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SANITÀ – Il sindaco di Padova difende il progetto bocciato dalla Regione

«Adesso i conti sul nuovo ospedale di Padova li faccio io». Il sindaco di Padova, Massimo Bitonci, ha deciso: domani la Commissione di tecnici (tra i quali l’ex dg dell’azienda ospedaliera Cestrone e l’ex presidente di Medicina Giorgio Palù) che pensava di aver terminato la sua missione con la redazione dell’ipotesi di fare l’ ospedale nuovo nel sito di quello attuale, sarà convocata nuovamente. Ma con una missione rinnovata.

«Stavolta si passerà alla redazione di un vero e proprio progetto soprattutto dal punto di vista dei costi. Ne ho sentite troppe. Il mio piano non fa spendere più di quello di Padova ovest. I tecnici della Regione e l’azienda ospedaliera hanno dimenticato aspetti fondamentali». Eccoli: l’area di Padova ovest va espropriata, costo 40 milioni. È in una zona di dissesto idrogeologico e per metterla in sicurezza occorrono 85 milioni a detta del Genio Civile. Per portare le strade e il tram fra 50 e 100 milioni. Sulle schede si indicano invece 11.6 milioni per il terreno e 38 per urbanizzazione e viabilità.
Mentre sulla scelta di Bitonci pesano, a detta dei tecnici, i 109 milioni per la demolizione di policlinico e monoblocco (che però andrebbe fatta in entrambe le opzioni) e 180 di costi non cessanti (che ci sarebbero stati comunque per la manutenzione). Il vero problema invece è che la zona è ad alto “rischio archeologico”. A sessanta centimetri sotto le cliniche ci sono già i reperti.
«Nei loro calcoli il mio progetto eccedeva di 280 milioni. Ma proprio per questo unirò alla Commissione degli ingegneri indipendenti e degli specialisti che facciano conti inattaccabili».
L’idea di indicare degli esperti che dicano la parola definitiva era venuta proprio al presidente Zaia verso la conclusione della riunione dell’altro giorno: «Propongo di trovare 3-4 persone di fiducia che ce lo certificano autonomamente». E Bitonci lo ha preso subito in parola.
Ora si riparte da zero. «Sì, ma nel vero senso della parola. Non capisco chi dice che si è bloccato l’ospedale. Non c’era nulla, niente che il Comune avesse fatto, nessuna delibera, se non una variante urbanistica. Per questo andrò ai primi di settembre a chiedere al consiglio comunale di darmi un mandato per modificare l’Accordo di programma. Ma se avessi avuto l’area oggi, già disponibile, i lavori non sarebbero partiti prima del 2017-2018, dunque cosa c’entra la campagna elettorale di Zaia?». Infine: «In quale parte del mondo si costruisce un ospedale vicino a uno stadio dove si fanno concerti rock?»
Ce n’è anche per il project financing. «Qualcuno sa che ne è del vecchio ospedale di Mestre in pieno centro? Lo chiamano “il buco”. È un’area degradata, dirotta a parcheggio. E quello nuovo fuori dal centro è scomodo da raggiungere e in camera si paga pure la televisione. Non è questo che voglio».
Più che il costo è il tempo il vero nemico. La città quasi “respira” oggi attorno al suo ospedale: 104mila accessi al pronto soccorso ogni anno, 6,5 milioni di prestazioni specialistiche, 60mila ricoveri, 4.678 persone che ci lavorano con oltre 3mila e 300 medici. Una macchina che per essere tenuta in efficienza è costata, come ha scritto Palù, dal dopoguerra ad oggi, 800milioni di euro. Gli ultimi 57 milioni si stanno spendendo per l’adeguamento sismico del policlinico e per la terapia intensiva e le nuove sale parto del settore materno infantile.
Ma siccome paga la Regione, Zaia potrebbe avere fretta e cambiare idea, interessando altri sindaci. Un ospedale di 970 posti letto dal costo di 650 milioni, destinato a essere il faro scientifico del Veneto, quanta “ricchezza” porterebbe? C’è l’area di Legnaro ad esempio, 50 ettari dell’Università. Il sindaco Bettini: «Mi piacerebbe ma siamo senza strade». Massimiliano Barison, sindaco di Albignasego: «Disponibili, ma siamo già molto integrati con la città». Massimo Bordin di Montegrotto sposa invece la tesi di Bitonci: «Meglio farlo lì dove si trova». Polemico invece il sindaco di Limena, Giuseppe Costa: «Mi candido ma su questioni così grandi Bitonci doveva convocarci». Infine Luca Claudio, sindaco di Abano: «Sarei contento, ma non abbiamo spazi».

