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NUOVO ORARIO

Dopo il primo traumatico impatto dell’orario cadenzato sui pendolari veneziani riprendono fiato le voci polemiche. A farsi sentire è il gruppo Legambiente del Veneto Orientale, che se la prende con l’assessore regionale alla Mobilità Renato Chisso.

«Nessuna delle richieste presentate il 3 dicembre scorso da sindaci, cittadini, comitati e associazioni è stata accolta – accusa il gruppo in una nota -. L’assessore Chisso dichiara di avere lavorato con le associazioni, peccato che le stesse abbiano sollevato notevoli critiche mai accolte. È evidente che questa proposta di orario cadenzato non ha nulla a che vedere con un moderno concetto di trasporto pubblico».

Il gruppo ambientalista stigmatizza l’aumento delle fasce scoperte, notturne e diurne, e l’ulteriore riduzione di offerta nelle giornate prefestive e festive.

«Non vi è nessuna politica dedicata ad intercettare nuovi utenti. Al contrario chi deve essere al lavoro a Venezia alle 6,30 o alle 7 si accomodi in auto, chi termina dopo le 22 prenda l’auto. Vai a Roma o Milano? Prendi l’auto fino a Mestre. I turisti che desiderano soggiornare nella cintura Veneziana, ossia la città metropolitana, si arrangino. La politica di questa Giunta Regionale punta solo al mezzo privato (bisogna pur pagare i pedaggi per le autostrade) condannando le città a perenni e crescenti ingorghi».

Dal canto suo l’assessore Chisso dichiara che il servizio ferroviario è «un sorvegliato speciale, soprattutto in questa fase di avvio del nuovo sistema, che deve essere migliorativo del precedente. Oggi, secondo giorno feriale del cadenzamento, le cose sembrano andare meglio, ma stiamo in campana».

Tra i convogli sotto osservazione c’è il treno in partenza da Brescia alle 5.51 con arrivo a Venezia alle 8.55: «Trenitalia lo terrà sotto controllo per valutare un eventuale cambio di materiale rotabile».

Intanto stasera alle 20.30 a Meolo, nella sala multifunzionale del Centro servizi anziani “I Tigli” in via Ca’ Corner Sud, il Pd ha organizzato un incontro-dibattito sull’orario cadenzato dal titolo “Cosa è cambiato per gli utenti? Quali le problematiche e i possibili miglioramenti?” (per informazioni http://pdmeolo.wordpress.com). (d.d.b.)

 

Il docente Luigi Podda vittima dei disagi giornalieri: anche per lui il treno è solo un incubo

I PENDOLARI – Erano state promesse corse ogni 15 minuti: un’illusione

L’ODISSEA dei pendolari accentuata con l’entrata in vigore del nuovo orario cadenzato: solo ritardi

Caos-treni, dopo il flop. Consiglio straordinario

Le proteste dei pendolari dopo il flop registrato il primo giorno dell’entrata in vigore dell’orario cadenzato di Trenitalia, ha indotto il consiglio comunale di Mogliano a riunirsi in seduta straordinaria. Lo farà domani sera alle 19.45 per discutere l’unico argomento all’ordine del giorno relativo all’interpellanza ad hoc presentata dal gruppo consiliare di “Mogliano Democratica” (Rita Fazzello e Mario Fenso).

«Quali provvedimenti intende prendere la Giunta per non penalizzare ulteriormente i pendolari del trasporto ferroviario?, chiedono la Fazzello e Fenso. Mogliano è stata individuata dal servizio della Metropolitana leggera di superficie come la stazione cardine per i parcheggi scambiatori della tratta Treviso-Venezia (i pendolari sono circa 2 mila al giorno). In realtà la Metropolitana resta al momento soltanto una chimera. Dal dibattito consiliare di domani sera sono attese diverse risposte alle domande rimaste in sospeso, a cominciare dalla nuova fermata dei treni tra Marocco e La Favorita di Mestre con la realizzazione del nuovo ponte sul fiume Dese.

A dubitare sul reale decollo della Metropolitana sono in tanti. Tra i pendolari delusi c’è Luigi Podda, 55 anni, moglianese, docente al Conservatorio di Padova dove è insegnante di sassofono.

«Sono anni -commenta il professore- che sentiamo dire che con l’entrata in funzione della Metropolitana ci sarà un treno ogni quarto d’ora da Treviso a Mestre. In realtà stiamo assistendo alla soppressione di diverse corse. Da Mogliano per Venezia non si sono più treni per due ore nella fascia centrale della mattinata». Ma i disagi del docente non finiscono qua. «Quando arrivo a Mestre devo aspettare un’ora per raggiungere Padova per prendere un treno regionale. Salvo optare per un treno super-veloce spendendo 16 euro per fare 30 chilometri. È questo l’aiuto che si dà a noi pendolari?».

Nello Duprè

 

Treni, bufera sulla Giunta

Zaia: «Lasciateci provare, i vantaggi si vedranno».

Chisso: «Subito i primi aggiustamenti».

Ma l’opposizione va all’attacco e il caso finisce in Parlamento

DISAGI CONTINUATI – Per i pendolari del Nordest. Corse in ritardo, coincidenze difficili. Trenitalia annuncia: «Cambiamo subito»

6 LE CORSE INTERESSATE A MODIFICHE

Nessuno forse si aspettava che nell’orario cadenzato regionale qualcuno avesse messo anche candelotti di dinamite per la politica. Ma è così: dopo mesi di annunci e statistiche, l’esordio semifallimentare del nuovo sistema (“da ieri mi devo alzare 45 minuti prima ogni giorno” – racconta Francesca, pendolare Padova-Mestre) ha acceso uno sbarramento di fuoco di polemiche. Tanto che ormai le opposizioni di centro sinistra chiedono apertamente le dimissioni dell’assessore responsabile Renato Chisso. La Giunta resiste e fa quadrato difendendo il nuovo sistema di mobilità su rotaia. «Lasciateci provare, non esiste il manuale dell’orario cadenzato – tuona il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia – La giornata di lunedì è stata sfortunata per motivi che dipendono da Trenitalia dobbiamo recepire e imparare. Se riusciremo ad aggiustare il sistema, i vantaggi per i viaggiatori ci saranno». Vaglielo a dire a quelli che non sono arrivati in orario al lavoro o hanno aspettato mezze ore per tornare a casa. Così le armate dei partiti sono scese in campo. Antonio De Poli, senatore Udc ha annunciato un’interrogazione al ministro delle Infrastrutture Lupi per chiedere «quali iniziative intenda intraprendere per risolvere una situazione che sta provocando disagi a migliaia di pendolari».

