello Stato con finanziamenti garantiti dalla legge per il Mose, ha distribuito negli ultimi trent’anni.
Alberto Vitucci
LA SCHEDA – Il Mose, 6 miliardi per fermare l’acqua alta
VENEZIA – Sei miliardi di euro per costruire le dighe mobili alle bocche di porto. Il Mose è una delle più grandi opere pubbliche costruite in Italia negli ultimi decenni. Interamente finanziata dallo Stato, con costi che sono andati via via aumentando. Dai 3200 miliardi (di lire) del progetto preliminare ai 5 miliardi 600 milioni di oggi. Escluse le opere di ripristino ambientale richieste dall’Europa. Grande opera che procede nella sua fase «operativa», ora quasi all’80 per cento della sua realizzazione. Nel settembre scorso la movimentazione delle prime quattro paratoie, alla presenza di mezzo governo, in bocca di Lido. Adesso si stanno posizionando sui fondali gli altri cassoni in calcestruzzo, che dovranno sostenere le 78 paratoie disposte in quattro schiere. Dovrebbero alzarsi e chiudere la laguna all’ingresso della marea in caso di acqua alta eccezionale. Si lavora al Lido, ma contemporaneamente anche alla bocca di Malamocco e a Chioggia. A Malamocco è quasi ultimata la conca di navigazione che dovrebbe garantire l’accesso in laguna alle navi in caso di chiusura del sistema Mose. Ma appena progettata è già troppo piccola per far entrare le navi da crociera e le navi commerciali lunghe più di 300 metri. Si posano i cassoni anche alla bocca di Chioggia, dove entrerà in funzione – come a Punta Sabbioni e Lido – un porto rifugio per consentire l’accesso alle barche in caso di chiusura. Nella bocca di porto più larga, il Lido, 900 metri, le schiere di paratoie saranno due, allacciate all’isola artificiale di Sant’Erasmo, dove sorgeranno gli edifici di controllo, la centrale elettrica per fornire energìa all’impianto. I 78 cassoni del Mose saranno periodicamente smontati e trasportati all’Arsenale per essere puliti e verniciati. I lavori si dovrebbero concludere nel 2016.
(a.v.)
Nuova Venezia – Grandi navi. Oggi incontro con Casson, Orsoni e D’Alpaos
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20
gen
2014
In sala San Leonardo assemblea pubblica organizzata da Municipalità e Ambiente Venezia
Attesa assemblea pubblica oggi, alle 16,45 in Sala San Leonardo, sulla questione delle grandi navi. Attesa non solo per l’ attualità della questione, il tema è «Canale Contorta Sant’Angelo, unica alternativa possibile?», ma anche per i nomi dei protagonisti. Ci saranno, infatti, il senatore del Pd Felice Casson, il sindaco Giorgio Orsoni e l’ingegner Luigi D’Alpaos, esperto di idrodinamica e morfodinamica lagunare. L’incontro è organizzato dalla Municipalità del centro storico, tanto che a coordinare gli interventi ci sarà lo stesso presidente Erminio Viero, e dall’Associazione Ambiente Venezia.
Ambiente Venezia, che presenterà un video, ritiene che bisogna contrastare e fermare il progetto e la realizzazione del canale Contorta Sant’Angelo e di altri canali lagunari perché sostiene che in questo modo la laguna si trasformerebbe sempre più in un’immensa discarica disseminata di finte barene (quelle vere sarebbero spazzate dalla corrente dei nuovi canali) e chilometri di muraglie di massi. Per l’associazione ambientalista le grandi navi dovrebbero fermarsi in un avanporto localizzato nella bocca di porto del Lido. Inoltre, Ambiente Venezia sostiene la necessità di formulare un nuovo e vero piano per il riequilibrio idrogeologico e morfologico della Laguna, un piano che dovrebbe essere redatto da esperti indipendenti e non legati al Consorzio Venezia Nuova, il gruppo di imprese che è finito tra l’altro al centro di una complessa indagine della Procura veneziana. un’indagine che ancora non è conclusa.
Gazzettino – La Banca europea indaga sul Mose
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9
gen
2014
MOSE – La banca europea indaga sull’utilizzo dei fondi comunitari
I servizi interni della Banca europea degli investimenti hanno contattato le autorità giudiziarie e di polizia italiane per ottenere maggiori informazioni sulle indagini della magistratura a proposito dei lavori di alcune ditte del Consorzio Venezia Nuova e dei numerosi arresti effettuati dalla Guardia di Finanza nei primi mesi dell’anno scorso.
In particolare la Bei vuole capire se ci siano stati legami anche con i lavori effettuati nell’ambito del progetto finanziato in parte proprio dalla banca europea per la realizzazione delle paratoie contro le inondazioni.
Così il commissario europeo all’Ambiente Janez Potocnik ha risposto all’interrogazione del parlamentare europeo Andrea Zanoni, membro della commissione Envi Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo, che già si era mosso più volte sull’argomento. Zanoni, infatti, aveva chiesto l’intervento di Bruxelles anche paventando il “possibile futuro mancato funzionamento dell’opera”, e aveva proposto delle modifiche in corso. Ma su questo l’Unione europea ha risposto che “spetta alle autorità nazionali decidere in merito a eventuali modifiche del progetto”.
Zanoni va giù duro: «Non possiamo permettere, ancor più in tempo di crisi, che quasi un miliardo di euro di fondi europei finisca in attività illecite e in un progetto sul quale fioccano i dubbi di funzionalità e rispetto dell’ambiente».
