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Gazzettino – Venezia. Le colpe delle crociere.

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25

feb

2015

L’OPINIONE

di Silvio Testa – Autore dei saggi “E le chiamano navi” e “Invertire la rotta”

Nel suo intervento su “Il Gazzettino” di domenica 22 febbraio (“Il crocierista non è turista”) il presidente dell’Autorità Portuale, Paolo Costa, conferma già nel titolo ciò che sostengono da tempo quanti in città si oppongono a un modello di crocerismo incompatibile con la città e con la laguna: e cioè che l’apporto delle grandi navi all’economia turistica veneziana è veramente scarso.

Commercianti, esercenti, in parte gli albergatori, gli operatori del comparto che si stracciano le vesti solo all’idea di cambiare questo modello, dovrebbero ascoltare le parole di Costa, che però non fa il passo in più, per sostenere invece devastati progetti di nuovi scavi di canali marittimi: navi più piccole in Marittima, della filiera del lusso, e se necessario un nuovo attracco fuori dalla laguna (ci sono due progetti nella bocca di porto di Lido), garantirebbero un indotto generale certamente più alto dell’attuale e un indotto turistico superiore al presente, ma con meno disagi.

Certo, le navi di lusso bisogna conquistarsele, senza lucrare sulle rendite di posizione e non adattandosi passivamente alle politiche delle grandi compagnie da crociera, destinate a una clientela di massa e improntate a un gigantismo kitch sempre meno tollerabile, come viceversa ha fatto fino ad oggi la Venezia Terminal Passeggeri.

Sull’indotto generale, decantato come un mantra da quanti sostengono l’attuale crocerismo, ci sarebbe molto da discutere, e per questo rimando ai tanti articoli e ai lavori del prof. Giuseppe Tattara e al libro bianco da lui scritto assieme al prof. Gianni Fabbri (“Venezia, laguna, porto e gigantismo navale”, Moretti&Vitali editori), ma come mai Costa si preoccupa tanto di negare il peso turistico del crocerismo?

Il fatto è, come spiega egli stesso, che Venezia sta morendo di troppo turismo, e dunque il presidente dell’Autorità Portuale cerca di difendere le grandi navi dall’accusa di essere corresponsabili di tanto scempio.

Ma davvero il crocerismo è innocente? Davvero il crocerismo non pesa sul turismo veneziano, anche se “il crocerista non è un turista”?

La macchina turistica si alimenta dell’immagine della città, ma a sua volta la pompa per continuare a garantirsi la “benzina” che fa girare il motore. Dunque, qualsiasi attività che giochi sul nome di Venezia, e che contribuisca a diffonderne sempre di più il fascino attrattivo, in realtà è complice del degrado progressivo, a prescindere dal numero dei turisti che quella stessa attività genera.

E qualcuno può davvero pensare che nel boom del crocerismo lagunare non abbia pesato il richiamo di Venezia? O che le compagnie non abbiano giocato sul suo nome, per attirare più clienti, contribuendo così a propagandarne in assoluto il richiamo?

Per salvarsi, Venezia dovrebbe essere dimenticata per un po’ di anni, mentre è interesse di tutti coloro che girano nella sua giostra, comprese le crociere, far sì che la sua immagine pervada i più sperduti angoli del mondo.

 

Il Tar: grandi navi, grande caos

Il presidente: «Il decreto Clini-Passera? Singolare inadegutezza»

Un decreto ministeriale, il famoso Clini-Passera, di «singolare indeterminatezza» che il Tar non poteva che cassare. Così il presidente del Tribunale amministrativa regionale, Bruno Amoroso, ha voluto difendere le decisioni del “suo” Tar che – come noto – prima aveva sospeso, poi ha addirittura annullato i divieti di transito per le grandi navi in Bacino di San Marco e nel canale della Giudecca. Annullamento, quest’ultimo, di poco più di un mese fa, contro cui il ministero dei trasporti ha già annunciato ricorso al Consiglio di stato. Insomma tema caldissimo, al centro di accese polemiche, a cui ieri, all’inaugurazione dell’anno giudiziario a San Rocco, il presidente ha dedicato un ampio passaggio della sua tradizionale relazione, per il resto tutta incentrata sulle questioni generali della giustizia amministrativa.

