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Gazzettino – I “forconi” a casa di Chisso

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2014

MESTRE – Blitz dei “forconi” a Favaro davanti alla casa di Renato Chisso

C’È POSTA PER TE – Anche Galan e Orsoni nel mirino

Buste piene di escrementi sarebbero state recapitate anche all’ex sindaco Giorgio Orsoni e all’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan

BANCONOTE – Gateano Ferrieri impugna la canna da pesca con le banconote finte per sollecitare la restituzione dei soldi che l’ex assessore avrebbe incamerato

I “forconi” a casa di Chisso

Una busta piena di escrementi e rotoli di banconote finte nella cassetta della posta

Una busta sigillata con dentro escrementi umani e mazzette di banconote da 50 euro stampate e appese ad una canna da pesca simbolo dei soldi rubati con le mazzette legate alla costruzione del Mose. Si è presentata attrezzata così ieri pomeriggio poco prima delle 16, la delegazione del movimento di protesta Forconi Veneti 9 Dicembre in via Col San Martino a Favaro Veneto davanti all’abitazione dell’ex assessore regionale Renato Chisso. Lui all’interno con la famiglia, costretto ai domiciliari, nel giardino due auto parcheggiate e poco distante il latrato dei cani dei vicini che abbaiavano agli insoliti visitatori di una domenica pomeriggio. Un blitz pacifico, durato pochi minuti.

I militanti del movimento dei Forconi arrivano con due auto. Indossano tutti una pettorina di colore giallo e arancio che riporta la scritta «Presidio di Padernello (Tv)». A guidarli c’è Gaetano Ferrieri, 53 anni, il «forcone» già protagonista di clamorose proteste come il presidio in tenda e lo sciopero della fame davanti a Montecitorio e il tentativo di darsi fuoco davanti alla Basilica di San Pietro per chiedere un incontro con Papa Francesco. Ferrieri tiene in mano una canna da pesca. Al posto dell’esca ci sono delle banconote finte arrotolate. «Siamo qui davanti a casa di un ladro politico per chiedergli di restituire quello che ha rubato. Quando uno patteggia vuol dire che è sicuro di venire condannato – ha detto Ferrieri mimando il gesto di pescare dal giardino dell’abitazione di Chisso dei soldi – Stiamo facendo visita a tutti i politici corrotti che hanno rubato nelle tasche degli italiani e in questo caso dei veneziani. Gli regaliamo queste mazzette di soldi finti, le lasciamo nella cassetta della posta magari servono per pagare i loro avvocati. E poi lasciamo anche un altro ricordino».

Ferrieri tiene in mano una busta gialla con su scritto il nome e cognome dell’ex assessore e il suo indirizzo. La apre per far vedere il contenuto. «Ecco, alla Biennale c’è la merda d’artista, questa, invece, è cacca vera, materiale organico, che riconsegniamo a chi nella cacca ha fatto finire questo paese con il sistema corruttivo degli ultimi anni. Una busta come quella che abbiamo consegnato a casa di Chisso l’abbiamo recapitata anche all’ex presidente della Regione Galan e all’ex sindaco Orsoni. Ma non solo, ieri mattina dalle Poste centrali di Mestre abbiamo spedito due buste uguali contenenti «prodotto organico riservato» anche al Premier Matteo Renzi e al ministro del Lavoro Guido Poletti». Cosa chiedete con questa protesta? «È solo un primo passo – aggiunge Ferrieri – Domani mattina manifesteremo davanti alla sede del tribunale di Venezia a piazzale Roma perché vogliamo un incontro con il procuratore capo Luigi Delpino. I reati di questi politici corrotti non devono andare in prescrizione. Se non otterremo risultati bloccheremo il ponte della Libertà».

Raffaele Rosa

 

PADOVA – La frattura frontale non desta preoccupazioni ma ha richiesto alcuni punti di sutura

Galan migliora, medici ottimisti

L’ex governatore ricoverato al Policlinico universitario. Colpito da un albero mentre stava potando in giardino

Rimane ricoverato in una stanza di degenza al terzo piano del Policlinico universitario di Padova. Piantonato da carabinieri e agenti di polizia penitenziaria. Ma le sue condizioni sono in miglioramento, i medici si dicono ottimisti. Confermata la diagnosi della prima ora per Giancarlo Galan, l’ex ministro ed ex presidente della Regione Veneto, rimasto ferito sabato mentre potava un albero nel suo giardino a Villa Rodella, sui Colli Euganei. Una frattura frontale, che ha richiesto alcuni punti di sutura al capo per sanare la ferita lacero-contusa, e una contusione epatica, fortunatamente nessun danno agli organi interni.

Il quadro clinico, dagli approfondimenti effettuati ieri, non evidenzia ulteriori elementi di preoccupazione. Curiosità e stupore tra gli altri ricoverati in una domenica ospedaliera trascorsa lenta anche per quell’ospite illustre, che sta scontando ai domiciliari due anni e dieci mesi patteggiati per lo scandalo Mose. Non nuovo a incidenti domestici (era l’estate scorsa quando cadde, mentre tagliava un roseto, procurandosi una frattura a una gamba per la quale venne ingessato all’ospedale Sant’Antonio di Padova), per Galan l’infortunio dell’altroieri ha quasi ricalcato il copione: sempre Villa Rodella a Cinto Euganeo, sempre una scala, sempre una potatura finita in rovinosa caduta. Stavolta la colpa sarebbe, non dei fiori, ma di un grosso ramo: nel tagliarlo, l’ex governatore cinquantottenne avrebbe il crollo di un albero a fianco che, abbattendosi al suolo, lo avrebbe colpito alla testa. E sarebbe così finito dentro a un attiguo fossato.

È stata la figlia di sette anni a dare per prima l’allarme dopo aver assistito alla caduta del padre, con il quale si trovava in giardino. La bambina ha avvisato la madre Sandra Persegato che ha quindi chiamato dapprima il 118, poi i carabinieri della stazione più vicina a Cinto Euganeo, accorsi a loro volta sul posto. Trasportato velocemente in Azienda ospedaliera a Padova in elisoccorso, Galan è stato dapprima accolto in pronto soccorso centrale, quindi spostato tre piani più su, nel reparto chirurgico per essere tenuto in stretta osservazione.

 

SCANDALO MOSE – L’accusa di Dal Borgo «Ho aperto conti all’estero per Chisso»

MOSE – Il verbale dell’ingegnere bellunese sulle operazioni in due banche. «Investimenti anche in Ucraina»

«Ho portato all’estero i soldi di Chisso»

Dal Borgo chiama in causa il segretario Casarin: «Ho aperto per lui cassette di deposito in istituti stranieri»

Sequestrati agli inquisiti 17 milioni su tre conti

Continua la caccia al tesoro. Di Chisso o di Casarin. O di Chisso e Casarin. La Procura di Venezia ha chiuso le vicende giudiziarie con i patteggiamenti dell’ex assessore alle Infrastrutture Renato Chisso e del suo segretario Enzo Casarin ma non ha affatto chiuso le indagini sui soldi che sono usciti dalle casse del Consorzio venezia Nuova e dell’impresa Mantovani e legati alla realizzazione del Mose.

Renato Chisso ha sempre sostenuto di non aver messo da parte un centesimo – nel conto corrente gli hanno trovato 1.500 euro. Del resto le indagini patrimoniali della Finanza non hanno portato ad alcun risultato. È vero che «portare soldi all’estero sembra costituire la regola, non l’eccezione…» hanno scritto i giudici del Riesame quando si sono pronunciati contro la scarcerazione di Chisso, «ed è certo assai improbabile che un assessore regionale tenga i soldi frutto di corruzione in un conto corrente a nome proprio o a quello dei suoi familiari, presso una banca sita nel territorio della Repubblica».

