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A Padova e Verona i maggiori sacrifici, a Belluno e Rovigo una riduzione del 10%

Sarà l’area chirurgica a pagare il prezzo maggiore con un calo di 835 degenze

VENEZIA – Una sforbiciata da 1.808 posti letto, spalmata su tutti gli ospedali veneti. La Regione da mesi tiene chiusa in un cassetto la bozza relativa alle nuove schede di dotazione ospedaliera, i tagli ai reparti di degenza previsti dal nuovo piano socio sanitario, varato un anno fa, ma ancora “congelato”. Le schede ridisegnano la mappa della sanità ospedaliera veneta, costretta a restringersi entro il 2015 da 19.040 posti letto a 17.202. Le province venete più tartassate dai tagli sono Padova e Verona, che perderanno rispettivamente 418 e 492 letti; erano e restano però quelle che ne hanno di più. Meno posti e di conseguenza meno primari, che passeranno, su scala regionale, da 864 a 725. Le schede assegnano poi una “targhetta” agli ospedali dei capoluoghi, suddivisi in hub (alta specialità) e spoke (intensità di cure medio-bassa): Vicenza, Treviso, Venezia, Padova e Verona saranno hub, mentre diventeranno spoke Belluno e Rovigo, che graviteranno rispettivamente sul capoluogo della Marca e sulla città del Santo.

Rivoluzione sanità. Il nuovo piano socio sanitario prevede una variazione percentuale del numero di posti letto ogni mille abitanti da 3,85 a 3,5. In termini assoluti quindi è prevista una decurtazione di 1.808 posti, dei quali 1.539 per acuti e 269 per la riabilitazione. Restano invece invariate le degenze della sanità privata, stabili a quota 3.020. Diminuendo il numero totale dei posti letto veneti però aumenta il loro “peso” totale, che passa dal 16 al 18 per cento.

Tagli a tappeto. Ecco come la Regione ha ipotizzato di snellire la sanità ospedaliera. La provincia di Belluno dovrà passare da 1.038 posti (4,56 per mille) a 935 (4,11 per mille), con un taglio di 103 letti, dei quali 25 di riabilitazione. Relegata al ruolo di spoke, per l’alta specialità il suo punto di riferimento sarà Treviso. Il capoluogo berico (centro hub) è tra i miracolati del piano socio sanitario. Vicenza perderà solo 127 posti letto (58 di riabilitazione) che passeranno da 2.674 (3,17 per mille) e 2.547 (3,02 per mille). Pesante invece sarà la decurtazione a Treviso, che dovrà dire addio a 244 letti (75 di riabilitazione). Un taglio da 3.111 posti (3,58 per mille) a 2.867 (3,30 per mille) che la città della Marca faticherà a digerire dato che, in termini di numeri, si trovava già in linea con la soglia fatidica dei 3,5 letti per mille abitanti. Venezia di letti ne perderà 222 (62 di riabilitazione), passando da 3.090 (3,45 per mille) a 2.868 (3,21 per mille). Rovigo è tra le province più penalizzate in termini percentuali: perderà un sesto dei posti letto, passando da 1.135 (4,24 per mille) a 933 (3,48 per mille). Unica nota positiva, l’aumento, seppur minimo, dell’area per la riabilitazione, che segna un timido più tre posti letto. Padova e verona ko. Le eterne rivali sono accomunate da un colpo di mannaia senza precedenti: Padova perderà 418 posti letto (45 di riabilitazione) passando da 4.008 (4,32 per mille) a 3.590 (3,87 per mille), Verona 492, arretrando da quota 3.954 (4,35 per mille) a 3.462 (3,81 per mille), con una perdita di posti per la riabilitazione pari a 193 unità. La città del Santo, che si sta giocando la partita per il nuovo ospedale, non può non fare i conti con la pianificazione prevista per la nuova cittadella sanitaria, che potrà contare su mille posti letto, contro gli attuali 1.400. Ed ecco che i conti tornano immediatamente.

Taglio alle chirurgie. Con l’avvento della day surgery e la drastica diminuzione della durata delle degenze, è proprio l’area chirurgica dei singoli ospedali che subirà le decurtazioni più pesanti. Belluno dovrà dire addio a 35 posti letto, Treviso a 111, Padova addirittura a 246. Venezia si salva, visto che il taglio ai posti letto chirurgici si ferma a quota 45, anche se sarà decurtata di molto l’area medica, destinata per lo più alle degenze medio-lunghe degli anziani. La città lagunare perderà in questo settore 79 posti letto. L’idea sottesa ai tagli è chiara: negli ospedali di alta specialità non saranno toccati i reparti ad alta intensità di cura, come le rianimazioni, che saranno invece ridimensionati nelle strutture spoke.

