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Tribuna di Treviso – Treni cadenzati, pendolari contro

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2014

Ieri caos da Padova a Treviso: lo stesso treno si rompe due volte, corse soppresse

Nuovo banco di prova ieri per la partenza dell’orario cadenzato, nuovamente bocciata dai pendolari. Numerosi i ritardi accumulati dai treni regionali. È successo sulla tratta Udine-Venezia delle 6.05, qualche disagio sulla Treviso-Padova, mentre le fasce orarie più calde sono state quelle del mattino e della sera tanto che sulla tratta Belluno-Conegliano sono raddoppiati i viaggiatori.

Da Padova a Treviso l’episodio più grave, con la doppia rottura di un treno e la conseguente soppressione di due corse da Padova per Treviso. Prima è stato cancellato il treno regionale numero 5810, che sarebbe dovuto partire alle 13.46, soppresso per «un guasto al materiale rotabile» dopo 30 minuti di attesa e – sostengono i viaggiatori – senza una spiegazione. Il treno è stato portato in officina a riparare e rimesso sul binario. Poi però è successo di nuovo. Lo stesso treno stavolta con numero 5816, stessa tratta e diverso orario (16.46), è rimasto al binario, anche in questo caso per guasto tecnico.

A tracciare un bilancio della giornata è Claudio Peris, portavoce dei pendolari della Marca: «Per chi ha necessità quotidiana del treno non si riesce a far fronte a questo orario cadenzato se non rimediandovi con l’uso della propria macchina. È una situazione impossibile per chi lavora e studia. Ad oggi non esiste infatti un servizio alternativo, magari di autobus nelle ore in cui i treni scarseggiano».

Lacune e disservizi che alla fine gravano sulle spalle dei cittadini: «Questo disagio, la mancanza di treni e i “buchi” in alcune fasce orarie, alla fine lo pagano gli utenti, costretti a muoversi con l’auto con spese esorbitanti».

(v.c.)

 

CONEGLIANO – Soppressioni dei convogli sulla linea per Padova: non si è placata nemmeno sotto le feste la protesta dei pendolari della linea Belluno-Venezia, che anzi, hanno pregato: «Liberaci dalla soppressione quotidiana».

Anche sabato scorso, nel tentativo di raggiungere Padova, diversi pendolari arrivati alle 9 alla stazione di Conegliano da Vittorio Veneto si sono scontrati con la cancellazione, senza alternative, del treno che avrebbe dovuto portarli a Mestre, con conseguente attesa in stazione di quasi due ore. E ad essere preso di mira, tramite il blog del gruppo pendolari “Il treno dei desideri”, è sempre lui, il nuovo orario cadenzato concordato da Regione e Trenitalia, entrato in vigore a metà dicembre.

I pendolari non lesinano le critiche alla distribuzione dei convogli rispetto alle fasce orarie necessarie: «Ci chiediamo: dopo l’Epifania, quando si rientrerà tutti “a pieno servizio”, come reggerà il cadenzato se già adesso fa acqua da tutte le parti?», contestano, a fronte dell’esperienza di sabato, l’ultima di una serie di testimonianze di pendolari che stigmatizzano i disservizi sulle linee ferroviarie che servono il Veneto.

«Arrivata a Conegliano scendo per il primo cambio al quale ci siamo volenti o nolenti abituati. Ma con sorpresa al binario due non c’è il treno, è stato soppresso. Penso che senz’altro metteranno una scomoda corriera sostitutiva: non possono lasciare un buco orario di circa un’ora e venti minuti», racconta una pendolare, «Con altri passeggeri ci rivolgiamo alla biglietteria: non è prevista nessuna corriera, nessuno l’ha programmata perché, come dice il bigliettaio, il treno si è rotto e per questo la corsa non è stata effettuata».

E la conclusione da tirare, per i viaggiatori abituali del treno, è sempre la stessa: «Ennesima conferma che l’orario cadenzato e la “rottura di carico” a Conegliano hanno creato più problemi che risolverne e che questi, dopo quasi un mese dall’entrata in vigore del nuovo orario, sono quasi tutti là, belli irrisolti».