Adesso la Procura attende l’esito delle rogatorie internazionali. Alle banche di mezzo mondo è stato chiesto di controllare se esistono conti correnti o cassette di sicurezza in qualche modo riconducibili a Renato Chisso. Anche perchè Luigi Dal Borgo, un ingegnere bellunese accusato di false fatturazioni e di millantato credito per essersi proposto a Baita come esperto di “spionaggio”, ha consegnato ad un verbale che finora è rimasto segreto e che pubblichiamo, quella che secondo la Procura è la pistola fumante, ovvero la traccia dei soldi all’estero. In Austria. Li avrebbe portati personalmente Dal Borgo, assieme al segretario di Chisso, Enzo Casarin.

«Al Casarin ho corrisposto vacanze, cene, regalato voli aerei, ma soprattutto mi sono reso disponibile ad aprirgli delle cassette di deposito all’estero. In particolare, in Austria tra il 2004 e il 2005 ho aperto presso la Unicredit e la Raiffeisen Bank di Arnoldstein delle cassette di deposito site all’interno della banca ma gestibili con la sola chiave d’accesso senza necessità di registrazione o di interazione con il personale della banca. Ho poi consegnato le chiavi delle cassette, che mi pare fossero cinque al Casarin Enzo. In occasione della loro chiusura, nel 2013, ho avuto modo di apprendere che cosa contenesse una delle cassette in quanto il Casarin aveva perso le chiavi di una ed era necessario il mio intervento per aprirla. All’interno ebbi modo di vedere, al momento dell’intervento del direttore della Raiffaisen Bank, delle mazzette di banconote da 500 euro ciascuna avvolta in fogli di giornale.

Dal Casarin ho saputo che tali somme erano riferibili alla sua attività di segretario dell’assessore regionale Renato Chisso, che gli aveva dato il compito di gestire tali somme di denaro e il loro deposito fiduciario. Ricordo che il Chisso una volta incontrandomi mi disse: “Mi raccomando, fate i bravi”, riferendosi a me e al Casarin e all’attività di gestione fiduciaria che avevo iniziato su indicazione del Casarin, anche se il mio compito era estremamente limitato. Il Casarin mi disse che aveva messo in sicurezza le somme depositate in Austria tramite dei moldavi di sua conoscenza che successivamente avevano trasportato le medesime tramite i confini sloveni. In tale contesto, negli anni 2007-2008, ricevetti dal Casarin circa 200.000 euro in contanti in due tranches, sia per fare degli investimenti in Ucraina, sia per tenerle sempre quale depositario di fiducia, per conto “del gruppo”, per tale intendendo essenzialmente il Chisso e il Casarin».

Dunque, Slovenia, Moldavia, Austria e Ucraina. I soldi potrebbero aver fatto questo tour. Si tratta di vedere se ne è rimasta traccia da qualche parte. La caccia al tesoro continua.

Maurizio Dianese

 

VIETATI DAI MAGISTRATI RAPPORTI CON ESTRANEI

L’ex assessore ai domiciliari e può parlare solo coi familiari

Renato Chisso, deve restare agli arresti domiciliari senza poter comunicare con l’esterno. Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari di Venezia, Massimo Vicinanza, il quale ha rigettato ieri l’istanza presentata dal legale dell’ex assessore regionale alle Infrastrutture, l’avvocato Antonio Forza, che aveva chiesto la revoca del divieto di avere contatti con persone diverse dai suoi familiari. Alla revoca aveva dato parere negativo anche la Procura.

Il giudice ha ritenuto che vi siano ancora esigenze cautelari che rendono necessario il divieto di comunicare con l’esterno, anche in considerazione del fatto che Chisso non ha messo a disposizione neppure un euro, a fronte di una confisca disposta nei suoi confronti di beni per un ammontare pari a due milioni di euro.

L’avvocato Forza, che nel pomeriggio non aveva ancora potuto vedere il provvedimento di rigetto, si è detto sorpreso della decisione del gip, considerato che, contestualmente al patteggiamento, l’analogo divieto è stato revocato all’ex presidente della Regione, Giancarlo Galan, che dagli arresti domiciliari nella sua villa di Cinto Euganeo può parlare con persone estranee al circolo familiare. Perché a Galan è consentito e a Chisso no?

Nel frattempo il Movimento 9 dicembre (meglio conosciuto come Movimento dei forconi) ha annunciato per oggi una manifestazione di fronte all’abitazione di Chisso, a Favaro Veneto, alla periferia di Mestre, dove lancerà soldi falsi.

(gla)

 

IL CASO – Il blitz del 4 giugno nato sei anni prima

LA PROCURA – Avviate rogatorie internazionali per identificare depositi o titoli

L’INCHIESTA I tre cronisti del Gazzettino che hanno seguito la vicenda ricostruiscono lo scandalo che ha travolto Venezia

La “Retata Storica” ora diventa un libro

Oggi è Roma con “mafia capitale”, ieri era Venezia con il Mose e l’altro ieri era Milano con l’Expo. La storia della corruzione in Italia è un fiume in piena, ormai. Certo, lo scandalo del Mose resta il più grande di tutti i tempi. Basti pensare che la mega tangente dell’Eni che nel ’92 azzerò la classe politica italiana era di 140 miliardi di lire, 70 milioni di euro, mentre per il Mose si parla di 1 miliardo di euro ovvero mille miliardi di vecchie lire. Ed è arrivato da poche ore in libreria il volume “Mose, la Retata Storica” (Edizioni Nuova Dimensione) con prefazione del direttore del Gazzettino Roberto Papetti, che racconta nel dettaglio e in presa diretta l’inchiesta sullo scandalo del Mose.

Il libro scritto da tre giornalisti del Gazzettino – Gianluca Amadori, Monica Andolfatto e Maurizio Dianese – contiene sia il racconto dell’inchiesta che una mole considerevole di documenti esclusivi ed inediti sull’inchiesta Mose, culminata nella “Retata Storica” del 4 giugno 2014, ma iniziata ben sei anni prima con una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza nella sede di una cooperativa di Chioggia che lavorava per il Mose. Da lì gli autori ricostruiscono il filo della corruzione che avviluppa la storia recente di Venezia e del Veneto. Il 4 giugno – il blitz della Guardia di Finanza coordinato dai pm Paola Tonini, Stefano Buccini e Stefano Ancilotto, scatta alle 4 del mattino – diventa dunque la data spartiacque, la data che segna l’inizio della fine per un sistema che si è dedicato al saccheggio dei soldi pubblici per oltre un decennio, utilizzando vari sistemi. Uno anche legale: il Consorzio Venezia Nuova infatti ha diritto per legge a una percentuale del 12% sull’ammontare dell’opera. Si chiamano “oneri di concessione” e siccome finora lo Stato italiano – e cioè i contribuenti – ha speso per il Mose 6 miliardi di euro, il Consorzio ha incassato del tutto lecitamente quasi 700 milioni. Si tratta di quattrini garantiti dalla Legge speciale per Venezia, che il presidente dell’autorità per la lotta alla corruzione, Raffaele Cantone, definisce «legge criminogena» perché affida a privati la gestione dei soldi pubblici. Da questa legge nasce anche il sistema delle tangenti, alimentato in parte dall’aggio del 12% riconosciuto al Consorzio Venezia Nuova e in parte dall’assenza, anche questa ammessa per legge, delle gare di appalto. E siccome le gare di appalto portano mediamente a un ribasso del 30% sulla cifra iniziale, tutte le opere del Mose sono state pagate un terzo in più del dovuto. Dalle casse del Consorzio – cioè dello Stato, cioè dalle tasche dei cittadini – è uscito un fiume in piena di denaro, che si è fermato solo il 4 giugno 2014. E adesso? Alla domanda sul futuro degli appalti pubblici risponde il procuratore aggiunto Carlo Nordio in una conversazione pubblicata nel libro di Amadori, Andolfatto e Dianese.