Mauro Giacon

 

Vertice decisivo in Regione, sindaco isolato ma fermo sul no

Il governatore si arrende, ma neanche un euro al restauro

VENEZIA – Game over. Cala il sipario sul nuovo ospedale di Padova. Senza applausi, però. Ieri mattina il confronto finale in Regione tra i partner dell’operazione si è concluso con il naufragio definitivo del progetto di un polo della salute a Padova Ovest: irremovibile il sindaco Massimo Bitonci, che ha bocciato senza appello l’opzione e ribadito la volontà di radere al suolo il vecchio policlinico per ricostruirlo nel sito attuale, escludendo ogni diversa destinazione. All’esterrefatto governatore Luca Zaia – che ha difeso la linea favorevole alla realizzazione ex novo dell’opera – non è rimasto che sciogliere l’accordo di programma, revocare il ruolo di stazione appaltante all’Azienda ospedaliera e invitare l’amministrazione comunale ad annullare tutti gli atti in materia fin qui deliberati. Con una chiosa: la Regione giudica impraticabile il disegno di Bitonci e si guarderà bene dal destinarvi un euro. Intorno al tavolo, oltre al governatore e al sindaco, l’assessore regionale alla sanità Luca Coletto, il rettore del Bo Giuseppe Zaccaria, il top manager della sanità veneta Domenico Mantoan, Claudio Dario dg dell’Azienda ospedaliera, Mirco Patron presidente della Provincia, i tecnici di settore. Esordisce Mantoan, che ricorda l’iniziale adozione del progetto Patavium di Finanza& Progetti (la joint venture tra Palladio Finanziaria e Lend Lease) da parte della giunta Galan nel 2008: oltre 3 mila posti letto, circa 400 mila mq di superficie, un miliardo e mezzo di spesa; e successivo ridimensionamento dell’opera deciso dall’amministrazione Zaia, con volumi e costi dimezzati. Il sito individuato, d’intesa con Comune e Università, è quello di Padova Ovest, adiacente allo stadio. Le risorse – 550 milioni stimati – arrivano da più fonti: bilancio del Balbi, prestito della Banca europea di investimenti, fondi statali per l’edilizia ospedaliera. L’adozione del controverso financing project, pur contemplata, diventa facoltativa. «In questa sede il Comune è un po’ solo contro tutti», esordisce Massimo Bitonci, che puntualizza le regioni del no a Padova ovest: dal «contenimento dell’uso del suolo che richiede la riqualificazione e il riutilizzo delle aree urbanizzate» al timore che l’abbandono di via Giustiniani trasformi il sito in un «buco nero» di degrado. Viceversa, l’intervento sul «vecchio» eviterebbe disagi e contenziosi – e risparmierebbe al Comune le ingenti spese di bonifica idraulica dell’area ovest, ritenuta rumorosa e del tutto inadatta anche dal punto di vista viario. Ma è un dialogo tra sordi e Zaia, infine, ne prende atto: «Il tavolo si chiude qui», sentenzia; poi, il sassolino schizza dalla scarpa: «Questo epilogo prova che tutto ciò che si è detto e scritto sul project era una falsità. Non abbiamo alcun obbligo, nessun vincolo nei confronti del proponente». La questione è chiusa.

(f.t.)

 

Gazzettino – Ospedale di Padova, anno zero

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29

lug

2014

Bitonci dice di no a “Padova Ovest” e propone di rifare sull’esistente

Il governatore Zaia: «Stop a stazione appaltante per il nuovo polo»

