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Le ditte non pagate dalla Coop costruzioni di Modena per i lavori alla Gazzera e in via Olimpia battono cassa al Coveco

Nel cantiere non hanno lasciato nemmeno una carriola. In compenso, hanno creato un “buco” di alcuni milioni di euro tra fornitori e subappaltatori non pagati. Che, adesso, battono alla porta della Covevo, il consorzio veneto della Lega delle cooperative che aveva affidato i cantieri mestrini dell’Sfmr ad una sua consociata, la Cooperativa costruzioni di Modena. Quella che ha bloccato la costruzione delle stazioni del “metrò di superficie” di via Olimpia oltre a tutta la viabilità del nodo della Gazzera.

«Siamo i primi a subire il default della nostra consorziata – allarga le braccia Devis Rizzo, presidente del consorzio che ha sede in via Ulloa -. Non sono falliti, ma stanno andando verso una procedura di concordato e forse da lì qualcuno ha detto a tutti i creditori di rivolgersi a noi. Ma noi i soldi ricevuti dalla Regione per l’avanzamento dei lavori li abbiamo interamente girati alla Cdc di Modena, crediti probabilmente ceduti alle banche».

A quanto ammonterebbe il “buco”? «Fornitori e subappaltatori avanzano qualche milione – risponde Rizzo -. Ho la fila qui fuori dalla sede di Marghera, ma i soldi che ha incassato il Consorzio sono stati tutti girati all’impresa».

Ricapitolando: il cantiere (della Regione) è più o meno fermo da almeno sei mesi, e comunque è tuttora abbandonato bloccando la realizzazione delle ultime due stazioni dell’Sfmr (Gazzera e via Olimpia) oltre alle bretelle e by-pass tra via Brendole, via Gazzera Alta e nuova stazione di via Olimpia. Un cantiere aperto il 3 settembre 2009 e che doveva essere chiuso in 930 giorni, cioè il 20 marzo 2012, ma – variante dopo variante – la data di consegna dei lavori era slittata fino al 16 ottobre 2014. Siamo nel marzo 2015 ed è tutto ancora un sentiero di guerra, con l’aggiunta che ora non c’è più nemmeno l’impresa.

«Ma noi non abbandoneremo il cantiere – riprende Devis Rizzo -. Nelle prossime ore revocheremo i lavori alla Cdc di Modena ed abbiamo già individuato un’altra impresa del nostro consorzio alla quale affideremo le opere. Siamo costantemente in contatto con la Regione e contiamo di chiudere a breve questo passaggio. Quando? In primavera contiamo di rimettere in moto il cantiere».

Di certo in Regione dovevano accorgersi un po’ prima che le cose non stavano andando per il verso giusto. Se l’appalto iniziale era stato aggiudicato per 12 milioni e 526mila euro alla Coveco, l’anno scorso l’ex assessore Renato Chisso portò in Giunta un “accordo bonario” con l’impresa. Per i vari problemi emersi a cantiere già aperto (perfino un errore nel calcolo delle distanze tra le nuove stazioncine di Gazzera e via Olimpia, costringendo a limitare la prima solo a servizio della linea per Udine, ed arretrando di 300 metri verso la Gazzera quella di via Olimpia, rendendola così raggiungibile a piedi anche da questa parte della città) la Coveco chiese un aumento dell’importo di altri 18,9 milioni di euro, una volta e mezza l’appalto iniziale.

Fatte tutte le valutazioni, la Regione accordò “solo” 2 milioni e 756mila euro in più alla Coveco (e quindi alla Cdc) che, però, non sono bastati a salvare i conti dell’impresa modenese, né a saldare i debiti con tutte le imprese ed i fornitori che in questi anni hanno lavorato nei cantieri di Gazzera e via Olimpia.

Oggi c’è solo da sperare che si trovi davvero un’altra impresa pronta a subentrare per riprendere i lavori: se la Coveco dovesse rinunciare all’appalto si dovrebbe infatti andare ad una nuova gara, con ulteriori ritardi di anni su un cronoprogramma ampiamente sforato. E anche il metrò di superficie finirebbe tra le tante, innumerevoli incompiute di Mestre.

 

JESOLO – Il “no” ai grandi centri commerciali divide il Consiglio

Il Consiglio comunale approva un atto di indirizzo per vietare la realizzazione di nuovi centri commerciali con superficie di vendita superiore a 2.500 metri quadrati. Bocciato, invece, l’emendamento presentato da Mirco Crosera che ha chiesto il divieto a qualsiasi ipotesi di centro commerciale.

Il tutto con una lunga battaglia interna alla maggioranza, durante la quale il sindaco Valerio Zoggia ha invitato Crosera a lasciare la maggioranza per sedersi tra i gruppi di minoranza: «Perché considero il consigliere Crosera – ha chiarito il sindaco – un consigliere di opposizione a tutti gli effetti».

Opposto il pensiero dello stesso Crosera, che ha risposto annunciando di non voler lasciare la maggioranza. In mezzo a tutto questo c’è stata l’approvazione del nuovo atto. «Cinque giorni dopo la mia proposta fatta nel precedente Consiglio comunale – ha detto Crosera – la giunta ha approvato un atto di indirizzo contro i centri commerciali superiori a 2.500 metri quadrati, ora lo stesso viene discusso in Consiglio comunale. Evidentemente ero sulla buona strada: ribadisco la necessità di approvare un atto che vieti qualsiasi trasformazione di area artigianale a commerciale, anche di un solo metro quadrato».

«La nostra proposta è questa – ha detto secco il sindaco Zoggia – ribadiamo, come del resto abbiamo già detto più volte, il “no” a nuovi centri commerciali superiori a 2.500 metri. Per quanto riguarda altre ipotesi, con il nuovo Pat che a breve verrà approvato e presentato, verrà fatta la massima chiarezza».

