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Nuova Venezia – Galan dimesso: torna ai domiciliari in villa

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10

dic

2014

DOPO L’INFORTUNIO NEL PARCO

PADOVA – Giancarlo Galan è tornato a casa. Nel pomeriggio l’ex ministro e governatore del Veneto è stato dimesso dalla Chirurgia prima del policnico di Padova dov’era stato ricoverato sabato sera in seguito alle ferite riportate in un incidente nel parco della sua dimora, Villa Rodella a Cinto Euganeo: il politico stava potando un albero dal quale si è staccato un grosso ramo che l’ha colpito alla testa, facendogli perdere i sensi. Caduto nella canaletta di irrigazione a ridosso dell’albero, è rimasto in stato confusionale fino all’arrivo dei soccorsi – il Suem 118 dell’ospedale Schiavonia – e quindi è stato trasferito in elicottero al pronto soccorso dell’ospedale del capoluogo. Qui, le visite e gli accertamenti diagnostici hanno rilevato una condizione di ipotermia (era rimasto a contatto con l’acqua gelida), un trauma cranico, una contusione al fegato e la ferita lacero-contusa che ha richiesto alcuni punti di sutura alla testa. Situazione abbastanza preoccupante, che ha indotto i medici a mantenere riservata la prognosi di guarigione e a trattenerlo in osservazione per la nottata e per le successive giornate di domenica e lunedì. Ieri le condizioni del paziente sono apparse nettamente migliorate, così da consentirne la dimissione. Accompagnato dalla moglie Sandra Persegato, dalla figlia di sette anni e da alcuni amici e collaboratori, Giancarlo Galan – ancora un po’ malconcio ma di buon umore – ha fatto ritorno alla sua villa di Cinto, dove da due mesi sconta gli arresti domiciliari conseguenti al patteggiamento di 2 anni e 10 mesi di pena (più 2,6 milioni di multa) per le tangenti dello scandalo Mose.

 

PADOVA – Giancarlo Galan, è stato dimesso ieri pomeriggio dall’ospedale di Padova dove era stato ricoverato a seguito di una caduta avvenuta nella sua villa di Cinto Euganeo, cui colli, sabato scorso. Ad attenderlo la moglie, Sandra Persegato che lo ha accompagnato all’auto che li aspettava per riportare l’ex ministro ed ex governatore del Veneto nella sua villa dove si trova agli arresti domiciliari per la vicenda Mose. C’era anche il suo amico consigliere comunale a Monselice, Lucio Perin. Il rappresentante di Forza Italia ha fatto scudo a Galan impedendo a chiunque di avvicinarsi. Per l’ex ministro, che si è limitato a un saluto, la prognosi è di quaranta giorni. Giancarlo Galan si è infortunato nel parco di Villa Rodella mentre era potava degli alberi. Un ramo si era staccato da una pianta e lo aveva colpito alla testa, facendolo rotolare nel fossato. Trasportato in elicottero all’ospedale, gli erano state diagnosticate una frattura cranica e una contusione al fegato.

 

LE CONDIZIONI DELL’EX MINISTRO E GOVERNATORE FERITO DA UN RAMO

Ha trascorso la giornata di festa nella sua stanza singola al Policlinico insieme alla moglie e alla figlioletta, nel pomeriggio la visita di amici e collaboratori

PADOVA – Sono in netto miglioramento le condizioni di salute dell’ex ministro e governatore del Veneto Giancarlo Galan che già nei prossimi giorni potrebbe essere dimesso. Il ricovero d’urgenza al policlinico di Padova d’urgenza si era reso necessario sabato scorso dopo che l’ex ministro era stato colpito alla testa dal grosso ramo della pianta che stava potando nel giardino di Villa Rodella, l’abitazione di Cinto Euganeo dove, da due mesi, sta scontando gli arresti domiciliari a seguito dell’inchiesta sulle tangenti del Mose che gli è valsa un patteggiamento di pena di 2 anni e 10 mesi e al pagamento di una multa di 2,7 milioni.

Domenica è stata sciolta la prognosi e i medici hanno parlato di una quarantina di giorni per la guarigione a causa del trauma cranico e delle ferite lacero-contuse al capo che ha riportato. Ieri Galan ha trascorso una tranquilla giornata di festa nella sua stanza del reparto di Clinica chirurgica, in compagnia della moglie Sandra Persegato e della figlia di sette anni, apparse rinfrancate dopo lo choc dell’incidente al loro familiare. Ha ricevuto anche la visita di amici e collaboratori, ai quali è sembrato di buon umore e in netta fase di ripresa.

Facili le battute dei conoscenti sui guai provocati dalla sua passione per il giardinaggio. Potare le rose, era la tarda primavera, gli era già costato la frattura ad un piede con conseguente ingessatura. Ma stavolta poteva andare decisamente peggio. Il grosso ramo che l’ha colpito in testa, erano le quattro del pomeriggio di sabato, oltre a ferirlo, gli ha fatto perdere l’equilibrio e precipitare nella canaletta di irrigazione che corre accanto agli alberi, dove è rimasto in stato di semi incoscienza, finché la figlioletta non l’ha notato lanciando l’allarme alla madre. Ai soccorritori, quelli del Suem 118 dell’ospedale di Schiavonia, è parso in condizioni preoccupanti: fradicio, in ipotermia, aveva una ferita sanguinante alla testa e altre contusioni, manifestando uno stato confusionale. Temendo lesioni interne, hanno convinto i familiari – spaventatissimi – a mantenerlo immobile fino all’arrivo dell’elicottero decollato da Padova. Giunto al pronto soccorso del policlinico è stato sottoposto a visite e accertamenti diagnostici che hanno evidenziato il trauma cranico, la contusione al fegato e la ferita che ha richiesto alcuni punti di sutura, escludendo – fortunatamente – lesioni interne. Ora si trova in una stanzetta singola al terzo piano, dove la sua privacy è garantita e l’accesso è consentito soltanto ai congiunti e agli amici più stretti.

 

Nuova Venezia – Escrementi davanti alla casa di Chisso

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8

dic

2014

BLITZ DEI FORCONI

Escrementi davanti alla casa di Chisso

Blitz dei forconi davanti alla casa di Renato Chisso, a Favaro, mentre l’ex assessore regionale è agli arresti domiciliari per lo scandalo Mose. Nella cassetta della posta hanno fatto recapitare un pacco con degli escrementi.