Tutto da rifare per il nuovo ospedale di Padova. Zaia e Bitonci hanno vedute differenti e il Comitato di coordinamento organizzato ieri dalla Regione a Venezia si è concluso con un nulla di fatto. Anzi: si riparte da zero. Bocciata la proposta Bitonci di restare nella sede attuale e annullato il progetto di nuovo ospedale a Padova ovest.
Il neosindaco di Massimo Bitonci ha puntato i piedi e sostenuto ad oltranza la soluzione “nuovo su vecchio” (ossia edificare sulla struttura ospedaliera esistente di via Giustiniani). Ci sono vantaggi e svantaggi per questa scelta. Ma, soprattutto la scelta di Bitonci, si scontra con quella del presidente Luca Zaia, tecnici e rettore Giuseppe Zaccaria che avevano ritenuto inadatta la posposta “nuovo su vecchio”. Il risultato è che si riparte come niente fosse stato. E soprattutto si bloccano le procedure per la costruzione del nuovo polo ospedaliero di Padova Ovest.
La giornata è stata decisiva e le parole importanti che il resoconto della riunione (70 pagine) è stato messo online nel sito della Giunta regionale; insieme a molti documenti presentati in ordine cronologico, e i rispettivi punti di vista sono stati espressi senza polemiche. Tuttavia, la faccia scura e il tono delle dichiarazioni di Bitonci all’uscita, facevano pensare che almeno da Zaia si aspettasse qualcosa di più.
“Un grande risultato – ha commentato il sindaco di Padova – siamo riusciti sia a bloccare la “soluzione Padova Ovest”, l’ospedale nuovo in un’area vicina allo stadio dichiarata più volte a rischio idrogeologico dalla Protezione. E anche ottenuto lo scioglimento di una commissione che non aveva più ragione di esistere. Commissione davanti alla quale ho sostenuto che, scopo precipuo di una buona amministrazione comunale, è interpretare i bisogni le aspettative e le istanze dei propri amministrati. Spiegando che la maggioranza dei padovani è favorevole al mantenimento dell’ospedale dove si trova oggi. Ma l’idea di costruire quello nuovo dove sorge il vecchio – parla sempre Bitonci – non ha raccolto i consensi necessari, malgrado la tendenza generale all’espansione sia sempre più superata dalla possibilità di riutilizzare aree già urbanizzate. Ora andrò in Consiglio comunale, per farmi attribuire la delega funzionale alla modifica dell’accordo di programma. Senza ritirare alcuna delibera, perché in materia non ce ne sono e l’ipotesi Padova Ovest è inserita solo nel Pat. Siamo tornati al punto di partenza. Ma comunque vada a finire questa partita fondamentale per la città, non lascerò che la zona dell’attuale ospedale cada nel degrado e diventi una nuova via Anelli”.
Il presidente Zaia ha spiegato che “senza il Comune e le sue competenze urbanistiche, è palese che il progetto del nuovo ospedale nell’area di Padova Ovest si ferma qui: impossibile andare avanti, ne auspicabile, privi della sua approvazione e di quella dei suoi amministrati. A questo punto – ha continuato il governatore – procederemo al blocco della stazione appaltante per il nuovo polo ospedaliero, e chiederemo al Comune la revoca di quanto sinora approvato. Faremo di tutto – ha concluso Zaia – per dare alla città la sanità che si merita”. Ma al momento, la prospettiva di un nuovo complesso a Padova Ovest è tramontata. Obiettivo resta quello di trovare una soluzione condivisa: in questo momento non sono in grado né voglio dire o anticipare alcunché. Quella di via Giustiniani non era accettabile per svariati motivi, evidenziati dalle relazioni tecniche del responsabile dell’edilizia sanitaria della Regione Antonio Canini e del direttore Claudio Dario. Non solo per l’altezza delle torri, superiore a quella della basilica del Santo, ma i tempi di realizzazione dell’opera (20 anni contro i 9 del progetto “nuovo su nuovo”). E anche per i costi (240 milioni di euro in più) e soprattutto per la presenza nell’attuale sito ospedaliero di aree di valore storico e archeologico, che avrebbero comportato continue interruzioni dei lavori”.
E i 50 milioni assegnati dal recente riparto dei fondi alle Ulss per realizzare il nuovo ospedale? “Non verranno toccati, né collocati altrove – ha concluso Zaia – Resteranno come noi a disposizione, in vista di una differente collocazione della struttura”.

Vettor Maria Corsetti

 

PROJECT FINANCING – Proposto dalla spa “Finanza e Progetti”

IDEE A CONFRONTO La piattaforma “Padova Ovest” pensata come polo di eccellenza per 970 letti.

Nel 2006 partì il progetto da 650 milioni.

Il nuovo ospedale di Padova è pensato come un ospedale di alta specializzazione, il faro dell’eccellenza veneta: 970 posti letto per 650 milioni di euro di costo, un bacino di 1 milione di abitanti. Ai costi si devono aggiungere la bonifica dell’area, 85 milioni; le infrastrutture stradali, 100 milioni; gli espropri, 40 milioni.
Il primo a parlarne è stato l’allora direttore dell’azienda ospedaliera Adriano Cestrone, nel 2006, con una delibera che invitava la Regione a inserire la nuova struttura nella sua programmazione. Con la delibera 129 del 22 dicembre 2008 il Comune (centrosinistra) inseriva nel Pat la posizione: Padova ovest, in un’area vicino al nuovo stadio. La Regione il 3 agosto del 2011 ha approvato il piano di fattibilità redatto da un’apposita Commissione tecnica. Nel marzo del 2012 è arrivata da una società di privati, “Finanza e Progetti spa” una proposta di project-financing fino ad oggi affidata alla valutazione dell’azienda ospedaliera di Padova. Infine il 2 luglio dell’anno scorso è stato redatto un Accordo di programmma fra gli enti interessati, Comune, Provincia, Regione, Università e Iov.
L’8 giugno di quest’anno Massimo Bitonci (Lega Nord) viene eletto sindaco di Padova. Nel suo programma il nuovo ospedale non è più collocato a Padova ovest ma nel cuore del sito attuale. Non una semplice ristrutturazione ma un ospedale nuovo demolendo la parte est che comprende le cliniche ostetriche la Pediatria, la Neurologia, le Malattie infettive, il Centro leucemie infantili. Al loro posto, nel primo stralcio, l’”ospedale della mamma e del bambino”, 400 posti letto, su 60mila metri quadrati e 14-15 piani. E poi il nucleo sostitutivo del monoblocco e del policnico, che andranno abbattuti, ovvero un edificio su 130mila metri quadrati di 15-16 piani. All’ospedale vecchio, il Giustinianeo, servizi medici e laboratori.