Giuseppe Babbo

 

Gazzettino – Vitalizi, gli ex preferiscono il silenzio

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1

mar

2015

REGIONE VENETO – I 60 ex consiglieri che non vogliono tagli alle pensioni d’oro: «Rivolgetevi al nostro avvocato»

In pochi accettano di parlare. D’Agrò: «É una vergogna». Favaro: «Sacrifici sì, ma per tutti»

LA NUOVA LEGGE – Previste riduzioni dal 2,5% al 22,5%

LA SCELTA «Noi ci siamo ridotti l’indennità e il risparmio è andato al sociale»

Chi si difende e accetta di spiegare un’azione che agli occhi dei comuni mortali non ha una giustificazione che sia una e chi butta giù il telefono o ripete meccanicamente «parli con l’avvocato». Sono varie e articolate le reazioni del gruppetto di ex consiglieri regionali ben decisi a serrare le fila e marciare compatti contro una legge per loro ingiusta e iniqua, quella che mira a ridurre, per un massimo del 15% e per non più di tre anni, i loro vitalizi. «Una battaglia di principio», sibila qualcuno. Vai a capire quale principio.

«Noi prendiamo tanto, è vero – mette subito in chiaro Luigi D’Agrò, ex consigliere regionale vicentino da 4.111,05 euro netti al mese – ma questo ricorso ha una sua logica. Prima cosa: quando si decidono dei tagli alle categorie del pubblico impiego con un certo tipo di stipendio, allora devono valere per tutti. Quando hanno provato a ridurre gli stipendi di giudici e magistrati, questi hanno fatto ricorso e tutto è tornato come prima. Noi, come consiglieri regionali, ci siamo ridotti l’indennità spontaneamente del 20 per cento e nessuno ha fiatato. Secondo aspetto: la Regione può anche decidere di fare una legge per ridurre i vitalizi che eroga ai sui ex consiglieri. Mi può anche stare bene. Ma non accetto che la Regione applichi tagli maggiori a chi ha anche un vitalizio in quanto parlamentare. Sarà la Camera o il Senato a decidere se tagliare o meno il proprio vitalizio. È una questione di giustizia».

D’Agrò ha coraggio da vendere. È quasi ammirevole nel difendere una posizione a dir poco scomoda. E non gli mancano certo gli argomenti: «Mi dica una cosa – s’infervora – perché uno come Giletti (giornalista e conduttore Rai, ndr) che prende 340mila euro lordi l’anno può andare in televisione a fare una crociata contro un parlamentare che ne prende 130mila, sempre lordi? Non sono sempre soldi pubblici? Che ognuno faccia il proprio mestiere. Solo che il deputato ha anche molte più responsabilità mentre non si capisce l’altro che contributo dia al Paese. Dare addosso al politico è il modo che certe categorie hanno per giustificare i propri benefici». Finita qui? No. Alla fine arriva il colpo da maestro: «È una vergogna che si sputi sempre addosso agli ex deputati che hanno garantito la democrazia del Paese».

E mentre D’Agrò battaglia per difendere quella che reputa una giusta causa, altri si defilano. Giorgio Carollo – 4,125,36 euro di vitalizio – è sbrigativo: «Avete già pubblicato tutto, non ho niente da dire».

Renzo Marangon è telegrafico: «Parli con l’avvocato». Sì, ma i vitalizi sono troppo alti? «Parli con l’avvocato».

E l’avvocato in questione, il bellunese Maurizio Paniz, non è che abbondi in parole: «Faccio l’avvocato e non bado all’opinione pubblica. Non si fanno i processi sui giornali», taglia corto.

E sempre da Belluno, Giovanni Crema – 1.836,57 euro al mese – è lapidario: «Si tratta di una questione meramente giuridica. La polemica? Non mi interessa. Non ho nulla da dire: ritengo che il consiglio regionale abbia sbagliato. E sarà il Tar a decidere se è davvero così. Se il provvedimento invece è giusto, il cittadino Crema si adeguerà, come ha sempre fatto».

Per chiudere Giampietro Favaro, trevigiano, 3.878,24 euro mensili: «A me sta bene ogni cosa. Ma se lo Stato chiede sacrifici, allora li facciano tutti. Decidiamo che le pensioni superiori a un certo limite siano tassate più delle altre? Ci sto. Ma il principio deve valere per tutti e non solo per i politici».

 

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Ruffato:«Prendono 4mila euro e si lamentano? Ma per favore…»

«Mi aspettavo il ricorso, me ne hanno dette di tutti i colori. Difenderemo la nostra legge, non è una norma populista»

«Sacrifici? Sì, certo bisogna farli. E da qualche parte bisognerà pur cominciare. E allora partiamo dai politici».
Clodovaldo Ruffato, presidente del Consiglio regionale veneto, è serafico. Non è stato per nulla colto di sorpresa dal ricorso al Tar contro il taglio dei vitalizi. Anzi: se lo aspettava. E non si scompone: «Siamo convinti di questa legge, la difenderemo davanti al Tar e in ogni altra sede di giudizio». Insomma: che guerra sia.
Presidente, c’è chi dice che non è possibile trattare così chi ha lavorato come consigliere regionale o deputato per difendere la democrazia del Paese.
«Per carità, nessuno mette in dubbio la difesa della democrazia. Ma è anche vero che dedicarsi alla politica è una scelta volontaria. Nessuno viene obbligato. L’alternativa è starsene tranquillamente a casa a badare alle proprie cose. La politica è servizio ai cittadini e passione. Cerchiamo quindi di non trovare troppe scuse».
Che effetto le fa vedere persone che protestano per il taglio di vitalizi da 4mila euro al mese?
«Intanto precisiamo che 4mila euro è il vitalizio che si prende, anzi si prendeva, dopo almeno dieci anni in consiglio regionale. Io penso a chi, dopo 40 anni di lavoro, prende 400-600 euro di pensione. Guardando queste cifre mi verrebbe da dire che, in certe occasioni, sarebbe meglio tacere. Bisognerebbe avere il buon senso di non trovare giustificazioni».
Il ricorso al Tar se lo aspettava.
«Sì. Sono andato alla loro prima riunione e me ne hanno dette di tutti i colori. Era prevedibile che ricorressero al Tar. Ma siamo ben decisi a difendere la nostra legge. Non è una norma populista e il Consiglio Regionale è compatto».
Perché sottolinea che non è una norma populista?
«Perché segue un’impostazione decisa a livello nazionale dalla Conferenza dei consigli regionali. E poi perché è limitata nel tempo e risponde ai criteri di proporzionalità. Va a toccare un diritto acquisito, è vero. Ma ricordo che i vitalizi non sono frutto di contributi o di versamenti. Erano stabiliti. Abbiamo modificato questa legge: in futuro i versamenti saranno obbligatori».
Chi prende vitalizi sia dalla Regione che dal Parlamento avrà tagli maggiori.
«Chi prende di più può dare sicuramente qualcosa di più, non ci vedo niente di male. E ripeto: parliamo di vitalizi che non solo legati a versamenti. E poi, in un periodo in cui vengono chiesti sacrifici a tutti ritengo che i politici debbano essere i primi a dare l’esempio».
E voi, consiglieri in attività, l’avete dato l’esempio?
«Ci siamo ridotti per due volte l’indennità, abbiamo risparmiato tre milioni di euro riversati nei capitoli di spesa destinati alla lotta alle povertà e ai servizi sociali. E abbiamo eliminati i vitalizi basati solo sulla retribuzione. Qualcosa abbiamo fatto».
Ma indennità e vitalizi sono troppo alti?
«Sono sicuramente molto più alti degli stipendi tradizionali. Ma se uno fa il politico come andrebbe fatto, lavora h 24 e con tante responsabilità. E quindi c’è chi merita di più e chi, ovviamente, meriterebbe molto meno».