MESTRE – Feci nella posta blitz dei “forconi” a casa di Chisso

MESTRE Soldi finti nel cortile ed escrementi nella buca delle lettere di Renato Chisso, a Favaro Veneto. È l’azione provocatoria di un gruppo di cinque persone che fanno riferimento all’area dei “forconi”, avvenuta ieri pomeriggio. Al comando del gruppo Gaetano Ferrieri, uno dei leader del movimento, diventato celebre perché nella primavera scorsa ha tentato di darsi fuoco in piazza a San Pietro. Come accaduto qualche settimana fa davanti alla villa di Galan, gli attivisti si sono presentati davanti all’abitazione privata di Renato Chisso. Prima hanno calato con una canna da pesca dei soldi falsi nel cortile dell’abitazione a simbolo delle mazzette intascate dall’ex assessore regionale e poi hanno appiccicato con nastro adesivo una busta contenente escrementi alla cassetta delle lettere. Una protesta perché ritengono che non sia giusto concedere a Chisso la possibilità di patteggiare la pena. Poco prima, in piazzale Donatori di Sangue a Mestre, hanno imbucato nelle cassette delle poste centrali altre due buste contenenti feci, indirizzate rispettivamente al premier Matteo Renzi e al ministro del lavoro Giuliano Poletti. Martedì i “forconi” saranno davanti alla cittadella della Giustizia di Venezia per essere ricevuti dal procuratore capo Luigi Delpino e chiedergli di far processare i responsabili dello scandalo Mose. Il 20 ottobre un gruppetto di aderenti al “Movimento 9 dicembre” si è presentato, invece, sempre con delle canne da pesca con soldi finti attaccati all’amo davanti a Villa Rodella, a Cinto Euganeo, dove l’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan sta scontando gli arresti domiciliari per le vicende legate al Mose di Venezia. Galan è un appassionato pescatore. L’iniziativa è stata ripresa, come per il blitz da Chisso, e il video è stato postato in internet. I manifestanti fingevano di “pescare” i soldi dall’interno della villa e poi li deponevano in un cesto. Nel dicembre dello scorso anno, quando Giancarlo Galan era solo indagato, sempre i “forconi” si erano presentati davanti alla stessa villa vestiti come soldati della prima guerra mondiale. Avevano inveito contro l’ex governatore. Poi, con un finto cannone, avevano sparato all’indirizzo dell’abitazione dei fiori. I manifestanti avevano avuto un diverbio sostenuto con la moglie di Galan.

Carlo Mion

 

Dopo l’incidente a Cinto giornata tra i familiari all’ospedale di Padova. Recuperati telefonino e occhiali

Galan migliora, sciolta la prognosi

PADOVA – Giancarlo Galan migliora, ha ricevuto la visita di parenti ed ha telefonato ad alcuni suoi collaboratori. Ma resterà in ospedale ancora per qualche giorno, in osservazione. I medici hanno sciolto la prognosi pronunciandosi per una diagnosi vicina ai 40 giorni. Ricoverato da sabato sera al terzo piano della Chirurgia prima del Policlinico, l’ex ministro è stato sottoposto ieri pomeriggio a nuovi esami ematoclinici e a un ecodoppler. Galan, che si è infortunato sabato pomeriggio durante un’operazione di potatura di una pianta di alto fusto, è circondato dalla moglie Sandra, dalla figlia Margherita – che ha assistito all’incidente e ha avvisato per prima la mamma – e dai parenti stretti: la sorella Valentina e il fratello Alessandro hanno fatto la spola dentro e fuori l’ospedale per tutto il giorno. Scherzando con i familiari, Galan ha ricevuto i rimbrotti di amici e collaboratori, che lo hanno ironicamente minacciato di chiedere una restrizione degli arresti domiciliari al perimetro interno della villa di Cinto Euganeo nel cui giardino è accaduto l’infortunio: «Così non ti farai male». L’ex ministro è incappato nel nuovo infortunio nello stesso giardino dove a luglio era scivolato fratturandosi un piede. Sabato pomeriggio Galan stava tagliando con una sega manuale un robusto ramo di un albero di alto fusto, nei pressi di una canaletta. Il ramo, tagliato, ha investito il ramo di un albero vicino spezzandolo. Il risultato è che Galan, a causa di questa operazione, ha perso l’equilibrio da un’altezza di quasi due metri e una volta a terra è stato colpito al cranio da uno dei rami caduti. La rovinosa caduta ha provocato lo scivolone dell’ex ministro quasi dentro una canaletta di irrigazione che passa per il giardino di villa Rodella. Nell’acqua della canaletta sono scivolati anche gli occhiali e il telefonino di Galan, che sono stati recuperati solo ieri mattina. Portato in elicottero all’ospedale di Padova, i medici hanno diagnosticato a Galan una frattura cranica e un trauma epatico. Sarebbe proprio quest’ultima patologia a preoccupare i medici, in un paziente già provato da altre patologie. Per questo le analisi compiute ieri per verificare i valori del sangue. Nel giardino di villa Rodella a Cinto Euganeo sono arrivati sabato sera anche i carabinieri che hanno il compito di sorvegliare gli arresti domiliciliari dell’ex ministro. I militari hanno assistito alle operazioni compiute dai medici e dagli operatori dell’elisoccorso. Le condizioni dell’ex ministro, inizialmente, erano apparse gravi. I successivi accertamenti hanno escluso il pericolo di vita.

Elisa Fais

 

Gazzettino – I “forconi” a casa di Chisso

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8

dic

2014

MESTRE – Blitz dei “forconi” a Favaro davanti alla casa di Renato Chisso

C’È POSTA PER TE – Anche Galan e Orsoni nel mirino

Buste piene di escrementi sarebbero state recapitate anche all’ex sindaco Giorgio Orsoni e all’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan

BANCONOTE – Gateano Ferrieri impugna la canna da pesca con le banconote finte per sollecitare la restituzione dei soldi che l’ex assessore avrebbe incamerato

I “forconi” a casa di Chisso

Una busta piena di escrementi e rotoli di banconote finte nella cassetta della posta

Una busta sigillata con dentro escrementi umani e mazzette di banconote da 50 euro stampate e appese ad una canna da pesca simbolo dei soldi rubati con le mazzette legate alla costruzione del Mose. Si è presentata attrezzata così ieri pomeriggio poco prima delle 16, la delegazione del movimento di protesta Forconi Veneti 9 Dicembre in via Col San Martino a Favaro Veneto davanti all’abitazione dell’ex assessore regionale Renato Chisso. Lui all’interno con la famiglia, costretto ai domiciliari, nel giardino due auto parcheggiate e poco distante il latrato dei cani dei vicini che abbaiavano agli insoliti visitatori di una domenica pomeriggio. Un blitz pacifico, durato pochi minuti.