Sulle grandi navi – ha sostenuto Amoroso – i fatti sono stati «travisati», ed ecco la necessità di un «chiarimento». Tutto parte all’«indeterminatezza» di quel decreto Clini-Passera, «emanato all’indomani della tragedia del Giglio, senza alcuna preliminare e responsabile istruttoria, disponendo una serie di divieti alla navigazione nel canale della Giudecca che sarebbero dovuti diventare operativi soltanto a partire dal momento in cui fossero state rese concretamente disponibili altre vie di transito». «Vie queste, assolutamente indefinite – ha sottolineato il presidente -, materialmente inesistenti e solo successivamente individuate, o forse meglio, “ipotizzate”, nel secondo provvedimento ministeriale…».

Lo stesso decreto affidava, poi, alla Capitaneria di Porto («nelle more della individuazione e realizzazione di percorsi alternativi») l’«arduo compito, parimenti indefinito» – ha denunciato Amoroso – di «adottare misure temporanee che valessero a mitigare i possibili danni derivanti dalla navigazione sul canale della Giudecca».

Si arrivò così alle ordinanze per ridurre i transiti «impugnate al Tar sia dal Comune, per la ritenuta loro insufficienza, che da organismi facenti capo alla vita del Porto, in quanto considerati eccessivamente penalizzanti, dunque invisi a tutti. Su questi presupposti il Tribunale sospese gli atti in questione, in funzione propositiva, dando spazio alle autorità competenti, la possibilità di intervenire tempestivamente con altre determinazioni sul problema». Questa l’intenzione del Tar, secondo il suo presidente. Ma…

«Dopo oltre dieci mesi di sostanziale inattività, nonostante ripetute riunioni di organi tecnici e politici, il Tar annullò i provvedimenti impugnati al fine di restituire alle amministrazione di settore, il compito di procedere a nuovi interventi di seria salvaguardia dell’ambiente lagunare, della città, e della sfera economica del porto con i connessi profili occupazionali, fattori questi rimasti sostanzialmente privi di considerazione».

Così ha ricostruito Amoroso e, come ultima annotazione, ha ribadito quando già scritto in sentenza, e cioè che l’«effetto della sospensione degli atti disposta dal Tar fu di fatto irrilevante in quanto si ebbero 714 transiti sulla Giudecca, invece dei 708 preventivati dalla Capitaneria».

 

Primo dibattito a tre in tv per Casson, Pellicani e Molina

Il centrodestra attende. Lega divisa, Ncd alla finestra

«Le grandi navi? Devono restare a Venezia ma senza scavare nuovi canali distruttivi per la laguna. Tutelando l’occupazione ma anche gli aspetti sanitari e ambientali». Le grandi navi secondo Casson.

Un tema, quello delle crociere, che ha appassionato e diviso negli ultimi mesi. E che adesso è uno dei temi caldi della campagna elettorale delle primarie. I tre candidati del centrosinistra si sono affrontati per la prima volta in tv sugli schermi di Antenna Tre. Serio, deciso, abituato alle telecamere Casson, ex pm e senatore del Pd.

Aggressivo e accigliato Jacopo Molina: «Le grandi navi devono andare a Marghera, così si potrà rivitalizzare l’area», dice.

Un po’ emozionato Nicola Pelliecani: «Le grandi navi devono essere allontanate da San Marco, ma va salvaguardata anche la Stazione Marittima».

Sfumature importanti, perché poi sulle navi il programma comune del Pd è abbastanza generico.

Confronti che lasciano un po’ alla volta capire la personalità dei candidati e la loro capacità di convincere.