(P. Cal.)

 

TRIESTE – La maggioranza degli ex consiglieri regionali ha deciso di ricorrere per mantenere integri i vitalizi

Anche i friulani al Tar per difendere i privilegi

Pronti alla battaglia legale per il mantenimento dei vitalizi. La grande maggioranza degli ex consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia intende presentare ricorso al Tar contro i tagli degli assegni in base alla legge licenziata dall’Assemblea il 5 febbraio scorso. L’Associazione degli ex consiglieri, presieduta dall’ex assessore alle finanze Pietro Arduini, lo aveva fatto capire subito, ritenendo il provvedimento regionale lesivo dei diritti acquisiti. In sintesi, si prevede: l’anticipo dell’assegno a 60 anni (invece che a 65) ma con una penalizzazione del 2,5% per ogni anno per cui si chiede l’anticipo (e solo per chi ha due legislature al’attivo); i tagli vanno dal 6 al 15% per scaglioni di importo (dal 9 al 22,5% in presenza di cumuli con un vitalizio parlamentare o europeo); l’obbligo di opzione tra vitalizio o indennità da presidente, vice o amministratore delegato di enti e società che si rifanno alla Regione.

L’assemblea si è svolta ieri mattina a Villa Manin di Passariano al termine della quale è stato votato all’unanimità (una sola astensione su circa 50 presenze) un ordine del giorno che dà mandato al direttivo dell’Associazione di valutare come procedere per gli eventuali ricorsi personali (non sarà l’Associazione a ricorrere ma i singoli ex consiglieri). Bocche cucite al termine della riunione ma, stando alle indiscrezioni, più di qualche ex consigliere avrebbe suggerito di avviare una campagna di informazione per spiegare cosa sono i diritti acquisiti e qualcuno avrebbe anche fatto notare che, visto il clima in questo momento in Italia, non sarebbe così opportuno procedere con il ricorso. L’ultima parola, tuttavia, spetterà al direttivo che si riunirà a marzo. Da quanto è filtrato, la «resistenza» si baserebbe su elementi nuovi quali l’intervento dell’ex presidente della Consulta Cesare Mirabelli in merito alla lotta del presidente del Senato Pietro Grasso per la sospensione dei vitalizi agli ex parlamentari condannati. Mirabelli ha sostenuto, infatti, che la sospensione costituisce una sorta di «pena accessoria», cosa che può essere stabilita solo per legge, e che è complicato e difficilmente possibile sospendere retroattivamente un trattamento previdenziale acquisito. Secondo i veterani «il contributo di solidarietà» avrebbe dovuto coinvolgere tutta la politica senza fare del vitalizio il solo capro espiatorio; si stima comunque che le misure approvate dal Consiglio produrranno in tre anni e mezzo un risparmio di 2 milioni 100mila euro. A oggi gli ex che percepiscono il vitalizio (per i nuovi eletti è stato abrogato) sono 212: si va da un importo minimo di 614,44 euro a un massimo di 6.437 euro mensili lordi.

 

Gazzettino – Venezia. Ciclisti, blocco al tram sul ponte.

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1

mar

2015

IL MOTIVO – Rende inservibile la ciclabile da Mestre

Le rotaie del tram rendono impossibile l’utilizzo della pista ciclabile nel tratto che corre sul Ponte della Libertà dal cavalcavia di San Giuliano

LA PROTESTA – Giovedì il blocco del test notturno dal cavalcavia di San Giuliano

Rivolta anti-tram dei ciclisti

Le associazioni del pedale rivendicano il diritto di arrivare a Venezia in bici

MESTRE – Giovedì notte i ciclisti bloccheranno il tram. Ed è solo l’inizio perché l’intenzione delle associazioni che si battono per il diritto di andare in bici a Venezia è quella di aprire un contenzioso con gli Uffici della Mobilità del Comune, responsabili di un progetto che di fatto rende impossibile l’utilizzo del tratto di pista ciclabile che è stato realizzato sul ponte della Libertà. Le associazioni, dalla Federazione amici della bicicletta fino al Pedale veneziano, si sono date appuntamento in municipio a Mestre, per decidere il piano di lotta. E che lotta debba esserci non c’è alcun dubbio dal momento che, all’entrata in funzione del tram in direzione Venezia, il cavalcavia di San Giuliano sarà interdetto alle biciclette. Dunque, da San Giuliano sarà impossibile arrivare ai Pili, che sarà possibile raggiungere solo passando per il Vega e affrontando un chilometro di strada dove le macchine corrono a tutta velocità.