Fabiana Pesci

 

LE REAZIONI, I PD SINIGAGLIA E TIOZZO ACCUSANO

«Vergogna, Zaia copre per ragioni di partito»

VENEZIA «Un ritardo ingiustificabile, che sta producendo un caos inenarrabile nella sanità veneta». Claudio Sinigaglia, consigliere regionale del partito democratico, punta il dito contro «i ritardi della Regione, che, a un anno dall’approvazione del piano socio sanitario, tergiversa ancora sull’applicazione delle schede ospedaliere». «Non è possibile» attacca Sinigaglia «che la sanità sia bloccata dalla politica. Il presidente della Regione Luca Zaia e il suo assessore alla Sanità Luca Coletto tengono chiuse in un cassetto le schede con le scuse più improbabili. Prima c’erano le elezioni politiche a frenare, ora le amministrative. Ma è mai possibile che gli interessi di bottega impediscano la riorganizzazione del sistema sanitario regionale?» Il consigliere del partito democratico scopre le carte e chiede quali siano gli ostacoli all’applicazione del piano: «È scandaloso che stiamo ancora a discutere delle schede, con un piano socio sanitario ben che approvato. Questi tentennamenti non hanno nulla di tecnico, la ragione è tutta politica». Claudio Sinigaglia spiega perché il Veneto ha bisogno della riorganizzazione della sanità: «I finanziamenti continuano a diminuire, è solo riorganizzando e snellendo il sistema che si potrà resistere. Lasciando tutto così com’è invece arriveremo a un drastico taglio dei servizi, cosa che già sta accadendo nella nostra regione. La giunta Zaia manca di lungimiranza, preoccupata com’è di salvare voti rimandando il necessario processo di ristrutturazione dell’organizzazione degli ospedali». «Gli operatori della sanità si trovano in una situazione di stallo. Anche sul fronte delle spese, finché non verrà chiarito chi fa cosa, rischiamo di produrre sprechi. I macchinari devono essere destinati alle strutture giuste, così come gli investimenti. Che Zaia la smetta di coprire Coletto». Sinigaglia immagina già quale sarà il prossimo cavillo messo in campo dalla Regione per fermare l’applicazione delle schede: «Per rendere operativa la riorganizzazione dovranno essere approvate anche le schede territoriali, che ancora mancano. Sono certo che Zaia si inventerà questa scusa». Fa eco a Sinigaglia Lucio Tiozzo, capogruppo del Pd in Consiglio regionale: «Zaia intervenga per mettere ordine nella riorganizzazione della sanità in Veneto. Visto che l’assessore Coletto appare incapace di assumere una decisione chiara, Zaia deve prendere atto dell’impossibilità di proseguire con questa situazione, che lascia nell’incertezza l’utenza e gli addetti sanitari del Veneto. Le schede vanno approvate urgentemente: la sanità veneta non può scivolare in questo baratro caotico».

Fabiana Pesci

 

DOLO – Sarà convocata quasi certamente martedì prossimo la prima seduta della neonata commissione consiliare per la salvaguardia dell’ospedale di Dolo. La formazione della commissione era stata decisa e approvata dal consiglio comunale del 24 aprile scorso creando non poche perplessità da parte di alcuni consiglieri di maggioranza. La commissione è composta da un rappresentante per ogni gruppo consiliare – Paolo Menegazzo (Pdl – Lega), Vincenzo Crisafi (Dolo Cuore della Riviera), Giorgio Gei (Ponte del Dolo) e Stefano Uva (gruppo misto) – ed è aperta anche agli altri consiglieri comunali che possono quindi partecipare ai lavori. I vari gruppi consiliari avranno inoltre la possibilità di convocare degli esperti esterni per chiarimenti o per approfondire determinate tematiche. Sul ritardo nella convocazione della commissione da parte del sindaco Maddalena Gottardo nei giorni scorsi si erano alzate le proteste di Giorgio Gei (Ponte del Dolo) e dei rappresentanti del comitato “Bruno Marcato per la salvaguardia dell’ospedale di Dolo” che avevano chiesto una mobilitazione di tutti i sindaci della Riviera per l’ospedale di Dolo.

(a.ab.)

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DOLO. Dopo la presa di posizione del comitato “Bruno Marcato” che ha chiesto una mobilitazione dei sindaci per la salvaguardia dell’ospedale di Dolo, interviene anche Giorgio Gei (Ponte del Dolo) che ieri ha scritto una lettera al sindaco Maddalena Gottardo chiedendo lumi sulla commissione per l’ospedale che non è ancora stata convocata.