Campagna che entra nel vivo, quella delle primarie. «Pre-elezione» decisiva per capire chi sarà lo sfidante, negli ultimi 23 anni vincente, del centrodestra e dei Cinquestelle. I primi non hanno ancora deciso. Si aspetta di vedere come finirà la lite tra i leghisti (Salvini e Zaia favorevoli all’alleanza con Berlusconi, Flavio Tosi per un pacchetto di civiche senza Fi e Ncd). E cosa deciderà il Nuovo centrodestra. I nomi che circolano sono quelli di Mattia Malgara, Renato Boraso con la sua civica, Francesca Zaccariotto. Luigi Brugnaro non ci pensa, qualcuno ipotizza che aspetti l’esito delle primarie per decidere. I Cinquestelle candidano il giovane avvocato Davide Scano. Intanto gli unici nell’arena sono i tre moschettieri del centrosinistra.

Alberto Vitucci

 

Nuova Venezia – “Per le grandi navi restano i limiti”

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18

feb

2015

Il ministro Galletti: c’è un accordo verbale con le compagnie di navigazione

VENEZIA «Rispetto all’annullamento del Tar dell’ordinanza della Capitaneria di porto: nulla è cambiato per il 2015 rimarranno tutte le limitazioni». Così, ieri, il ministro per l’Ambiente, Gian Luca Galletti, a un forum organizzato dall’Ansa a Roma. Il riferimento non è a nuovi provvedimenti, ma all’accordo già raggiunto con le compagnie di crociera, che hanno pianificato gli arrivi per il 2015 quand’era operativa l’ordinanza della Capitaneria di porto (annullata dai giudici a dicembre) che per quest’anno aveva previsto un limite massimo di 96 mila tonnellate di stazza alle navi in transito davanti al bacino San Marco.

Per il 2015, conferma Galletti, il limite sarà mantenuto volontariamente dalle compagnie, tanto che il ministero non impugnerà al Consiglio di Stato la sentenza con la quale i giudici del Tar hanno ricordato che il decreto interministeriale Clini-Passera del 2012 subordinava lo stop alle grandi navi, alla realizzazione di una nuova via d’accesso alla Marittima.

«Penso tra l’altro che noi ritireremo da qui a breve quel provvedimento, naturalmente considerando le osservazioni fatte dal Tar», ha chiosato infatti il ministro, tornando al dibattito che tanto accende gli animi. «Nel lungo termine», ha concluso Galletti, «il problema è trovare a Venezia un percorso che non comporti il passaggio delle grandi navi a Piazza San Marco. Sono state presentate delle proposte dal mio ministero e l’unica sottoposta a Via, perché ancora in fase progettuale, è quella dello scavo del canale Contorta. La Commissione Via ha chiesto un’integrazione di documentazione ai presentatori. Nel frattempo si stanno valutando altre proposte sottoposte a una procedura di pre-Via e che in termini tecnici si chiama “Scoping”».

Si tratta del progetto De Piccoli per banchine alla bocca di porto del Lido; la versione light con banchine galleggianti presenta da Boato, del progetto D’Agostino per banchine a Marghera.

(r.d.r)

 

Nuova Venezia – “No grandi navi” tra goliardia e protesta

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16

feb

2015

Corteo acqueo da Rio di Cannaregio alla Pescheria: una topa trasformata in carcere con le foto degli inquisiti per il Mose

Le barche allegoriche contro le grandi opere e le grandi navi hanno sfilato ieri pomeriggio portando musica e colore tra i canali. Il corteo, organizzato dal Comitato No Grandi Navi e da Laguna Bene Comune, è partito sulle 14.30 da Rio di Cannaregio, il centro del Carnevale popolare, per arrivare sulle 16.30 in Pescheria a Rialto, il cuore di Venezia, passando per Fondamenta della Misericordia. Qui il traffico acqueo ha subìto dei rallentamenti, dovuti alla quantità di barche che si sono concentrate sul Canal Grande.

Il centinaio abbondante di manifestanti si è poi riunito in Pescheria per continuare la manifestazione e presentare la versione definitiva del libro bianco “Venezia, la laguna, il porto e il gigantismo navale. Le grandi navi fuori dalla laguna” di Gianni Fabbri e Giuseppe Tattara.

