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Con poco più di 12 milioni di euro il porto commerciale di Venezia ha messo le basi per tornare a diventare un porto di riferimento internazionale e raggiungere mercati che oggi non ha la possibilità di servire, dal Nord Europa al sud del Mediterraneo e oltre. L’investimento dell’Autorità portuale veneziana, con un finanziamento europeo di 900 mila euro, è servito per

recuperare l’immenso patrimonio infrastrutturale lasciato dalla grande industria degli anni Sessanta e Settanta, quando a Porto Marghera lavoravano più di 35 mila persone, e per rinnovarlo con sette nuovi binari, tre dei quali elettrificati.

Da ieri mattina, quando il nuovo parco ferroviario del porto è stato inaugurato,

si possono formare 50 treni al giorno da 700 metri l’uno, lo standard richiesto dai grandi player del trasporto internazionale.Entro la fine del 2013 si aggiungeranno altri quattro binari recuperati a Fusina, che serviranno le merci scaricate dai traghetti nel nuovo terminale delle autostrade del mare.

Attualmente il porto riesce a formare al massimo 40 treni la settimana, quindi 50 convogli al giorno più quelli di Fusina sono sovrabbondanti ma, appunto, è un investimento che guarda al futuro, sperando che la pesantissima crisi in atto venga superata. Come, allo stesso modo, è pensato per il futuro il bypass della stazione di Mestre:

attualmente i treni merci del porto possono varcarla solo di notte tra l’una e le cinque, per non incrociare i convogli passeggeri e il resto del traffico.

Perciò l’Autorità del presidente Paolo Costa sta discutendo con Comune, Provincia, Regione e Ferrovie il modo per far uscire i treni merci dal porto verso Chirignago e poi direttamente alla volta di Trieste, Bassano, Treviso, l’Europa, senza passare per la stazione di Mestre.

«Per un progetto simile ci vogliono sette anni, noi oggi non ne abbiamo bisogno ma dobbiamo essere preparati» ha detto Costa che ha ricevuto numerose autorità, tra le quali i presidenti di Confindustria Veneto e Venezia (Andrea Tomat e Luigi Brugnaro), l’assessore regionale Renato Chisso, il vicepresidente del Consiglio provinciale, Mario Dalla Tor, il vicesindaco Sandro Simionato, l’amministratore delegato di Rfi, Michele Mario Elia.

Proprio quest’ultimo ha ribadito come in Italia servano molti progetti simili a quello del porto di Venezia, dato che la ferrovia oggi porta meno del 10% delle merci e meno del 6% di quelle pericolose:

se si vuole approfittare dei dieci corridoi europei, quattro dei quali passeranno per l’Italia e tre per Venezia (sempre se verranno realizzati e, soprattutto, se verranno realizzati quelli che coinvolgono il nostro territorio), bisogna sviluppare infrastrutture.

Quanto al resto, per settembre, ha annunciato ancora Costa, i canali portuali raggiungeranno la quota massima di meno dodici metri di pescaggio, così nuove e più grandi navi potranno ormeggiare alle banchine di Marghera;

in secondo luogo è quasi pronto un accordo con Padova e Verona per una “navetta” ferroviaria che costituirà il primo passo verso un sistema interportuale del Nord Italia: invece di fare un treno che parte mezzo vuoto da Marghera, meglio farne uno pieno da Verona, invogliando così nuove compagnie a servirsi del nostro scalo.

Tutto ciò in attesa che partano i lavori per il porto offshore, in alto Adriatico, con 20 metri di fondali per le navi giganti:

il Cipe dovrebbe esaminare e dare il via libera al progetto nei prossimi giorni, poi l’Autorità comincerà a cercare finanziatori internazionali in grado di realizzare l’opera in project financing. Costa dice che questo è l’unico modo per dare un futuro alla portualità dell’Alto Adriatico e a Marghera in particolare, per questo è stato riconfermato alla guida dell’Autorità veneziana.