I militanti del movimento dei Forconi arrivano con due auto. Indossano tutti una pettorina di colore giallo e arancio che riporta la scritta «Presidio di Padernello (Tv)». A guidarli c’è Gaetano Ferrieri, 53 anni, il «forcone» già protagonista di clamorose proteste come il presidio in tenda e lo sciopero della fame davanti a Montecitorio e il tentativo di darsi fuoco davanti alla Basilica di San Pietro per chiedere un incontro con Papa Francesco. Ferrieri tiene in mano una canna da pesca. Al posto dell’esca ci sono delle banconote finte arrotolate. «Siamo qui davanti a casa di un ladro politico per chiedergli di restituire quello che ha rubato. Quando uno patteggia vuol dire che è sicuro di venire condannato – ha detto Ferrieri mimando il gesto di pescare dal giardino dell’abitazione di Chisso dei soldi – Stiamo facendo visita a tutti i politici corrotti che hanno rubato nelle tasche degli italiani e in questo caso dei veneziani. Gli regaliamo queste mazzette di soldi finti, le lasciamo nella cassetta della posta magari servono per pagare i loro avvocati. E poi lasciamo anche un altro ricordino».

Ferrieri tiene in mano una busta gialla con su scritto il nome e cognome dell’ex assessore e il suo indirizzo. La apre per far vedere il contenuto. «Ecco, alla Biennale c’è la merda d’artista, questa, invece, è cacca vera, materiale organico, che riconsegniamo a chi nella cacca ha fatto finire questo paese con il sistema corruttivo degli ultimi anni. Una busta come quella che abbiamo consegnato a casa di Chisso l’abbiamo recapitata anche all’ex presidente della Regione Galan e all’ex sindaco Orsoni. Ma non solo, ieri mattina dalle Poste centrali di Mestre abbiamo spedito due buste uguali contenenti «prodotto organico riservato» anche al Premier Matteo Renzi e al ministro del Lavoro Guido Poletti». Cosa chiedete con questa protesta? «È solo un primo passo – aggiunge Ferrieri – Domani mattina manifesteremo davanti alla sede del tribunale di Venezia a piazzale Roma perché vogliamo un incontro con il procuratore capo Luigi Delpino. I reati di questi politici corrotti non devono andare in prescrizione. Se non otterremo risultati bloccheremo il ponte della Libertà».

Raffaele Rosa

 

PADOVA – La frattura frontale non desta preoccupazioni ma ha richiesto alcuni punti di sutura

Galan migliora, medici ottimisti

L’ex governatore ricoverato al Policlinico universitario. Colpito da un albero mentre stava potando in giardino

Rimane ricoverato in una stanza di degenza al terzo piano del Policlinico universitario di Padova. Piantonato da carabinieri e agenti di polizia penitenziaria. Ma le sue condizioni sono in miglioramento, i medici si dicono ottimisti. Confermata la diagnosi della prima ora per Giancarlo Galan, l’ex ministro ed ex presidente della Regione Veneto, rimasto ferito sabato mentre potava un albero nel suo giardino a Villa Rodella, sui Colli Euganei. Una frattura frontale, che ha richiesto alcuni punti di sutura al capo per sanare la ferita lacero-contusa, e una contusione epatica, fortunatamente nessun danno agli organi interni.

Il quadro clinico, dagli approfondimenti effettuati ieri, non evidenzia ulteriori elementi di preoccupazione. Curiosità e stupore tra gli altri ricoverati in una domenica ospedaliera trascorsa lenta anche per quell’ospite illustre, che sta scontando ai domiciliari due anni e dieci mesi patteggiati per lo scandalo Mose. Non nuovo a incidenti domestici (era l’estate scorsa quando cadde, mentre tagliava un roseto, procurandosi una frattura a una gamba per la quale venne ingessato all’ospedale Sant’Antonio di Padova), per Galan l’infortunio dell’altroieri ha quasi ricalcato il copione: sempre Villa Rodella a Cinto Euganeo, sempre una scala, sempre una potatura finita in rovinosa caduta. Stavolta la colpa sarebbe, non dei fiori, ma di un grosso ramo: nel tagliarlo, l’ex governatore cinquantottenne avrebbe il crollo di un albero a fianco che, abbattendosi al suolo, lo avrebbe colpito alla testa. E sarebbe così finito dentro a un attiguo fossato.

È stata la figlia di sette anni a dare per prima l’allarme dopo aver assistito alla caduta del padre, con il quale si trovava in giardino. La bambina ha avvisato la madre Sandra Persegato che ha quindi chiamato dapprima il 118, poi i carabinieri della stazione più vicina a Cinto Euganeo, accorsi a loro volta sul posto. Trasportato velocemente in Azienda ospedaliera a Padova in elisoccorso, Galan è stato dapprima accolto in pronto soccorso centrale, quindi spostato tre piani più su, nel reparto chirurgico per essere tenuto in stretta osservazione.

 

SCANDALO MOSE – L’accusa di Dal Borgo «Ho aperto conti all’estero per Chisso»

MOSE – Il verbale dell’ingegnere bellunese sulle operazioni in due banche. «Investimenti anche in Ucraina»

«Ho portato all’estero i soldi di Chisso»

Dal Borgo chiama in causa il segretario Casarin: «Ho aperto per lui cassette di deposito in istituti stranieri»

Sequestrati agli inquisiti 17 milioni su tre conti

Continua la caccia al tesoro. Di Chisso o di Casarin. O di Chisso e Casarin. La Procura di Venezia ha chiuso le vicende giudiziarie con i patteggiamenti dell’ex assessore alle Infrastrutture Renato Chisso e del suo segretario Enzo Casarin ma non ha affatto chiuso le indagini sui soldi che sono usciti dalle casse del Consorzio venezia Nuova e dell’impresa Mantovani e legati alla realizzazione del Mose.

Renato Chisso ha sempre sostenuto di non aver messo da parte un centesimo – nel conto corrente gli hanno trovato 1.500 euro. Del resto le indagini patrimoniali della Finanza non hanno portato ad alcun risultato. È vero che «portare soldi all’estero sembra costituire la regola, non l’eccezione…» hanno scritto i giudici del Riesame quando si sono pronunciati contro la scarcerazione di Chisso, «ed è certo assai improbabile che un assessore regionale tenga i soldi frutto di corruzione in un conto corrente a nome proprio o a quello dei suoi familiari, presso una banca sita nel territorio della Repubblica».