L’appuntamento per la partenza era previsto alle 14 al Ponte delle Guglie. Le barche, una trentina tra remi e motore, erano in prevalenza pilotate da pirati e piratesse con tanto di occhio bendato, ma non mancavano quelle con i business men in giacca e cravatta che sfoggiavano valigie piene di banconote con stampato il volto di Paolo Costa, presidente del porto e promotore dello scavo del canale Contorta.

Non tutti gli uomini di affari erano liberi di remare in questa manifestazione che ha cercato di unire la goliardia del Carnevale con la protesta. Alcuni di questi uomini d’affari sono infatti stati rinchiusi nella topa “Santa Maria Maggiore”, dal nome della prigione veneziana, dietro le sbarre. I loro volti, fotocopiati su fogli di carta, erano affissi sulla gabbia galleggiante su cui si legge “No Mose”, “La retata storica”, “I quaranta ladroni” e “Grandi Opere Grandi Mafie”.

Nella prigione appaiavano rinchiusi l’ex sindaco Giorgio Orsoni, l’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan, l’ex assessore ai Trasporti Renato Chisso, l’ex presidente della Mantovani Piergiorgio Baita, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Carlo Mazzacurati, insieme a Paolo Costa.

Non molto distante spiccava la ciminiera gialla della “Costa Inquinosa” e della “Costa Discordia” da cui usciva un perenne fumo blu. Poi c’era l’imbarcazione del futuro candidato sindaco “Ascanio Dalecase” dell’Assemblea sociale per la casa (da qui il nome del simbolico candidato). Si trattava della barca con una casetta disegnata su un lenzuolo, con tetto di mattonelle rosse e fiori alla finestra con le tendine colorate. Sulle pareti c’era anche un graffito con scritto “La casa è un diritto”.

C’erano anche i Cobas Autorganizzati con lo striscione “Il governo affonda Venezia, ma salva le grandi navi” e anche il candidato pentastellato Davide Scano. Non mancava un mini laboratorio di serigrafia che produceva al momento maschere, mentre la musica si diffondeva per tutta la città. E poi le bandiere simbolo della battaglia dei comitati.

«Il prossimo appuntamento», ha detto Luciano Mazzolin di Ambiente Venezia, «è per il 15 marzo a Torino per la prima udienza del Tribunale Permanente dei Popoli. Oggi siamo contenti e guardiamo avanti. Il progetto del Canale Contorta è stato bocciato, mentre quelli di Boato e De Piccoli hanno ricevuto pareri positivi».

Vera Mantengoli

 

Gazzettino – Venezia. No Navi, carnevale anti-Contorta

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16

feb

2015

Un centinaio di persone su una trentina di barche hanno sfilato per il Canal Grande

Attimi di caos e congestione ieri pomeriggio in Canal Grande per il corteo carnevalesco del Comitato No Grandi Navi e Laguna Bene Comune. Doveva esser una parata contro i «mostri galleggianti» che attraversano Venezia ma tra le barche allegoriche c’era anche quella contro il Mose (con la struttura di una gabbia a mò di prigione e le foto dei protagonisti dello scandalo) e quella per i diritti alla casa (con l’allestimento di una casetta in cartone).

Insomma, una festa di Carnevale sull’acqua e nel contempo una protesta contro i problemi che affliggono la città: dal canale Contorta alla corruzione del Mose fino alla svendita del patrimonio immobiliare del Comune. Al centro dell’attenzione ancora una volta la battaglia ambientale e la salvaguardia della città, a cui si aggiunge la recente cancellazione dei limiti di stazza inseriti nel decreto Clini-Passera da parte del Tar.

C’erano anche i bambini e le famiglie, tutti in maschera, a bordo della trentina di barche (di cui 17 a remi) partite a suon di musica e slogan da Rio di Cannaregio per sfilare nel Canale delle Fondamente Nove e infilarsi nel rio della Misericordia e, da Rio di Noale, sbucare in Canal Grande davanti a Ca’ Pesaro. Qui si sono aggiunte anche un paio di barche dei dipendenti comunali con i manifesti «Il governo affonda Venezia ma salva le grandi navi» e le maschere di Zappalorto e Agostini. Il risultato, abbastanza prevedibile, è stato l’occupazione del tratto del Canal Grande che ha reso la vita difficile agli altri mezzi acquei che dovevano attraversar in quel momento.