Ecco perché Gianpietro Francescon e Biagio D’Urso, che hanno convocato la riunione degli appassionati delle due ruote, hanno accettato la proposta di iniziare a far sentire la voce di chi usa la bicicletta a partire da giovedì notte quando Pmv e Actv prevedono di fare le prime prove di arrivo a Venezia del tram. L’appuntamento è per mezzanotte ai piedi del cavalcavia di San Giuliano, pronti a bloccare il tram o, meglio, a farlo andare a passo di lumaca. Protesta civile – tant’è che per adesso si evita di bloccare il traffico alle 8 del mattino – che aprirà la strada, se non si trova la soluzione, a veri e propri blocchi del cavalcavia di San Giuliano. Nel frattempo le associazioni dei ciclisti hanno chiesto di essere convocate dal commissario straordinario del Comune, Vittorio Zappalorto, proprio per fargli presente che bisogna trovare al più presto una soluzione in grado di rendere raggiungibile Venezia in bici.

Le ipotesi di soluzione provvisoria – fra un paio d’anni dovrebbe essere pronto il tratto di pista ciclabile che collega via Torino ai Pili – sono due. La prima è quella di mettere un semaforo ai piedi del cavalcavia di San Giuliano. Con il tram che passa ogni 7-10 minuti, c’è il tempo per un ciclista di raggiungere tranquillamente i Pili, prima che arrivi il convoglio.

La seconda possibilità è quella di autorizzare i ciclisti a salire in tram ai piedi del cavalcavia di San Giuliano e di scendere ai Pili. Sono due minuti di strada che, però, risolvono il problema. Certo, bisognerebbe fare la fermata ai Pili, che non è prevista, ma verrebbe buona nel caso il Comune decidesse di costruire un parcheggio scambiatore ai Pili, sottraendo ai privati un progetto che diventerà nel giro di poco tempo una miniera d’oro. Chiaro che si tratta di soluzioni tampone – il semaforo comunque è una soluzione realizzabile in poche ore, mentre la fermata del tram richiede almeno sei mesi – che però permetterebbero di utilizzare la pista ciclabile – inutilizzabile e costata 2 milioni di euro – ormai in via di ultimazione sul ponte della Libertà. In caso contrario il tram dovrà fare i conti con i ciclisti.

(r.mes.)

 

PONTE DELLA LIBERTÀ – Tra due settimane le passerelle, pronta per fine primavera

Arrivano i primi pezzi della pista “sospesa”

Tra un paio di settimane arriveranno le passerelle, così la pista ciclabile sul ponte della Libertà comincerà finalmente a prendere forma. Sono infatti in arrivo da Napoli le prime “mensole” realizzate per allargare la carreggiata verso il Tronchetto. E, entro fine primavera, o forse perfino prima della fine di maggio, la pista ciclopedonale dai Pili a piazzale Roma potrà essere percorribile. Non vedendo più nessuno nel cantiere, c’era chi temeva uno stop inatteso dei lavori.

L’intervento sta invece proseguendo proprio ai piedi del ponte, per sistemare gli ancoraggi delle “mensole” che andranno a comporre la passerella lunga 700 metri nel tratto in cui non è stato possibile utilizzare il marciapiede esistente. Come per le mensole che si mettono alle pareti per reggere i libri, devono essere posizionati dei tasselli (ma della lunghezza di tre metri) in grado di reggere la nuova struttura che avrà una portata di carico “da folla”, studiata cioè per sostenere anche il peso di una Venice Marathon.

Da Avm, la società del Comune che sta dirigendo la realizzazione dell’opera, fanno sapere che la prima ventina di mensole sarà installata entro metà marzo, dando così una dimostrazione concreta di come sarà la pista attesa da decenni la cui progettazione non è stata semplice, visto che si “aggancia” a un manufatto degli anni ’30 del secolo scorso.

«Abbiamo dovuto studiare oltre dieci tipi di ancoraggi diversi – spiegano i tecnici – proprio per i materiali diversi usati per il ponte e per il tratto interessato: ogni arcata è diversa dall’altra per la curva finale, tra l’altro in salita». Un intervento da un milione e 950mila euro che, fanno sapere da Avm, verrà completato nei tempi e nei costi previsti, «mentre il progetto alternativo sarebbe costato molto, ma molto di più». Il riferimento è alle polemiche riaccese nelle scorse settimane sui presunti problemi di sicurezza del raccordo ciclabile tra Mestre e Venezia.

F.Fen.

 

IL TRACCIATO- Una strada di due chilometri “superata” dalla Vallenari bis

I progetti esecutivi per il nuovo bypass di Campalto sono stati presentati, per cui entro l’estate apriranno i cantieri. O, almeno, dovrebbero. Meglio usare il condizionale dato che della bretella si parla ormai da più di cinque anni. L’opera da quasi 60 milioni di euro per due chilometri, e giudicata dai cittadini una delle più inutili del territorio, sta dunque per vedere la luce. Il programma dei lavori, infatti, prevede che in pochi mesi, dal momento in cui le ruspe partiranno, l’opera sia realizzata.

Ostacoli non ce ne sono più dopo che i 150 espropri sono stati ultimati, che l’appalto è stato assegnato e l’Anas ha risolto pure i contenziosi affidandolo alle due imprese che si sono classificate prima e seconda (riunite nell’Ati composta da Oberosler cav. Pietro Spa e Trevi Spa), che il tracciato è stato segnato anche sul terreno e che i vertici dell’Azienda nazionale delle strade hanno assicurato di avere in cassa tutti i 57,6 milioni di euro necessari. E anche le dure opposizioni dei cittadini riuniti nel comitato “By-pass”, accompagnate da estemporanei compagni di strada come vari consiglieri comunali o parlamentari di centrodestra e centrosinistra, nulla hanno potuto contro l’opera.

Anche perché la pianificazione dell’Anas non guarda al solo territorio mestrino ma è molto più ampia e inserisce la bretellina di Campalto in un piano complessivo per evitare l’attraversamento dei centri urbani, quindi si aggiunge al bypass di San Donà, a quello di Portogruaro già realizzati e a quello di Tessera per il quale, però, mancano i fondi.