 

Incidente in villa Galan ricoverato: prognosi riservata

L’ex governatore si è accasciato nel giardino di casa colpito in testa dal ramo di un albero. Lo ha trovato la figlia in un lago di sangue. Trasportato in ospedale a Padova in elicottero

CINTO EUGANEO – Finito in acqua è stato colto da una leggera ipotermia

IN OSPEDALE – “Codice rosso” dopo la Tac: le condizioni non sono gravi

Il deputato del Pdl ai domiciliari era su una scala e stava effettuando una potatura

Frattura cranica per Galan colpito da un albero nella villa

É arrivato al pronto soccorso dell’ospedale civile di Padova con una frattura frontale del capo. L’ha rimediata potando i rami di un albero nella sua villa di Cinto Euganeo. Il ferito è Giancarlo Galan, il re dello scandalo Mose, finito agli arresti domiciliari il 9 ottobre dopo avere patteggiato due anni e dieci mesi. Ieri pomeriggio è uscito dalla villa con una scala e un paio di cesoie per andare nel parco. Si è arrampicato su un albero e poi qualcosa è andato storto. Da una prima ricostruzione dei fatti sembra che un grosso ramo spezzandosi abbia innescato la caduta di un altro albero, che con il tronco ha centrato in pieno Galan. L’ex governatore ha perso l’equilibrio cadendo dalla scala e finendo in una canaletta per l’irrigazione del giardino. A trovarlo a terra con la fronte insanguinata e mezzo bagnato è stata la figlioletta, che ha chiamato la mamma, Sandra Persegato, la quale a sua volta ha avvisato il 118. Proprio in quel momento, intorno alle quattro del pomeriggio, a Villa Rodella è arrivata una pattuglia dei carabinieri della compagnia di Abano Terme. I militari erano intervenuti, come tutti i giorni, per controllare se l’ex doge era effettivamente agli arresti domiciliari. I medici del Suem hanno accertato che le condizioni di Galan, nonostante sia stato sempre vigile, erano gravi e così hanno scelto di trasportarlo a Padova in elisoccorso. In un primo momento è entrato con un codice giallo, per cui media gravità, ma effettuata la Tac i medici hanno deciso di portarlo in area rossa. Hanno deciso di tenerlo sotto osservazione e intorno alle 19 è stato ricoverato nel reparto di Clinica chirurgica al terzo piano del Policlinico con una frattura del cranio. Sembra anche che abbia avuto una leggera ipotermia per essere caduto nell’acqua della canaletta e una contusione al fegato. Insieme a lui c’è sempre stata la moglie Sandra. Le sue condizioni di salute non sono comunque gravi. I carabinieri lo hanno sorvegliato dal sua trasporto in elisoccorso al ricovero nel letto di ospedale. Gli uomini dell’Arma ora lo piantoneranno, perchè l’ex Doge se pure ferito rimane agli arresti domiciliari. Giancarlo Galan non è nuovo a incidenti.

Nel lontano novembre del 1997, quando si trovava a Pola in Croazia con una delegazione della Regione, è scivolato su un gradino di un ristorante reso viscido dalla pioggia e si è fratturato una gamba. La mattina seguente è stato trasportato con un’ambulanza partita appositamente da Padova all’ospedale civile della città del Santo.

E poi lo scorso 5 luglio, ancora a villa Rodella, potando le sue rose si è fratturato tibia e perone. Un incidente adombrato da una serie di sospetti, proprio mentre la Camera decideva se concedere l’arresto dell’ex Doge. Tanto che il 12 luglio Galan si è presentato all’ospedale di Este, dove è stato ricoverato per una “sospetta embolia polmonare in paziente diabetico con trombosi venosa profonda in esiti di recente frattura arto inferiore sinistro”. Quindi giovedì 17 luglio Galan è stato trasferito a Medicina interna, sempre dell’ospedale di Este. Il giorno dopo da Milano è arrivato il cardiologo Giulio Melisurgo che ha visitato l’ex governatore privatamente e ha redatto una relazione. I nuovi documenti sono stati allegati, lunedì 21 luglio, alla nuova richiesta alla Camera di rinviare il voto sul suo arresto a causa del ricovero. Ma il colpo di scena è arrivato martedì 22 luglio, tre ore prima del dibattito a Montecitorio. Infatti l’ospedale ha deciso di dimettere Giancarlo Galan. Ingessato, è stato accompagnato a Villa Rodella da un’ambulanza e qui è stato arrestato, e trasportato nell’infermeria del carcere di Opera a Milano da dove è uscito, per andare agli arresti domiciliari, il 9 ottobre.

Marco Aldighieri

 

Nuova Venezia – Galan ferito nel parco di casa

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7

dic

2014

Colpito da un ramo, finisce in un fosso. Frattura alla testa.

Stava potando una pianta, ha riportato trauma e ferite, poi è caduto in un fossato: a dare l’allarme è stata la figlioletta

Galan ferito da un ramo: frattura al capo

CINTO EUGANEO – Il giardinaggio gioca ancora pessimi scherzi a Giancarlo Galan. Nel pomeriggio, poco prima dele 16, l’ex ministro e governatore del Veneto è stato colpito alla testa da un grosso ramo caduto dalla pianta che stava potando nel parco della sua villa, a Cinto Euganeo. Nell’impatto, ha perso l’equilibrio ed è caduto dalla scaletta appoggiata al fusto, precipitando nella canaletta sottostante, dove è rimasto in acqua privo di conoscenza e sanguinante. La sua assenza è stata avvertita solo a una decina di minuti di distanza, perché l’angolo del parco dove stava lavorando si trova a discreta distanza da Villa Rodella. A scoprire l’ex Doge riverso nel fossato, completamente fradicio, dolorante e in stato di ipotermia, è stata la figlia di sette anni, che – spaventatissima – ha avvertito la mamma, Sandra Persegato che, constatate le condizioni del marito, ha telefonato al 118 sollecitando l’immediato intervento dei soccorsi. Nel frattempo sono giunti anche i carabinieri della stazione di Lotto Atestino, che quotidianamente controllano la presenza di Galan, da due mesi agli arresti domiciliari dopo il patteggiamento di una pena di 2 anni e 10 mesi per le tangenti dello scandalo Mose. Tant’è: in pochi minuti, dall’ospedale di Schiavonia è arrivata un’ambulanza del Suem, mentre da Padova è decollato l’elisoccorso, in attesa del quale il ferito, in stato confusionale, è stato mantenuto immobile. Stabilizzato, è stato caricato in elicottero e trasferito al pronto soccorso del policlinico di Padova. Qui i medici l’hanno sottoposto ad accertamenti e analisi: la tac cerebrale ha evidenziato una frattura cranica e una contusione epatica, escludendo invece ematomi interni. L’incidente, però, gli ha provocato anche una ferita lacero-contusa al capo che ha richiesto alcuni punti di sutura. I sanitari hanno ritenuto opportuno ricoverarlo, in modo da poterlo monitorare per l’intera nottata. Un brutto colpo, con conseguenze serie e dolorose: non è in pericolo ma la prognosi, in via precauzionale, non è stata ancora sciolta.