 

Gazzettino – Su Veneto City l’ombra della crisi

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24

giu

2012

GRANDI OPERE SOTTO ESAME

LO STUDIO Un documento del Collegio ingegneri ha analizzato costi e benefici dell’operazione

INGEGNERI – Un gruppo di lavoro ha analizzato il progetto dell’insediamento

I TRASPORTI   «C’è il rischio di un aumento considerevole del traffico»

L’ECONOMIA   «È probabile che gli investitori non siano più convinti»

CONTROLLI   «Le amministrazioni sono state troppo passive»

LE PROSPETTIVE – Rischio “spezzatino” per l’operazione immobiliare

La crisi rischia di “sgonfiare” Veneto City. E di compromettere la sfida imprenditoriale e progettuale che si dovrebbe sviluppare fra Venezia e Padova, dopo il varo da parte della Regione Veneto dell’Accordo di programma con gli investitori privati e gli enti locali coinvolti.

Il dubbio emerge da uno studio condotto dal gruppo di lavoro del Collegio degli ingegneri della provincia che, con un approccio tecnico e con la collaborazione del Centro provinciale di studi urbanistici della provincia, ha “smontato” pezzo per pezzo il progetto per valutarne costi e benefici.

Lo studio del Collegio, (libera associazione senza fini di lucro, apolitica e aconfessionale), che da anni mette a disposizione del territorio e delle amministrazioni locali competenze di alto spessore professionale dei propri iscritti in molti settori dell’ingegneria e in campo urbanistico al fine di fornire indicazioni e pareri a beneficio del progresso tecnologico e sociale, è appena stato consegnato ai Comuni di Dolo e Pianiga, sui cui territori sorgerà Veneto City. 

I collegamenti: Il punto di partenza dello studio riguarda la logistica e le infrastrutture: per i curatori l’insediamento «può essere considerato logisticamente interessante», trovandosi a metà dell’asse Venezia-Padova. Negativo invece il giudizio rispetto alla viabilità trasversale rispetto alla A4 e alla linea ferroviaria. Il rischio è «un aumento considerevole di traffico» sulle strade della Riviera e del Miranese. Per questo si chiede di potenziare il trasporto pubblico, anche se «risulta difficile pensare a linee frequenti di trasporto collettivo» da e per i Comuni minori.

L’economia: Dal punto di vista economico il timore del gruppo di lavoro che ha condotto lo studio è che «gli investitori non siamo più convinti che l’operazione sia remunerativa» a breve, a causa della crisi. «Ciò può portare a speculazioni di minore calibro, qualità, valore». Un elemento che per gli oppositori del progetto potrebbe essere positivo, ma che in realtà rischia di rivelarsi un danno. La conseguenza sarebbe una “parcellizzazione” del progetto che ridurrebbe l’effetto di volano economico e urbanistico del progetto, che da “intervento pilota” per la regione «si ridurrebbe a un intervento di provincia».

L’approccio: Per gli autori dello studio i Comuni direttamente coinvolti nel progetto, nello specifico Dolo e Pianiga, «hanno accolto la realizzazione di Veneto City con una certa passività», anche a causa di carenze nella pianificazione regionale e provinciale. Per i Comuni del resto Veneto City garantirà entrate cospicue a titolo di imposte e oneri di costruzione e urbanizzazione. Anche se un eventuale ridimensionamento del progetto ridurrebbe anche le entrate per le casse comunali.       Anche la scelta di operare per fasi successive può portare «più danni che vantaggi». Nello studio si sottolinea il rischio di «una ulteriore parcellizzazione» dell’intervento «in più ambiti architettonicamente e funzionalmente poco conformi». Gli ingegneri suggeriscono a questo proposito di vigilare sulla realizzazione degli stralci attraverso le norme dei piani urbanistici attuativi.       Dubbi anche sulla modifica delle altezze massime degli edifici (passate da 90 a 80 metri): «la realizzazione di edifici verticali – si legge nello studio – per uffici, residenze, terziario e quant’altro comporterebbe un minor consumo di suolo ed energia». E una progettazione unitaria garantirebbe una maggiore armonia architettonica e dei volumi previsti.