Il fatto che da quando venne ipotizzata la bretella di Campalto ad oggi, siano stati costruiti nel frattempo i sottopassi lungo via Martiri della Libertà e la Vallenari bis, e che quindi buona parte del traffico pesante sia stato deviato da via Orlanda, non è evidentemente un motivo sufficiente per rinunciare all’opera.

I due chilometri della nuova strada saranno compresi tra due nuove grandi rotonde: una vicino al Don Vecchi Quattro e l’altra all’incrocio tra via Orlanda e via Sabbadino, la strada che porta al villaggio Laguna. Dal don Vecchi la bretella si diramerà, passando alle spalle del centro abitato (verso Favaro), a circa 200 metri di distanza; supererà in sottopasso via Gobbi e proseguirà fino a ricongiungersi con via Orlanda all’altezza dell’entrata al villaggio Laguna.

Rispetto al progetto originario, gli esecutivi contengono alcune modifiche che rendono l’opera meno impattante rispetto al territorio attorno, in particolare il sottopasso di via Gobbi è stato “addolcito”, per cui in definitiva sarebbero serviti meno espropri di quelli fatti.

 

Gazzettino – Vitalizi, la guerra contro i tagli

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28

feb

2015

Il leghista Luca Baggio ha richiesto invece di ottenere i contributi volontari versati

CONTRIBUTI E PRIVILEGI – Marchese va all’incasso e chiede l’assegno regionale

L’esponente del Pd coinvolto nell’inchiesta Mose, dopo il patteggiamento, fa domanda per riottenere il vitalizio

C’è chi prende 3.600 euro netti al mese per un anno di lavoro. E tra i 60 irriducibili spunta Lia Sartori

Da ieri è ufficiale, scritto sul “vangelo” della Regione, il Bur: Giampietro Marchese prende di nuovo il vitalizio. L’ex consigliere regionale ed ex esponente del Partito democratico finito agli arresti domiciliari lo scorso giugno nell’ambito della Retata storica del Mose per finanziamento illecito dei partiti, e che ha patteggiato 11 mesi e 20mila euro, è nuovamente nell’elenco degli oltre duecento beneficiari di vitalizio. Non è l’unico ad aver chiesto e ottenuto il ripristino dell’assegno, ma è sicuramente il caso più eclatante, se non altro per essere stato tra i protagonisti dell’ultimo scandalo delle mazzette in laguna.

Marchese già nel 2013 – come evidenzia la tabella pubblicata sul sito del consiglio regionale – prevedeva quasi 3mila euro netti al mese di vitalizio per due mandati di ex consigliere regionale. Poi, il 10 aprile 2013, era ritornato a Palazzo Ferro Fini al posto di Andrea Causin, che era stato eletto al Parlamento. Così, avendo l’indennità con rimborsi e annessi e connessi, il vitalizio era stato sospeso. Il 24 luglio 2014, dopo lo scandalo del Mose, Marchese si è dimesso da consigliere regionale. Ma subito ha chiesto il ripristino del vitalizio, cosa che gli è stata riconosciuta il 19 agosto, prima del patteggiamento. Il decreto è stato pubblicato ieri sul Bur. E non solo quello.

Ha chiesto di riavere il vitalizio l’esponente del Pd ed ex consigliere regionale, sconfitto alle elezioni padovane, Ivo Rossi: nel 2013 il suo assegno ammontava a 3.512 euro. Ha chiesto il ripristino anche Franco Frigo, Pd, dopo aver perso le elezioni europee dello scorso maggio.

Hanno chiesto invece la concessione dell’assegno vitalizio regionale – che non avevano ancora avuto – altri quattro ex regionali. Due sono anche ex europarlamentari che non sono stati rieletti a Bruxelles: Amalia Sartori e Sergio Antonio Berlato. Poi Mariangelo Foggiato, che si è dimesso all’improvviso lo scorso agosto (i maligni dicono per paura che lo Stato eliminasse i vitalizi). E infine Enrico Cavaliere, un solo mandato in consiglio regionale (più due a Montecitorio).

Discorso diverso per chi il vitalizio lo prendeva e adesso, causa elezione o subentro, può sospenderlo e tenersi l’indennità. È il caso di Flavio Zanonato, Pd, che ora sta a Bruxelles. Di Amedeo Gerolimetto, Fi, ritornato al Ferro Fini al posto di Remo Sernagiotto che è volato in Europa. E di Francesco Piccolo, che ha preso il posto dello “sospeso” Renato Chisso causa Retata del Mose. E, com’è noto, di Renzo Marangon che ha preso il posto di Isi Coppola. Pertutti il vitalizio è stato sospeso.

Altro capitolo: c’è chi è uscito prima del termine della legislatura dalla Regione, ma ha deciso di avvalersi di una norma in base alla quale si possono versare i contributi volontari così da percepire, un giorno, il vitalizio pieno. Se ne sono avvalsi PaoloTosato, Lega, andato a Palazzo Madama a sostituire Massimo Bitonci e Remo Sernagiotto, eletto come detto all’Europarlamento.

Ma c’è anche chi, come già aveva fatto Alessio Morosin, ha deciso di chiedere la restituzione dei contributi versati e di rinunciare definitivamente al vitalizio. Tale richiesta l’hanno fatta il leghista Luca Baggio (tuttora in carica) e l’ex consigliere oggi deputato Andrea Causin.