Alberto Della Giustina

 

Sono liberi professionisti e insegnanti con il pallino dell’agricoltura biologica

L’acquisto deciso per salvare 30 mila metri quadri di campagna a Campilonghi

MONTEBELLUNA – Sono architetti, liberi professionisti, insegnanti, anche un contadino che può fare da guida agli altri. Hanno costituito il Gast e hanno proceduto con l’acquisto di un terreno di 30mila metri quadri, più lungo che largo, in località Campilonghi. Il progetto era partito a inizio anno su iniziativa di alcuni cittadini montebellunesi e trevignanesi. Trovato il terreno giusto in vendita, prima che se lo accaparrasse qualche cavatore, hanno provveduto a mettere assieme un Gruppo di Acquisto Solidale Terreni, l’hanno chiamato Campilonghi e hanno dato vita al progetto. Alla fine si sono messe insieme 34 famiglie, ognuna ha messo una quota di 10mila euro e il progetto è decollato. Ma chi sono? Un po’ di tutto: ambientalisti, esponenti di Montebelluna nuova, amanti della terra, con le professioni più disparate. E tra essi anche un agricoltore, uno di quelli che partecipa al mercato agricolo di Montebelluna, che insegnerà a architetti, consulenti, insegnanti, impiegati come coltivare la terra.

Non è stata casuale la scelta del terreno da acquistare. È in zona Campilonghi, tra Sant’Andrea, San Gaetano e Busta, zona di cave, anzi ce n’è una in attività che si chiama proprio “Cava Campilonghi” e vicino ce n’è una seconda. E per evitare che quei 30mila metri quadri finissero nelle mani di un cavatore, e prima o poi anche lì potessero entrare in azione le ruspe, hanno fondato il Gast e sono diventati proprietari del terreno dove prenderà corpo un’azienda agricola tutta particolare. Perché non ha solo l’obiettivo di produrre ortaggi, ma vuole innanzitutto recuperare una porzione di terreno agricolo ancora integro ,ma insidiato da cave e cementificazione, incentivare l’imprenditoria agricola giovanile, la produzione di alimenti biologici, la cultura del consumo a chilometro zero, creare dibattito attorno a temi come il cibo di qualità e l’attività agricola come modello di sviluppo per le generazioni future.

Sarà anche luogo di ritrovo: tra gli obiettivi che il Gast Campilonghi si è dato c’è infatti anche quello di concedere spazi ricreativi per attività culturali o ricreative di vario genere, in sintonia ovviamente con le finalità del gruppo. In quel terreno c’è anche un annesso agricolo e diventerà punto di riferimento per due attività: «Lo recupereremo» spiega Tito Pillonetto, uno dei partecipanti all’iniziativa «per utilizzarlo come sede per la trasformazione alimentare e quindi per produrre marmellate, conserve, sughi di verdure, e per attività didattiche e culturali. Incentiveremo infatti le visite da parte delle scolaresche per fare attività didattica».

Enzo Favero

 

LA CITTÁ CHE SI SVUOTA»LA PROTESTA

Cinquanta commercianti del centro manifestano sulla scalinata degli Alpini

Pesca: «Senza di noi sarà una città fantasma».

Guidara: «Servono più attrazioni»