Mauro Giacon

 

L’OBIETTIVO – Un polo di alta specializzazione

Sì della Regione nel 2011

stop leghista «Irrealizzabile la proposta del sindaco Bitonci»

Tutto da rifare per il nuovo ospedale di Padova. Zaia e Bitonci hanno vedute differenti e il Comitato di coordinamento organizzato ieri dalla Regione a Venezia si è concluso con un nulla di fatto. Anzi: si riparte da zero. Bocciata la proposta Bitonci di restare nella sede attuale e annullato il progetto di nuovo ospedale a Padova ovest.
Il neosindaco di Massimo Bitonci ha puntato i piedi e sostenuto ad oltranza la soluzione “nuovo su vecchio” (ossia edificare sulla struttura ospedaliera esistente di via Giustiniani). Ci sono vantaggi e svantaggi per questa scelta. Ma, soprattutto la scelta di Bitonci, si scontra con quella del presidente Luca Zaia, tecnici e rettore Giuseppe Zaccaria che avevano ritenuto inadatta la posposta “nuovo su vecchio”. Il risultato è che si riparte come niente fosse stato. E soprattutto si bloccano le procedure per la costruzione del nuovo polo ospedaliero di Padova Ovest.
La giornata è stata decisiva e le parole importanti che il resoconto della riunione (70 pagine) è stato messo online nel sito della Giunta regionale; insieme a molti documenti presentati in ordine cronologico, e i rispettivi punti di vista sono stati espressi senza polemiche. Tuttavia, la faccia scura e il tono delle dichiarazioni di Bitonci all’uscita, facevano pensare che almeno da Zaia si aspettasse qualcosa di più.
“Un grande risultato – ha commentato il sindaco di Padova – siamo riusciti sia a bloccare la “soluzione Padova Ovest”, l’ospedale nuovo in un’area vicina allo stadio dichiarata più volte a rischio idrogeologico dalla Protezione. E anche ottenuto lo scioglimento di una commissione che non aveva più ragione di esistere. Commissione davanti alla quale ho sostenuto che, scopo precipuo di una buona amministrazione comunale, è interpretare i bisogni le aspettative e le istanze dei propri amministrati. Spiegando che la maggioranza dei padovani è favorevole al mantenimento dell’ospedale dove si trova oggi. Ma l’idea di costruire quello nuovo dove sorge il vecchio – parla sempre Bitonci – non ha raccolto i consensi necessari, malgrado la tendenza generale all’espansione sia sempre più superata dalla possibilità di riutilizzare aree già urbanizzate. Ora andrò in Consiglio comunale, per farmi attribuire la delega funzionale alla modifica dell’accordo di programma. Senza ritirare alcuna delibera, perché in materia non ce ne sono e l’ipotesi Padova Ovest è inserita solo nel Pat. Siamo tornati al punto di partenza. Ma comunque vada a finire questa partita fondamentale per la città, non lascerò che la zona dell’attuale ospedale cada nel degrado e diventi una nuova via Anelli”.
Il presidente Zaia ha spiegato che “senza il Comune e le sue competenze urbanistiche, è palese che il progetto del nuovo ospedale nell’area di Padova Ovest si ferma qui: impossibile andare avanti, ne auspicabile, privi della sua approvazione e di quella dei suoi amministrati. A questo punto – ha continuato il governatore – procederemo al blocco della stazione appaltante per il nuovo polo ospedaliero, e chiederemo al Comune la revoca di quanto sinora approvato. Faremo di tutto – ha concluso Zaia – per dare alla città la sanità che si merita”. Ma al momento, la prospettiva di un nuovo complesso a Padova Ovest è tramontata. Obiettivo resta quello di trovare una soluzione condivisa: in questo momento non sono in grado né voglio dire o anticipare alcunché. Quella di via Giustiniani non era accettabile per svariati motivi, evidenziati dalle relazioni tecniche del responsabile dell’edilizia sanitaria della Regione Antonio Canini e del direttore Claudio Dario. Non solo per l’altezza delle torri, superiore a quella della basilica del Santo, ma i tempi di realizzazione dell’opera (20 anni contro i 9 del progetto “nuovo su nuovo”). E anche per i costi (240 milioni di euro in più) e soprattutto per la presenza nell’attuale sito ospedaliero di aree di valore storico e archeologico, che avrebbero comportato continue interruzioni dei lavori”.
E i 50 milioni assegnati dal recente riparto dei fondi alle Ulss per realizzare il nuovo ospedale? “Non verranno toccati, né collocati altrove – ha concluso Zaia – Resteranno come noi a disposizione, in vista di una differente collocazione della struttura”.