«Che fine ha fatto la commissione istituita dal consiglio comunale il 24 aprile e che doveva essere convocata subito dal sindaco per iniziare il suo lavoro?»,

ha chiesto Gei,

«dobbiamo attendere che rientrino i malumori presenti nella maggioranza per poter finalmente affrontare la questione dell’ospedale? Il consiglio comunale di Dolo è in grado di esprimere una comune posizione in difesa del “suo” ospedale o qualcuno frena? Qual è la posizione della Lega, del Pdl e di altre forze politiche dolesi sinora silenti?».

La questione dell’ospedale è al centro dell’intervento di Gianni Conte, segretario Cisl della Riviera, che nelle scorse settimane aveva segnalato le condizioni in cui versava l’appartamento destinato al cappellano dell’ospedale di Dolo.

«I cittadini non riescono a capire quale sarà il futuro degli ospedali Dolo e di Mirano», spiega Conte, «bisogna che ci sia più chiarezza da parte di tutti. Notiamo poi, a parte qualche caso, la poca attenzione dei sindaci sul tema dell’ospedale. Spesso pensano più al campanile che a una visione complessiva d’area».

Conte poi analizza la situazione del Comune di Dolo:

«Sta vivendo una pesante involuzione», conclude Conte, «perché oltre a rischiare di perdere l’ospedale, il tribunale e il giudice di pace, vede la chiusura di molte attività commerciali anche in pieno centro».

Giacomo Piran

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il comitato marcato

DOLO.

«I sindaci della Riviera dovrebbero attivarsi per la salvaguardia dell’ospedale di Dolo con la stessa tenacia e risolutezza avuta per la questione del giudice di pace. Ricordiamo che loro ricoprono il ruolo di autorità sanitaria locale».

A dirlo sono i membri del comitato “Bruno Marcato” – Antonino Carbone, Francesco Sacco, Giovanni Urso, Gino Bedin, Walter Mescalchin e Ugo Faggian – che tornano alla carica chiedendo un intervento solerte dei sindaci rivieraschi a difesa del plesso ospedaliero dolese. Nel frattempo prosegue la campagna di adesione al comitato che ha ottenuto oltre 1000 sottoscrizioni e che sfocerà a settembre nell’assemblea costituente che nominerà il direttivo e il presidente.

«Pochi Comuni hanno approvato l’ordine del giorno da noi proposto per la salvaguardia dell’Asl 13»,

spiega il comitato,

«mentre gli altri, nonostante le nostre sollecitazioni, ci dicono che non è stato fatto perché non ci sono ancora le schede ospedaliere. È proprio in questo momento invece che vanno fatte le proposte per cercare di modificare le bozze».

Il comitato affronta poi il tema dell’ospedale di Dolo e del suo ridimensionamento:

«L’ospedale di Dolo e quello di Mirano devono rimanere entrambi per acuti. Inoltre vanno fatti investimenti per migliorare e potenziare le strutture. A Dolo e Mirano esistono tante eccellenze che qualificano le strutture ospedaliere».

Giacomo Piran

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DOLO

«Il futuro dell’ospedale di Dolo, sembra non interessare ai sindaci della Riviera del Brenta, ma solamente al Comitato Marcato che lo sta difendendo strenuamente ed in completa solitudine».

A parlare è Walter Mescalchin, componente del comitato sorto alcuni anni fa proprio a tutela dell’ospedale di Dolo. Il comitato, però, ringrazia il consiglio comunale di Camponogara per l’approvazione all’unanimità di un documento sui problemi sanitari e sulle strutture ospedaliere dell’Ulss 13:

«Nessun altro comune, pur da noi sollecitato- ricorda Mescalchin – lo ha fatto. Quasi sia un problema che non riguarda i propri cittadini. Le scuse portate sono le più disparate, ma la più ricorrente è quella che non ci sono ancora le schede ospedaliere ufficiali e quelle in circolazione sono delle bozze provvisorie. Continuiamo a credere che sia una scusa, perché quando ci saranno le schede ufficiali, secondo noi, sarà già troppo tardi».

Il comitato, quindi, sollecita gli amministratori locali a fare di tutto per modificare le bozze esistenti:

«È più giusto fare delle proposte quando le schede ospedaliere sono in fase di elaborazione, o quando sono già state approvate dalla Giunta Regionale e quindi diventano ufficiali? Una parte dei Sindaci afferma che vanno fatte dopo, anzi qualcuno di loro ci accusa di fare del falso allarmismo».

(G.Dco.)