CONEGLIANO – La scalinata degli Alpini si illumina con le fiaccole dei negozianti di Conegliano: «Più tutela per il piccolo commercio, meno centri commerciali». Una cinquantina di cittadini ed esercenti, ieri sera, ha risposto all’appello di Marina Buffoni (Fratelli d’Italia) e Roberto Cappelli (Terzo Polo) a manifestare per chiedere misure concrete per ridare linfa ai piccoli commercianti. Dalle 18, hanno affollato la scalinata degli Alpini con una protesta pacifica, che li ha successivamente portati in via XX settembre, al centro delle riflessioni di politici e cittadini. Perché tutti quelli che hanno protestato ieri sera, Contrada Granda la vogliono riaperta al traffico. Accanto alle fiaccole, le bandiere tricolore, esposte per dare alla protesta un valore trasversale rispetto agli schieramenti politici. C’erano, in piazza, anche alcuni esponenti di Fratelli d’Italia (oltre a Marina Buffoni, Raffaele Zanon e Marco Cassini), ma la protesta si è colorata solo delle storie di chi fatica a tenere aperta la sua attività. La più conosciuta tra le commercianti del centro è Giuliana Spolaor, per cinquant’anni in via XX settembre. Oggi ha lasciato alla figlia la sua maglieria. Guarda Contrada Granda, e non la riconosce più: «Vederla morire così mi fa male il cuore. Per mantenere un’attività ora bisogna lavorare di più, bisogna investire. Paghiamo tante tasse, e i prezzi aumentano continuamente, ma a chi sceglie i centri commerciali dico: vi siete chiesti perché “regalano” la merce? Avete notato la qualità, rispetto a quella dei negozi storici?». In tanti si lamentano di come via XX settembre, deserta durante il giorno, si animi (troppo) di notte, tra affollati plateatici, musica alta, e qualche bicchiere di troppo. In centro c’è anche lo storico negozio di Tino Pesca, da 103 anni punto di riferimento per l’abbigliamento: «Se si spengono le luci dei negozi, questa diventa una città fantasma, nessuno camminerà più per il centro, con ripercussioni negative anche per la sicurezza» spiega il titolare. Anche lui alle prese con tasse e concorrenza spietata dei centri commerciali: «In Germania, la Merkel sta agevolando chi riporta le attività nel centro delle città. Credo che sia questa la strada da seguire, anche in Italia». Perché, come sostiene Maria Guidara, «i centri storici sono dei centri commerciali naturali. In via XX settembre bisogna portare più manifestazioni, e più servizi, perché la gente vi sia attratta sempre». Ma non soffre solo Contrada Granda. In via Lourdes c’è un distributore di benzina che non rischia di chiudere, ma ha i suoi buoni motivi per lamentarsi. È quello di Gianni Fantin, Q8: «Abbiamo realtà più grandi di noi che ci fanno concorrenza. E le grosse compagnie petrolifere fanno cartello tra di loro». Loro si arricchiscono, i gestori delle pompe di benzina invece sono semplici dipendenti: «Ci mettono in regime di “self service” e ho paura che a poco a poco ci possano mandare via». Nessuno dei commercianti vorrà avere a che fare con Mattia Ardenghi, presente in qualità di responsabile dell’associazione Vittime di Equitalia: «Siamo qui per stare vicini ai negozianti. Una battaglia che abbiamo iniziato tre anni fa, quando ci siamo opposti alla chiusura al traffico di via XX settembre. Noi diamo ascolto a chi riceve cartelle esattoriali o ipoteche, a volte anche all’improvviso». Se la riapertura di via XX settembre è la prima richiesta al sindaco Floriano Zambon, tante voci si levano per chiedere anche maggiore decoro in centro (e meno schiamazzi) e, soprattutto, meno centri commerciali. Il Conè, dicono, ha sottratto lavoro anche nei quartieri, non solo nel centro città. E chissà cosa accadrà quando ne aprirà un altro, contestatissimo, sul Menarè. Qualche passante si ferma ed esprime la sua solidarietà.

Andrea De Polo

 

Cappelli e Buffoni «Stop al Menarè Siamo contrari»

CONEGLIANO. Da ieri, è all’opposizione: «Sono più libera, sarà più facile portare avanti le mie battaglie» spiega Marina Buffoni, organizzatrice della fiaccolata e “pasionaria” della politica coneglianese. «Se prima avevo un’idea alternativa, veniva letta come “lesa maestà”. La maggioranza è eterogenea, dai banchi dell’opposizione lavorerò meglio». Assieme a lei, Roberto Cappelli, Terzo Polo: «Avevamo ragione quando siamo usciti dal Pdl, stiamo dimostrando che esiste una nuova possibilità di centrodestra». Entrambi, compatti contro il nuovo centro commerciale che sorgerà sul Menarè: «Dobbiamo invece ascoltare le associazioni di categoria» spiega Cappelli «e ragionare al di là delle appartenenze». Su via XX settembre si sono già espressi a gran voce per la riapertura. Ma la Buffoni rilancia: «Avevamo chiesto, almeno per i giorni di shopping natalizio, parcheggi gratis davanti ai negozi. Ma non ci hanno ascoltati. I soldi, volendo, ci sono: la giunta non usi le solite scuse».

(a.d.p.)

 

Tribuna di Treviso – La Marca ha il nuovo piano cave

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2014

Una cava alle porte di Treviso

 

Il progetto è stato adottato in Regione: prevede 17 milioni di metri cubi di ghiaia da estrarre in 10 anni. Le osservazioni entro il 21 gennaio, ma i sindaci hanno già dichiarato battaglia: «Non è più attuale»

Sarebbe come scavare nel sottosuolo più di 17 Empire State Building. È questa la previsione per la provincia di Treviso del Piano Cave adottato dalla Regione Veneto.