E il capogruppo regionale del Pd, Lucio Tiozzo, attacca su tutta la linea la Caporetto del sistema ferroviario. «Zaia non è capace di gestire proprio uno dei settori che sono di competenza della Regione? Il Veneto riconsegni allo Stato ogni competenza, peggio di così non può andare». Di disastro annunciato parla il segretario regionale del Pd, Rosanna Filippin: «Da settimane chiedevamo attenzione e interventi concreti da parte della Regione rispetto ai problemi sollevati dai comitati dei pendolari». Sergio Reolon (consigliere regionale Pd): «La Regione non investe un solo euro sul servizio e poi scarica la responsabilità su Trenitalia, ma la competenza del servizio è della Regione. Gli unici a lavorare per migliorare il servizio sono i pendolari». «Bisogna approfittare del periodo natalizio, per rimodulare l’impostazione», suggerisce Bruno Pigozzo(Pd). Ad ammettere per primo che “qualcosa non ha funzionato” è ancora l’assessore alla mobilità Renato Chisso, che però difende l’impostazione data ai trasporti su rotaia: «Trenitalia ci ha comunicato inconvenienti riscontrati dal personale di bordo – spiega – sul cadenzamento in quanto tale e sono cosa diversa dai guasti e dai ritardi».

In Friuli V. G. l’assessore alla Mobilità Mariagrazia Santoro è stata decisa e dura contro Trenitalia: «Serve un po’ di tempo, lo capiamo perché il nuovo orario sia a regime, ma non sono accettabili gli inconvenienti che si stanno verificando in questi primi giorni». Per Trenitalia il servizio dei treni cadenzati per i pendolari sembra funzionare: parla solo di alcuni ritardi ritenuti «fisiologici» e ristretti nei 10 minuti in una fase che resta di sperimentazione. «Nei prossimi giorni il servizio verrà ritarato». Come dire: pendolari resistete. I pendolari non ci stanno e si sfogano sul web tanto che – un esempio – il comitato “Pendolari Salzano-Robegano” ha aperto una pagina Facebook per le segnalazioni. «Come si poteva pensare di avviare un piano tanto ambizioso quando Trenitalia non era nemmeno in grado di garantire il precedente orario?».

(ha collaborato Gabriele Pipia)

 

MONTEBELLUNA Continua il calvario dei pendolari: a Castelfranco non riuscivano a salire

Treni nel caos: arriva la polizia

Ieri mattina accumulati altri ritardi: quasi un’ora. E gli altoparlanti invitano a scendere

MONTEBELLUNA – Sos dei pendolari: «Serve un treno di rinforzo». Sulla linea Belluno-Padova, e in particolare in corrispondenza delle fermate di Montebelluna e Castelfranco, si è consumata ieri un’altra giornata di passione: il treno delle 7.11 è arrivato in stazione a Montebelluna con più di 50 minuti di ritardo, mentre a Castelfranco è dovuta intervenire la polizia per evitare che l’assalto alle carrozze troppo piene avesse conseguenze peggiori.

«Tra lunedì e ieri -spiega Alberto Ghiraldo, dell’associazione pendolari di Montebelluna- abbiamo avuto ritardi in molte fasce orarie, culminati col secondo treno della mattinata di ieri partito da Belluno con 52 minuti di ritardo».

Si tratta del famigerato treno delle 7.11, che da solo (invece dei due precedenti) dovrebbe sostenere l’intero flusso di pendolari, ma che già lunedì ha lasciato a piedi molti studenti. «Come avevamo previsto -prosegue Ghiraldo- la situazione è invivibile, con i passeggeri che per l’intera tratta vengono stipati in modo disumano, essendo solo gli studenti del bacino del montebellunese in numero tale da riempire l’intero treno. Inoltre, più un treno è affollato, maggiori sono le possibilità di ritardo. Di fatto, il convoglio arriverà a Padova costantemente dopo le 8.15 , rendendo impossibile la puntualità alle lezioni. Chiediamo un treno di rinforzo nella medesima fascia oraria».

Ieri intanto a causa dell’incredibile ritardo del treno a Montebelluna, molti pendolari si sono spostati in auto, in qualche caso scegliendo di partire da Castelfranco. E qui è stato il caos.

«C’era la polizia -spiega una pendolare, ma la cosa è segnalata anche sul sito “Trenitardo”- a gestire la gente che saliva in treno e c’è stato perfino l’annuncio che pregava i passeggeri di scendere perchè il treno era troppo affollato».

Intanto, per quanto riguarda nello specifico la situazione di Montebelluna, «è una vergogna senza limiti -spiega Lucio De Bortoli, consigliere di “Montebelluna nuova”- il nuovo orario è inaccettabile. Intervenga il sindaco con chi di dovere».

Laura Bon

 

LETTERE AL DIRETTORE

Treni, più che cadenzato l’orario è cadente e decadente

Caro direttore, oltre ad avere diradato le corse (si fa per dire) e allungato i tempi di percorrenza, il nuovo orario ferroviario ha pure aumentato i ritardi. Oggi (ieri per chi legge, ndr) con il treno delle 7.48 da Belluno per Padova non sono bastati due ore e 13 minuti per fare poco più di cento chilometri. Sono occorsi due ore e 22 minuti a una velocità media di poco più di 40 chilometri all’ora. Avanzo una proposta: sostituire la strada ferrata con una pista ciclabile. Otterremmo il duplice vantaggio di diminuire i tempi di percorrenza e sanare il bilancio regionale. Se fossi nell’assessore ci penserei.

Arturo Garbuio Belluno

——

Caro lettore, più che cadenzato questo nuovo orario ferroviario varato in Veneto mi sembra cadente. O, se preferisce, scadente e decadente, nel senso che pur essendo appena entrato in vigore sembra già avviato verso un sicuro declino. Battute a parte, è davvero inspiegabile che in Veneto non si riesca a garantire un servizio ferroviario per i pendolari degno di questo nome. Ed è intollerabile che non siano neppure chiare le responsabilità di questo perenne disastro sui binari. Di chi è la colpa? Della Regione? Di Trenitalia? Di addetti inadeguati? O di chi altro? Forse se riuscissimo ad accertare almeno questo, potremmo provare a dare una soluzione ai problemi. L’impressione invece è che prevalga sempre la logica dello scaricabarile. Gli uni addossano la colpa gli altri, gli altri fanno altrettanto. E il conto lo pagano sempre e comunque i pendolari.

 

Nuova Venezia – Vtp, patto di ferro tra Costa e Zaia

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13

dic

2013

 

Veneto Sviluppo e Porto fondano una Newco e conquistano la maggioranza assoluta. Trevisanato: «Ma restiamo pubblici»

Regione e Autorità portuale al comando della società delle crociere. Dal punto di vista politico forse era già così, con una discreta sintonia sulle grandi questioni tra il governatore Luca Zaia e il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa. Ma adesso la Finanziaria regionale Veneto Sviluppo e la società operativa del Porto Apvs srl hanno stretto un patto societario per il controllo della Vtp, Venezia terminal passeggeri, la società che gestisce il traffico crocieristico in laguna. La «gallina dalle uova d’oro», nel senso che negli ultimi anni ricavi e fatturato si sono moltiplicati con grande soddisfazione dei suoi azionisti pubblici e privati. Così Porto e Regione sono andati dal notaio e hanno modificato la struttura societaria. Costituendo insieme una Newco, una nuova società. Così al 34 per cento di quote del Porto (tramite Apvs) si è aggiunto il 21 per cento della Veneto Sviluppo. Totale, 55 per cento e dunque la maggioranza assoluta.