 

Ecco nomi e cifre

Chi sono e quanto incassano al mese i 60 ex consiglieri regionali veneti che non vogliono rinunciare per 2 anni al 5-10% della loro pensione d’oro

REGIONE VENETO – Nomi e assegni degli ex consiglieri che sono ricorsi al Tar contro la riduzione del 5-15% per 3 anni

Vitalizi, ecco chi non vuole i tagli

Danillo Sante Riello, padovano di Campo San Martino, 78 anni, una vita spesa nel Partito comunista italiano da segretario di sezione a membro del comitato federale, arrivò a Venezia nel 1979. Era la seconda legislatura del consiglio regionale del Veneto, presidente dell’assemblea legislativa era Bruno Marchetti, a capo della giunta c’era Angelo Tomelleri. Riello in Regione ci arrivò quando quasi non se lo aspettava più: era il primo dei non eletti nel collegio di Padova.   E quando il 2 dicembre 1979 morì Giovanni Menon, toccò a lui subentrargli. Riello in consiglio regionale rimase un anno. Anzi meno, perché l’8 giugno 1980 si tornò alle urne. Sei mesi effettivi di attività consiliare e adesso una pensione netta di quasi 3.600 euro al mese. Un record. Ecco, è proprio Riello ad aprire la pattuglia dei 60 ex consiglieri regionali che – sui 226 beneficiari dell’assegno – non accettano il taglio del vitalizio deciso dall’assemblea legislativa presieduta da Clodovaldo Ruffato: con l’avvocato Maurizio Paniz, ex parlamentare di Forza Italia, i sessanta hanno deciso di ricorrere al Tar per bloccare i tagli temporanei. Dallo scorso gennaio e fino a tutto il 2017 – quindi per tre anni – la legge numero 43/2014 dispone una riduzione dei vitalizi con le seguenti aliquote: 5% fino a 2mila euro, 8% tra 2mila e 4mila euro, 10% tra 4mila e 6mila euro, 15% oltre i 6mila euro. Aliquote che vengono maggiorate del 40% qualora il beneficiario sia titolare di altro vitalizio erogato dal Parlamento nazionale od europeo. Per i sessanta capitanati da Riello sono tagli illegittimi, tanto che chiedono che si pronunci la Corte costituzionale.

Ma chi sono gli altri 59 ricorrenti? L’elenco completo è pubblicato nella tabella a lato. E a scorrerla viene spontaneo chiedersi com’è possibile prendere cifre così alte di “pensione” per aver lavorato pochissimi anni. Anche un solo anno, com’è pure il caso del vicentino Domenico Costa, al Ferro Fini per la Dc dal 1984 al 1985. O 2 anni, come il veronese Gaudio Pedalino, in consiglio dal 1983 al 1985 tra le fila del Psi.

Ma ci sono anche nomi altisonanti. Come Gianfranco Cremonese, potente presidente della Regione che prese il posto del doge Carlo Bernini, in tutto 8 anni di attività interrotta nel 1993 dalla Tangentopoli veneta.

E a proposito di inchieste giudiziarie, tra i sessanta c’è anche Amalia Sartori, finita lo scorso giugno agli arresti domiciliari per lo scandalo delle mazzette del Mose e per cui ora è pronta la richiesta di processo: l’ex europarlamentare vicentina che lo scorso maggio non era stata rieletta a Bruxelles ha chiesto di poter godere del vitalizio per i suoi 15 anni passati in Regione, richiesta che è già stata accordata (si veda l’articolo nella pagina a fianco) ma con la previsione, come per tutti, di un consistente taglio, visto che l’ex esponente socialista e poi forzista può cumulare anche il vitalizio di due mandati a Bruxelles.

Dei sessanta che hanno fatto ricorso, ben 13 cumulano vitalizi e si oppongono all’ulteriore decurtazione del 40%. Nell’elenco troviamo Franco Frigo, Pd, per tre mandati in Regione e per un anno a Bruxelles dopo aver preso il posto della dimissionaria Debora Serracchiani. Tra l’altro Frigo vanta il record del vitalizio più alto del Ferro Fini: una media mensile netta di 4.752 euro. E c’è anche il vicentino Giorgio Carollo, tre mandati in Regione ai tempi della Dc, nel 2004 all’Europarlamento per un mandato tra le file di con Forza Italia.

Curiosamente, tra i ricorrenti c’è anche un ex-ex: il polesano azzurro Renzo Marangon ha preso il vitalizio per i suoi 17 anni al Ferro Fini fino allo scorso dicembre quand’è è subentrato alla decaduta Isi Coppola: pur essendo di nuovo consigliere regionale ha accolto l’invito degli ex colleghi e ha fatto pure lui ricorso. Molti dei ricorrenti sono infatti soci dell’Associazione consiglieri presieduta da Aldo Bottin: anche lui si è affidato a Paniz per le carte bollate. Tra i ricorrenti anche l’ex assessore Camillo Cimenti.

C’è una eccezione: di tutti gli ex consiglieri regionali passati a Venezia dal 1970 ad oggi, uno solo non prende il vitalizio. Alessio Morosin, in consiglio dal ’95 al 2000 per la Liga, oggi leader degli indipendentisti, ha rinunciato a 2mila euro netti al mese.

Alda Vanzan
 

SANTA MARIA DI SALA – Dopo 3 ore di discussione la Giunta si impegna a reperire i fondi

Invocata la pista ciclabile durante un affollato Consiglio straordinario

«La cittadinanza ha bisogno di una soluzione. Ma che sia una soluzione pratica e non politica e di chiacchiere». Questo è l’intervento della consigliera Carolo del Movimento Cinque Stelle, ed è solo uno dei tanti contributi che si sono succeduti nella seduta straordinaria del Consiglio comunale su via Desman la sera del 26 febbraio. Una seduta in pompa magna che ha visto osteggiarsi maggioranze, opposizioni, cittadini, Provincia e Comitato per la via in questione.

Tante le posizioni prese e l’accordo, adottato all’unanimità, che arriva soltanto alla fine di tre ore di discussione e scontri: l’impegno da parte della Giunta salese a trovare i fondi per la pista ciclabile e a modificare il piano delle opere pubbliche 2015 – 2017 se le risorse saranno disponibili.

Alla discussione presenti anche il sindaco di Mirano Maria Rosa Pavanello con l’assessore ai Lavori Pubblici Giuseppe Salviato e l’ingegnere dirigente della Provincia Andrea Menin.

«Non è detto – spiega Menin – che la ciclabile sia la soluzione migliore. Si può proporre un riordino della viabilità facendo deviare i mezzi pesanti, ma abbiamo bisogno dell’aiuto dei comuni. La Regione non ha più soldi, la Provincia nemmeno, questa deve tornare alla Stato nel 2015 18milioni di euro».