Diciassette milioni di metri cubi di ghiaia da scavare in dieci anni. Il documento è atteso da anni, già in passato era arrivato alle commissioni consiliari, ma non ha mai strappato l’approvazione definitiva da palazzo Ferro Fini.

Questa volta invece pare che le intenzioni siano di portarlo a compimento entro l’estate.

Ora c’è tempo fino al 21 gennaio per presentare le osservazioni. E non saranno poche. I sindaci si stanno infatti organizzando e quasi nessuno sembra contento del piano.

«Il fabbisogno di ghiaia è stato calcolato su un periodo drogato, quello dal 2002 al 2011. L’edilizia», è l’affondo del consigliere regionale Claudio Niero, «fino a poco tempo fa è stata l’attività trainante, si è costruito molto, troppo. Non si può realizzare un piano decennale su un modello di sviluppo non più attuale».

Il piano cave riguarda perlopiù le provincie di Vicenza e Treviso, le più “interessanti” per i cavatori. Per quanto riguarda la Marca, l’area che va dall’immediata periferia nord di Treviso, fino al Montello, e dal Piave al Muson è un enorme bacino di sabbia e ghiaia. E infatti solo nella nostra Provincia si scaveranno 17 dei 36 milioni previsti per tutta la Regione.

«Il principio dev’essere la tutela del terreno agricolo rimasto. Non si può pensare di continuare a scavare anche sotto la falda», spiega Niero, «I Comuni restano l’anello debole. Va decisamente ritoccato il contributo che i cavatori danno ai comuni, non si può restare fermi a quei 0,62 centesimi al metro cubo».

La Regione ha stabilito, che almeno per quanto riguarda la sabbia e la ghiaia, non si potranno aprire altri siti estrattivi. Tutti i 17 milioni dovranno essere prelevati da cave già aperte. E su questo punto i giudizi sono contrapposti. Se è vero che così non si consumerà altro territorio, è altrettanto vero che i sacrifici saranno fatti ancora dagli stessi.

A Paese, Vedelago, Trevignano e Montebelluna, i territori con più cave, e i sindaci tremano.

«Stiamo preparando alcune osservazioni», spiega il primo cittadino di Paese Francesco Pietrobon, «certamente non si dovrà consentire ad un attività come quella di Via Vecelli di approfondirsi come ha chiesto, andando sotto la falda».

A Montebelluna il piano è in fase di studio: «Siamo attenti e preoccupati», prosegue il sindaco Marzio Favero, «a breve ci incontreremo tra sindaci per decidere cosa fare».

Ma le perplessità si allargano alla questione controlli, «vengono demandati alle amministrazioni comunali», conclude Ruggero Feltrin, primo cittadino di Trevignano, «ma ad incassare la sanzione sarebbero Provincia e Regione, 50% l’una. I Comuni avranno dunque solo la spesa. Poi il contributo di 0,62 centesimi non pare nemmeno una certezza, è lasciato a una contrattazione tra comune e azienda».

Federico Cipolla

link articolo

 

Rabbia e paura tra i pendolari: carrozze invase dai fumi di scarico, costretti a cambiare posto per le esalazioni irritanti

MONTEBELLUNA – Un viaggio che vale da solo tutta la rabbia accumulata in questi anni dai pendolari della tratta Feltre-Montebelluna-Padova con il treno trasformato in una sorta di camera a gas, con le carrozze invase dagli scarichi e i viaggiatori che migrano da un vagone all’altro cercando di non soffocare. Il paradigma che dimostra perché la linea che collega la montagna bellunese alla pianura veneta è nella top ten delle linee peggiori in Italia. Il treno in questione è quello delle 7,13 e diretto a Treviso. Un convoglio molto utilizzato da lavoratori e studenti che devono raggiungere Treviso e Venezia per motivi di lavoro e studio. Quando i viaggiatori feltrini ci salgono martedì mattina, ultimo giorno del 2013, capiscono subito che qualcosa non va. Il treno, partito quaranta minuti prima da Belluno sbuffa come non mai e il peggio è che i fumi di scarico finiscono in buona parte all’interno dei vagoni. Il treno riparte da Feltre e per i viaggiatori comincia un vero e proprio calvario: l’odore acre invade le carrozze occupate dai viaggiatori probabilmente a causa di un malfunzionamento e il fumo è talmente denso che non solo si sente, ma si vede pure, diffondendo un colore azzurrognolo che fa capire ai viaggiatori che anche l’ultimo viaggio in treno del 2013 sarà ricordato per l’ennesimo disservizio.