 

Con l’ultimo l’incontro avvenuto a Dolo giovedì scorso, è terminato il calendario di appuntamenti organizzati dal comitato intercomunale «Brenta sicuro» con gli amministratori pubblici della Riviera del Brenta e del padovano per esaminare le criticità delle rive dei fiumi. Complessivamente gli incontri hanno coinvolto 14 comuni, in un territorio abitato da circa 130.000 persone. I comuni coinvolti sono stati i paesi padovani di Codevigo, Arzergrande, Piove di Sacco, Noventa Padovana, Saonara e quelli veneziani di Campolongo Maggiore, Vigonovo, Fossò, Camponogara, Strà, Fiesso d’Artico, Dolo e Pianiga.
È il primo «test» significativo che il Comitato Brenta Sicuro ha condotto «con la convinzione che la conoscenza delle realtà locali sia fondamentale per affrontare i problemi che solo apparentemente sono piccoli e localizzati, ma in realtà presentano molti punti in comune tra di loro».
«La manutenzione delle rive dei grandi fiumi – ha affermato il presidente del Comitato – è compito del Genio Civile. Ai Consorzi di bonifica spetta invece la cura e pulizia degli scoli, ai Comuni quella di fossati pubblici e ai cittadini dei fossati privati. Tutti tasselli che compongono un puzzle che si integra e se qualcosa non è posizionato correttamente, avvengono le piccole (o grandi) inondazioni. Tutti gli amministratori coinvolti hanno dimostrato grande sensibilità al problema e hanno affermato che ritengono la grande opera “idrovia Padova-Mare” fondamentale per prevenire i fenomeni alluvionali con la consapevolezza che, in presenza di una perfetta manutenzione delle rive, di una adeguata pulizia e manutenzione delle vie d’acqua minori, rimane comunque il grave rischio di inondazioni dovute al deficit di portata a sud di Padova rispetto alla parte posta a nord. L’unica soluzione è rappresentata dal completamento dell’idrovia con una portata di almeno 400 metri cubi d’acqua al secondo».

(v.com.)

 

Dolo. Comitati e agricoltori chiedono alla Regione di rivedere il progetto

Lazzaro (Cia): va aumentata la portata del canale per evitare altri allagamenti

DOLO Il bando regionale per la progettazione dell’idrovia va ritirato e va riformulato, la portata del canale potenziata. A prendere questa posizione è stata ieri mattina la Cia (Confederazione italiana agricoltori) con i comitati del territorio. Un no secco all’ipotesi di costruire accanto a un canale scolmatore una camionabile, ipotesi che nasce a detta di molti da un bando che appare sconclusionato e che rischia di portare alla redazione di un progetto di completamento dell’idrovia da 700-800 milioni del tutto elefantiaco, che farebbe ripiegare appunto verso la soluzione scolmatore affiancato da strada. A sottolineare la necessità che il canale sia navigabile è stato soprattutto Marino Zambon, rappresentante del Comitato Brenta Sicuro. Zambon ha spiegato che i fondi europei all’opera arriverebbero solo di fronte a un canale navigabile. Luca Lazzaro, della Cia Venezia, ha ribadito che il bando è insufficiente ai fini della tutela dal rischio idraulico del territorio padovano e veneziano,con una portata prevista di 350 mc/sec: «Sarebbe necessaria una portata minima di 450 mc/sec, in modo da riuscire a scolmare (in caso di piena) le acque del Brenta Cunetta e alleggerire il sistema Brenta-Bacchiglione. È poi singolare la scelta del tipo di imbarcazione che dovrebbe navigarci, una nave utilizzata sul Volga in Russia dato che, col pescaggio di 3,8 m, non potrebbe navigare in nessun altro canale». Ernestino Prevedello e Carlo Bendoricchio, rispettivamente presidente e direttore del Consorzio di Bonifica Acque Risorgive hanno appoggiato l’idea di un canale che diventi scolmatore, per la messa in sicurezza del territorio consortile e per fini irrigui. Il sindaco di Fossò Federica Boscaro ha ricordato che uno scolmatore del genere tutelerebbe gli argini del Brenta. «Quando i quartieri e le zone industriali delle nostre città vanno sott’acqua, i risarcimenti non sono mai sufficienti a ripagare i costi o a fare ripartire le attività economiche, è meglio prevenire ». Il sindaco di Fiesso d’Artico Andrea Martellato ha invitato a non «dividersi su troppi particolari e di muoversi unitariamente, perché comunque la Regione ha deciso di intervenire. Meglio sostenere il progetto, con migliorie condivise, piuttosto che mandare tutto all’aria per colpa di particolarismi». Infine per il presidente della Cia Venezia Paolo Quaggio «l’idrovia potrebbe anche stimolare una nuova cultura del territorio: attrezzata con una pista ciclabile diventerebbe fruibile in un’ottica di turismo lento e integrabile con attività come canoa, diportismo ed economiche a basso impatto ambientale come agriturismo, B&B, ristorazione ».