Ad un certo punto, fermi in mezzo al canale tra Cà D’Oro e l’Erbaria, vi erano quattro battelli in fila tre taxi acquei, una barca dei trasporti, un mezzo Alilaguna e una gondola, oltre alle barche private e quelle di Carabinieri e Polizia che sorvegliavano la situazione. Tutti accerchiati dai barchini e dalle toppe della manifestazione. I manifestanti non hanno fatto una piega e hanno proseguito con gli slogan al microfono: «Fuori le navi da Venezia e la nebbia scenderà» per poi lanciare in aria, e in acqua, coriandoli e fumogeni che uscivano anche dalla ciminiera dell’allestimento in cartone di una nave da crociera. Il corteo della manifestazione, pian piano, ha iniziato ad ormeggiare davanti alla Pescheria di Rialto per poi unirsi al Carnevale.

Giorgia Pradolin

 

Oggi corteo acqueo di festa e protesta lungo il Canal Grande mentre sulle palizzate dei cantieri spuntano foto giganti

VENEZIA – Barche allegoriche in arrivo per denunciare i problemi di Venezia. Oggi alle 14 in Rio di Cannaregio, il via alla «Parata di barche in maschera contro le Grandi Navi», organizzata dal Comitato No Grandi Navi e da Laguna Bene Comune: è possibile che, nel corso del corteo, si aggiungano a sorpresa anche i dipendenti comunali che da giovedì sera stanno occupando Ca’ Farsetti per portare sotto le luci dei riflettori il rischio di default che pende sull’amministrazione.

Meta: l’arrivo dalle 16.30 alle 17 in Pescheria per un brindisi finale, uno spuntino a sorpresa (ognuno se vuole può contribuire portando qualcosa), tanta musica e il libro bianco «Venezia, la laguna, il porto e il gigantismo navale. Le grandi navi fuori dalla laguna» di Gianni Fabbri e Giuseppe Tattara. Invece dei carri allegorici, Venezia avrà quindi barche allegoriche, travestite da prigione, patrimonio immobiliare in svendita, problema della case, Canale Contorta, No Grandi Navi e una sul tema della corruzione. In totale saranno sicuramente dieci le barche in maschera, ma chi volesse aggiungersi può farlo arrivando con la propria imbarcazione. Il percorso si snoderà lungo il Canale di Cannaregio per voltare poi dopo Sacca San Girolamo per il Canale degli Ormesini e della Misericordia, entrare nel Rio di Noale (Billa ex Standa) e, infine, nel Canal Grande e dirigersi verso l’Erbaria. Chi ci sarà dietro le sbarre galleggianti?

«Abbiamo organizzato questo corteo», dice Tommaso Cacciari, uno dei portavoce dei No Grandi Navi, «perché le sentenze del Tar riportano indietro nel tempo le lancette dell’orologio e a oggi siamo ancora al punto che chi vuole può entrare in laguna. Il tema comunque è anche il Mose, le grandi opere e la tutela della laguna. Sono passati 7 mesi dall’inchiesta. Hanno tagliato la cupola, ma il sistema c’è ancora. Basti pensare che noi eravamo stati accusati di associazione a delinquere per aver occupato alcune case (poi assolti, ndr), mentre nel caso Mose non si parla mai di questo reato».

Un anticipo dell’evento lo si è visto ieri, con la comparsa su alcuni cantieri della città, di sei manifesti in bianco e nero sul tema delle grandi navi: immagini scattate da un gruppo di fotoreporter del collettivo #awakening. Le foto si trovano a Rialto, Strada Nuova, Accademia, Ospedale e Fondamenta della Misericordia e sono state scattate da Marco Secchi, Claudia Manzo, Veronica Badolin, Luca Zanon, Federico Sutera e Guillelm Lopez. Si tratta di un progetto che unisce fotoreporter di Italia, Inghilterra e Francia che raccontano temi che interessano l’opinione pubblica, invitando chiunque a partecipare con la segnalazione di una notizia per via fotografica.