Fatto senza precedenti, che ricorda in qualche modo la vicenda dell’aeroporto di Tessera. Dove una decina di anni fa la stessa finanziaria Veneto Sviluppo, allora della Regione guidata da Giancarlo Galan, vendette le sue quote all’attuale presidente Marchi e ai privati, consentendogli di raggiungere la maggioranza.

«Ma qui è diverso, la società resta comunque in maggioranza pubblica», tranquillizza Sandro Trevisanato, presidente di Venezia terminal passeggeri, «il presidente Zaia me lo ha garantito, ed è stata una delle condizioni per cui ho accettato di tornare presidente».

Trevisanato, avvocato amministrativista, già parlamentare di Forza Italia, è al suo quarto mandato da presidente, e tra i suoi molti incarichi ha anche quello di presidente del Comitato di controllo di Save, la società aeroportuale che partecipa Vtp con circa il 15 per cento delle quote societarie.

Legami sempre più stretti tra i due poteri che amministrano le grandi infrastrutture veneziane e, come denunciano invano da anni sindaci di ogni colore «non rispondono alla città».

Una sorta di potere autonomo che risponde solo agli azionisti e allo Stato (Ministero ed Enac).

«Mi pare logico, si cerca di creare sinergìe tra il polo aeroportuale e quello portuale», dice Trevisanato. Che continua: «Mi pare si stia andando verso una soluzione logica, quella di non abbandonare la Marittima», scandisce, «le ipotesi di Marghera non mi sembrano praticabili».

Quanto alle contestazioni sulle navi sempre più grandi, Trevisanato risponde così: «Siamo criticati per la nostra bravura», dice, «perché la crescita delle crociere è colpa nostra: in pochi anni il numero dei passeggeri è più che quadruplicato. Vuol dire che la società è stata gestita bene, adesso abbiamo quattro scali in Italia, sette all’estero».

E Vtp oggi ha un fatturato di 33 milioni di euro, raddoppiati rispetto al 2006, un utile di 7 milioni. E potenzialità in aumento, come i dividendi. Gli altri soci della società del Porto, che adesso ha cambiato i suoi equilibri azionari, sono privati. La Save di Enrico Marchi con il 15 per cento, altrettanto a una società composta di operatori del porto e agenti marittimi come Santi e Olivetti, titolare della Bassani. Briciole infine alla Camera di commercio, che detiene le quote restanti. La notizia della nuova società è stata accolta con soddisfazione in certi ambienti portuali, con preoccupazione in altri. Si teme un «monopolio» e il possibile passaggio di mano di altre quote, che potrebbero rendere più forti gli operatori privati. «Non succederà», garantisce Trevisanato.

Intanto i destini di Autorità portuale e Regione si avvicinano ancora di più. E potrebbero avere riflessi sui grandi progetti sul tappeto, a cominciare dal canale Contorta – contestato da Comune e comitati – e dal nuovo terminale off shore.

Alberto Vitucci

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Zaia chiede al governo l’inserimento dello scavo del canale tra le grandi opere

VENEZIA – Per il passaggio delle Grandi navi da crociera in laguna di Venezia, la Regione chiede al governo che l’adeguamento del Canale Contorta sia inserito tra le grandi opere, previste dalla Legge Obiettivo. Lo ha annunciato ieri il presidente Luca Zaia al termine della seduta di giunta. Il provvedimento è stato portato dall’assessore alle infrastrutture e alla mobilità Renato Chisso. Con riferimento al problema del passaggio delle grandi navi in laguna, il Ministero delle infrastrutture e trasporti ha previsto infatti che per raggiungere l’attuale porto crociere di Venezia e Marittima sia individuata una via alternativa e praticabile di accesso, in sostituzione dell’attuale transito nel bacino di San Marco, al fine di vietare il transito davanti a Piazza San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40 mila tonnellate di stazza lorda. Per l’intervento di adeguamento della via acquea di accesso alla stazione Marittima di Venezia e per la riqualificazione delle aree limitrofe al “Canale Contorta – Sant’Angelo”, in comune di Venezia, viene quindi richiesto l’inserimento tra le “Opere strategiche” individuate dalla Legge n. 443/2001 (“Legge Obiettivo”), nell’ambito della redazione dell’ “XI Allegato Infrastrutture” del Programma Infrastrutture Strategiche. Il costo preventivato è di 170 milioni di euro, da reperire. La giunta regionale ha anche dato incarico al presidente o a un suo delegato di procedere alla definizione e alla sottoscrizione di un atto aggiuntivo all’Intesa Generale Quadro del 16 giugno 2011, che recepisca l’intervento. Sulla volontà del Ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi – d’intesa appunto con Zaia – di inserire lo scavo del Contorta-Sant’Angelo all’interno della Legge Obiettivo fioccano le polemiche in laguna, anche perché nel vertice di novembre a Palazzo Chigi la procedura accelerata per il provvedimento era stata momentaneamente stoppata anche per il disaccordo del Ministero dell’Ambiente. Il dispaccio del ministro Lupi al comandante della Capitaneria di Porto di Venezia di qualche giorno fa per l’emanazione di un provvedimento ad hoc, era appunto il tentativo di accelerare la corsia preferenziale della Legge Obiettivo, in attesa delle reazioni dell’Ambiente.

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Per il passaggio delle grandi navi da crociera nella laguna di Venezia, la Regione chiede al governo che l’adeguamento del Canale Contorta sia inserito tra le grandi opere previste dalla Legge Obiettivo. Lo ha annunciato il presidente Luca Zaia al termine della seduta di giunta. Con riferimento al problema del passaggio delle grandi navi in laguna, il ministero delle Infrastrutture e trasporti ha previsto che per raggiungere l’attuale porto crociere di Venezia e Marittima sia individuata una via alternativa e praticabile di accesso, in sostituzione dell’attuale transito nel bacino di San Marco, al fine di vietare il transito davanti a Piazza San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40 mila tonnellate di stazza lorda. Per l’intervento di adeguamento della via acquea di accesso alla stazione Marittima di Venezia e per la riqualificazione delle aree limitrofe al «Canale Contorta-Sant’Angelo», in comune di Venezia, viene quindi richiesto l’inserimento tra le «Opere strategiche» individuate dalla Legge numero 443/2001, nell’ambito della redazione dell’«XI Allegato Infrastrutture» del Programma Infrastrutture Strategiche. Il costo preventivato è di 170 milioni di euro, da reperire.