L’ex presidente e il giardinaggio, si diceva, non vanno a braccetto. Quello di ieri è il secondo infortunio che Galan patisce nel giardino di villa Rodella a causa del suo pollice verde. Lo scorso 7 luglio è volato a terra mentre era intento a potare le amatissime rose. Nella caduta ha rimediato la frattura del malleolo peroneale sinistro, come riscontrato successivamente all’ospedale Sant’Antonio. In seguito all’incidente (quaranta giorni di prognosi) e poi a causa di una trombosi venosa profonda diagnosticata dall’angiologo, i suoi legali hanno chiesto alla Camera un rinvio del voto sull’arresto richiesto dal giudice di Venezia. Il 12 luglio, così, il deputato di Forza Italia – tuttora presidente della Commissione cultura a Montecitorio – è stato ricoverato in ospedale ad Este, nella terapia intensiva di Cardiologia, per forti dolori cardiaci e complicanze cardiocircolatorie dovute a tromboflebite e diabete. Fino al 22 luglio, il giorno del suo arresto, autorizzato infine dalla Camera: l’ex ministro, dimesso dal reparto atestino di Medicina in carrozzina e con la gamba ingessata, ha fatto ritorno a Villa Rodella per raggiungere in serata, scortato dalla polizia, l’ala ospedaliera del carcere di Opera. Ottanta giorni di detenzione, poi la concessione dei domiciliari.

Nicola Cesaro

 

l’iter giudiziario

La “prigione domestica” dopo aver patteggiato

CINTO EUGANEO – La prigione domestica di Giancarlo Galan durava ormai da due mesi, ma certamente non era questo il modo in cui l’ex governatore auspicava di uscire da casa. Il Doge si trovava a villa Rodella, maestosa tenuta di Cinto Euganeo, dal 9 ottobre scorso: in quel giorno il Gip di Venezia Giuliana Galasso aveva firmato il provvedimento per gli arresti domiciliari, mettendo così fine alla sua reclusione nel carcere di Opera. L’ex ministro era rinchiuso nel carcere milanese dal 22 luglio, giorno in cui la Camera aveva votato per l’arresto del deputato. Solo dieci giorni prima Galan aveva dovuto abbandonare casa per essere ricoverato nell’ospedale di Este: le dimissioni dalla struttura sanitaria sono coincise con il suo arresto e con il viaggio verso il carcere.

(n.c.)

 

DEGENZA nella città del santo

Tac cerebrale, poi notte in Clinica chirurgica

Giancarlo Galan non è grave, ma è rimasto sotto osservazione per tutta la notte. Al Pronto soccorso dell’ospedale di Padova stato medicato con una benda in testa, per coprire la ferita causata dalla caduta di un grosso ramo. Grande apprensione da parte dei parenti che gli sono rimasti vicino per tutto il tempo. Anche la moglie, Sandra Persegato, non lo ha lasciato un attimo. L’ex governatore del Veneto, agli arresti domiciliari nella sua villa di Cinto Euganeo è arrivato all’Azienda Ospedaliera di Padova ieri, attorno alle 17, a bordo di un elicottero del Suem. E’ immediatamente stato preso in carico dal personale sanitario del Pronto Soccorso per eseguire i primi accertamenti. Sarebbe stato colpito da un grosso ramo caduto in testa che gli ha provocato un trauma cranico. Attorno alle 19 Galan è stato sottoposto ad una Tac cerebrale, all’Istituto di Radiologia al piano interrato del Policlinico, per verificare che il cervello non avesse subito danni preoccupanti. La prognosi rimane riservata ma l’ex governatore non sarebbe in pericolo di vita. Poco dopo le 20 è stato trasferito dal reparto di prima emergenza, al terzo piano del Policlinico in Clinica Chirurgica prima. È stato trasportato in barella, attorniato dai parenti preoccupati che lo sostenevano rassicurandolo. Una volta entrato in reparto, sono state chiuse le porte di ingresso, per garantire la privacy. L’ex governatore ha passato tutta la notte ricoverato in Clinica Chirurgica prima, diretta dal professor Donato Nitti.

Elisa Fais

 

I comitati contrari alla grande opera hanno pronta una lettera per gli amministratori straordinari

Danella: «Ci sono studi che evidenziano come le paratoie sarebbero in difficoltà con il mare agitato»

«I commissari del Mose devono darci la possibilità di verificare tutte le criticità del progetto. Per anni le nostre denunce non sono state ascoltate».

I comitati «No Mose e Ambiente Venezia» hanno pronta una lettera per i due nuovi amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova. Chiedono di essere ricevuti e di aprire una nuova pagina sulla storia trentennale del Mose.

«Ci sono studi di organismi internazionali», dice Armando Danella, «che hanno messo in evidenza le criticità delle paratoie in condizioni di mare agitato».

Lo studio era stato messo a punto dalla società franco canadese di ingegneria «Principia» per conto dell’amministrazione comunale guidata da Massimo Cacciari, nel 2008. Il Magistrato alle Acque, diretto allora da Patrizio Cuccioletta, aveva cestinato le obiezioni, allegando una breve risposta dei suoi consulenti.

«Ma hanno sempre rifiutato un confronto pubblico», ricorda Danella, «e visto com’è andata forse si capisce perchè».

Nell’inchiesta del Mose che ha portato in carcere nello scorso giugno 35 persone sono state messi sotto accusa anche pareri e consulenze, finiti in una ramificata rete di corruzione.

I comitati adesso chiedono, come già nell’esposto presentato alla Procura e alla Corte dei Conti, che si faccia luce su quei passaggi che hanno consentito al Mose di essere approvato nonostante le critiche. Scartando nel 2008 i progetti alternativi e ignorando le critiche tecniche sul funzionamento delle paratoie.

«Ci aspettiamo di essere ricevuti», dicono i comitati. Intanto i due commissari straordinari, nominati dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro su richiesta del presidente dell’Anac Raffaele Cantone, si sono insediati al Consorzio Venezia Nuova.

«Mi sono dimesso da ogni altro incarico», ha detto al suo arrivo Luigi Magistro, ex vicedirettore delle Dogane, presidente dei Monopoli di Stato e in gioventù ufficiale della Guardia di Finanza ai tempi di Mani Pulite. Così l’altro commissario, l’ingegnere torinese Francesco Ossola, docente al Politecnico e titolare di un avviato studio di progettazione, già consulente nel 1978 del Consorzio per il progetto pilota di rialzo della fondamenta dei Tolentini. Un lungo incontro con i vertici del Consorzio Venezia Nuova – il presidente Mauro Fabris e il direttore Hermes Redi – per rendere operativo un incarico che è il primo del genere in Italia. È stato commissariato un Consorzio e non un ’impresa – come nel caso della Maltauro all’Expo di Milano. Commissariamento che, come specificato nel provvedimento, ha come obiettivo principale il «portare a termine l’opera tenendo al riparo la concessione da azioni criminose». E dovrà durare «fino al termine dei lavori e a collaudo avvenuto».

Alberto Vitucci

 

Già al lavoro i due commissari del Consorzio Venezia Nuova

«Siamo qui per finire il Mose»

Portare a termine il Mose. É l’obiettivo esplicito dei due commissari straordinari del Mose, l’ex direttore delle Dogane Luigi Magistro e l’ingegner Francesco Ossola, che si sono insediati ieri presso il Consorzio Venezia Nuova. I due sono stati nominati dal prefetto di Roma su richiesta del presidente dell’Anticorruzione, Raffele Cantone.