Alessandro Abbadir

 

Dolo «Brenta, stop al degrado»

DOLO Si è concluso giovedì scorso a Dolo, sulle rive del Naviglio e del canale Serraglio, il tour del Comitato Brenta dedicato alle criticità delle rive dei fiumi. Ad accompagnare i comitati c’erano il sindaco Maddalena Gottardo e l’assessore Alessandro Ovizach. Complessivamente gli incontri, avvenuti in quattro giornate, hanno visto partecipare 19 pubblici amministratori in rappresentanza di 13 Comuni che contano complessivamente oltre 130.000 abitanti: Codevigo, Arzergrande, Campolongo, Vigonovo, Saonara, Fossò, Camponogara, Piove di Sacco, Stra, Noventa Padovana, Fiesso, Dolo, Pianiga. «Anche a Dolo», spiega Marino Zamboni, «abbiamo trovato situazioni di degrado delle rive del Naviglio e dei canali consortili molto evidenti. La manutenzione delle rive (ricordiamo che i grandi corsi d’acqua sono seguiti dal Genio civile e consorzi di bonifica), oltre che la cura e pulizia dei fossati, dei tombini, nasce dalla collaborazione di tutti». Si è trattato di un primo“ test” significativo, il Comitato Brenta Sicuro è convinto che la conoscenza sia fondamentale per risolvere i problemi.

(a.ab.)

 

Gazzettino – “Idrovia, ritirate il bando”

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26

lug

2014

LA PROTESTA S- indaci divisi: Fossò appoggia la richiesta, Fiesso invita a sostenere il progetto

Gli agricoltori di Cia: «Termini insufficienti per tutelare dal rischio idraulico»

Il bando regionale per la progettazione dell’idrovia Padova-Venezia non piace alla Confederazione Italiana degli Agricoltori di Venezia che chiederà alla Regione del Veneto il ritiro e la riformulazione di un nuovo bando. Contro le modalità del progetto appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e su quella della Repubblica Italiana si erano già espressi l’associazione “Salvaguardia Idraulica del Veneziano e Padovano”, i comitati della Riviera del Brenta, Legambiente e alcuni esperti di idraulica e di navigazione interna. Contro le formule del bando era anche stato prospettato un esposto alla magistratura.
Se per chiudere la pratica dell’idrovia non è bastato mezzo secolo, ora i tempi sembrano dilatarsi ancora, nonostante le assicurazioni di fattibilità e di compatibilità fornite dall’assessore regionale alla Difesa del Suolo, Maurizio Conte, La richiesta della Cia arriva dopo un incontro avvenuto ieri mattina a Sambruson di Dolo. Alla riunione erano presenti sindaci e amministratori dei Comuni di Fossò, Stra e Fiesso d’Artico, rappresentanti dei comitati “Brenta Sicuro”, “Opzione Zero” e rappresentanti dei Consorzi di Bonifica del territorio.
«Forte del supporto raccolto oggi a Sambruson – ha detto Luca Lazzaro della Cia di Venezia – ribadiamo che i termini del bando sono insufficienti per tutelare il rischio idraulico del territorio padovano e veneziano. La portata del canale scolmatore va ampliata dai previsti 350 a 450 metri cubi d’acqua al secondo. Solo così si riuscirebbe ad alleggerire le piene del sistema Brenta-Bacchiglione». Grosse critiche sono piovute anche sulla scelta del tipo di imbarcazioni per il trasporto merci.
Diversità di vedute invece da parte degli amministratori pubblici intervenuti. Mentre il sindaco di Fossò, Federica Boscaro, ha approvato l’impostazione della Cia, il primo cittadino di Fiesso d’Artico, Andrea Martellato, ha invitato a non «dividersi sulle scelte fatte dalla Regione e di sostenere comunque il progetto, con migliorie condivise, piuttosto che mandare tutto all’aria».
A conclusione dell’incontro,il presidente di Cia Venezia, Paolo Quaggio, ha spiegato che oltre all’imprescindibile importanza dell’opera, «l’idrovia potrebbe anche stimolare una nuova cultura del territorio, attrezzandola di una pista ciclabile in un’ottica di turismo lento e integrabile con altre attività a basso impatto ambientale».