 

Nuova Venezia – Piano casa, Venezia e’ diversa da tutti

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6

dic

2013

l’opinione

di Andrea Ferrazzi – Assessore all’Urbanistica Comune di Venezia Delegato Nazionale Anci Urbanistica

Votato il Piano casa dal Consiglio Regionale Veneto tra polemiche e discussioni accese, si tratta ora di capire come si inserisce nella pianificazione urbanistica del nostro territorio. Perché sta qui il punto. Oggi più che mai vi è bisogno di pianificazione che non può essere costituita dalla sommatoria di interventi parziali e settoriali che rischiano di compromettere ancor più la qualità delle nostre città e del territorio tutto. Quella qualità, sia chiaro, che oltre ad essere una valore imprescindibile per una sana convivenza civile, è anche il vero patrimonio economico della nostra regione che, non a caso, è ancor oggi al primo posto nazionale per turismo ma che rischia di perderlo.

Il Veneto è al secondo posto nazionale per cementificazione; abbiamo un surplus di edificato residenziale e produttivo che rischia di diventare un peso per tutti noi. Il territorio metropolitano veneziano e regionale è ormai un costruito indistinto, in cui il fenomeno della dispersione urbana ha raggiunto un punto limite. Si parla di “sprawl”, cioè di città slabbrate, indistinte, letteralmente “spaparanzate” nel territorio. Dunque, paradossalmente, territori senza città, territori senza “luoghi” e simboli nei quali ritrovarsi come persone e come comunità. E dunque comunità “spaesate”, prive di riconoscimento e di identità. Il Piano casa si applica non solo all’edilizia residenziale (nella quale, peraltro, nei primi due provvedimenti legislativi l’utilizzo si è concentrato quasi esclusivamente sulle nuove costruzioni, spesso invendute, e sugli ampliamenti e non sulla rigenerazione legata alla bio edilizia), ma anche su quella produttiva, ricettiva, commerciale, settori in cui vi è un surplus di edificato e che potranno vedere un’ulteriore ampliamento e dunque consumo del suolo basato su pure logiche speculative.

Aver inoltre eliminato ogni possibilità da parte dei comuni di diversificare gli interventi a seconda della specificità del proprio territorio aggrava ulteriormente la situazione. Venezia non è infatti Bussolengo e Cortina non è Adria. Interventi omogenei su realtà così diverse rischiano di generare situazioni non sostenibili, soprattutto nei centri storici. Si tratta invece di procedere con forza verso il consumo di suolo zero (obiettivo dell’Unione europea per il 2050) e di operare, attraverso la rigenerazione urbana, verso il riuso dell’esistente evitando di consumare terreno libero. La normativa urbanistica, oggi farraginosa e contraddittoria tra il livello nazionale e quello regionale, dovrà essere rivista per costruire città compatte, smart, energicamente efficienti e sostenibili nonchè socialmente integrate. È anche attorno a questi concetti che l’Urbanistica va definendo oggi il proprio senso e il proprio futuro. La posizione dei comuni del veneto e dunque dell’Anci non è perciò una mera difesa delle proprie prerogative, bensì un cogliere esattamente questi temi evitando che la logica emergenziale della crisi economica (peraltro drammaticamente vera) comporti danni peggiori dei benefici anche per la stessa economia.

 

l’opinione

di Gianfranco Vecchiato – architetto

È inutile girarci attorno. In questa stagione l’Urbanistica appare morta. Se in qualche caso sopravvive per cultura politica o per didattica, trova sempre più difficoltà a trasferire le sue regole sul piano concreto. Questo è un male grave per qualsiasi società ed ancor più per quella veneta, erede di un grande passato e di un conflittuale presente. In un dibattito il professor Paolo Feltrin ha ironicamente osservato che se si sommassero gli abitanti previsti da ciascun PRG dei 581 Comuni del Veneto, si arriverebbe al numero di 15 milioni. Ma se questa è ancora la fotografia della realtà, del “modello Veneto”, i Pat non dovevano essere lo strumento efficace per superarla? Non è solo il “terzo piano casa” ad alimentare questo pessimismo su una disciplina che ha conosciuto nel primo Novecento grandi idealità e maestri di pensiero, quanto la quotidiana visione del territorio, di luoghi sempre più alterati, di residui paesaggi trepidi fra insensibilità crescenti. Abbiamo modelli urbani superati dalla attualità di una crisi globale avvitatasi con moto inerziale che attraversa tante aree angosciate dal futuro. L’Urbanistica nata nell’Ottocento si trovò a rispondere ad un processo rivoluzionario: quello industriale in luoghi dove in suburbi malsani vivevano e lavoravano in condizioni igieniche spaventose, masse crescenti di popolazione. Essa ha germinato dottrine politiche e sociali, utilizzato e forgiato pensieri culturali, innestando nell’economia, nei costumi, nella scienza e nella tecnica, visioni del mondo e delle società. È stata, con esiti diversi, al servizio di regimi totalitari e delle più avanzate democrazie. Per sua natura è una disciplina in continua evoluzione. Ora abbiamo sotto agli occhi quotidiane incongruenze: investimenti sovradimensionati o carenti, equilibri che si spezzano, legislazioni prolifiche e norme inefficaci o dannose. Amministrare il coacervo di situazioni compromesse, rende interdipendenti altri fattori. E si cercano allora scorciatoie che non risolvono i problemi di fondo. La Regione Veneto ha accolto nel suo disegno urbanistico sotto il titolo il “Terzo Veneto” anche gli impegni della cosiddetta “Carta di Asiago” , nella quale il compianto Mario Rigoni Stern auspicava il ritorno all’essenziale. Negative non sono le necessità di sconfiggere la burocrazia, la stanza per un figlio, favorire la rigenerazione ed il risparmio energetico ma lo spezzare le questioni senza affrontarle organicamente per migliorare la normalità. Questo allarga il solco fra gli obiettivi scritti ma non praticati, rendendo esiziale l’esercizio della “Politica”. Il critico d’arte Philippe Daverio annotava che mentre in Francia la rivoluzione tagliò molte teste ai nobili, nel Veneto ai patrizi e ai loro epigoni che abitavano le ville è stata, con i capannoni, tagliata …la vista. Bisogna ridare occhi alla nostra mente, al nostro futuro, alla nostra storia. Anche per coloro che verranno. E bisogna coltivare con piena dignità e consapevolezza la nostra cultura.