Uno dei viaggiatori, il feltrino Fabio Sommacal, conferma come il viaggio sia stato un vero disastro: «Le carrozze erano invase da un forte odore di fumi di scarico. I passeggeri abbandonavano alcuni scompartimenti, cercando riparo in altri, ma anche in questi ultimi le esalazioni risultavano irritanti per le vie respiratorie, nonostante il tentativo di viaggiare con i finestrini aperti».

Per i nostri pendolari l’ennesimo smacco di un 2013 assolutamente da dimenticare, tra ritardi, treni soppressi fino al nuovo orario cadenzato che ha complicato ulteriormente la vita a chi garantisce a Trenitalia un introito sicuro legato agli abbonamenti. Tra gli utenti allo scorno per il disservizio si è questa volta aggiunta la preoccupazione per le possibili ricadute sulla salute tenuto conto che viaggiare in quelle condizioni poteva essere pericoloso per i bambini e per chiunque avesse problemi alle vie respiratorie.

 

Il convoglio parte al minuto 11, quello in arrivo deve giungere al minuto 14: ma il binario è unico

Orario cadenzato e ritardo programmato nella linea Montebelluna-Padova. Già, perché c’è una incongruenza lampante nel nuovo orario cadenzato per la linea Montebelluna-Padova: il treno in partenza per Padova parte al minuto 11, quello in arrivo da Padova deve giungere al minuto 14. Dato che è binario unico, per buona parte delle corse giornaliere il treno per Padova non può partire in orario, deve prima attendere l’arrivo del convoglio da Padova. E infatti i tempi di percorrenza Montebelluna-Fanzolo sono più lunghi di alcuni minuti dei tempi che impiega il treno ad andare da Fanzolo a Montebelluna. Sarà perché i treni lungo tale linea sono quasi sempre in ritardo e quindi l’incongruenza passa inosservata, però alla fine è l’orario stesso a sancire il ritardo nell’ora di partenza.

«L’orario cadenzato va bene come filosofia perché gli utenti memorizzano meglio l’orario», dice il sindaco di Montebelluna, Marzio Favero, «certo ha creato vari problemi, soprattutto ai pendolari. Ne ho parlato con l’assessore Chisso, che ha capito, ha chiesto un po’ di pazienza e promesso che saranno cercate le soluzioni ai problemi sorti con il nuovo orario cadenzato. Da parte mia ho raccolto le segnalazioni dei pendolari e le ho trasmesse alla Regione e a Trenitalia».

E a Montebelluna con l’orario cadenzato sembra essere nato un problema indiretto. L’allungamento delle code ai passaggi a livello. «L’impressione è che il periodo di chiusura dei passaggi a livelli sia stato allungato», dice il sindaco, «perché le code di macchine ferme sono diventate molto più lunghe rispetto a quando c’era il vecchio orario. È una impressione e per verificare se è così o no ho chiesto al comandante della polizia locale di verificare i tempi di chiusura dei passaggi a livello, perché se sono aumentati chiederò che si intervenga in modo da ridurli per non creare eccessivi problemi al traffico».

(e.f.)

 

PENDOLARI  «Per andare a Verona costretta a fare due abbonamenti»

Non c’è una sola tratta che si salva. Il nuovo orario cadenzato scontenta proprio tutti. Anche spostarsi tra Treviso e Verona è diventata una corsa ad ostacoli, e piuttosto costosa. Sì perché o all’andata o al ritorno è necessario salire sulle Frecce. E il costo del biglietto va quindi alle stelle. È il caso di Silvia De Rosa, trevigiana che a Verona si reca tutti i giorni per lavoro.

«Ho scritto all’assessore Chisso, al Ministro dei trasporti per lamentarmi e segnalare cosa non funzione. Anche a Trenitalia che mi ha risposto che non c’è in vista alcuna modifica all’orario», dice.