Adesso la Procura attende l’esito delle rogatorie internazionali. Alle banche di mezzo mondo è stato chiesto di controllare se esistono conti correnti o cassette di sicurezza in qualche modo riconducibili a Renato Chisso. Anche perchè Luigi Dal Borgo, un ingegnere bellunese accusato di false fatturazioni e di millantato credito per essersi proposto a Baita come esperto di “spionaggio”, ha consegnato ad un verbale che finora è rimasto segreto e che pubblichiamo, quella che secondo la Procura è la pistola fumante, ovvero la traccia dei soldi all’estero. In Austria. Li avrebbe portati personalmente Dal Borgo, assieme al segretario di Chisso, Enzo Casarin.

«Al Casarin ho corrisposto vacanze, cene, regalato voli aerei, ma soprattutto mi sono reso disponibile ad aprirgli delle cassette di deposito all’estero. In particolare, in Austria tra il 2004 e il 2005 ho aperto presso la Unicredit e la Raiffeisen Bank di Arnoldstein delle cassette di deposito site all’interno della banca ma gestibili con la sola chiave d’accesso senza necessità di registrazione o di interazione con il personale della banca. Ho poi consegnato le chiavi delle cassette, che mi pare fossero cinque al Casarin Enzo. In occasione della loro chiusura, nel 2013, ho avuto modo di apprendere che cosa contenesse una delle cassette in quanto il Casarin aveva perso le chiavi di una ed era necessario il mio intervento per aprirla. All’interno ebbi modo di vedere, al momento dell’intervento del direttore della Raiffaisen Bank, delle mazzette di banconote da 500 euro ciascuna avvolta in fogli di giornale.

Dal Casarin ho saputo che tali somme erano riferibili alla sua attività di segretario dell’assessore regionale Renato Chisso, che gli aveva dato il compito di gestire tali somme di denaro e il loro deposito fiduciario. Ricordo che il Chisso una volta incontrandomi mi disse: “Mi raccomando, fate i bravi”, riferendosi a me e al Casarin e all’attività di gestione fiduciaria che avevo iniziato su indicazione del Casarin, anche se il mio compito era estremamente limitato. Il Casarin mi disse che aveva messo in sicurezza le somme depositate in Austria tramite dei moldavi di sua conoscenza che successivamente avevano trasportato le medesime tramite i confini sloveni. In tale contesto, negli anni 2007-2008, ricevetti dal Casarin circa 200.000 euro in contanti in due tranches, sia per fare degli investimenti in Ucraina, sia per tenerle sempre quale depositario di fiducia, per conto “del gruppo”, per tale intendendo essenzialmente il Chisso e il Casarin».

Dunque, Slovenia, Moldavia, Austria e Ucraina. I soldi potrebbero aver fatto questo tour. Si tratta di vedere se ne è rimasta traccia da qualche parte. La caccia al tesoro continua.

Maurizio Dianese

 

VIETATI DAI MAGISTRATI RAPPORTI CON ESTRANEI

L’ex assessore ai domiciliari e può parlare solo coi familiari

Renato Chisso, deve restare agli arresti domiciliari senza poter comunicare con l’esterno. Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari di Venezia, Massimo Vicinanza, il quale ha rigettato ieri l’istanza presentata dal legale dell’ex assessore regionale alle Infrastrutture, l’avvocato Antonio Forza, che aveva chiesto la revoca del divieto di avere contatti con persone diverse dai suoi familiari. Alla revoca aveva dato parere negativo anche la Procura.

Il giudice ha ritenuto che vi siano ancora esigenze cautelari che rendono necessario il divieto di comunicare con l’esterno, anche in considerazione del fatto che Chisso non ha messo a disposizione neppure un euro, a fronte di una confisca disposta nei suoi confronti di beni per un ammontare pari a due milioni di euro.

L’avvocato Forza, che nel pomeriggio non aveva ancora potuto vedere il provvedimento di rigetto, si è detto sorpreso della decisione del gip, considerato che, contestualmente al patteggiamento, l’analogo divieto è stato revocato all’ex presidente della Regione, Giancarlo Galan, che dagli arresti domiciliari nella sua villa di Cinto Euganeo può parlare con persone estranee al circolo familiare. Perché a Galan è consentito e a Chisso no?

Nel frattempo il Movimento 9 dicembre (meglio conosciuto come Movimento dei forconi) ha annunciato per oggi una manifestazione di fronte all’abitazione di Chisso, a Favaro Veneto, alla periferia di Mestre, dove lancerà soldi falsi.

(gla)

 

IL CASO – Il blitz del 4 giugno nato sei anni prima

LA PROCURA – Avviate rogatorie internazionali per identificare depositi o titoli

L’INCHIESTA I tre cronisti del Gazzettino che hanno seguito la vicenda ricostruiscono lo scandalo che ha travolto Venezia

La “Retata Storica” ora diventa un libro

Oggi è Roma con “mafia capitale”, ieri era Venezia con il Mose e l’altro ieri era Milano con l’Expo. La storia della corruzione in Italia è un fiume in piena, ormai. Certo, lo scandalo del Mose resta il più grande di tutti i tempi. Basti pensare che la mega tangente dell’Eni che nel ’92 azzerò la classe politica italiana era di 140 miliardi di lire, 70 milioni di euro, mentre per il Mose si parla di 1 miliardo di euro ovvero mille miliardi di vecchie lire. Ed è arrivato da poche ore in libreria il volume “Mose, la Retata Storica” (Edizioni Nuova Dimensione) con prefazione del direttore del Gazzettino Roberto Papetti, che racconta nel dettaglio e in presa diretta l’inchiesta sullo scandalo del Mose.

Il libro scritto da tre giornalisti del Gazzettino – Gianluca Amadori, Monica Andolfatto e Maurizio Dianese – contiene sia il racconto dell’inchiesta che una mole considerevole di documenti esclusivi ed inediti sull’inchiesta Mose, culminata nella “Retata Storica” del 4 giugno 2014, ma iniziata ben sei anni prima con una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza nella sede di una cooperativa di Chioggia che lavorava per il Mose. Da lì gli autori ricostruiscono il filo della corruzione che avviluppa la storia recente di Venezia e del Veneto. Il 4 giugno – il blitz della Guardia di Finanza coordinato dai pm Paola Tonini, Stefano Buccini e Stefano Ancilotto, scatta alle 4 del mattino – diventa dunque la data spartiacque, la data che segna l’inizio della fine per un sistema che si è dedicato al saccheggio dei soldi pubblici per oltre un decennio, utilizzando vari sistemi. Uno anche legale: il Consorzio Venezia Nuova infatti ha diritto per legge a una percentuale del 12% sull’ammontare dell’opera. Si chiamano “oneri di concessione” e siccome finora lo Stato italiano – e cioè i contribuenti – ha speso per il Mose 6 miliardi di euro, il Consorzio ha incassato del tutto lecitamente quasi 700 milioni. Si tratta di quattrini garantiti dalla Legge speciale per Venezia, che il presidente dell’autorità per la lotta alla corruzione, Raffaele Cantone, definisce «legge criminogena» perché affida a privati la gestione dei soldi pubblici. Da questa legge nasce anche il sistema delle tangenti, alimentato in parte dall’aggio del 12% riconosciuto al Consorzio Venezia Nuova e in parte dall’assenza, anche questa ammessa per legge, delle gare di appalto. E siccome le gare di appalto portano mediamente a un ribasso del 30% sulla cifra iniziale, tutte le opere del Mose sono state pagate un terzo in più del dovuto. Dalle casse del Consorzio – cioè dello Stato, cioè dalle tasche dei cittadini – è uscito un fiume in piena di denaro, che si è fermato solo il 4 giugno 2014. E adesso? Alla domanda sul futuro degli appalti pubblici risponde il procuratore aggiunto Carlo Nordio in una conversazione pubblicata nel libro di Amadori, Andolfatto e Dianese.