La questione ambientale: Veneto City, secondo il gruppo di lavoro che ha studiato il progetto, «potrebbe essere l’occasione per creare un vero e proprio parco agro-ambientale», in grado di riqualificare aree abbandonate, con un’apposita zona fra Veneto City, l’autostrada e la ferrovia, che potrebbe ospitare produzioni biologiche e tipiche. Così il progetto potrebbe definirsi “sostenibile”. Dal punto di vista della pianificazione però si chiede che il verde di uso pubblico sia definito in modo più preciso, con la definizione di aree destinate a orto, a passeggio, a parco per i bambini e a pic nic.       Nella materia ambientale rientrano anche le preoccupazioni per la mitigazione idraulica del progetto, minacciata da un’eventuale “spezzatino” del progetto paventato dal Collegio degli ingegneri. Lo stesso vale per il contenimento degli sprechi energetici e il ricorso a sistemi di riscaldamento tali da rendere innovativo e sostenibile il progetto complessivo.

Alberto Francesconi

 

L’IDENTIKIT DEL PROGETTO – Scommessa da due miliardi

Il progetto di Veneto City, un grande insediamento direzionale e commerciale a metà strada fra Venezia e Padova e a cavallo fra la Riviera del Brenta e il Miranese, è stato approvato lo scorso dicembre con la firma del governatore veneto Luca Zaia all’Accordo di programma fra la Regione, la Provincia di Venezia, i Comuni di Dolo e Pianiga e la società Venetocity. I proponenti (nomi noti dell’imprenditoria come Biasuzzi, Endrizzi, Mantovani e Stefanel) sono pronti a investire due miliardi di euro per un progetto da 50 ettari – circa 106 campi da calcio – un terzo dei quali da adibire a verde, da adibire a uffici, aree espositive, negozi, sedi universitarie, cinema e palestre.       Il progetto, la cui idea originaria risale al 2003, è osteggiato da associazioni ambientaliste, di categoria e da comitati civici che temono l’impatto sociale e ambientale del complesso. La versione più recente del progetto è stata affidata all’architetto Mario Cucinella, uno dei maestri della progettazione più sensibili al rapporto fra architettura e ambiente, che lo scorso autunno aveva illustrato in Riviera del Brenta la sua idea su Veneto City.       Nelle intenzioni dei privati l’avvio dei primi lavori potrebbe avvenire entro la fine dell’anno corrente. Ma su Veneto City gravano ancora i ricorsi presentati contro la realizzazione dell’opera. Ultimo quello del Gruppo Basso, proprietario di parte dei terreni sui quali dovrebbe sorgere il complesso, con la richiesta di annullare l’Accordo di programma dello scorso dicembre.

 

Gazzettino – Venezia. Navi da crociera in balia del vento

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24

giu

2012

LA POLEMICA – Tornano le proteste per il moto ondoso provocato dalle eliche

AL TRONCHETTO – Raffiche a 40 nodi hanno costretto ad accendere i motori

L’ALLARME – Granturismo e taxi acquei sballottati dalle onde

CAPITANERIA   «Una manovra compiuta in piena regola dalla nave»

Il vento ha spazzato la laguna per 15, 20 minuti. E qualcuno ha pensato ad una “replica” degli eventi di martedì 12 giugno. L’immagine della tromba d’aria sull’orizzonte lagunare è ancora molto ben presente.

E così, proprio tra le 14.45 e le 15, un forte vento 35-40 nodi (quasi 70, 80 chilometri all’ora) ha movimentato la situazione soprattutto nella zona della Marittima tanto che una nave crociera, la Celebrity Silhouette della Celebrity Cruises non solo ha dovuto rafforzare gli ormeggi, ma allo stesso tempo ha dovuto azionare le eliche laterali (i discussi bowtruster) per rimanere in linea, creando moto ondoso. Una situazione che, secondo alcune testimonianze, avrebbe messo in difficoltà la navigazione della zona, e in particolar modo il canale del Tronchetto affollato come sempre di granturismo e taxi.        Secondo alcune persone presenti nella zona, alcuni lancioni avrebbero avuto difficoltà nella navigazione per la grossa mole di acqua sollevata dalle eliche, e alcuni taxi acquei ormeggiati in zona, avrebbero sbattuto più volte contro le banchine.