Posizione anche assunta dal sindaco salese Nicola Fragomeni: «La verità è che oggi non ci sono i soldi. Questo comune – dichiara Fragomeni non ha 1 milione e 600mila euro per la via Desman».

Cifra che era stata messa a disposizione da un bando regionale, a cui la Provincia aveva invitato i comuni di Mirano e Santa Maria a partecipare.

«Il non aver partecipato è un peccato mortale» attacca l’ex sindaco Paolo Bertoldo. Ma a spiegare bene la questione interviene il sindaco miranese: «Non abbiamo partecipato perché non rispettavamo i requisiti: la quota relativa agli espropri superava la percentuale ammissibile dal bando stesso; poi la quota massima non bastava per realizzare l’opera e infine perché queste somme sono anticipate dai singoli comuni e non si sa quando la Regione poi le eroga realmente. Qui non è come nelle competizioni sportive – continua la Pavanello – dove basta partecipare».

 

Gazzettino – Vitalizi, carte bollate contro i tagli

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27

feb

2015

VENETO – Sessanta ex consiglieri su 226 che percepiscono l’assegno si sono affidati all’avvocato Paniz

Ricorso al Tar per bloccare le decurtazioni decise a Palazzo Ferro Fini

Tu Regione Veneto mi tagli il vitalizio e non mi dici neanche perché? Tra l’altro, non hai nessun bisogno di risparmiare visto che i risparmi li hai già fatti per conto tuo. E, comunque, quella “pensionistica” è materia di competenza dello Stato, non di Clodovaldo Ruffato o di Luca Zaia. Ergo, ecco le carte bollate.

Così sessanta ex consiglieri regionali del Veneto – alcuni anche ex parlamentari beneficiari anche di altro assegno – hanno fatto ricorso al Tar contestando il “taglio” del vitalizio disposto dall’assemblea legislativa di palazzo Ferro Fini. «Non è l’associazione degli ex consiglieri regionali che io presiedo – specifica Aldo Bottin – a fare il ricorso, ma sono stati i singoli colleghi». Tutti rappresentati dall’avvocato Maurizio Paniz, ex parlamentare di Forza Italia.

La contestazione riguarda la delibera dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale del Veneto numero 6 dello scorso 27 gennaio in attuazione della legge regionale numero 43 del 23 dicembre 2014. La norma in questione dispone la riduzione – a partire dalla mensilità di gennaio 2015 – dell’importo lordo mensile del vitalizio degli ex consiglieri e degli ex consiglieri titolari di altri assegni con un reddito superiore a 29.500 euro annui lordi. Il “taglio” è temporaneo, sarà applicato per due anni, e varia a seconda del reddito. Chi ha un vitalizio fino a 2mila euro al mese dovrà rinunciare al 5% (in pratica 100 euro al mese). Chi prende da 4.000 a 6.000 euro al mese dovrà rinunciare a 260 euro più una quota pari al 10% sulla parte eccedente i 4.000 euro. Occhio: l’aliquota aumenta del 40% per chi ha il vitalizio della Regione e anche quello del Parlamento italiano e/o del Parlamento europeo.

Questo “contributo di solidarietà” – come è stato definito a Palazzo Ferro Fini per rispondere ai tempi di crisi e alla volontà di contenere i costi della politica – è stato da subito contestato dall’Associazione degli ex consiglieri presieduta da Aldo Bottin. E a nulla sono valse le spiegazioni del presidente del consiglio regionale del Veneto, Clodovaldo Ruffato che subito dopo l’approvazione della legge aveva quantificato il risparmio: «I calcoli che abbiamo realizzato ci permettono di affermare che in questo modo realizzeremo contenimento dei costi per 690mila euro all’anno. Ciò significa che nei prossimo triennio avremo risparmiato circa 2milioni di euro. Contiamo di chiedere all’assessore competente che questi soldi possano finire direttamente nel settore sociale: sarebbe il completamento di un’operazione che tutti i partiti regionali hanno condotto con grande coesione».

Ma gli ex consiglieri regionali non hanno accettato il taglio. E 60 di loro su 226 che percepiscono il vitalizio o l’assegno di reversibilità si sono affidati all’avvocato Paniz. Le contestazioni sono almeno tre. Primo: la legge sui tagli ai vitalizi non spiega perché si fanno questi tagli, il che, seguendo l’avvocato Paniz, comporta che il provvedimento è «arbitrario ed irragionevole». Ossia: mancando lo scopo del provvedimento non si possono imporre «pesanti sacrifici a carico di una sola determinata categoria». Qui si potrebbe obiettare: i consiglieri regionali in carica si sono autoridotti l’indennità, se i costi della politica vanno ridotti deve valere anche per chi grazie alla politica prende uno o più vitalizi, no? I sessanta dicono di no: il vitalizio non solo è un «diritto acquisito», ma deve anche intendersi come «contributo per il reinserimento sociale dopo la cessazione del mandato consiliare».

Secondo capitolo, i risparmi: il ricorso cita un articolo del Gazzettino in cui Ruffato dice che il bilancio del consiglio regionale del 2014 ha chiuso con oltre 2 milioni di risparmi. Quindi perché tagliare i vitalizi? – si chiedono i 60 ricorrenti. E per farne cosa, poi? Tra l’altro, aggiungono – ed è il terzo motivo del ricorso – la materia previdenziale non è di competenza della Regione ma dello Stato.

Vedremo cosa dirà il Tar, se annullerà la delibera o se trasmetterà gli atti alla Consulta.