 

Magistro: «Noi rispondiamo all’Autorità anticorruzione»

Rapporti con le aziende attraverso Fabris? «Vedremo»

Il Mose in mano ai due commissari fino al collaudo

VENEZIA «Siamo stati catapultati in questa realtà. Adesso dobbiamo cercare di capire molte cose. Possiamo dire che qui abbiamo trovato, al di là delle note vicende, una struttura di avanguardia». Eccoli i due commissari straordinari del Mose. L’ex direttore delle Dogane Luigi Magistro e l’ingegnere Francesco Ossola sono arrivati ieri mattina in laguna, solo tre giorni dopo la nomina firmata dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro su richiesta del presidente dell’Anac Raffaele Cantone. Un rapido passaggio in Prefettura e poi un lungo incontro all’Arsenale, nella sede del Consorzio Venezia Nuova, con il presidente Mauro Fabris e il direttore Hermes Redi. Gli uomini di Cantone sono da ieri ufficialmente subentrati ai vertici del Consorzio, come espressamente previsto nel provvedimento firmato da Pecoraro. «Ma abbiamo avviato un rapporto collaborativo con le strutture del Consorzio», precisa Magistro. Presto per sapere quali decisioni saranno prese. Anche perché Magistro rimanda all’Autorità anticorruzione: «Noi dipendiamo da loro», dice. Ma appare improbabile un azzeramento completo della struttura, nonostante le parole pesanti usate nel provvedimento. Che prevede peraltro un Comitato consultivo per mantenere il contatto con le imprese. Potrebbe essere lo stesso Fabris a garantire la consultazione? «È presto per qualunque decisione», sorride Magistro, ex ufficiale della Guardia di Finanza e navigato dirigente dell’Agenzia delle Entrate e dei Monopoli, «certo è che da oggi ci occuperemo a tempo pieno del Mose». La nomina dei due commissari dopo la bufera giudiziaria che ha portato in carcere nel giugno scorso 35 persone ha infatti come obiettivo esplicito quello di «portare a termine l’opera» mettendo al riparo la concessione e le imprese da «tentativi di condizionamento criminale». E la nomina dei due commissari resterà valida, scrive il prefetto «fino al termine dei lavori e dei collaudi». Dunque la gara per la gestione non avverrà presumibilmente prima del 2018, e le imprese sono salve. Cosa succederà adesso? I commissari dovranno accertare la regolarità delle procedure e mandare avanti il Mose. Stretti tra la volontà del governo di portare a termine l’opera e la pressione dei comitati e dei critici, che chiedono di verificare la legittimità degli atti approvati da persone poi coinvolte nell’inchiesta per corruzione, tra cui molti tecnici e dirigenti dello Stato. Magistro ha annunciato che «risiederà in laguna». «Mi sono dimesso dall’incarico di dirigente dell’amministrazione finanziaria», precisa. Ossola, docente al Politecnico di Torino e titolare di un avviato studio di ingegneria, è stato tra l’altro il progettista dello Juventus stadium e nel 1998 consulente dello stesso Consorzio Venezia Nuova per uno studio sul rialzo pilota della fondamenta dei Tolentini. «Una piccola cosa, non una direzione dei lavori», ha precisato ieri, «che comunque non c’entra con il Mose». I due commissari, al lavoro da ieri, avranno competenza solo sul percorso della grande opera.

Alberto Vitucci

 

L’atto del prefetto di Roma: nel mirino i collegamenti con la gestione Mazzacurati

Il documento è composto da 22 paginette. C’è la storia di questi mesi a partire dall’inchiesta giudiziaria legata al “sistema Mose”, con la rappresentazione di ciò che è stato (ed è) il Consorzio Venezia Nuova. C’è il racconto di questi mesi dall’azione della magistratura dal cambio di vertice dell’era di Giovanni Mazzacurati (chiamato erroneamente Giuseppe) fino alla gestione dell’attuale presidente Mauro Fabris.

È questo il dossier reso pubblico (sul sito della prefettura di Roma) che ufficialmente annuncia l’incarico ai due commissari, il napoletano Luigi Magistro e il torinese Francesco Ossola, per la gestione e completamento fino al collaudo delle dighe mobili. Un documento che sottolinea la filosofia dell’intervento di Ossola e Magistro, ma che allo stesso tempo offre una radiografia del “sistema Mazzacurati” con considerazioni pesanti del prefetto della capitale, Giuseppe Pecoraro. «L’attivazione – scrive – delle misure di straordinaria e temporanea gestione nei confronti del Cvn è stata proposta dal presidente dell’Anac (Raffaele Cantone ndr) in ragione dell’accertamento di un diffuso sistema corruttivo che ha visto come protagonisti l’allora Presidente (Mazzacurati ndr); i vertici di allora del Cvn e i vertici delle principali imprese consorziate (…)».

Nel dossier si citano interi passaggi dell’ordinanza cautelare sul “sistema Mose” facendo poi riferimento alle numerose pendenze in seno al Consorzio (il contenzioso fiscale con l’Erario e all’Iva non pagata), ma si fanno proprie anche affermazioni che sottolineano il clima che era in atto nel Cvn. Pecoraro si sofferma sul “rapporto anomalo” con il Magistrato alle Acque: «Ne è risultata una vera e propria “gestione di fatto” di funzioni pubbliche da parte di un soggetto privato, il Cvn che ha elaborato importanti documenti solo formalmente riferibili al Magistrato alle acque, che spaziano dagli atti interni allo stesso Magistrato, ai verbali delle adunanze del comitato tecnico, alle convenzioni con il Cvn ai documenti del Magistrato diretti a soggetti terzi». E poi aggiunge: «In definitiva, l’assetto dei rapporti tra l’Amministrazione concedente e il privato concessionario (…) è risultato costantemente condizionato dagli accordi corruttivi, il venir meno dell’esercizio delle funzioni pubbliche è stato seguito da una totale sostituzione del privato al soggetto pubblico deputato ad esercitarle e dalla lesione dell’interesse, definito convenzionalmente a livello comunitario, ad un’esecuzione dell’opera pubblica aperta al mercato».

E in questo senso, avviandosi alla scelta di due commissari per il Cvn, il prefetto di Roma non approva nemmeno il quadro delle relazioni tra Mazzacurati e Fabris, sottolineando come l’organigramma del “dopo Mazzacurati” non abbia risolto alla radice, situazioni di contiguità, collegamento e di possibile continuità rispetto ai soggetti e alle vicende del Cvn. In pratica il modo migliore per annunciare, e o giustificare, il commissariamento dell’ente.

 

Fabris: faremo subito chiarezza

VENEZIA – «È stato un incontro costruttivo e fin dalla prossima settimana entreremo nel merito delle questioni come ad esempio la costituzione dell’organismo consultivo con i quali affronteremo gli altri nodi di gestione del Consorzio Venezia Nuova». Il presidente Mauro Fabris è soddisfatto: il primo approccio con i due nuovi commissari è stato positivo. «Ci siamo dati tempi stretti – dice – Avevo mandato dalle imprese per discutere proprio sulle questioni legate al prosieguo dell’attività del Consorzio. Mi pare che ci siano stati tutti i presupposti per ragionare con chiarezza». Fabris ha consegnato a Ossola e Magistro tutta la documentazione del Cvn (bilanci, situazioni del cantiere e personale). «Si è trattato di un atto formale nel segno della nostra politica di discontinuità e di collaborazione». Intanto, al momento non pare all’orizzonte, la nomina di un terzo commissario.

 

VENEZIA – Sbarcati in laguna Magistro e Ossola: primo contatto con la prefettura, poi visita al Consorzio

I commissari: qui fino al collaudo del Mose

«Questa opera richiede un impegno a tutto tondo, non abbiamo altri grilli per la testa»

Alle redini del Consorzio Venezia Nuova fino al collaudo del Mose. «È quanto si prevede per l’organismo, speriamo di avere anche la salute». Scherza Luigi Magistro, neo commissario del Cvn assieme a Francesco Ossola, i due nomi scelti dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro per il riassetto del consorzio su mandato dell’Autorità nazionale anticorruzione di Raffele Cantone. Non hanno perso tempo i due nuovi commissari: ieri mattina un incontro in Prefettura a Ca’ Corner con il prefetto Domenico Cuttaia e poi di volata nella sede operativa di Cvn per il passaggio di consegne con il presidente Mauro Fabris e il direttore generale Hermes Redi.