La Commissione europea, nel settembre scorso, aveva già avviato un’inchiesta su istanza proprio di Zanoni sulla possibile violazione degli indirizzi comunitari sul monitoraggio indipendente della realizzazione del progetto Mose. Secondo Zanoni infatti, il progetto è stato “scippato” all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale Ispra, che è un ente ministeriale, a vantaggio della Regione.
R.V.
Gazzettino – L’inchiesta che fa tremare il Veneto: ora lo tsunami puo’ investire i politici.
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29
dic
2013
I CASI BAITA E MAZZACURATI
FRODE FISCALE – I primi arresti a febbraio per false fatture milionarie alla società Mantovani
LA PROCURA – Gli inquirenti mantengono il massimo riserbo sugli sviluppi
CONFESSIONI – In molti hanno deciso di collaborare con gli investigatori
LA GIUDIZIARIA – Il Nucleo di polizia Tributaria stringe il cerchio: lo tsunami potrebbe investire presto la politica
L’inchiesta che fa tremare il Veneto
Tangenti, decisivi gli elementi forniti da Piergiorgio Baita e Giovanni Mazzacurati al pm Ancilotto
IL CONSORZIO – Nel mirino sono finiti anche alcuni appalti per la salvaguardia
È iniziata da un banale accertamento fiscale l’inchiesta penale che potrebbe condurre ad una nuova Tangentopoli, dopo quella che negli anni Novanta rovesciò gli equilibri politico-economici del Veneto.
A dieci mesi di distanza dai primi arresti la Procura di Venezia sta tirando le fila di un’indagine che, con il passar del tempo, si è fatto sempre più complessa e delicata. Tutti si aspettavano nuovi arresti per l’autunno, ma gli interrogatori fiume dell’ex presidente della Mantovani spa, Piergiorgio Baita, e dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, hanno aperto decine di fronti nuovi sui quali si sono resi necessari riscontri e verifiche accurate. E così il 2013 si sta chiudendo senza senza nuovi indagati o arresti. Nei corridoi del Palazzo di giustizia di Venezia si ipotizzano novità per primavera e molti personaggi eccellenti – appartenenti sia al mondo imprenditoriale che a quello amministrativo che politico – hanno incaricato i rispettivi legali di verificare se anche il loro nome è finito all’attenzione degli inquirenti e se a breve siano attesi sviluppi. Ma dalla Procura il riserbo è assoluto e non arrivano conferme di alcun tipo.
GLI APPALTI – Baita che Mantovani hanno riempito migliaia di pagine di verbali. Il primo, in particolare, ha spiegato al pm Stefano Ancilotto – ora affiancato dai colleghi Stefano Buccini e Paola Tonini – che non vi era appalto per il quale non si pagasse. Dal suo racconto non verrebbe risparmiato nessuno, sia a centrodestra che a centrosinistra: finanziamenti non dichiarati – illeciti, insomma, nella migliore delle ipotesi; corruzione nella peggiore. Gli appalti finiti nel mirino sono numerosi il che fa pensare che l’inchiesta non si concluderà a breve e potrebbe avere pesanti effetti sugli equilibri politico-imprenditoriali che hanno governato il Veneto negli ultimi anni e che, in parte, continuano a gestirlo anche oggi.
28 FEBBRAIO – È la prima data da ricordare per ricostruire l’inchiesta che fa tremare il Veneto che conta: i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria arrestano Baita con l’accusa di aver frodato il fisco attraverso la creazione di false fatture per circa 8 milioni di euro. Assieme a lui, su ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Alberto Scaramuzza, finiscono in carcere anche il direttore amministrativo della Mantovani, il ragionier Nicola Buson, 66 anni; Claudia Minutillo, 49 anni, di Mestre, ex segretaria dell’allora presidente della Regione, Giancarlo Galan, poi diventata collaboratrice di Baita in qualità di amministratore delegato di Adria Infrastrutture, e William Colombelli, 50 anni, presidente della società Bmc Broker Srl, con sede a San Marino, una delle “cartiere” utilizzate dalla Mantovani per le false fatture che, secondo le Fiamme Gialle, servirebbero per costituire fondi neri.
CONFESSIONI – Le prime conferme arrivano dopo poche settimane con le confessioni di Minutillo, Busanon, Colombelli, i quali finiscono presto ai domiciliari. Baita “cede” soltanto in tarda primavera, dopo aver lasciato il professor Piero Longo e aver preso come difensore Alessandro Rampinelli: da quel momento è un fiume in piena.
12 LUGLIO – In carcere, nell’ambito di un’inchiesta parallela coordinata dal pm Tonini, finisce Giovanni Mazzacurati, accusato di turbativa d’asta per aver pilotato l’esito di un appalto per lavori portuali. Anche il presidente del Consorzio Venezia Nuova, difeso da Giovanni Battista Muscari Tomaioli, sceglie la strada della collaborazione con la Procura e viene ben presto rimesso in libertà. I suoi verbali d’interrogatorio sarebbero pieni di spunti investigativi ritenuti molto interessati.
PATTEGGIAMENTI – In attesa delle attese svolte nell’inchiesta, lo scorso 5 dicembre Baita ha chiesto e ottenuto l’applicazione della pena – 1 anno e 8 mesi – per le false fatture milionarie, dopo che la Mantovani ha versato al Fisco circa 6 milioni di euro. Patteggiamento anche per Minutillo, Buson e Colombelli.
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