 

Ecco chi ha fatto ricorso contro il taglio dei vitalizi: Danillo Sante Riello, Lucio Pasqualetto, Fabrizio De Checchi, Mario Riccamboni, Giulio Fausto Veronese, Laura Biasibetti, Francesco Adami, Luigi Covolo, Alberto Tomassini, Luigi Capuzzo, Mariella Andreatta. Roberto Da Dalt, Aldo Bottin, Domenico Costa, Lorenzo Vigna, Giancarlo Rampi, Alberto Tomiolo, Delfino Buson, Fortunato Porrazzo, Gaudo Pedalino, Renzo Marangon (peraltro rientrato in consiglio al posto di Isi Coppola), Giorgio Cerioni, Vittorio Tassinari, Antonino Parisi, Paolo Cadrobbi, Gianfranco Cremonese, Giancarlo Renato Brunetto, Nadia Qualarsa, Umberto Carraro, Mirco Marzaro, Michele Munaretto, Raffaele Bazzoni, Angelo Pietro Fiorin, Iles Braghetto, Giuliana Fontanella, Aldo Toffoli, Floriano Pra, Lucio Strumendo, Gian Pietro Favaro, Camillo Cimenti, Roberto Buttura, Luigi Basso, Giuseppe Pupillo, Mario Rossi, Giorgio Gabanizza, Luigi Marangoni. Inoltre gli ex consiglieri ed ex deputati beneficiari anche di altro vitalizio: Giorgio Carollo, Franco Frigo, Maurizio Creuso, Luciano Righi, Severino Galante, Marino Cortese, Benito Pavoni, Luigi D’Agrò, Amalia Sartori, Luciano Falcier, Sante Perticaro, Giovanni Crema, Fabio Gava. Inoltre la vedova di Luciano Gallinaro.

 

Gazzettino – Mira. Emergenza gioco d’azzardo.

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27

feb

2015

MIRA – Sono 227 i videopoker nei bar, una settantina le persone in cura per ludopatia

Il sindaco Maniero: «Bene l’accordo in Prefettura ma il Governo non fa abbastanza»

«Lodevole il protocollo d’intesa tra sindaci e prefetto per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo, ma il Governo sembra più interessato a sostenere gli interessi delle lobby».

Dura presa di posizione del sindaco di Mira Alvise Maniero contro il governo a ridosso dell’accordo sottoscritto dai sindaci in Prefettura per contenere la diffusione dell’azzardo, in particolare presso i giovani, attraverso un controllo più attento delle autorizzazioni e l’avvio di una campagna di sensibilizzazione sui rischi del gioco on line.

Secondo i dati dei Monopoli, a inizio 2014, erano ben 227 le apparecchiature di videopoker presenti negli esercizi pubblici di Mira e il fenomeno della ludopatia è in continua crescita. All’Asl 13 ci sono una settantina di persone seguite per tale disturbo (il 66% uomini), ma le cifre tendono ad aumentare e a preoccupare i sanitari.

«Se è vero che dalla cocaina si guarisce facendo a meno della droga – afferma il dott. Mauro Cibin dell’Asl 13 – dal gioco si guarisce rieducandosi all’uso corretto del denaro: non ci si può allontanare e fare a meno dei soldi in assoluto».

Purtroppo questa dipendenza è in forte crescita e tende a coinvolgere un target di popolazione molto differenziato, dai giovani agli anziani, uomini e donne, minando spesso gli equilibri di tante famiglie, dal punto di vista economico e non solo.

«A Mira abbiamo portato la Polizia postale nelle scuole a sensibilizzare gli studenti – ha ricordato Maniero – abbiamo trovato grande collaborazione in Ulss con l’apporto del dottor Cibin, abbiamo accompagnato fianco a fianco nelle colorate manifestazioni i ragazzi. Ma rischiamo di avere le armi spuntate – avverte Maniero – La bozza del decreto legislativo che su questo tema sta circolando non pare accogliere la richiesta di una maggior tutela dei luoghi sensibili (scuole, chiese), ampliando le distanze minime da rispettare per le nuove autorizzazioni di sale o per l’installazione di videopoker nei locali pubblici. Parallelamente si allarga lo spazio per ricorsi contro le ordinanze dei sindaci da parte dei potenti mezzi legali delle lobby del gioco».

Luisa Giantin

 

MARCON – Inaugurata l’opera complementare costata 12 milioni

Da ieri pomeriggio Marcon ha ripristinato i collegamenti con il “resto del mondo”. Le ultime tre bretelle di raccordo con la tangenziale di Mestre sono state aperte al traffico verso le 13 dopo una breve cerimonia e il taglio del nastro alla presenza del prefetto di Venezia Domenico Cuttaia, del commissario alla Provincia Cesare Castelli, del sindaco di Marcon Andrea Follini, del direttore di Autovie Venete Enrico Razzini e del capo Anas del Veneto Fabio Arcoleo.

L’inaugurazione è stata preceduta dalla firma degli atti di cessione tra i funzionari di Anas, l’ente che ha realizzato l’opera, costata circa 12 milioni di euro, interamente finanziati da Cav spa, la Provincia di Venezia che ha preso in carico gli svincoli ed Autovie Venete che si occuperà della manutenzione sino al 31 marzo 2017, ovvero sino alla scadenza della concessione autostradale.

Il sindaco Follini ha ricordato come il progetto sia nato da lontano, dal lavoro svolto ancora dalle giunte Davanzo e Tomasi per poter inserire quest’opera tra gli interventi complementari al Passante. Ha ripercorso le varie tappe fino all’apertura alla circolazione dei tratti comunale e provinciale dello scorso 20 gennaio, «con l’amarezza, però, di non riuscire ad aprire anche gli svincoli».

Va ricordato che i lavori relativi agli svincoli si sono conclusi ancora ai primi di dicembre, ma l’apertura al traffico è avvenuta solo ieri perché tra Anas, ministero, Provincia e Autovie non era stata ancora sottoscritta la convenzione per la definizione delle competenze.

«Sono particolarmente contento che il prefetto abbia avuto modo di essere presente oggi – ha affermato il sindaco – è stato per me un vero sostegno e riferimento in questi mesi, durante i quali non è stato semplice dipanare una matassa burocratica intrecciata non solo a livello locale, ma anche a Roma».

«Si tratta di un’opera importante – ha affermato il prefetto Cuttaia – che nonostante qualche contrattempo è stato un esempio di fattiva cooperazione». Parole di soddisfazione sono state espresse anche dal commissario della Provincia Castelli che ha sottolineato come l’infrastruttura «rivesta una funzione essenziale per questa parte dell’area metropolitana».

 

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