 

Gazzettino – Salviamo l’ospedale di Dolo

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29

apr

2013

STRA – L’appello dell’assessore alle Politiche sociali Valentini

La prima cittadina dolese, espressione dell’anima del Carroccio, è sotto il fuoco di fila dei suoi stessi colleghi di partito. E sempre sulla questione ospedale. Stavolta a sferrare l’ennesimo attacco è l’assessore alle Politiche Sociali del comune di Stra, Stefano Valentini.

«Voglio esprimere tutta la mia solidarietà al collega Consigliere Giovanni Fattoretto – attacca Valentini – riguardo alla questione dell’ospedale. Si sono svolte molte riunioni ed il tema ospedale è stato ampiamente trattato con incontri a vari livelli, con sindaci, l’azienda ospedaliera, i comitati e la cittadinanza in più Comuni. Pertanto la questione “ospedale di Dolo” e le sue criticità sono chiare. Come è chiaro il numero degli utenti e le prestazioni erogate, tutte di qualità per un numero importante di utenti. Ora è il momento di agire con forza a difesa di un servizio eccellente ed essenziale. Servono azioni tempestive per impedire un ulteriore impoverimento dei servizi erogati. Lottare ed agire tempestivamente per il mantenimento dell’ospedale è sicuramente molto più importante che mantenere un servizio non essenziale come il giudice di pace. Vista la forte richiesta di aiuto da parte di persone e famiglie che ormai hanno consumato l’economia accantonata negli anni o il lavoro, che non è più un diritto sancito dalla costituzione ma bensì un privilegio, l’amministratore deve avere quella doverosa lungimiranza per sostenere i servizi essenziali socio sanitari».

Gianluigi Dal Corso

 

LA LEGA DI DOLO

DOLO – Fratture all’interno della maggioranza di centrodestra sulla utilità della commissione per la salvaguardia dell’ospedale che è stata formata mercoledì in Consiglio. La prima voce critica era stata quella del consigliere Giovanni Fattoretto (Lega Nord) che aveva annunciato la sua astensione sostenendo che i problemi dell’ospedale erano noti a tutti, essendo già stati discussi in vari Consigli comunali, e che la commissione non serviva. Fattoretto aveva poi abbandonato l’aula in evidente contrasto con la posizione espressa dalla sua maggioranza. Al suo fianco si schiera un altro consigliere del Carroccio, Mario Vescovi:

«Stiamo solo perdendo tempo. Da tre anni amministriamo Dolo ma sull’ospedale non ho ancora visto una presa di posizione netta. Siamo stati eletti per risolvere i problemi. Ho l’impressione che in questo caso, ma forse anche in altri, nulla sia stato fatto. Oltre ad essere dei bravi e onesti amministratori, abbiamo anche un mandato e un programma elettorale da rispettare. Capisco i tagli e la crisi economica ma consiglierei a qualche appartenente dell’esecutivo di rileggersi il programma attentamente».

(g.pir.)

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DOLO – La maggioranza dolese sbanda sul tema dell’ospedale. Nell’ultimo Consiglio comunale Giovanni Fattoretto, consigliere della Lega nord, in aperto dissenso con la sua maggioranza sull’ipotesi di creare una commissione che vada ad individuare le criticità della struttura sanitaria dolese, ha preso armi e bagagli ed ha abbandonato l’aula prima della votazione. Per Fattoretto, infatti, la creazione di una commissione sull’ospedale di Dolo, giunti a questo punto, sarebbe solo “un’inutile perdita di tempo”.

«I problemi dell’ospedale di Dolo non sono certo un mistero, essendo già stati puntualmente indicati da me in un Consiglio comunale del maggio 2012 al Cinema Italia e il 5 febbraio scorso dinnanzi al direttore generale dell’Ulss 13 – afferma Fattoretto -. Sinceramente non riesco capire questa sorta di “doppione”, se non quello di cercare di sbianchettare il mio nome in calce a tali interventi. I problemi di ieri sono gli stessi di oggi, con l’aggiunta che sono trascorsi inutilmente altri mesi ed ora è giunta anche voce che il Dipartimento di prevenzione, oltre al servizio veterinario di Mirano, debbano essere trasferiti a Noale».

Gianluigi Dal Corso

 

Nuova Venezia – Dolo, Commissione sul futuro dell’ospedale.