Vittorino Compagno

 

Gazzettino – Chioggia. La Regione ferma il Treno del mare.

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25

lug

2014

TRASPORTI – Cancellato il convoglio che nei fine settimana portava centinaia di turisti da Vicenza, Padova e Rovigo

Addio Treno del mare. Soppresso dalla Regione

Quest’anno niente “treno del mare”. Con tutta probabilità è stato messo “ko” dalla scarsa disponibilità finanziaria del Comune e dagli sconquassi conseguenti all’uscita di scena dell’assessore regionale alla Mobilità Renato Chisso, coinvolto nell’inchiesta del Mose.
Istituito nel 1998, il servizio aveva immediatamente raccolto un notevole successo. Nei fine settimana di punta portava al mare all’incirca 500 persone, disponibile ogni domenica e nelle giornate festive, riguardava le tratte ferroviarie Schio-Vicenza-Padova-Rovigo-Chioggia e Cerea-Rovigo-Chioggia e le stazioni intermedie. Il costo del biglietto corrispondeva a quello ordinario, scontato dal 20 fino al 30 per cento per le famiglie ed i gruppi. Arrivati a Chioggia, i turisti giornalieri potevano dirigersi ovunque, servendosi delle biciclette a noleggio o scegliere di raggiungere la spiaggia salendo sui bus navetta, appositamente predisposti in coincidenza con l’arrivo dei treni. Il servizio era assai apprezzato anche perché i convogli erano tutti ben climatizzati. Un certo numero di stabilimenti balneari riservava, inoltre, ai clienti uno sconto su tutti i servizi di spiaggia. L’iniziativa “Vacanza Treno del mare” prevedeva, poi, vantaggi offerti dagli alberghi convenzionati.
Il declino ebbe inizio tre anni fa, quando vennero a mancare le bici a nolo. Un altro duro colpo al Treno del mare derivò dalla successiva soppressione dei bus navetta, imposta al Comune dai debiti contratti verso l’Actv e dal Patto di stabilità. «Forse – commenta il sindaco Giuseppe Casson – il treno domenicale si sarebbe potuto salvare intavolando un confronto in Regione. Però è uscito di scena il nostro referente principale: l’assessore ai Trasporti Chisso. A questo punto, non possiamo far altro che cercare di fare qualcosa per il prossimo anno».

Roberto Perini

 

«Il progetto preliminare per il completamento dell’idrovia Padova-Venezia come canale navigabile con funzione anche di scolmatore del fiume Brenta prosegue in base alle risultanze di uno studio di fattibilità commissionato dalla Regione, che ha preso in esame tutte le possibili soluzioni adatte a completare l’esistente canale e in particolare quella secondo cui può essere utilizzato sia come via navigabile per le merci sia come canale scolmatore».
In questo modo l’assessore regionale alla Difesa del Suolo, Maurizio Conte, vuole tranquillizzare quanti hanno espresso critiche e preoccupazioni tramite la stampa, in particolare alcuni amministratori locali della Riviera del Brenta, in merito al bando per il progetto di completamento dell’idrovia.
Il Bando di gara per l’affidamento dell’incarico per la redazione del progetto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e anche su quella della Repubblica Italiana (5^ Serie Speciale, n. 81 del 18 luglio).
«Le caratteristiche tecniche del progetto – ha ribadito l’assessore Conte – sono state indicate sulla base dello studio di fattibilità e sono del tutto compatibili sia per quanto riguarda il dimensionamento dei natanti, sia per la portata d’acqua, relativamente al trasporto merci fra l’interporto di Padova e la Laguna di Venezia, offrendo una soluzione anche per i problemi idraulici dell’area».
La gara europea per l’affidamento dell’incarico per la redazione della progettazione preliminare dell’intervento prevede un importo netto a base d’asta di un milione di euro. Il termine per la presentazione delle offerte scade il 14 ottobre.

(v.com.)