La tratta Treviso-Verona già prima dell’entrata in vigore dell’orario cadenzato non era particolarmente fornita. D’altra parte i pendolari sono decisamente meno numerosi rispetto alla Treviso-Venezia che pure non ha mai mancato di generare polemiche e lamentele. Per recarsi a Verona c’è un solo diretto, alle 7.12 della mattina. Perso quello, è necessario andare a Mestre, e lì cambiare treno per prendere il diretto verso Verona. L’alternativa è cambiare a Vicenza. «Il problema, oltre i disagi per gli orari, è che si devono fare più abbonamenti», prosegue Silvia De Rosa, «per Trenitalia un abbonamento vale solo per una tratta».

E il fatto che un pendolare si abboni alle Frecce non cambia nulla, non dà il diritto di viaggiare su un treno di livello inferiore, su una tratta diversa.

«Il mensile sulle Frecce costa 180 euro. E l’unico diretto della mattina è proprio un Frecciabianca. Mentre al ritorno sono costretta a passare per Mestre», continua. Per protestare Silvia De Rosa ha deciso di pagare un solo abbonamento: «La situazione era già difficile prima, ora con l’orario cadenzato i treni sono addirittura diminuiti», conclude.

Federico Cipolla

 

VITTORIO VENETO – Pesticidi irritanti vietati: è la stretta sui fitofarmaci del regolamento di polizia rurale, che passerà domani sera in consiglio comunale per un aggiornamento. I Comuni della Docg del Prosecco hanno deciso di introdurre delle restrizioni su pesticidi che pur si troverebbero in commercio. Determinante è stato il contributo vittoriese all’elaborazione del nuovo documento, che bloccherà i pesticidi classificati come irritanti o tossico-nocivi nel trattamento delle vigne e in generale per i trattamenti fitosanitari in agricoltura.

«È un anno che stiamo lavorando a questo aggiornamento del regolamento, seduti a un tavolo comune con tutti gli enti coinvolti. Se si approverà, si approverà tutti insieme. Nel testo c’è una sensibile restrizione dei prodotti che possono essere usati per i trattamenti», aveva spiegato nei giorni di stesura delle bozze l’assessore Antonio Miatto, che si sta occupando del regolamento per il Comune di Vittorio, «Hanno collaborato attivamente tutti i 15 Comuni coinvolti nel primo regolamento di polizia rurale, già in vigore, e anche l’Usl. Ora non resta che il testo venga approvato dai consigli comunali dei singoli Comuni».

Tra le molecole che saranno bloccate dalle nuove restrizioni ci sono anche i ditiocarbammati, sospettati da più parti di avere effetti nocivi sulla salute, anche cancerogeni. Si tratta di norme che i Comuni intendono autoimporsi: se alcuni prodotti possono in via teorica essere usati legalmente i Comuni invece ne introdurranno il divieto a maggior tutela della salute. È questo lo spirito della nuova bozza che sta arrivando sui tavoli delle giunte e delle commissioni comunali del territorio.

I Comuni coinvolti sono San Pietro di Feletto, Cison di Valmarino, Colle Umberto, Conegliano, Farra di Soligo, Follina, Miane, Pieve di Soligo, Refrontolo, San Vendemiano, Susegana, Tarzo, Valdobbiadene, Vidor e Vittorio Veneto. Hanno partecipato ai lavori la scuola per l’agricoltura di Conegliano, il centro ricerche Car, l’università di Padova, l’Arpav, la Regione e la Provincia.

Alberto Della Giustina

 

Nuovo orario, disguidi, ritardi: oggi incontro con l’assessore «Esposto contro Trenitalia e Regione se rimane il problema»

Incontreranno l’assessore regionale alla mobilità Renato Chisso per discutere eventuali modifiche al contestatissimo orario cadenzato del Veneto. Sono i sindaci dei comuni del Veneto, decisi a non siglare alcuna tregua, nemmeno il giorno della vigilia di Natale, al nuovo orario che sta causando innumerevoli disagi ai pendolari, turnisti in particolare. L’appuntamento è per oggi a mezzogiorno nella sede di Veneto Strade.

La conferma dell’incontro è arrivata al sindaco di Quarto d’Altino, Silvia Conte, capofila della protesta, che ieri in fretta e furia ha diramato l’invito a tutti i sindaci a vario titolo coinvolti nei disagi degli ultimi giorni. «Siamo fiduciosi, speriamo che si possa trovare un punto di accordo e per i problemi conclamati si possa trovare una soluzione», ha spiegato Silvia Conte, «oltre ai disguidi legati a ritardi e disservizi vari è innegabile che con un orario del genere alcune persone facciano veramente difficoltà ad andare a lavoro. O lo perdono o saranno costretti a trovare sistemi di trasporto alternativi, più costosi non solo in termini economici ma anche in termini di qualità della vita».