 

Gazzettino – Zero Branco. Stop discarica Mestrinaro

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4

dic

2013

ZERO BRANCO – L’impianto di smaltimento e recupero rifiuti “speciali”

Discarica Mestrinaro: Zaia ferma il progetto

I residenti di via Bertoneria hanno sempre bocciato il progetto dando vita ad un comitato a tutela della salute

Sta per essere scritta l’ultima pagina della tribolata storia dell’ex ditta Mestrinaro Spa di Sant’Alberto di Zero Branco (oggi Impresa Costruzioni Generali Srl in liquidazione) relativa alla realizzazione di un impianto di trattamento e recupero di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi. La Giunta regionale ha deciso di trasmettere alla Commissione Via (valutazione impatto ambientale) tutta la documentazione acquisita a seguito del blitz dell’aprile scorso dai carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) su mandato della Procura di Venezia. Lo ha reso noto ieri il presidente della Regione Luca Zaia, precisando che “la decisione di far rivedere alla Commissione Via tutte le carte non è irrituale, ma è comunque eccezionale, e rientra nell’ambito di discrezionalità che compete al governo regionale, mentre il Via è un organo indipendente fatto da tecnici che rispondono in proprio dei pareri espressi». Il Via aveva già dato parere favorevole al progetto dell’ex Mestrinaro. Adesso la patata bollente dell’impianto per rifiuti speciali in via Bertoneria a Sant’Alberto torna nelle mani della Commissione. Da rilevare che nel maggio scorso la Giunta regionale con un provvedimento ad hoc aveva, su relazione dell’assessore all’Ambiente Maurizio Conte, già sospeso temporaneamente ogni determinazione riguardante il giudizio favorevole di compatibilità ambientale. Era l’ultima formalità burocratica da espletare a conclusione delle istruttorie della Commissione Via. Ma nel frattempo è intervenuto il sequestro preventivo dall’impianto Mestrinaro da parte della Magistratura e susseguente rinvio a giudizio, tra gli altri, degli stessi Lido e Sandro Mario Mestrinaro per traffico di rifiuti pericolosi. A seguito di questo gli uffici regionali hanno acquisito presso l’autorità giudiziaria la perizia, specie per quanto riguarda le criticità progettuali e di funzionamento del processo di trattamento dei rifiuti speciali a cui fa riferimento il decreto di sequestro preventivo dell’impianto. Stando così le cose, si profila una vittoria per il Comune di Zero Branco e il Comitato No Discarica che stanno portando avanti un’annosa battaglia a tutela dell’ambiente e della salute pubblica.

Intanto gli abitanti della Bertoneria chiedono che vengano portate via le centinaia di tonnellate di terre inquinate da sostanze pericolose come cromo, cobalto, nichel e vanadio e altri prodotti nocivi, ancora stoccare nei capannoni dell’ex Mestrinaro.

Nello Duprè

 

Nuova Venezia – I sindaci bocciano i nuovi orari dei treni

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3

dic

2013

LA PROTESTA»DA PORTOGRUARO A MESTRE

I primi cittadini salgono sul regionale con Legambiente, nuovo attacco: «Viaggiatori penalizzati, la Regione cambi»

MESTRE – Tutti contro il nuovo orario cadenzato. Si sono dati appuntamento ieri mattina alle 7.53 i sindaci della tratta Portogruaro-Mestre, per salire sul regionale 11034, che percorre una delle linee che saranno penalizzate dall’entrata in vigore dei nuovi orari. La manifestazione “Pendolaria”, è stata lanciata da Legambiente e si sta svolgendo in questi giorni in molte città del Veneto, coinvolte dagli stessi problemi. Sul treno assieme ai volontari di Legambiente e rappresentanti dei comitati pendolari, pian piano sono saliti i sindaci dei vari Comuni dove ferma il treno: il sindaco di Marcon, Andrea Follini, il sindaco di Quarto d’Altino, Silvia Conte, l’assessore all’Urbanistica di Ceggia, Mara Bragato, in rappresentanza della Conferenza dei sindaci Francesca Zottis, assessore del comune di San Donà, l’assessore di Portogruaro, Ivo Simonella, il vicesindaco di San Stino di Livenza, Mauro Marchiori, l’assessore di Casale sul Sile Massimo Da Ruos. Dopo il tragitto sul treno, gli amministratori si sono recati verso la sede della Fiab (Federazione Italiana Amici della Bicicletta), dove sono stati ospitati per discutere del nuovo orario.

«Siamo interessati ad una mobilità sostenibile», ha detto Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto, «il nostro obiettivo è ridurre l’inquinamento automobilistico, soffochiamo sotto una pioggia asfalto, non c’è garanzia di mobilità collettiva. Chiediamo un tavolo permanente e un impegno ai comuni. Come cittadini e pendolari è nostro intento dimostrare che il treno lo vogliano prendere, ai comuni domandiamo di riqualificare le aree antistanti le stazioni e renderle raggiungibili».

Nel manifesto che i sindaci sottoscriveranno, si chiede di «destinare più investimenti al trasporto pubblico locale pendolare, di acquistare nuovi treni, di aprire un confronto pubblico sul contratto di servizio, di rivedere la stesura dell’orario cadenzato. Si parla di alleanza tra regioni del Nord, ma siamo in una regione dove non si riesce neppure a tornare dopo una certa ora da alcune parti del territorio. Possibile?».

Il 17 dicembre Legambiente presenterà il rapporto sugli investimenti regionali. Chiosa: «O la Regione cambia, o scelga qualcun altro che gestisca il Trasporto e non chi sta mascherando da mesi gli orari».

«In treno ho parlato con gli studenti», commenta Follini, «sono preoccupati perché d’ora in poi, dopo essere partiti da Gaggio, rimarranno fermi un’ora a Mestre al ritorno».

«Penso ai turisti», interviene Conte, «ai nostri pendolari, agli operatori economici, e agli utenti potenziali: un’amministrazione pubblica ha l’obbligo di migliorare il servizio anche di chi non lo usa. Abbiamo fatto un’indagine, a Quarto il 25 % dei residenti usa il trasporto pubblico, ma c’è un altro 25 % che lo vorrebbe usare se fosse affidabile. Da maggio chiediamo incontri alla Regione, ma si deve cambiare approccio. O si modifica la prospettiva o deve cambiare la Regione».

«Bisogna portare sempre più gente a prendere il treno», spiega l’assessore Simonella, «per questo dobbiamo avere treni più cadenzati, invece abbiamo un buco alla sera, un buco al mattino e un pendolare che si reca a Venezia in mattinata deve tornare in auto. Per aumentare la fruizione, si devono avere treni garantiti a tutte le ore».

«Noi siamo un piccolo Comune», commenta Mara Bragato, «dunque abbiamo ancora meno corse e grossi buchi. La sera chi vuole tornare da Mestre, deve farsi venire a prendere».

«Come Comune e conferenza dei sindaci», chiarisce Zottis, «chiederemo alla Regione di convogliare almeno il 5 per cento del bilancio sui treni, in modo tale che ci sia un investimento in termini di tratte e mezzi, che non sono adeguati».