«Questo è il primo contatto con il consorzio – ha messo le mani avanti Luigi Magistro – con il presidente Fabris e l’ingegner Redi stiamo entrando nell’operatività della struttura, catapultati in questa realtà con determinate responsabilità. Chiaro che il primo approccio sia di tipo informativo, stiamo ragionando assieme e possiamo definirla una piena ed esaustiva collaborazione». Quella del Mose è una realtà nuova e sconosciuta per entrambi i commissari, anche se Ossola nel ’98 aveva già avuto un incarico con il Cvn. «Ma non era certo sul Mose – risponde l’interessato – non si trattava di un incarico di progettazione, né di supervisione, né di direzione ed è terminato nell’arco di brevissimo tempo».

Da oggi in poi, per i due commissari, Mose a tempo pieno. «Il tema è molto complesso – riprende Magistro – garantiamo un impegno “a tutto tondo” per le esigenze di questa amministrazione straordinaria. Conoscevamo l’importanza dell’opera e ci siamo resi conto che è una struttura all’avanguardia sotto molto punti di vista, già i primi contatti ci hanno dato un’impressione di merito, al di là delle vicende trascorse. Quindi massimo impegno, non abbiamo altri grilli per la testa, ci caleremo pienamente nell’attività».
I due commissari non saranno soli in questa nuova avventura, a breve sarà costituito un consiglio consultivo all’interno del Cvn. «Un organo – spiega Magistro – che entrerà operativo il prima possibile, ma è un tema che va affrontato con la realtà consortile: la sua funzione è rendere possibile l’interlocuzione con le imprese». E per quest’ultime che hanno espresso «mal di pancia» davanti al commissariamento del Cvn, ancora nessun ricorso al Tar. «Ad oggi nessuna azienda – precisano Fabris e Magistro – ha fatto ricorso al Tar». «Ma in quello spirito – aggiunge il commissario – non abbiamo ancora stabilito niente di preciso. Stiamo prendendo “prontezza” di tutta la situazione”. Con il commissariamento sparisce il ruolo del presidente?
«In questo momento no – riprende Magistro – subentra l’amministrazione straordinaria e stiamo riflettendo sul da farsi. Il provvedimento è fresco e noi siamo già operativi».

Giorgia Pradolin

 

Gazzettino – Mose, era falso pure l’avvocato

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2014

L’INCHIESTA – A Fabio Franco Accinelli la Guardia di Finanza ha sequestrato beni per 3 milioni di euro

Un finto legale assisteva Colombelli, l’uomo specializzato in fatture fasulle per conto di Baita

Il falso avvocato era già spuntato nella vicenda del Mose, la novità è che a Fabio Franco Accinelli la Guardia di Finanza ha sequestrato beni per 3 milioni di euro. In dettaglio: 14 immobili, 2 auto, 30 mila euro e 13 mila dollari americani, 33 orologi di pregio e conti correnti vari, più quote societarie. Il tutto fa 3 milioni, per l’appunto. Pensare che Accinelli da “non-avvocato” ha esercitato la professione per oltre vent’anni, spacciandosi non solo per legale del Foro di Milano, ma millantando pure un contratto di professore con l’Università di Trento, dove non l’hanno mai visto nemmeno in fotografia.

Accinelli c’entra con lo scandalo del Mose in quanto legale di William Colombelli, console (falso anche lui) della repubblica di San Marino, specializzato in fatture false (ma i soldi erano veri) per conto della Mantovani di Piergiorgio Baita. Colombelli ha prodotto fatture false per 8 milioni di euro e, quando per lui e la sua società sono iniziati i guai, ecco che è apparso al suo fianco l’avvocato Accinelli. Per sua fortuna – di Colombelli – ad un certo punto l’inghippo è saltato fuori e così il console ha indicato un avvocato vero, Renzo Fogliata, che lo ha assistito nelle fasi cruciali dell’inchiesta, che si è conclusa per lui con il patteggiamento a 1 anno e 4 mesi di reclusione.

Gli inquirenti veneziani che indagano sullo scandalo del Mose si trovano di fronte per la prima volta Fabio Franco Accinelli nel 2011, quando accompagna Vanessa Renzi, una dipendente di Colombelli, ad un interrogatorio. Colombelli è preoccupato che l’inchiesta scoperchi il pentolone delle fatture false. Gli investigatori veneziani intercetteranno una mail indirizzata a Baita: «Caro Piergiorgio, ti scrivo dallo studio del mio avvocato con il quale abbiamo visionato la relazione da te speditami, che è assolutamente insufficiente e non sostenibile di fronte ad un ufficio indagatore».

Baita e Colombelli stanno cercando di arginare il crollo del “sistema” delle fatture false e della mazzette ai politici e per far questo Colombelli ha chiesto aiuto proprio ad Accinelli. Che l’”avvocato” non ha mai preso in mano un Codice lo si scopre quando i magistrati ordinano una perquisizione nel suo studio di Milano, dove non è iscritto all’Ordine degli avvocati. La faccenda “puzza” e la Guardia di finanza decide di andare a fondo. Così scopre che Accinelli non è mai stato iscritto a nessun ordine professionale in nessuna parte d’Italia. L’Università di Trento, neanche a dirlo, nega di averlo mai visto. Per questo Accinelli viene denunciato per esercizio abusivo della professione. E adesso arriva il maxisequestro, dal momento che, secondo la Finanza e la Procura della Repubblica di Milano, quel che Accinelli ha messo da parte in questi anni è provento di attività illecite.

 

 

IL DIBATTITO – Il procuratore aggiunto protagonista all’incontro proposto dalla Fondazione Brusutti

Nordio: «Mose, la corruzione si vince con pene giuste e certe»

«Ciò che c’era di illegale nel Consorzio è stato rimosso e i nuovi dirigenti erano immuni ed esenti da indagini, quindi per noi non costituivano nessun problema. Ma se l’autorità politica e amministrativa ritiene di avere maggiori garanzie con un commissariamento, tale giudizio è insindacabile e la magistratura penale non deve interferire». Così il procuratore aggiunto del Tribunale di Venezia, Carlo Nordio, a margine dell’incontro «Quale futuro? Ricominciamo dall’etica» organizzato dalla fondazione Brusutti all’Auditorium di Ca’ Foscari a Mestre, commenta la scelta di inviare due tecnici e commissariare il Consorzio Venezia Nuova.

Poi, davanti alla platea dell’auditorium, in un parallelismo tra il recente scandalo romano e il caso Mose, affronta il tema corruzione negando che si tratti di un «affare italiano»: «La corruzione c’è sempre stata, in tutti i tempi e i luoghi, e non è legata al nostro Paese o alla crisi economica – dice Nordio – Il vero problema è che se in altri paesi si costruiscono opere pubbliche che servono e funzionano, quelle che si realizzano in Italia sono inutili o funzionano male. E ci ritroviamo pieni di cattedrali nel deserto costruite solo per movimentare grandi quantità di denaro». Qual è la soluzione? Secondo il magistrato veneziano non è certo quella di inasprire le pene o inventare nuovi reati: «Queste anime buone della politica vogliono veramente farci credere che, se avessero reintrodotto cinque anni fa reati come il falso in bilancio, episodi come quello del Mose non si sarebbero verificati? Per ridurre i reati servono invece pene giuste ma certe. Poi è necessaria un’opera culturale per far capire ai giovani, ma in particolare ai loro genitori, che comportarsi in modo etico è utile alla società e quindi anche a noi stessi». Per il successo delle indagini, invece, servono pene più severe per i corrotti che per i corruttori: «Punendo entrambi nessuno parla e inchieste come queste si basano proprio sulle testimonianze».