Vera Mantengoli

 

Centoquattromila firme contro le grandi navi a San Marco. La petizione on line lanciata dall’attore Gabriele Muccino ha ottenuto consensi da record. Ieri una delegazione del movimento Change.org, guidata dall’ex ministro dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, ha consegnato le firme al ministro per l’Ambiente Luca Galletti.

«Un problema all’attenzione del governo, quello delle grandi navi», ha detto il ministro, «vi assicuro che la commissione per la Valutazione di Impatto ambientale sta facendo un grandissimo lavoro, molto rigoroso».

Ci sono da esaminare le alternative presentate.

Lo scavo del canale Contorta- Sant’Angelo, proposto dall’Autorità portuale, che ha ricevuto una valanga di osservazioni anche molto critiche. Adesso il Porto dovrà rispondere entro il 21 febbraio.

E poi gli altri progetti all’esame della commissione, tra cui il nuovo terminal passeggeri a Marghera proposto da Roberto D’Agostino, il Venice Cruise 2.0 di Cesare De Piccoli e della società genovese Duferco che prevede una nuova Marittima al Lido.

E infine il progetto di piattaforme rimovibili, anche questo al Lido, fuori della laguna, firmato da Stefano Boato e Maria Rosa Vittadini con il contributo dell’ingegnere Vincenzo Di Tella, autore del progetto alternativo al Mose denominato «Paratoie a gravità».

«Occorre risolvere al più presto questa emergenza», ha commentato Muccino, «e lo scavo di un nuovo grande canale non sembra la soluzione migliore».

(a.v.)

 

Sono state simbolicamente consegnate ieri al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti le firme della petizione per lo “stop all’accesso delle Grandi navi a Venezia” lanciata su Change.org dal regista Gabriele Muccino. Le adesioni raccolte sulla piattaforma di petizioni on-line hanno superato quota 104 mila. Galletti ha ricevuto una delegazione dei sostenitori dello stop: tra questi, oltre al direttore di Change.org, Salvatore Barbera, anche l’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio.

Ascoltado le richieste il ministro ha assicurato che la commissione Via sta svolgendo un lavoro molto rigoroso e che il governo intende trovare la migliore soluzione possibile per il futuro di Venezia.

 

RACCOLTA DI FIRME ON LINE – Consegnata al ministro la petizione No Navi promossa da Muccino

Sono state simbolicamente consegnate al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, le firme della petizione per lo “stop all’accesso delle Grandi navi a Venezià lanciata su «Change.org» dal regista Gabriele Muccino. Le firme raccolte sulla piattaforma di petizioni online hanno superato le 104 mila. «Ho ascoltato la richiesta che arriva da tanti cittadini – ha dichiarato il ministro – posso assicurare che la commissione Via sta svolgendo un lavoro molto rigoroso. L’interesse del governo è trovare la migliore soluzione possibile per il futuro di Venezia, sia dal punto di vista della tutela ambientale che dello sviluppo economico».

Al momento il progetto alternativo al transito delle grandi navi in Laguna, il canale Sant’Angelo-Contorta, è all’esame della Valutazione di impatto ambientale. Su questo Muccino, che non è potuto esser presente all’incontro con il ministro, ha fatto presente che continuerà «a portare avanti la nostra battaglia per salvare Venezia dallo scempio a cui è sottoposta. Il canale Contorta-Sant’Angelo non mi pare davvero la soluzione migliore. Salvare Venezia dalle grandi navi è prima di tutto un atto di amore che spero trovi d’accordo tutto il governo italiano». Il regista romano si batte anche per fermare le trivellazioni nel Mar Adriatico.

 

Il filosofo economista Latouche, teorico della decrescita, per due giorni a Treviso

Il fallimento del mercato unico europeo e l’effetto Grecia sugli altri Paesi

«Venezia si salverà cacciando le Grandi Navi dalla laguna, selezionando e tassando il turismo. Chi vuole visitare Piazza San Marco e il Ponte di Rialto, ammirare Punta della Dogana e passeggiare per il Ghetto deve essere disposto a pagare un sacco di soldi. Perché il turismo non è democratico, ma di élite».