Un incontro cruciale quello di oggi, dunque, rispetto alla possibilità o meno di presentare un esposto contro la Regione o Trenitalia. «È un’ipotesi concreta», continua la sindaca, «stiamo raccogliendo tutte le informazioni necessarie con le altre amministrazioni e i comitati dei pendolari per essere il più esaustivi possibile rispetto alle problematiche e i disservizi che impone questo nuovo orario. Quando avremo tutti gli elementi in mano, valuteremo se presentare questo esposto contro Trenitalia o la Regione. Ma speriamo ancora che quest’incontro possa dare i risultati attesi».

Non solo correzioni significative al nuovo orario: all’incontro con l’assessore verrà anche chiesta l’istituzione di un tavolo permanente della mobilità nella quale vengano coinvolte non solo le amministrazioni locali ma anche gli utenti finali e i rappresentanti dei lavoratori, in modo che la programmazione del trasporto su rotaia e su gomma venga modulato sulle reali necessità dei pendolari.

«Le statistiche confermano che un quarto della popolazione si muove con il treno, un altro quarto lo farebbe se i treni ci fossero», conclude Conte, «ma bisogna lavorare per una programmazione seria, bisogna porsi nell’ottica di rispondere a un bisogno altrimenti il rischio è di buttare via risorse inutilmente”.

Intanto per il prossimo 14 gennaio è prevista un’altra manifestazione contro l’orario cadenzato: pendolari e sindaci si daranno appuntamento a Venezia e in un piccolo corteo andranno a Palazzo Balbi, sede della Regione, per manifestare contro l’assenza di una programmazione seria nel trasporto pubblico. Ieri l’assessore Chisso, presente all’inaugurazione della nuova bretella di Casale, ha sollevato la Regione da qualsiasi responsabilità. «I primi giorni di prova del nuovo orario effettivamente sono stati un disastro. Ma una cosa è l’orario, un’altra è la sua gestione che è di Trenitalia. Per quanto riguarda l’orario stiamo lavorando sul suo adeguamento in un rapporto diretto con i sindaci e i singoli utenti. Non c’è nessuna colpa da parte della Regione».

Serena Gasparoni

 

L’albero in stazione con i desideri dei viaggiatori

I pendolari hanno allestito un provocatorio albero di Natale nella stazione dei treni di Oderzo: le decorazioni sono tutte lettere di lamentele e di invocazioni a Renato Chisso in veste di Babbo Natale.

«Voglio un treno delle 7 al mattino», si legge su un biglietto. «Perché devo pagare l’abbonamento intero quando ho la metà dei treni dell’anno scorso?», dice un altro biglietto. E ancora: «Babbo Natale vorrei che mio papà potesse tornare a casa un po’ prima. Voglio il treno delle 18.30 da Treviso», ma anche : «Pendolari, no sardine», o «Veneto mona, paga, tasi e va a pie».

C’è anche il biglietto che invoca i Forconi. Intanto i sindaci oggi, vigilia di Natale, vanno in pellegrinaggio da Chisso. «Chiediamo un giusto servizio», dice il sindaco di Oderzo Pietro Dalla Libera, «Noi sindaci siamo uniti: proponiamo all’assessore di adottare la proposta di orario fatta dai pendolari e che noi sindaci abbiamo condiviso. Al summit cercheremo di ottenere il massimo possibile. Va detto che l’orario cadenzato sembrava un’innovazione invece si è rivelato completamente insufficiente. Allora tanto vale lasciare tutto com’era, che non era ottimale, ma se il nuovo orario peggiora il servizio meglio tornare indietro. Bisogna prevedere corse in più, per un giusto servizio ai cittadini. Tutto sommato, era meglio prima», conclude il sindaco di Oderzo.