 

STRA – Naviglio e Brenta uniti dal degrado delle rive. Questo il senso della manifestazione che si è tenuta ieri mattina a Stra e Fiesso organizzata dal comitato Brenta Sicuro, con i sindaci Caterina Cacciavillani di Stra, Andrea Martellato di Fiesso, Luigi Bisato di Noventa Padovana e una rappresentanza di Legambiente. «Volevamo indicare i “Punti critici dei nostri fiumi”», dice Marino Zamboni, «alla congiunzione del Piovego e Brenta con il Naviglio e il Cunetta». I sindaci hanno espresso preoccupazione sullo stato idrogeologico dei loro territori in particolare per le piene legate a condizioni metereologiche estreme. «Oltre alla corretta manutenzione delle rive dei fiumi che anche ieri hanno evidenziato frane e cedimenti», dice Zamboni, «è necessario il completamento dell’idrovia». Il Comitato Brenta Sicuro ha poi sottolineato lo sconcerto sollevato sulle colonne del nostro giornale giovedì scorso da Cia e Comitato di Salvaguardia dell’assetto Idraulico del Veneziano e Padovano. «Secondo i sindaci», sostiene Zamboni, «serve il completamento di una idrovia che non può essere solo scolmatore, ma deve essere anche navigabile. Nel bando l’inclusione di una categoria di navi usate sui grandi fiumi russi e la stima dell’opera con la portata massima di 350 metri cubi al secondo sembra no fatti apposta per vanificare un progetto fattibile e proporne uno elefantiaco ovviamente da rigettare per tornare all’idea di uno scolmatore più camionabile come era nelle idee originarie dell’assessore Renato Chisso ora in galera». Per i comitati e Legambiente la soluzione camionabile non è nemmeno da prendere in considerazione.

(a.ab.)

 

Gazzettino – Idrovia, bufera sul bando

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19

lug

2014

IL PROGETTO – Previsti scavi per aumentare la profondità, ponti da rifare

Proteste da più parti contro le modalità previste dalla Regione, pronti gli esposti

I principi base dettati dalla Regione del Veneto per la redazione del progetto preliminare dell’idrovia Padova-Venezia sembrano non piacere a nessuno. Il bando di gara pubblicato nei giorni scorsi sul Bollettino della Regione del Veneto, ha scatenato un vero putiferio. Contro le modalità del progetto si sono già detti in disaccordo l’associazione “Salvaguardia Idraulica del Veneziano e Padovano”, la Confederazione Italiana Agricoltori di Venezia e altri esperti di idraulica e di navigazione interna. Anche i Comitati della Riviera del Brenta e Legambiente sono al lavoro per emettere un documento unitario contro le formule del bando. Si parla già di esposti alla magistratura.
Così, sull’opera che tutti vogliono e che dovrebbe cambiare il volto di una grossa fetta del territorio veneziano e padovano (e non solo dal punto di vista geografico), si abbatte una marea di polemiche che potrebbero ancora una volta ritardarne la realizzazione. Il primo e originario progetto redatto dall’Ufficio del Genio Civile di Venezia fu presentato il 18 agosto 1964. Mezzo secolo non è bastato per chiudere la pratica e ora è davvero una corsa contro il tempo. La presentazione del nuovo progetto scade a novembre 2014 e per accedere ai fondi europei è necessario presentare domanda entro il 31 dicembre 2014.
Una delle maggiori perplessità deriverebbero dalla classe di navi previste per il transito sull’idrovia. Navi lunghe 120 metri (classe “Sormovskiy”), pensate per navigare sui grandi e profondi fiumi russi. Ci sarebbe molto da scavare (le navi pescano a 4 metri di profondità) e bisognerebbe rifare gran parte dei ponti già realizzati. Forti dubbi anche sul fatto che il canale sia pensato per smaltire 350 metri cubi di acqua al secondo, mentre per avere la funzione di canale scolmatore in grado di diversificare le piene del sistema Brenta-Bacchiglione servirebbe una portata di 450 metri cubi al secondo. Il tracciato dell’idrovia misura oltre 27 chilometri e per completarlo con le altre opere di sicurezza idraulica è prevista una spesa vicina ai 500 milioni di euro. Il terminal logistico per il traffico acqueo da e verso il mare Adriatico è la zona industriale di Padova, ma anche il presidente di “Interporto Padova Spa”, Sergio Giordani, afferma che «servono troppi soldi e non se ne farà nulla».

Vittorino Compagno

 

A STRA E FIESSO – Sicurezza idraulica dei fiumi, due incontri sugli argini

Proseguono le manifestazioni per chiedere più sicurezza idraulica lungo gli argini dei fiumi Brenta e Naviglio Brenta, organizzate dal Comitato “Brenta Sicuro”, Legambiente Veneto e altre associazioni. Gli incontri sono nei punti più critici degli argini, in particolare dove si sono create frane sulle rive interne. Questa mattina alle 10.30 è il turno del territorio di Stra. Oltre al sindaco locale Caterina Cacciavillani, sarà presente anche il sindaco di Noventa Padovana, Luigi Bisato. Alle 11.15 la manifestazione si sposterà a Fiesso d’Artico, dove ad aspettare i dimostranti ci sarà il sindaco Andrea Martellato.

(v.com)

 

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