 

Incidente in villa Galan ricoverato: prognosi riservata

L’ex governatore si è accasciato nel giardino di casa colpito in testa dal ramo di un albero. Lo ha trovato la figlia in un lago di sangue. Trasportato in ospedale a Padova in elicottero

CINTO EUGANEO – Finito in acqua è stato colto da una leggera ipotermia

IN OSPEDALE – “Codice rosso” dopo la Tac: le condizioni non sono gravi

Il deputato del Pdl ai domiciliari era su una scala e stava effettuando una potatura

Frattura cranica per Galan colpito da un albero nella villa

É arrivato al pronto soccorso dell’ospedale civile di Padova con una frattura frontale del capo. L’ha rimediata potando i rami di un albero nella sua villa di Cinto Euganeo. Il ferito è Giancarlo Galan, il re dello scandalo Mose, finito agli arresti domiciliari il 9 ottobre dopo avere patteggiato due anni e dieci mesi. Ieri pomeriggio è uscito dalla villa con una scala e un paio di cesoie per andare nel parco. Si è arrampicato su un albero e poi qualcosa è andato storto. Da una prima ricostruzione dei fatti sembra che un grosso ramo spezzandosi abbia innescato la caduta di un altro albero, che con il tronco ha centrato in pieno Galan. L’ex governatore ha perso l’equilibrio cadendo dalla scala e finendo in una canaletta per l’irrigazione del giardino. A trovarlo a terra con la fronte insanguinata e mezzo bagnato è stata la figlioletta, che ha chiamato la mamma, Sandra Persegato, la quale a sua volta ha avvisato il 118. Proprio in quel momento, intorno alle quattro del pomeriggio, a Villa Rodella è arrivata una pattuglia dei carabinieri della compagnia di Abano Terme. I militari erano intervenuti, come tutti i giorni, per controllare se l’ex doge era effettivamente agli arresti domiciliari. I medici del Suem hanno accertato che le condizioni di Galan, nonostante sia stato sempre vigile, erano gravi e così hanno scelto di trasportarlo a Padova in elisoccorso. In un primo momento è entrato con un codice giallo, per cui media gravità, ma effettuata la Tac i medici hanno deciso di portarlo in area rossa. Hanno deciso di tenerlo sotto osservazione e intorno alle 19 è stato ricoverato nel reparto di Clinica chirurgica al terzo piano del Policlinico con una frattura del cranio. Sembra anche che abbia avuto una leggera ipotermia per essere caduto nell’acqua della canaletta e una contusione al fegato. Insieme a lui c’è sempre stata la moglie Sandra. Le sue condizioni di salute non sono comunque gravi. I carabinieri lo hanno sorvegliato dal sua trasporto in elisoccorso al ricovero nel letto di ospedale. Gli uomini dell’Arma ora lo piantoneranno, perchè l’ex Doge se pure ferito rimane agli arresti domiciliari. Giancarlo Galan non è nuovo a incidenti.

Nel lontano novembre del 1997, quando si trovava a Pola in Croazia con una delegazione della Regione, è scivolato su un gradino di un ristorante reso viscido dalla pioggia e si è fratturato una gamba. La mattina seguente è stato trasportato con un’ambulanza partita appositamente da Padova all’ospedale civile della città del Santo.

E poi lo scorso 5 luglio, ancora a villa Rodella, potando le sue rose si è fratturato tibia e perone. Un incidente adombrato da una serie di sospetti, proprio mentre la Camera decideva se concedere l’arresto dell’ex Doge. Tanto che il 12 luglio Galan si è presentato all’ospedale di Este, dove è stato ricoverato per una “sospetta embolia polmonare in paziente diabetico con trombosi venosa profonda in esiti di recente frattura arto inferiore sinistro”. Quindi giovedì 17 luglio Galan è stato trasferito a Medicina interna, sempre dell’ospedale di Este. Il giorno dopo da Milano è arrivato il cardiologo Giulio Melisurgo che ha visitato l’ex governatore privatamente e ha redatto una relazione. I nuovi documenti sono stati allegati, lunedì 21 luglio, alla nuova richiesta alla Camera di rinviare il voto sul suo arresto a causa del ricovero. Ma il colpo di scena è arrivato martedì 22 luglio, tre ore prima del dibattito a Montecitorio. Infatti l’ospedale ha deciso di dimettere Giancarlo Galan. Ingessato, è stato accompagnato a Villa Rodella da un’ambulanza e qui è stato arrestato, e trasportato nell’infermeria del carcere di Opera a Milano da dove è uscito, per andare agli arresti domiciliari, il 9 ottobre.

Marco Aldighieri

 

Nuova Venezia – Galan ferito nel parco di casa

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7

dic

2014

Colpito da un ramo, finisce in un fosso. Frattura alla testa.