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18

apr

2013

DOLO. Il Consiglio comunale di Dolo formalizzerà oggi la costituzione di una commissione speciale per discutere del futuro dell’ospedale di Dolo. La decisione è stata presa ieri mattina durante la conferenza capigruppo che ha preparato i lavori del “parlamentino” dolese in programma questo pomeriggio. La commissione sarà composta da un rappresentante di ciascun gruppo consiliare – “Pdl – Lega per Maddalena Gottardo sindaco”, “Dolo, Cuore della Riviera” e “Ponte del Dolo” – e inoltre i gruppi nomineranno ciascuno un esperto esterno. Nel frattempo il sindaco di Dolo Maddalena Gottardo ha anticipato che all’inizio del Consiglio, dopo aver reso omaggio alla figura di Luigino Fattoretto, leggerà l’intervento che il direttore generale dell’Asl 13 Gino Gumirato ha fatto durante la visita all’ospedale di Dolo, del vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo. «Ho chiesto al direttore se potevo leggere il suo intervento in Consiglio comunale», spiega Gottardo, «credo serva per confermare che l’ospedale di Dolo rimarrà per acuti e che continuerà ad essere un punto di eccellenza per il territorio».

(g.pir.)

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PADOVA – La struttura sorgerà nella zona ovest della città, vicino allo stadio. Costo stimato 643 milioni

Approvato lo schema di accordo per la realizzazione dell’opera. L’obiettivo è limitare le spese della parte pubblica

La Giunta regionale ha approvato ieri lo schema di accordo fra gli enti pubblici che concorreranno alla realizzazione del nuovo ospedale di Padova, immaginato come il faro dell’assistenza e della ricerca del Veneto. Non a caso il costo stimato è di 643 milioni di euro per 970 posti letto.
Nel progetto sono coinvolti, oltre alla Regione, l’azienda ospedaliera, il Comune e la Provincia di Padova, l’Università e lo Iov, l’istituto oncologico veneto. Fu Giancarlo Galan a lanciare l’idea poco prima di lasciare la presidenza della Regione, ma questo è il primo passo concreto per la realizzazione dell’opera, prevista nella zona di Padova ovest, vicino allo stadio Euganeo. Accanto all’ospedale, secondo il progetto, dovrebbe vedere la luce un campus per la ricerca.
Come arriveranno i soldi? I tempi consigliano per un piano condiviso con i privati. Ovvero 318 milioni di euro di finanziamento statale, anche utilizzando fondi speciali Cipe “ex articolo 20″ per l’edilizia sanitaria, recentemente sbloccati. Saranno questi l’ossatura dei 410 milioni stimati come costo di costruzione, con 132 milioni per le attrezzature e l’attivazione e 55 milioni di spese generali più Iva. E i privati? Costruiranno l’opera, un investimento remunerato per 20 anni da un canone fisso e un altro legato all’affidamento in esclusiva di alcune strutture (come le lavanderie o le cucine) o materiali (come gli arredi e le attrezzature medicali).
Questo è il punto più delicato. Trovare l’equilibrio in grado di non far pagare troppo il canone per il “pubblico” e non scaricare sui pazienti il costo di alcuni servizi (ad esempio pagare un euro se si vuole vedere la televisione in camera). Allo stato attuale c’è solo una proposta presentata da due “giganti” come Bovis Lend Lease e Palladio, uniti in “Finanza e progetti”, che prevede due canoni distinti: uno fisso per 15 milioni e uno in base ai servizi erogati, di 70 milioni. Totale 85 milioni. La Regione la giudica positivamente al punto che la dichiarerà di pubblico interesse, aprendo una gara sulla base dei suoi contenuti. Ma memore di altri casi in cui è rimasta “scottata”, sta facendo pressione per riuscire a pagare meno. Ad esempio estromettendo alcuni servizi “no-core” come gli arredi o le attrezzature medicali. Non solo: al punto 7 dello schema di accordo approvato ieri si puntualizza che si analizzerà la proposta “in modo comparato rispetto ad altre modalità procedurali e finanziarie”. Come a dire: cercheremo fondi europei, chiederemo aiuti alle Fondazioni, apriremo mutui per trovare più soldi, oltre a quelli (45 milioni) previsti dalle dismissioni delle vecchie strutture, e diminuire così l’impatto del project-financing. Entro 60 giorni dalla firma dell’accordo la Regione si impegna a verificare la sicurezza idraulica del sito, mentre il Comune e la Provincia studieranno la viabilità.

 

Giancarlo Galan propose di costruire il nuovo ospedale mentre era presidente della Regione

Mestre, l’”Angelo” costò 220 milioni

Un esempio dell’utilizzo dello strumento della finanza di progetto è sicuramente l’ospedale dell’Angelo nel quartiere di Zelarino a Mestre. Costruito in quattro anni ed entrato pienamente in funzione nel 2008. È costato 220 milioni di euro, si sviluppa su nove piani (anche sotterranei) dove sono distribuite 350 camere per un totale di 700 ricoverati e 16 sale operatorie.

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