Sul posto, proprio per la concomitanza, tra vento forte e le conseguenze dell’accensione dei bowtruster, sono giunte sul posto anche un paio di motovedette della Capitaneria di Porto. Dal canto suo, proprio la Guardia costiera, ha cercato di smorzare i toni sottolineando come l’episodio debba andar riportato nelle normali azioni di controllo attuate dalle grandi navi ormeggiate alla Marittima in occasione di temporali forti o condizioni meteorologiche avverse.        Insomma, secondo la Capitaneria, manovre e situazioni gestite con efficacia e senza alcun problema per le condizioni della navigazione nei canali lagunari.

Ma il caso della Celebrity Silhouette segue di pochi giorni altri episodi simili segnalati nelle scorse settimane che hanno visto protagoniste grandi navi “costrette” loro malgrado e per brutte condizioni atmosferiche a ricorrere all’accensione delle grandi eliche laterali per rimanere in linea lungo la banchina. E su questo già in passato il Comitato No Grandi Navi aveva espresso tutta la propria preoccupazione sottolineando la pericolosità della procedura di accensione delle eliche per il traffico lagunare.

 

INTERROGAZIONE DI BEPPE CACCIA

Il consigliere: «L’Autorità portuale vuole ampliare il terminal. L’amministrazione dia un segno concreto contro le navi in laguna»

«Mentre la città chiede di allontanare le grandi navi dalla laguna, l’Autorità portuale vuole raddoppiare il terminal di San Basilio». Il consigliere comunale Beppe Caccia (In Comune) chiede chiarezza e un preciso atto da parte dell’amministrazione comunale per intervenire sul Porto.        «L’amministrazione – afferma Caccia – intervenga per ottenere il rinvio dell’approvazione del progetto di raddoppio in Salvaguardia e per l’adozione di un Piano regolatore portuale armonizzato col Pat».        L’Autorità portuale, sostiene Caccia in una sua interrogazione, «avrebbe presentato in sede di Commissione di Salvaguardia un progetto relativo alla ristrutturazione e all’ampliamento del fabbricato portuale noto come Stazione Passeggeri di San Basilio, allargando le funzioni di terminal anche al settore attualmente adibito a deposito della stessa Autorità, e che questo progetto dovrebbe essere approvato dalla stessa Commissione entro la prima settimana del prossimo mese di luglio».        Il progetto, prosegue il consigliere comunale, contrasterebbe con le previsioni urbanistiche della variante al Piano regolatore generale vigente per la Città Antica, là dove di prevede la demolizione senza ricostruzione del fabbricato, nella prospettiva di apertura e restituzione alla piena fruizione della città di tutte le aree portuali di San Basilio e Santa Marta».        Un progetto che giunge proprio nel momento in cui in città cresce la volontà di escludere dai canali della città Storica e dall’area di San Basilio–Santa Marta–Marittima il traffico delle grandi navi. Lo stesso Piano di assetto del territorio (Pat) adottato lo scorso 4 febbraio dal consiglio comunale “assume come proprio obiettivo la definitiva estromissione delle navi incompatibili con la città storica e con il contesto lagunare”. Tanto più, dice Caccia, che «recentemente il sindaco ha richiesto al Governo nazionale e alle altre competenti autorità provvedimenti urgenti che consentano di trasferire nell’ambito della prima Zona industriale di Porto Marghera il terminal delle attività portuali che non possono più trovare spazio in Marittima».        Nell’interrogazione il consigliere chiede quindi che l’amministrazione comunale «intervenga nei confronti dell’Autorità portuale e della Commissione di Salvaguardia affinché l’esame del progetto di cui sopra sia sospeso e si proceda ad un confronto nel merito» e che «il Comune eserciti tutte le necessarie forme di pressione nei confronti della stessa Autorità portuale affinché si avviino le procedure finalizzate alla discussione e all’adozione del Piano regolatore portuale, sulla base delle previste intese con il Comune e di un più ampio, pubblico e partecipato confronto sulle prospettive di sviluppo delle attività portuali per la Città e la Laguna».