Il convegno sull’etica, a cui hanno partecipato anche il procuratore generale della corte dei conti Diana Calaciura Traina, il prefetto di Verona, Perla Stancari, e l’arcivescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi, è stato aperto dell’intervento della presidente della Provincia, Francesca Zaccariotto: «Nel nostro territorio la disoccupazione giovanile supera il 30%. I giovani invece devono essere coinvolti e responsabilizzati – afferma Zaccariotto – E la politica ha proprio questo compito. Anche queste sono scelte etiche che influiscono sulla qualità della vita di tutti».

 

Cvn, il malessere delle imprese

E spunta l’idea di ricorrere al Tar

Alcune aziende del Consorzio, non toccate dalle indagini, critiche sul commissariamento

Francesco Ossola e Luigi Magistro arrivano a Venezia. I due commissari del Consorzio Venezia Nuova appena scelti dal Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, oggi faranno capolino in Laguna. Un breve viaggio per “assaporare” il clima. Prima un incontro in Prefettura a Ca’ Corner con il prefetto Domenico Cuttaia e poi l’arrivo nella sede del Consorzio Venezia Nuova all’Arsenale. E di argomenti all’ordine del giorno ce ne saranno parecchi. Innanzitutto il riassetto del Consorzio su mandato dell’Autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone, ma anche un vero e proprio “passaggio di consegne” che si vorrebbe il più indolore possibile. «Ribadiamo la nostra più completa disponibilità – ha sottolineato il presidente del Cvn, Mauro Fabris – La nostra linea non cambia».

Ma di mezzo c’è pure qualche mal di pancia. Ed è quello di alcune aziende non coinvolte nello scandalo, che siedono nel Consiglio direttivo e non ci stanno ad essere accumunate alle ditte travolte dalla bufera giudiziaria. Queste imprese, che hanno sottolineato con forza l’auspicata “discontinuità” dell’attività del Consorzio rispetto al passato, hanno fatto ventilare l’ipotesi di un ricorso al Tar contro le procedure annunciate dal prefetto di Roma. «Siamo fedeli alla linea già espressa: – ribadisce Fabris – piena collaborazione, ma non c’è dubbio che qualche “malessere” esiste». Ieri in questo clima di fibrillazione per il nuovo vertice del Cvn, con due “commissari” chiamati a portare a termine l’opera e ad avviare le procedure per la gestione futura delle dighe mobili, proprio il consiglio direttivo del Cvn ha deciso di dare mandato al presidente Fabris di rappresentare ai due commissari Ossola e Magistro la posizione del Cvn su alcuni temi che non riguardano solo le azioni per concludere il Mose entro i tempi annunciati (2017).

«Ci sono molte questioni aperte – ribadisce Fabris – ad esempio il contenzioso fiscale per un ammontare di 30 milioni di euro; la vicenda dei finanziamenti europei ai quali deve essere data garanzia; le azioni legali nei confronti della gestione Mazzacurati e infine la questione del personale (funzionari, personale, maestranze)». E a tutto questo si potrebbe aggiungere come possibile “spada di Damocle” un’eventuale corsa contro il tempo (ci sono al massimo trenta giorni per presentare un ricorso) qualora la situazione volgesse al peggio con uno scontro diretto davanti ai giudici del Tar.

Ma ci sono anche altri interrogativi come il ruolo del nuovo “consiglio consultivo” inserito nel provvedimento del Prefetto di Roma. Chi ne farà parte? Per ora non è chiaro. E rimangono i nodi sugli “stipendi” dei due commissari, che saranno parametrati al “valore dell’opera”, quindi presumibilmente robusti. Ma non è tutto. All’orizzonte in ultima istanza, potrebbe esserci anche un terzo commissario.

Infine c’è da registrare la presa di posizione del giudice Carlo Nordio in un dibattito a Mestre: «Ciò che c’era di illegale nel Consorzio è stato rimosso – ha detto – e i nuovi dirigenti erano immuni da indagini. Ma se l’autorità politica e amministrativa ha deciso così, tale giudizio è insindacabile».

 

Nuova Venezia – Mose, commissario-consulente

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4

dic

2014

Francesco Ossola nel ’98 ricoprì un incarico per il Consorzio Venezia Nuova

Francesco Ossola, uno dei due commissari del Consorzio Venezia Nuova nominati dal prefetto di Roma e che da oggi saranno in laguna, nel 1998 fu consulente del Cvn, come direttore dei lavori in un cantiere ai Tolentini.

Francesco Ossola nel 1998 ha diretto i lavori del cantiere dei Tolentini in un progetto pilota per alzare rive e fondamenta

Il commissario? Fu consulente del Cvn

VENEZIA – Un commissario che è stato consulente del Consorzio. Arriveranno oggi in laguna i due commissari nominati dal prefetto di Roma per sostituire presidente e Cda del Consorzio Venezia Nuova.

E uno dei due, l’ingegnere torinese Francesco Ossola, è stato nel 1998 consulente, insieme con l’architetto Gianfranco Cavaglià, per il cantiere dei Tolentini: il progetto pilota di rialzo delle rive e delle fondamente per preservarle dall’acqua alta.

Un particolare che fa discutere, dal momento che alla base del provvedimento sollecitato dal presidente dell’Anac (associazione nazionale anticorruzione), il magistrato Raffaele Cantone, e preso dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro c’era la discontinuità completa con la gestione precedente del Mose.

L’ingegnere invece, noto professionista e docente al Politecnico di Torino e titolare di uno studio progettista tra l’altro dello Juventus stadium di Torino, a Venezia ha già lavorato, anche se qualche tempo fa, alla fine degli anni Novanta.

Arriverà già stamattina in laguna nella sua nuova veste di commissario straordinario, insieme a Luigi Magistro, 55 anni, ex ufficiale della Guardia di Finanza e direttore dei Monopoli di Stato oltre che dell’Agenzia delle Entrate. Faranno visita al prefetto, poi incontreranno i vertici del Consorzio Venezia Nuova, il presidente Mauro Fabris e il direttore Hermes Redi e il Consiglio di amministrazione. Che si è riunito ieri sera in Arsenale e dopo un lungo dibattito ha dato mandato al presidente Fabris di rappresentare ai due nuovi responsabili del concessionario il panorama dei lavori e la «tutela delle imprese». Peraltro ampiamente prevista nel provvedimento di Cantone e del prefetto di Roma.

Accanto ai commissari l’ordinanza prevede infatti di istituire un «Comitato consultivo» di collegamento con le imprese. Alla fine il Consiglio ha anche deciso su proposta del presidente Fabris di «non opporre resistenza» all’arrivo dei commissari. Decisione non tanto scontata, dal momento che i legali delle aziende avevano fatto presente che il provvedimento potrebbe essere illegittimo, dal momento che a nominare i commissari doveva essere secondo loro il prefetto di Venezia, visto che le convenzioni sono state firmate in laguna, nella sede del Magistrato alle Acque. Che ha cambiato nome all’indomani dello scandalo che ha visto arrestati per corruzione i suoi due ex presidenti Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta, insieme all’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan e ad altre 35 persone e adesso si chiama Provveditorato alle Opere pubbliche del Veneto.