«Gli incontri fatti finora sono stati solo chiacchiere», critica il vicesindaco di San Stino, «la direzione che sta prendendo la Regione va contro il senso del trasporto».

Marta Artico

 

 

Oggi corteo dalla stazione a palazzo Balbi

Manifestazione dei pendolari a Venezia. Simonaggio (Cgil): «I sindaci scrivano subito a Zaia»

VENEZIA – L’appuntamento con la protesta dei comitati dei pendolari, con in testa Gianni Foffano e Luciano Ferro di Quarto d’Altino, affiancati dai pendolari del comitato del Veneto Orientale, partirà questo pomeriggio alle 14 dalla stazione dei treni di Santa Lucia. Assieme ai manifestanti, ci saranno i lavoratori e i turnisti che devono recarsi al lavoro nelle vetrerie di Murano oppure all’Ospedale civile di Venezia, ma anche residenti che tutti i giorni vanno a Mestre, piuttosto che nella città lagunare. Ad annunciare la loro presenza a fianco ai residenti dei propri comuni, sono i sindaci della tratta Venezia-Trieste, da San Donà a Meolo a Portogruaro, ma in queste ore hanno dato la loro adesione anche rappresentati ed amministratori dei comuni della Riviera e del Miranese. Parteciperanno i comuni di Spinea e di Salzano. E ci saranno Roncade e Casale sul Sile.

«Dobbiamo far sentire la nostra voce», commenta il sindaco di Mirano Maria Rosa Pavanello, «I nuovi orari decisi dalla Regione non vanno in alcun modo verso l’incentivazione del trasporto pubblico. Obiettivo che, oltre ad essere di capitale importanza per la quotidianità come per il futuro del nostro territorio, dovrebbe essere prioritario per un ente come la Regione e una società come Trenitalia».

Da Santa Lucia, tutti insieme i manifestanti marceranno verso palazzo Balbi, per cercare di farsi ricevere dall’assessore regionale ai Trasporti, Renato Chisso.

A sparare a zero contro la Regione e il nuovo sistema di orario cadenzato che entrerà in vigore da metà dicembre, anche Ilario Simonaggio, della Filt Cgil, che oggi sarà presente a Venezia:

«Come sindacato vedremo l’assessore regionale ai Trasporti il 6 dicembre, nella sede di Veneto Strade. Tra i problemi che solleveremo c’è la questione non solo degli orari, ma anche dei materiali rotabili e delle dotazioni organiche. Tra le cose ridicole, annoveriamo quella che Trenitalia può eseguire delle modifiche fino al 9 dicembre, il che fa davvero sorridere, a nostro avviso è una sceneggiata mai vista».

Prosegue: «Sto addirittura pensando se non sia meglio lasciare tutto com’era prima a questo punto, visto che mi sembra ci sia un vero e proprio accanimento terapeutico contro Venezia, a meno che l’idea non sia quella di aumentare la fruizione autostradale, e invito a riflettere anche su ciò».

Chiarisce: «Anche perché in arrivo ci sono aumenti sui pedaggi autostradali. I sindaci scrivano subito al presidente della Regione, Luca Zaia, devono farlo velocemente perché il Governatore obblighi chi di competenza a fare il giro che era stato promesso a giugno, ossia quello di discutere con le amministrazioni locali. Invece si dice che ci sarà un periodo sperimentale di tre mesi, che si allunga e si parla di assestamento di bilancio a marzo».

Precisa: «La nostra denuncia riguarda anche il materiale rotabile. Non ci saranno più treni di prima come qualcuno sostiene, perché abbiamo convogli da rottamare, quindi il saldo sarà sempre il medesimo, ma andrà peggio perché sono previsti meno posti a sedere. I nuovi treni sono stati costruiti nella logica delle metropolitane, solo che nel nostro caso in piedi si faranno anche centinaia di chilometri, non poche fermate».

(m.a.)

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«Il Comune si muova a organizzare l’incontro sul progetto Venezia-Chioggia»

CHIOGGIA. Nuova ferrovia Chioggia-Venezia, il Comune temporeggia ma il comitato popolare vuole una risposta in tempi brevi. Dopo due mesi di incontri cittadini-istituzioni, raccolte di firme, appelli, sembra che l’amministrazione comunale si stia comportando in maniera irresoluta. Almeno così la vede l’avvocato Giuseppe Boscolo Gioachina, del comitato che si batte per il superamento del deficit strutturale del Clodiense. Si tratta di un gruppo ben organizzato, che non vuole rischiare che il lavoro fatto finisca come una bolla di sapone.

«Esprimiamo il nostro rammarico», dice l’avvocato Giuseppe Boscolo, «per il protrarsi dei tempi con cui il Comune di Chioggia sta organizzando l’annunciato incontro pubblico per la illustrazione del progetto della nuova ferrovia verso Padova e Venezia predisposto dalla Regione».

«Il Comune di Chioggia», continua Boscolo «valuti l’opportunità di concordare con Regione e soggetto operativo della nuova Romea commerciale, la sostituzione di uno dei due nuovi collegamenti stradali previsti con la costruzione del tratto ferroviario Chioggia-Piove di Sacco, sulla base dello studio di fattibilità già predisposto dalla Regione nel 2010».

(a.var.)

 

TERRITORIO»IL PIANO CASA

La normativa è entrata in vigore: ampliamenti fino all’80%

Da Venezia a Cortina, gli amministratori sul piede di guerra

VENEZIA – Sindaci, urbanistici e ambientalisti «demoliscono» il Piano casa ter, entrato in vigore il 30 novembre con la pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione. La nuova legge autorizza la costruzione di 150 metri cubi in tutto il Veneto, in deroga ai Prg, e ampliamenti fino all’80 per cento del volulme se realizzati in bioedilizia.

«Non resteremo con le mani in mano. Ci sono alcuni profili di incostituzionalità molto seri – annuncia da Praga il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni -: l’azzeramento della discrezionalità dei comuni sulla pianificazione è un fatto grave, che non va lasciato passare. Solleveremo davanti ai prefetti l’eccezione, coinvolgeremo il governo attraverso l’Anci».

Non meno irritato è il sindaco di Padova, Ivo Rossi: «Con questo piano casa viene cancellata ogni traccia della cultura di pianificazione, è messo in discussione il paesaggio stesso, azzera le specificità del territorio che i comuni conoscono bene. Si rischia davvero di modificare lo skyline delle nostre città, saltano gli standard: una brutta legge, non c’è dubbio».

Sconcertato è anche il sindaco di Cortina, Andrea Franceschi: «Zorzato sostiene che tutti i veneti sono uguali, ed è vero: ma non tutti i territori sono uguali. Non aver colto questo significa che non conosce né il Veneto né l’urbanistica. Come si fa a mettere sullo stesso piano i prati di Cortina con la periferia di una grande città? Faremo ricorso, non c’è dubbio».