La ricetta è di Serge Latouche, economista e filosofo francese teorico della “decrescita felice”, ieri e oggi a Treviso, invitato dalla Fondazione Benetton, per parlare di «Nuovi paradigmi della decrescita: aspetti economici, sociali e culturali».

La crisi dell’Europa economica, il successo elettorale di Alexis Tsipras in Grecia, l’elezione di papa Francesco e i guai di una città mondiale come Venezia, per il professore francese sono tutti sintomi che hanno un’origine comune: il fallimento del mercato globalizzato («un gioco al massacro su scala globale»), fondato sulla speranza di una continua crescita: «Si deve entrare nell’ordine di idee di costruire una società frugale, di prosperità senza crescita».

Sono giorni difficili per l’Europa: la crisi in Ucraina ne sta certificando la debolezza politica. Le elezioni in Grecia ne stanno mettendo in discussione il sistema economico. I problemi mai risolti stanno emergendo tutti insieme? «Il fallimento dell’Europa economica era previsto e annunciato da tempo. L’idea politica originaria era affascinante, ma è stata sviluppata male: l’Europa come un mercato unico, parte del grande mercato globalizzato. La conseguenza è stata che i governi dei singoli Paesi sono diventati i burattini delle istituzioni finanziarie, gettando nella disperazione intere popolazioni che, ora, iniziano a spingere dal basso. Come è accaduto in Grecia».

Tsipras ora però si trova di fronte a un bivio. «Ha di fronte una grande sfida. Uscire dalla moneta unica può essere una soluzione per la Grecia che, per secoli, ha vissuto senza l’euro. Ma non sarà sufficiente tornare alla Dracma. In caso di uscita la Grecia sarà politicamente isolata e non so se sarà pronta ad affrontare questo isolamento. L’unica certezza è che non ha più nulla da perdere e che dovrà abbandonare le misure di austerità, una moderna forma di masochismo criminale».

In tutta Europa stanno riscuotendo successo movimenti con posizioni molto critiche nei confronti dell’Europa: Le Pen in Francia, in Italia la Lega e il Movimento 5 Stelle, Podemos in Spagna. L’effetto Grecia si estenderà in altri Paesi? «Questi partiti, in alcuni casi con posizioni fasciste e razziste, raccolgono però esigenze reali che vengono dal basso. Non dimentichiamo che, per esempio in Italia, la Lega è votata dalla classe operaia che prima votava Partito comunista, o dalla piccola borghesia che si era affidata per anni alla Democrazia cristiana. Questi partiti hanno poi distrutto il ricco tessuto industriale di piccola e media impresa, facendo il gioco della Lega. I governi dovrebbero prima di tutto pensare a come ricostruire un nuovo tessuto industriale e tornare a considerare le ricchezze paesaggistiche e ambientali come una risorsa».

Ma di turismo si può anche morire. E il “caso Venezia”, con le immense navi da crociera che costeggiano San Marco, fa discutere il mondo intero. «È necessario individuare una qualche forma di protezionismo, nel senso di protezione del bene comune. Ho visto con i miei occhi la distruzione di Capri per colpa di un turismo violento e irrispettoso e il Comune non ha neanche i soldi per riparare i danni fatti dai troppi visitatori. Non parliamo poi di Pompei. La verità è che si deve trovare una formula per selezionare il turismo e il modo migliore è tassandolo».

Chi trae profitto dal turismo di massa afferma che in questo modo si penalizzerebbero i meno abbienti, in favore dei più ricchi. «Ma il turismo non è democratico, è di élite. Su una popolazione mondiale di quasi 7 miliardi di persone è una piccola percentuale quella che può permettersi di viaggiare. Per quanto riguarda Venezia deve prima di tutto finire lo scempio delle Grandi Navi in laguna, i cui passeggeri low-cost non portano alcun beneficio reale all’economia della città. E poi chi vuole godere delle bellezze di Venezia deve essere disposto a pagare tanti soldi: serviranno anche per pagare i danni provocati dal turismo stesso».

Giorgio Barbieri

 

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