I commissari secondo l’ordinanza dovranno garantire la conclusione dei lavori del Mose mettendoli al riparo dalla corruzione. Cantone e successivamente il prefetto non hanno ritenute sufficienti le misure di rinnovo della governance e i provvedimenti presi dalla nuova gestione e dalla presidenza Fabris E hanno usato nel provvedimento parole molto dure verso Fabris e Redi. E hanno scelto di nominare i due commissari, a cui potrebbe aggiungersene un terzo «nel numero massimo previsto dalla legge». Che resteranno in carica, c’è scritto nel provvedimento «fino alla conclusione dei lavori e all’avvenuto collaudo».

Significa che la gara per assegnare la gestione del sistema Mose non potrà essere avviata prima del 2018-2020. Nel frattempo le imprese, che pur avendo in parte rinnovato i loro vertici sono le stesse dello scandalo con la maggiore azionista Mantovani subentrata una decina di anni fa a Impregilo, resteranno tutte al loro posto. Insomma, un groviglio. Anche perché l’azione dei commissari, come prevede la legge, dovrà essere limitata all’esecuzione dell’opera e non comprende le altre attività del Consorzio come la bonifica e la morfologia lagunare.

Alberto Vitucci

 

Il suo primo atto, una volta ricevuta la notifica della nomina, è stato quello di rassegnare le dimissioni da vice direttore generale dell’Agenzia Dogane e Monopoli. Luigi Magistro, fresco di nomina a commissario straordinario del Consorzio Venezia Nuova assieme all’ingegnere Franco Ossola, resterà comunque a Roma per il tempo necessario al passaggio di consegne. Fino a quando non assumerà l’incarico a Venezia, Magistro ha fatto sapere che non intende parlare del nuovo incarico. Nessuna dichiarazione neanche da Ossola che è anche docente al Politecnico di Torino.

Le reazioni del mondo politico e produttivo alla nomina da parte del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, non sono ovviamente mancate e sono tutte di segno positivo. Ugo Cavallin, presidente dei costruttori veneziani, auspica che il Mose possa essere completato al più presto e che i lavori non subiscano interruzioni.

«Non possiamo nascondere – ha però osservato – un certo timore che la discontionuità, soprattutto dal lato tecnico, possa richiedere dei tempi di “ambientamento” difficilmente compatibili con le esigenze di un rapido processo di ultimazione delle opere».

Cavallin fa anche notare come siano decine le società di costruzioni veneziane impiegate nei lavori, che nulla hanno a che spartire con i fatti emersi dall’inchiesta giudiziaria.
«Stanno operando in attività altamente specializzate nell’ambito di lavorazioni edili e marittime – ha proseguito – acquisendo nuove competenze tecnologiche che consentiranno loro di operare con successo anche all’estero».

Per Gennaro Marotta, consigliere regionale di Italia dei Valori, il momento è importantissimo e soprattutto era molto atteso.
«Bisognava cambiare registro – ha commentato – e questa decisione fornisce un preciso segnale di discontinuità. Negli appalti serve pulizia e trasparenza, bisogna dire basta ai nomi legati in qualche modo alla politica, spesso a doppio filo. Ben vengano i commissari – ha concluso – per ripartire da basi completamente diverse e auspicando che vengano resi pubblici tutti i dati dell’opera, compresi la sua gestione e manutenzione».

M.F.

 

Nuova Venezia – Nominati due commissari per il Mose

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2

dic

2014

CONSORZIO VENEZIA NUOVA

Consorzio Venezia Nuova, nominati due commissari, proprio come era stato richiesto dall’Autorità anticorruzione. Sono Francesco Ossola, ingegnere del Politecnico di Torino, e Luigi Magistro, numero uno dei Monopòli di Stato.

Consorzio Venezia Nuova. Sono l’ingegnere Ossola e Magistro, numero uno dei Monopoli. Fabris: «Siamo a disposizione»

Roma nomina i commissari per il Mose

Un ingegnere del Politecnico e il direttore dei Monopoli di Stato sono i due nuovi commissari del Consorzio Venezia Nuova. Il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro ha nominato ieri i due tecnici che dovranno gestire il Mose «fino alla completa esecuzione dell’opera e al suo collaudo definitivo», come prevede la legge anticorruzione. Sono l’ingegnere Francesco Ossola, titolare di uno studio di progettazione e docente al Dipartimento di Ingegneria strutturale edile e geotecnica al Politecnico di Torino. Esperto di strutture in cemento armato e di progettazione di stadi e alti edifici. E Luigi Magistro, vicedirettore dell’Agenzia delle Dogane, numero uno dei Monopoli di Stato. Un passato da ufficiale della Guardia di Finanza, ha lavorato con Gherardo Colombo ai tempi di Mani pulite, ha inventato il redditometro, già direttore di Equitalia. Sui giornali ci è andato quest’estate per via delle polemiche sui tripli incarichi e i molteplici gettoni. A cui adesso potrà aggiungersi quello di commissario per il Consorzio. Un compenso massimo fissato per legge intorno ai 170 mila euro.

I due commissari potrebbero insediarsi già nei prossimi giorni, o più probabilmente il primo gennaio, per dar tempo all’attuale gestione di chiudere il bilancio 2014. Nel decreto del prefetto si accolgono in toto le richieste avanzata dal presidente dell’Anac (autorità anticorruzione) Raffaele Cantone.

Il provvedimento inviato ieri al Consorzio, ribadisce il rischio che l’intreccio criminale possa perdurare. Non singoli episodi, accertati dalla Procura, ma un «complesso intreccio di attività di corruzione» che possono influenzare la politica. Non sono state ritenute sufficienti, come peraltro indicato da Cantone nel suo provvedimento di richiesta del commissariamento, le novità introdotte nella governance del Consorzio lo scorso anno, con la nomina del nuovo presidente Mauro Fabris e del direttore Hermes Redi al posto di Giovanni (nel decreto è citato come Giuseppe) Mazzacurati.

Anche sul rinnovo parziale del Consiglio di amministrazione», il prefetto scrive che i «mutamenti intervenuti non sono tali da escludere il rischio di condizionamenti illeciti nell’esecuzione della concessione». Che va «monitorata» ma non abolita. Anzi, il compito dei due nuovi commissari sarà proprio quello di portare a termine l’opera al riparo da rischi di ogni tipo garantendo la legalità. Un «ribaltone» annunciato da mesi, e adesso operativo. «Prendiamo atto e come detto siamo disposti alla massima collaborazione», commenta con un po’ di amarezza il presidente Fabris, «in questo anno e mezzo abbiamo concluso la fase dell’emergenza, aderito alla sanzione di 27 milioni di euro. Adesso attendiamo il passaggio delle consegne».

Alberto Vitucci

 

Ma le imprese mantengono il loro ruolo. Previsto nel decreto un Comitato consultivo

Arriva il commissario ma le imprese del Mose si rafforzano. Anche con l’azzeramento dei vertici e del Cda del Consorzio Venezia Nuova, il ruolo delle imprese consociate non si riduce. Anzi. Il decreto firmato ieri dal prefetto di Roma prevede che la gestione straordinaria perduri «fino al definitivo collaudo dei lavori oggetto di concessione». Ma i due commissari, dice il prefetto, dovranno agire «in coerenza con quanto previsto nell’atto costitutivo del Consorzio, garantendo forme di interlocuzione consorziate idonee a consentire alle stesse la formulazione di proposte per l’ottimale realizzazione dello scopo del Consorzio». A tal fine sarà costituito un apposito Comitato consultivo che dovrà garantire un’adeguata rappresentanza delle imprese consorziate». Anche le linee guida saranno adottate «sentite le imprese consorziate».

(a.v.)

 

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