 

Il Comitato per l’integrità Bivi Terraglio chiede garanzie sull’ipotesi di ripristinare la circolazione per l’Alta velocità

Sul Corridoio 5 solo voci di corridoio: i comitati chiedono chiarezza. Se n’è discusso anche giovedì scorso a Mestre, nel corso di un’assemblea pubblica organizzata dal Co.Bi.Ter., il Comitato per l’integrità Bivi Terraglio, alla quale hanno partecipato circa 150 persone. Una piccola rappresentanza dei residenti di un’ampia zona che va dai confini con la Municipalità di Zelarino, località Favorita (Terraglio), alla zona di Ca’ Solaro; gente preoccupata dal susseguirsi di voci difficilmente verificabili sul progetto di creare una linea ad alta velocità e alta percorrenza (a regime 130 convogli al giorno) lungo il tracciato dell’attuale linea dei Bivi.        Da una parte il recente ragionamento del commissario straordinario per la Tav Venezia-Trieste, Bortolo Mainardi, secondo il quale spostare il progetto Tav lungo la ferrovia esistente consentirebbe di risparmiare più di un miliardo e mezzo di euro rispetto al progetto originario, che vorrebbe i treni veloci su una nuova linea lungo la gronda lagunare. Dall’altra, ora, le obiezioni del comitato, che giovedì sera, dati alla mano, ha ribadito la necessità di un incontro con Rfi e commissario per avere rassicurazioni in merito a un’idea che andrebbe a stravolgere una grande fetta di Mestre dove abitano decine di migliaia di persone.        Dopo la dismissione della linea dei Bivi, nei primi anni ’90, Comune e Ferrovie hanno dato la possibilità di costruire lungo una fascia sulla quale ora potrebbe passare la linea Tav/Tac, senza contare le abitazioni limitrofe. «Che ne sarà delle nostre case, patrimonio di una vita? Chi ci garantisce che, nel caso, tutti saranno risarciti? Chi garantisce sulla sicurezza di un progetto che l’Europa richiede all’Italia, ma che il nostro Paese sta delineando pensando al massimo risparmio»?        Per qualcuno giovedì sera è stato difficile mantenere la calma. Per ora nulla di concreto, «abbiamo chiesto degli incontri per capire quale sarà la decisione finale – spiega il coordinatore del Cobiter, Alvise Pengo – Mi sento però di dare una rassicurazione. Non abbiamo intenzione di organizzare barricate, semplicemente chiediamo di essere informati e, senza voler metter il becco sulle questioni tecniche, di essere ascoltati».

 

I VERTICI DELLA CASSA EDILE

A RISCHIO – L’edilizia è uno dei settori che più interessa la criminalità organizzata

La crisi colpisce duro e continua a farlo, soprattutto nell’ambito delle piccole imprese. Un rischio evidenziato in occasione delle celebrazioni del venticinquennale della Cassa edile veneta artigiana, che oltre a inaugurare la sua nuova sede in via della Pila, ha organizzato all’Istituto Parini un convegno su “Economia e criminalità”.        Secondo Ceva ad accrescere l’esposizione alle infiltrazioni criminali contribuiscono anche le gravissime condizioni della crisi economica: nel caso dell’edilizia nel 2012 è prevista una riduzione del 5,2% degli investimenti, che si aggiunge alla precedente contrazione del 20% registrata tra il 2008 ed il 2011. Le più colpite sono proprio le piccole imprese: quelle con meno di 5 addetti nell’ultimo trimestre 2011 hanno avuto cali di fatturato pari al 4,4%. Di pari passo anche l’emorragia di posti di lavoro (4600 lavoratori in meno nel 2011) e la crescente mortalità di imprese (-1,6% in due anni).      «Oggi, purtroppo, sempre più imprese faticano a reggere le difficoltà del mercato – spiega il presidente della Ceva Roberto Strumendo – C’è terreno fertile per la criminalità, in particolare sul fronte degli appalti». Interessante la riflessione del professor Filippo Della Puppa dello Iuav: «In Veneto e nel veneziano si è costruito troppo e male – Per contrastare la crisi l’unica strada per uscirne è l’innovazione, l’adozione di politiche sostenibili ed evitare di consumare altro territorio». (r.ros.)