Stava potando una pianta, ha riportato trauma e ferite, poi è caduto in un fossato: a dare l’allarme è stata la figlioletta

Galan ferito da un ramo: frattura al capo

CINTO EUGANEO – Il giardinaggio gioca ancora pessimi scherzi a Giancarlo Galan. Nel pomeriggio, poco prima dele 16, l’ex ministro e governatore del Veneto è stato colpito alla testa da un grosso ramo caduto dalla pianta che stava potando nel parco della sua villa, a Cinto Euganeo. Nell’impatto, ha perso l’equilibrio ed è caduto dalla scaletta appoggiata al fusto, precipitando nella canaletta sottostante, dove è rimasto in acqua privo di conoscenza e sanguinante. La sua assenza è stata avvertita solo a una decina di minuti di distanza, perché l’angolo del parco dove stava lavorando si trova a discreta distanza da Villa Rodella. A scoprire l’ex Doge riverso nel fossato, completamente fradicio, dolorante e in stato di ipotermia, è stata la figlia di sette anni, che – spaventatissima – ha avvertito la mamma, Sandra Persegato che, constatate le condizioni del marito, ha telefonato al 118 sollecitando l’immediato intervento dei soccorsi. Nel frattempo sono giunti anche i carabinieri della stazione di Lotto Atestino, che quotidianamente controllano la presenza di Galan, da due mesi agli arresti domiciliari dopo il patteggiamento di una pena di 2 anni e 10 mesi per le tangenti dello scandalo Mose. Tant’è: in pochi minuti, dall’ospedale di Schiavonia è arrivata un’ambulanza del Suem, mentre da Padova è decollato l’elisoccorso, in attesa del quale il ferito, in stato confusionale, è stato mantenuto immobile. Stabilizzato, è stato caricato in elicottero e trasferito al pronto soccorso del policlinico di Padova. Qui i medici l’hanno sottoposto ad accertamenti e analisi: la tac cerebrale ha evidenziato una frattura cranica e una contusione epatica, escludendo invece ematomi interni. L’incidente, però, gli ha provocato anche una ferita lacero-contusa al capo che ha richiesto alcuni punti di sutura. I sanitari hanno ritenuto opportuno ricoverarlo, in modo da poterlo monitorare per l’intera nottata. Un brutto colpo, con conseguenze serie e dolorose: non è in pericolo ma la prognosi, in via precauzionale, non è stata ancora sciolta.

L’ex presidente e il giardinaggio, si diceva, non vanno a braccetto. Quello di ieri è il secondo infortunio che Galan patisce nel giardino di villa Rodella a causa del suo pollice verde. Lo scorso 7 luglio è volato a terra mentre era intento a potare le amatissime rose. Nella caduta ha rimediato la frattura del malleolo peroneale sinistro, come riscontrato successivamente all’ospedale Sant’Antonio. In seguito all’incidente (quaranta giorni di prognosi) e poi a causa di una trombosi venosa profonda diagnosticata dall’angiologo, i suoi legali hanno chiesto alla Camera un rinvio del voto sull’arresto richiesto dal giudice di Venezia. Il 12 luglio, così, il deputato di Forza Italia – tuttora presidente della Commissione cultura a Montecitorio – è stato ricoverato in ospedale ad Este, nella terapia intensiva di Cardiologia, per forti dolori cardiaci e complicanze cardiocircolatorie dovute a tromboflebite e diabete. Fino al 22 luglio, il giorno del suo arresto, autorizzato infine dalla Camera: l’ex ministro, dimesso dal reparto atestino di Medicina in carrozzina e con la gamba ingessata, ha fatto ritorno a Villa Rodella per raggiungere in serata, scortato dalla polizia, l’ala ospedaliera del carcere di Opera. Ottanta giorni di detenzione, poi la concessione dei domiciliari.

Nicola Cesaro

 

l’iter giudiziario

La “prigione domestica” dopo aver patteggiato

CINTO EUGANEO – La prigione domestica di Giancarlo Galan durava ormai da due mesi, ma certamente non era questo il modo in cui l’ex governatore auspicava di uscire da casa. Il Doge si trovava a villa Rodella, maestosa tenuta di Cinto Euganeo, dal 9 ottobre scorso: in quel giorno il Gip di Venezia Giuliana Galasso aveva firmato il provvedimento per gli arresti domiciliari, mettendo così fine alla sua reclusione nel carcere di Opera. L’ex ministro era rinchiuso nel carcere milanese dal 22 luglio, giorno in cui la Camera aveva votato per l’arresto del deputato. Solo dieci giorni prima Galan aveva dovuto abbandonare casa per essere ricoverato nell’ospedale di Este: le dimissioni dalla struttura sanitaria sono coincise con il suo arresto e con il viaggio verso il carcere.

(n.c.)

 

DEGENZA nella città del santo

Tac cerebrale, poi notte in Clinica chirurgica

Giancarlo Galan non è grave, ma è rimasto sotto osservazione per tutta la notte. Al Pronto soccorso dell’ospedale di Padova stato medicato con una benda in testa, per coprire la ferita causata dalla caduta di un grosso ramo. Grande apprensione da parte dei parenti che gli sono rimasti vicino per tutto il tempo. Anche la moglie, Sandra Persegato, non lo ha lasciato un attimo. L’ex governatore del Veneto, agli arresti domiciliari nella sua villa di Cinto Euganeo è arrivato all’Azienda Ospedaliera di Padova ieri, attorno alle 17, a bordo di un elicottero del Suem. E’ immediatamente stato preso in carico dal personale sanitario del Pronto Soccorso per eseguire i primi accertamenti. Sarebbe stato colpito da un grosso ramo caduto in testa che gli ha provocato un trauma cranico. Attorno alle 19 Galan è stato sottoposto ad una Tac cerebrale, all’Istituto di Radiologia al piano interrato del Policlinico, per verificare che il cervello non avesse subito danni preoccupanti. La prognosi rimane riservata ma l’ex governatore non sarebbe in pericolo di vita. Poco dopo le 20 è stato trasferito dal reparto di prima emergenza, al terzo piano del Policlinico in Clinica Chirurgica prima. È stato trasportato in barella, attorniato dai parenti preoccupati che lo sostenevano rassicurandolo. Una volta entrato in reparto, sono state chiuse le porte di ingresso, per garantire la privacy. L’ex governatore ha passato tutta la notte ricoverato in Clinica Chirurgica prima, diretta dal professor Donato Nitti.

Elisa Fais

 

I comitati contrari alla grande opera hanno pronta una lettera per gli amministratori straordinari

Danella: «Ci sono studi che evidenziano come le paratoie sarebbero in difficoltà con il mare agitato»

«I commissari del Mose devono darci la possibilità di verificare tutte le criticità del progetto. Per anni le nostre denunce non sono state ascoltate».

I comitati «No Mose e Ambiente Venezia» hanno pronta una lettera per i due nuovi amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova. Chiedono di essere ricevuti e di aprire una nuova pagina sulla storia trentennale del Mose.

«Ci sono studi di organismi internazionali», dice Armando Danella, «che hanno messo in evidenza le criticità delle paratoie in condizioni di mare agitato».

Lo studio era stato messo a punto dalla società franco canadese di ingegneria «Principia» per conto dell’amministrazione comunale guidata da Massimo Cacciari, nel 2008. Il Magistrato alle Acque, diretto allora da Patrizio Cuccioletta, aveva cestinato le obiezioni, allegando una breve risposta dei suoi consulenti.