Protesta anche il Fai, il Fondo ambiente italiano, che si chiede come sia possibile «reiterare normative che vanno in deroga agli strumenti ordinari di pianificazione».

«Perché spendere denaro pubblico per la redazione di piani urbanistici comunali, se poi devono essere disattesi – spiega Andrea Carandini, Presidente Fai – anche contro la volontà dei sindaci? La conformazione urbana, la destinazione delle aree e l’uso dei suoli meritano attenzione e cura: pianificare significa avere capacità di visione, comporre le regole. Evidentemente – continua Carandini – questi non sono obiettivi ritenuti utili: meglio il caos. La deroga diventa la norma e ci si spinge anche oltre: ogni Comune viene obbligato a uniformarsi cancellando di fatto l’utilità dei propri piani».

E preoccupazione è espressa anche dalla sezione veneta dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu): «Condivido la preoccupazione di chi, sindaci ed associazioni, vede nell’approvazione del piano casa ter il tentativo di superare la pianificazione del territorio – spiega il presidente dell’Inu veneto, Andrea Rumor – dando soluzione al singolo caso».

Per Rumor desta «forte perplessità la possibilità di applicazione anche nei centri storici: il centro storico va tutelato in quanto insieme urbano e non in riferimento ai singoli edifici. Si dimentica – sostiene – che in Veneto come nelle altre Regioni si producono piani e strumenti di pianificazione votati dai Consigli Comunali ed approvati poi da Regione e Province sulla base di una legge regionale».

Forte delusione è espressa per l’atteggiamento del presidente Luca Zaia, che un anno e mezzo fa aveva promesso una legge sullo stop al consumo del suolo mai approvata:

«Il presidente Zaia – lamenta Rumor – ha più volte dichiarato la sua contrarietà a nuovo consumo di suolo, ma poi vengono approvati questi provvedimenti che collocano gli interventi edilizi al di fuori della normale prassi di pianificazione urbanistica formata dalla Regione».

Daniele Ferrazza

 

L’INTERVISTA: tiziano tempesta

«Un messaggio devastante»

VENEZIA – Quando ha letto il testo approvato, non voleva crederci. Tiziano Tempesta, 57 anni, ordinario di Estimo territoriale e ambientale all’Università di Padova, è sconfortato. Domani pomeriggio (ore 17, palazzo Bomben a Treviso) sarà ospite di Fondazione Benetton per parlare di «Paesaggi in trasformazione», con Gabriella Bonini, Massimo Quaini e Marco Tamaro.

Professore, cosa pensa di questa legge? «Sono sconcertato, è aberrante: si è passati dalla finanza creativa all’urbanistica creativa».

In Regione dicono che serve per il rilancio dell’edilizia. «Chi l’ha scritta dimostri che l’ampliamento di una casa esistente è il motore dell’economia. Da noi il settore edilizio è ancora notevolmente sovradimensionato: siamo reduci dalla bolla speculativa. L’anomalia era prima, ora bisogna favorire un ritorno morbido alla normalità».

Il Veneto non ha bisogno di nuove case? «Il 60% dei veneti vive in case singole, la media italiana è del 43%. Il 65% in abitazioni sotto utilizzate, la media nazionale è del 54%. Siamo la seconda regione più cementificata d’Italia, abbiamo più case e capannoni di quanti ce ne servano. Serve altro?»

Cosa la preoccupa di più? «Il messaggio devastante, di continuità con l’assetto esistente. Nel Veneto una casa su quattro è in zona agricola: invece di puntare all’addensamento si concedono cubature sulle cubature esistenti».

Perché va fermata? «Perché rischiamo di trovarci una richiesta di demolizione e ricostruzione di una villa veneta».

Chi l’ha voluta? «É frutto delle pressioni dei costruttori e degli interessi molto forti che ruotano nell’edilizia».

A cosa bisogna puntare? «Il futuro del Veneto è nell’industria di qualità e nel turismo. Guardiamoci attorno: non abbiamo costruito abbastanza? C’è bisogno ancora di case? Per chi?»

(d.f.)

 

A Mira nuove case sulla Riviera del Brenta

MIRA. Accanto alle ville della Riviera del Brenta, un nuovo insediamento di villette in stile moderno. La possibilità è prevista, in deroga agli strumenti urbanistici comunali e con particolare riferimento alle aree ad alta pericolosità idraulica: qui l’aumento di volume arriva fino al 50 per cento dell’esistente.

 

A Cortina un tabià sui Prati di Convento

CORTINA. I prati del Convento, sopra Cortina d’Ampezzo, potrebbero essere intaccati dalla richiesta di costruzione di nuovi volumi ai sensi del Piano casa ter: magari un tabià, un fienile. «Siamo a meno di duecento metri dal campanile – spiega il sindaco Franceschi – e il rischio concreto c’è, magari su richiesta di qualche società con sede a Montecarlo».

 

Ad Arquà villetta con vista sul Poeta

ARQUA’. Una villetta nuova di zecca ammirabile dalla casa del Petrarca. Un’ipotesi tutt’altro che peregrina, quella di nuove realizzazioni nei pressi della casa del Poeta ad Arquà Petrarca. L’articolo 3, comma 3, della nuova legge, consente la costruzione di di «un corpo edilizio separato, purché lo stesso si trovi a non più di 200 metri».

 