(Giuseppina Piovesana)

 

Comitiva di disabili intrappolata nel vagone

Stavano scendendo, il convoglio è ripartito: metà costretti a proseguire fino alla stazione successiva

Un gruppo di ragazzi disabili, accompagnati da alcuni educatori, è rimasto intrappolato in treno sabato scorso mentre tornava da una gita. Un episodio triste che ha lasciato sgomento tutte le famiglie dei ragazzi. Il fatto è accaduto alla stazione ferroviaria di Castelfranco Veneto. Il gruppo formato da 12 ragazzi disabili e sei educatori dell’associazione Farcela, costituita da famiglie con ragazzi disabili autistici e Down dell’area di Castelfranco Veneto e Montebelluna, era partito alla volta di Bassano del Grappa. Una visita ai mercatini di Natale per i giovani ragazzi con il proposito di comprare un regalo per i propri familiari. Dopo un tour tra i mercatini, il gruppo è salito sul treno di ritorno in partenza alle 18.25 dalla stazione di Bassano del Grappa. Arrivati a Castelfranco alle 18.44 è successo il fattaccio. I giovani accompagnati dagli educatori sono stati aiutati a scendere dal treno. La sosta però è stata troppo corta, non tutti sono riusciti a scendere dal convoglio in tempo. Anzi, uno dei ragazzi ha rischiato di rimanere incastrato quando le porte del treno si sono chiuse. Sono scesi solamente due educatori e sette ragazzi. Sono rimasti all’interno del treno invece cinque ragazzi e quattro educatori. Un episodio spiacevole che si sarebbe potuto risolvere subito. Gli educatori infatti hanno chiesto al capotreno di riaprire le porte, spiegando che i ragazzi sono disabili e che molti di loro hanno difficoltà motorie. Chiedendo dunque di poterli far scendere alla stazione di Castelfranco, com’era da programma. Di tutta risposta però il capotrenno ha tagliato corto dicendo che non si potevano riaprire le porte. «Fortunatamente noi educatori eravamo per metà con i ragazzi scesi e per metà con i ragazzi rimasti in treno», racconta Giada Marin, una delle educatrici al seguito del gruppo, «la cosa sconvolgente è che nel momento in cui abbiamo chiesto delle spiegazioni al capotreno, ci è stato risposto che dovevamo muoverci, che siamo stati troppo lenti. Tra l’altro i ragazzi del nostro gruppo sono persone con autismo, sindrome di Down, e alcuni hanno anche delle difficoltà motorie», prosegue l’accompagnatore, «Non abbiamo nemmeno ricevuto delle scuse, e alla nostra domanda sul cosa potevamo fare ci è stato risposto di scendere alla stazione successiva, Piombino Dese, e poi arrangiarci». Un episodio che ha lasciato l’amaro in bocca. «Noi educatori lavoriamo per l’autonomia dei nostri ragazzi», dice ancora Marin, «Molti di loro hanno le potenzialità per poter riuscire un giorno a spostarsi da soli con i mezzi pubblici e hanno il diritto di farlo, abbiamo il compito di accompagnare i genitori in queste spinte emancipative aiutandoli ad acquisire sempre maggiore fiducia nei loro figli e nello loro capacità.». «Vorrei anche aggiungere solo una frase al racconto», dice Stefano Busato, dell’associazione Farcela, «la civiltà di un popolo si misura da come tratta le minoranze più deboli».

Daniele Quarello

 

CASTELFRANCO. E’ stato completato l’iter riguardante la variante urbanistica per l’area di via Sile via Lovara. Durante l’ultimo consiglio comunale la variante è stata approvata dalla maggioranza ed ora l’area è stata definitivamente trasformata in zona industriale.

Si tratta dell’ormai noto lotto da 120 mila mq che la giunta aveva deciso di mettere in vendita lo scorso anno al prezzo di oltre 5 milioni di euro. L’area per cui la Rotocart spa di Piombino Dese aveva espresso interessamento all’acquisto per realizzare una cartiera. L’asta di vendita era andata tuttavia deserta. Ad oltre un anno di distanza la variante urbanistica ha completato definitivamente l’iter. Sono state recepite le prescrizioni di Provincia e Regione. Il lotto di terra potrà di nuovo essere messo in vendita.

Il progetto relativo alla cartiera era stato contrastato sia dai gruppi di opposizione Pd-lista Sartor e Vivere Castelfranco anche da un comitato spontaneo di cittadini, il Comitato «No Ecomostro». Vennero raccolte oltre 3 mila firme contro il progetto. La giunta Dussin ha deciso tuttavia di tirare dritto. Si potrà fare ora un’altra asta.

(d.q.)

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