«Ma hanno sempre rifiutato un confronto pubblico», ricorda Danella, «e visto com’è andata forse si capisce perchè».

Nell’inchiesta del Mose che ha portato in carcere nello scorso giugno 35 persone sono state messi sotto accusa anche pareri e consulenze, finiti in una ramificata rete di corruzione.

I comitati adesso chiedono, come già nell’esposto presentato alla Procura e alla Corte dei Conti, che si faccia luce su quei passaggi che hanno consentito al Mose di essere approvato nonostante le critiche. Scartando nel 2008 i progetti alternativi e ignorando le critiche tecniche sul funzionamento delle paratoie.

«Ci aspettiamo di essere ricevuti», dicono i comitati. Intanto i due commissari straordinari, nominati dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro su richiesta del presidente dell’Anac Raffaele Cantone, si sono insediati al Consorzio Venezia Nuova.

«Mi sono dimesso da ogni altro incarico», ha detto al suo arrivo Luigi Magistro, ex vicedirettore delle Dogane, presidente dei Monopoli di Stato e in gioventù ufficiale della Guardia di Finanza ai tempi di Mani Pulite. Così l’altro commissario, l’ingegnere torinese Francesco Ossola, docente al Politecnico e titolare di un avviato studio di progettazione, già consulente nel 1978 del Consorzio per il progetto pilota di rialzo della fondamenta dei Tolentini. Un lungo incontro con i vertici del Consorzio Venezia Nuova – il presidente Mauro Fabris e il direttore Hermes Redi – per rendere operativo un incarico che è il primo del genere in Italia. È stato commissariato un Consorzio e non un ’impresa – come nel caso della Maltauro all’Expo di Milano. Commissariamento che, come specificato nel provvedimento, ha come obiettivo principale il «portare a termine l’opera tenendo al riparo la concessione da azioni criminose». E dovrà durare «fino al termine dei lavori e a collaudo avvenuto».

Alberto Vitucci

 

Già al lavoro i due commissari del Consorzio Venezia Nuova

«Siamo qui per finire il Mose»

Portare a termine il Mose. É l’obiettivo esplicito dei due commissari straordinari del Mose, l’ex direttore delle Dogane Luigi Magistro e l’ingegner Francesco Ossola, che si sono insediati ieri presso il Consorzio Venezia Nuova. I due sono stati nominati dal prefetto di Roma su richiesta del presidente dell’Anticorruzione, Raffele Cantone.

 

Magistro: «Noi rispondiamo all’Autorità anticorruzione»

Rapporti con le aziende attraverso Fabris? «Vedremo»

Il Mose in mano ai due commissari fino al collaudo

VENEZIA «Siamo stati catapultati in questa realtà. Adesso dobbiamo cercare di capire molte cose. Possiamo dire che qui abbiamo trovato, al di là delle note vicende, una struttura di avanguardia». Eccoli i due commissari straordinari del Mose. L’ex direttore delle Dogane Luigi Magistro e l’ingegnere Francesco Ossola sono arrivati ieri mattina in laguna, solo tre giorni dopo la nomina firmata dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro su richiesta del presidente dell’Anac Raffaele Cantone. Un rapido passaggio in Prefettura e poi un lungo incontro all’Arsenale, nella sede del Consorzio Venezia Nuova, con il presidente Mauro Fabris e il direttore Hermes Redi. Gli uomini di Cantone sono da ieri ufficialmente subentrati ai vertici del Consorzio, come espressamente previsto nel provvedimento firmato da Pecoraro. «Ma abbiamo avviato un rapporto collaborativo con le strutture del Consorzio», precisa Magistro. Presto per sapere quali decisioni saranno prese. Anche perché Magistro rimanda all’Autorità anticorruzione: «Noi dipendiamo da loro», dice. Ma appare improbabile un azzeramento completo della struttura, nonostante le parole pesanti usate nel provvedimento. Che prevede peraltro un Comitato consultivo per mantenere il contatto con le imprese. Potrebbe essere lo stesso Fabris a garantire la consultazione? «È presto per qualunque decisione», sorride Magistro, ex ufficiale della Guardia di Finanza e navigato dirigente dell’Agenzia delle Entrate e dei Monopoli, «certo è che da oggi ci occuperemo a tempo pieno del Mose». La nomina dei due commissari dopo la bufera giudiziaria che ha portato in carcere nel giugno scorso 35 persone ha infatti come obiettivo esplicito quello di «portare a termine l’opera» mettendo al riparo la concessione e le imprese da «tentativi di condizionamento criminale». E la nomina dei due commissari resterà valida, scrive il prefetto «fino al termine dei lavori e dei collaudi». Dunque la gara per la gestione non avverrà presumibilmente prima del 2018, e le imprese sono salve. Cosa succederà adesso? I commissari dovranno accertare la regolarità delle procedure e mandare avanti il Mose. Stretti tra la volontà del governo di portare a termine l’opera e la pressione dei comitati e dei critici, che chiedono di verificare la legittimità degli atti approvati da persone poi coinvolte nell’inchiesta per corruzione, tra cui molti tecnici e dirigenti dello Stato. Magistro ha annunciato che «risiederà in laguna». «Mi sono dimesso dall’incarico di dirigente dell’amministrazione finanziaria», precisa. Ossola, docente al Politecnico di Torino e titolare di un avviato studio di ingegneria, è stato tra l’altro il progettista dello Juventus stadium e nel 1998 consulente dello stesso Consorzio Venezia Nuova per uno studio sul rialzo pilota della fondamenta dei Tolentini. «Una piccola cosa, non una direzione dei lavori», ha precisato ieri, «che comunque non c’entra con il Mose». I due commissari, al lavoro da ieri, avranno competenza solo sul percorso della grande opera.

Alberto Vitucci

 

L’atto del prefetto di Roma: nel mirino i collegamenti con la gestione Mazzacurati

Il documento è composto da 22 paginette. C’è la storia di questi mesi a partire dall’inchiesta giudiziaria legata al “sistema Mose”, con la rappresentazione di ciò che è stato (ed è) il Consorzio Venezia Nuova. C’è il racconto di questi mesi dall’azione della magistratura dal cambio di vertice dell’era di Giovanni Mazzacurati (chiamato erroneamente Giuseppe) fino alla gestione dell’attuale presidente Mauro Fabris.