l’intervento

Piano Casa assurdo aumenterà il cemento

di Alessandro Zan –  Deputato Veneto di Sel

Guardando a quanto sta succedendo con il Piano Casa varato dalla Regione Veneto viene letteralmente lo sconforto. Si procede come se non ci fosse già un allarme alto sul livello di cementificazione dei nostri territori. Si stima che il Veneto sia al secondo posto tra le regioni più cementificate con una percentuale che è tre volte quella della media europea. A dire queste cose non è solo chi come me ha a cuore l’ambiente ma i dati oggettivi. Di fronte a questo tipo di risultati ci si dovrebbe immaginare che la Regione Veneto attui una politica conseguente. E, invece no, le notizie sono tutt’altro che rassicuranti, anzi l’opposto. Si vuole procedere ad aumentare la cubatura in deroga ai piani regolatori e anche di trasferirla in un raggio di 200 metri, si approvano nuove lottizzazioni in barba non solo a chi si occupa istituzionalmente di urbanistica e di ambiente, ma anche dei sindaci. La risposta di Zaia è che chi si oppone fa demagogia. Un bel modo per eludere un confronto concreto sui provvedimenti adottati. A Zaia andrebbe ricordato che allora era stato anche lui stesso a fare della demagogia quando diceva che non si sarebbe proceduto ad altro consumo di suolo. Ma forse quando faceva queste dichiarazioni semplicemente mentiva. Mentre oggi bisognerebbe ricordagli che questo suo piano casa sa di vecchia politica. A Zaia sicuramente sfugge che gli investimenti nell’edilizia che sappiano guardare al futuro non stanno nel continuare a cementificare ma nel recupero dell’esistente, nella manutenzione, nell’investire in opere di manutenzione e in piani di efficientamento energetico. Insomma in una politica che guardi anche nel settore edile ad un nuovo modo di intendere gli investimenti, l’urbanistica, la tutela del territorio e anche l’occupazione. Ma la giunta di Zaia preferisce fare lo spot del piano che porterà cantieri per un miliardo quando molto di ciò che è stato costruito è oggi invenduto e di classe energetica molto bassa e con il tempo perderà sempre più valore. Il mercato immobiliare è crollato. Vogliamo costruire ancora? Insomma via al cemento, via ai cantieri e chi se ne importa se cancelliamo il territorio del Veneto, chi se ne importa della sua bellezza, dei dati sulla sua bellezza da conservare come priorità non solo per ragioni ambientali e culturali ma anche visto l’interesse turistico della regione. Una regione vorrei ricordare a chi ha approvato questo piano che ha già subito durissimi colpi e tragedie con l’alluvione del 2010 che ha messo in ginocchio un’intera area, e nella quale non è più possibile dare il via libera, con un sostanziale permesso a fare quello che si vuole, a chi pensa solo a deturpare il territorio, alla cementificazione e, come è stato definito a buona ragione questo piano, al far west urbanistico.

 

 

Il ministro delle Infrastrutture scrive alla Capitaneria di Porto per accelerare il progetto dello scavo del canale

È arrivata la corsia preferenziale per lo scavo del canale Contorta-Sant’Angelo, la soluzione più “gettonata” a livello ministeriale per creare una via alternativa al passaggio delle grandi navi in Bacino di San Marco, consentendo comunque che continuino ad attraccare in Marittima. È giunta infatti in questi giorni in laguna una lettera ufficiale del Ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi al comandante della Capitaneria di Porto di Venezia, in cui lo si invita a procedere celermente con la progettazione dello scavo del Contorta-Sant’Angelo.

La lettera del Ministero – già presentata anche al Comitato portuale dal presidente del Porto Paolo Costa, assente, però, lo stesso comandante della Capitaneria – andrebbe di pari passo con l’inserimento del progetto (d’intesa tra Lupi e il presidente della Regione Veneto Luca Zaia) tra quelli regolati dalla Legge Obiettivo, che consentono appunto procedure accelerate e più snelle per la loro approvazione e realizzazione.

Ma qui nasce il problema, perché già a Roma, nel vertice di Palazzo Chigi da cui erano arrivati i primi provvedimenti sull’estromissione delle grandi navi dal Bacino di San Marco, era emerso un contrasto tra Ministero dell’Ambiente e Ministero delle Infrastrutture sull’inserimento del progetto del Contorta-Sant’Angelo tra quelli regolati dalla Legge Obiettivo, bloccandone di fatto l’inserimento.

Ora la lettera di Lupi alla Capitaneria – in cui richiamerebbe il comandante all’applicazione del decreto Clini-Passera – forza invece i tempi e investe l’ufficio marittimo della responsabilità e del peso di una progettazione e del confronto con i progetti alternativi di superamento del Bacino di San Marco per cui non ha neppure la struttura tecnica necessaria.

Sarebbe quindi la Capitaneria a dover emanare quei provvedimenti che non sono stati presi – sotto forma di un decreto – nel vertice romano con i due ministri competenti e il presidente del Consiglio Enrico Letta, agevolando così anche l’inserimento dello scavo nella Legge Obiettivo.

Era stato lo stesso Costa pochi giorni ad annunciare l’ormai prossima emissione da parte della Capitaneria di Porto dei due provvedimenti che da una parte indicheranno lo scavo del canale Contorta-Sant’Angelo come la via alternativa (sia pure da testare in sede di Valutazione d’impatto ambientale con altre alternative) al passaggio delle grandi navi in Bacino San Marco. E dall’altra fisseranno le modalità per la riduzione dal primo gennaio del 20 per cento dei passaggi dei giganti del mare. Dando per scontato, secondo Costa, l’inserimento dello scavo del Contorta-Sant’Angelo all’interno della Legge Obiettivo.

Ma – in attesa di capire se il comandante della Capitaneria emetterà effettivamente quanto prima i provvedimenti e se il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando appoggerà la strategia del collega Lupi – si profila una nuova battaglia legale con il fronte ambientalista.

«Qualcuno non creda – ha scritto solo due giorni fa il Comitato No grandi Navi – di trovare compiacenti scorciatoie come l’incardinare il progetto dello scavo del Contorta nella Legge Obiettivo. I ricorsi sono già pronti nelle mani degli avvocati».

Enrico Tantucci

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Le Caratteristiche del progetto

Via d’acqua di 5 chilometri e larga circa trecento metri 

La soluzione dello scavo del Canale Contorta (lunghezza 4,8 chilometri, larghezza 300 metri, profondità 12 metri), proposta dall’Autorità Portuale per evitare il passaggio delle grandi navi in Bacino di San Marco, facendole comunque attraccare in Marittima, propone appunto, dopo l’ingresso delle navi da crociera nel canale Malamocco-Marghera, di farle deviare nel canale da scavare.

Propedeutico al progetto è però il marginamento con pietrame dell’intero canale Malamocco-Marghera, con una scogliera larga 26 metri e lunga 8 chilometri. Il progetto della scogliera, presentato dal Magistrato alle Acque, è stato però bloccato pochi giorni fa in Commissione di Salvaguardia, proprio per le perplessità diffuse sul suo impatto. Lo scavo del canale Contorta-Sant’Angelo dovrà però essere messo a confronto con altre vie alternative di passaggio, come quella – sostenuta anche dalla Venezia Terminal passeggeri – che propone lo scavo di un grande canale alle spalle della Giudecca, nella parte su, per raggiungere sempre la Marittima. Altre ipotesi progettuali riguardano il passaggio delle grandi navi dal canale Vittorio Emanuele e dalla parte nord delle Trezze. Scartate invece altre ipotesi, come quella sostenuta dell’ex viceministro Cesare De Piccoli, che proponeva di realizzare un nuovo terminal crocieristico in Adriatico, di fronte a Fusina. Non considerata – almeno sino alla definitiva approvazione del piano regolatore portuale e del nuovo terminal off-shore in mare – la proposta caldeggiata dal sindaco di Venezia Giorgio orsoni di portare le grandi navi a Marghera, dove è anche il porto commerciale.

È però di fatto quello che sta accadendo in parte in questi giorni per alcune navi da crociera, per la chiusura della bocca di porto di Lido in seguito ai lavori in corso del Mose, che proseguiranno sino al prossimo aprile.

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