È questo il dossier reso pubblico (sul sito della prefettura di Roma) che ufficialmente annuncia l’incarico ai due commissari, il napoletano Luigi Magistro e il torinese Francesco Ossola, per la gestione e completamento fino al collaudo delle dighe mobili. Un documento che sottolinea la filosofia dell’intervento di Ossola e Magistro, ma che allo stesso tempo offre una radiografia del “sistema Mazzacurati” con considerazioni pesanti del prefetto della capitale, Giuseppe Pecoraro. «L’attivazione – scrive – delle misure di straordinaria e temporanea gestione nei confronti del Cvn è stata proposta dal presidente dell’Anac (Raffaele Cantone ndr) in ragione dell’accertamento di un diffuso sistema corruttivo che ha visto come protagonisti l’allora Presidente (Mazzacurati ndr); i vertici di allora del Cvn e i vertici delle principali imprese consorziate (…)».

Nel dossier si citano interi passaggi dell’ordinanza cautelare sul “sistema Mose” facendo poi riferimento alle numerose pendenze in seno al Consorzio (il contenzioso fiscale con l’Erario e all’Iva non pagata), ma si fanno proprie anche affermazioni che sottolineano il clima che era in atto nel Cvn. Pecoraro si sofferma sul “rapporto anomalo” con il Magistrato alle Acque: «Ne è risultata una vera e propria “gestione di fatto” di funzioni pubbliche da parte di un soggetto privato, il Cvn che ha elaborato importanti documenti solo formalmente riferibili al Magistrato alle acque, che spaziano dagli atti interni allo stesso Magistrato, ai verbali delle adunanze del comitato tecnico, alle convenzioni con il Cvn ai documenti del Magistrato diretti a soggetti terzi». E poi aggiunge: «In definitiva, l’assetto dei rapporti tra l’Amministrazione concedente e il privato concessionario (…) è risultato costantemente condizionato dagli accordi corruttivi, il venir meno dell’esercizio delle funzioni pubbliche è stato seguito da una totale sostituzione del privato al soggetto pubblico deputato ad esercitarle e dalla lesione dell’interesse, definito convenzionalmente a livello comunitario, ad un’esecuzione dell’opera pubblica aperta al mercato».

E in questo senso, avviandosi alla scelta di due commissari per il Cvn, il prefetto di Roma non approva nemmeno il quadro delle relazioni tra Mazzacurati e Fabris, sottolineando come l’organigramma del “dopo Mazzacurati” non abbia risolto alla radice, situazioni di contiguità, collegamento e di possibile continuità rispetto ai soggetti e alle vicende del Cvn. In pratica il modo migliore per annunciare, e o giustificare, il commissariamento dell’ente.

 

Fabris: faremo subito chiarezza

VENEZIA – «È stato un incontro costruttivo e fin dalla prossima settimana entreremo nel merito delle questioni come ad esempio la costituzione dell’organismo consultivo con i quali affronteremo gli altri nodi di gestione del Consorzio Venezia Nuova». Il presidente Mauro Fabris è soddisfatto: il primo approccio con i due nuovi commissari è stato positivo. «Ci siamo dati tempi stretti – dice – Avevo mandato dalle imprese per discutere proprio sulle questioni legate al prosieguo dell’attività del Consorzio. Mi pare che ci siano stati tutti i presupposti per ragionare con chiarezza». Fabris ha consegnato a Ossola e Magistro tutta la documentazione del Cvn (bilanci, situazioni del cantiere e personale). «Si è trattato di un atto formale nel segno della nostra politica di discontinuità e di collaborazione». Intanto, al momento non pare all’orizzonte, la nomina di un terzo commissario.

 

VENEZIA – Sbarcati in laguna Magistro e Ossola: primo contatto con la prefettura, poi visita al Consorzio

I commissari: qui fino al collaudo del Mose

«Questa opera richiede un impegno a tutto tondo, non abbiamo altri grilli per la testa»

Alle redini del Consorzio Venezia Nuova fino al collaudo del Mose. «È quanto si prevede per l’organismo, speriamo di avere anche la salute». Scherza Luigi Magistro, neo commissario del Cvn assieme a Francesco Ossola, i due nomi scelti dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro per il riassetto del consorzio su mandato dell’Autorità nazionale anticorruzione di Raffele Cantone. Non hanno perso tempo i due nuovi commissari: ieri mattina un incontro in Prefettura a Ca’ Corner con il prefetto Domenico Cuttaia e poi di volata nella sede operativa di Cvn per il passaggio di consegne con il presidente Mauro Fabris e il direttore generale Hermes Redi.

«Questo è il primo contatto con il consorzio – ha messo le mani avanti Luigi Magistro – con il presidente Fabris e l’ingegner Redi stiamo entrando nell’operatività della struttura, catapultati in questa realtà con determinate responsabilità. Chiaro che il primo approccio sia di tipo informativo, stiamo ragionando assieme e possiamo definirla una piena ed esaustiva collaborazione». Quella del Mose è una realtà nuova e sconosciuta per entrambi i commissari, anche se Ossola nel ’98 aveva già avuto un incarico con il Cvn. «Ma non era certo sul Mose – risponde l’interessato – non si trattava di un incarico di progettazione, né di supervisione, né di direzione ed è terminato nell’arco di brevissimo tempo».

Da oggi in poi, per i due commissari, Mose a tempo pieno. «Il tema è molto complesso – riprende Magistro – garantiamo un impegno “a tutto tondo” per le esigenze di questa amministrazione straordinaria. Conoscevamo l’importanza dell’opera e ci siamo resi conto che è una struttura all’avanguardia sotto molto punti di vista, già i primi contatti ci hanno dato un’impressione di merito, al di là delle vicende trascorse. Quindi massimo impegno, non abbiamo altri grilli per la testa, ci caleremo pienamente nell’attività».
I due commissari non saranno soli in questa nuova avventura, a breve sarà costituito un consiglio consultivo all’interno del Cvn. «Un organo – spiega Magistro – che entrerà operativo il prima possibile, ma è un tema che va affrontato con la realtà consortile: la sua funzione è rendere possibile l’interlocuzione con le imprese». E per quest’ultime che hanno espresso «mal di pancia» davanti al commissariamento del Cvn, ancora nessun ricorso al Tar. «Ad oggi nessuna azienda – precisano Fabris e Magistro – ha fatto ricorso al Tar». «Ma in quello spirito – aggiunge il commissario – non abbiamo ancora stabilito niente di preciso. Stiamo prendendo “prontezza” di tutta la situazione”. Con il commissariamento sparisce il ruolo del presidente?
«In questo momento no – riprende Magistro – subentra l’amministrazione straordinaria e stiamo riflettendo sul da farsi. Il provvedimento è fresco e noi siamo già operativi».

Giorgia Pradolin

 

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