 

Appello agli amministratori del coordinatore di “Avviso Pubblico”

«Vigilate contro la mafia»

«Il Veneto non è terra di mafia ma terra che interessa alla mafia. E solo con la denuncia preventiva si può tenere lontano questo cancro della società». È l’istantanea che Pierpaolo Romani, Coordinatore nazionale di “Avviso Pubblico” (definita la Libera degli amministratori pubblici e comunali) fornisce di ciò che interessa ai fenomeni di Cosa Nostra nel nostro territorio. Il suo intervento nel dibattito su Economia e Legalità in occasione dei 25 anni della Cassa edile veneziana (Ceva) scuote e a tratti sorprende. Ma non troppo. Lui che il tessuto urbano lo conosce perchè è sempre a contatto con gli amministratori pubblici sa bene anche quanto succede in quest’area del Nordest.        «Il recente vertice a Venezia della Commissione Antimafia presieduto dall’ex ministro Giuseppe Pisanu e anche il monito del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri che ha riconosciuto nel Veneto uno dei territori più appetibili per gli affari mafiosi, sono la cartina di tornasole di quanto, purtroppo, sta accadendo – spiega Romani – La mafia da tempo non è più quella della polvere da sparo ma quella che segue l’odore dei soldi. E di soldi, in Veneto, ne girano parecchi e significano investimenti, imprese, piccole società da aiutare, grandi progetti e infrastrutture in cui inserirsi. Tutti affari che per la mafia dai guanti bianchi sono manna dal cielo». Un territorio, quello Veneto, per Romani, che crea diffidenza anche all’estero.         «Allo sceicco del Qatar, in visita poche settimane fa in Italia, (quello che ha finanziato il rigassificatore di Rovigo per intenderci) hanno chiesto perché non investe di più nel nostro Paese e lui ha risposto: corruzione. E anche in Veneto corruzione, evasione fiscale e paura di denunciare sono i principali fattori che rendono grande le mafie che vogliono porre radici. Non è vero che non esistono i casi ma non si vogliono dire, far emergere. E i settori più a rischio in questo territorio sono l’edilizia e il turismo (anche Jesolo ed Eraclea), i trasporti, i mercati ortofrutticoli, il gioco d’azzardo, non certo il Casinò di Venezia ma quello dei bar, dove piccoli imprenditori malati di gioco perdono patrimoni e poi chiedono prestiti a usurai camorristi e mafiosi».        Il giornalista Giovanni Viafora, secondo relatore del dibattito, ritiene che la colpa sia anche della politica. «Il Veneto è impreparato all’onda d’urto delle infiltrazioni mafiose – dice – Le piccole imprese, sono le più a rischio. Qualche giorno fa ho chiesto all’ex governatore Galan come è possibile che la politica non si sia accorta di nulla. Sapete la risposta? «Nessuno me l’ha mai detto». Forse anche la magistratura andrebbe adeguata alla situazione: ma ha ragione Romani, la regola numero uno deve essere la denuncia».

Raffaele Rosa

 

MONTEBELLUNA «Basta con il commissario»

L’appello di Elvio Gatto di Viabilità sostenibile

«Pedemontana, ci pensi l’Anas»: Elvio Gatto, referente dei Comitati per una viabilità sostenibile della Provincia di Treviso, non ha dubbi. Il Commissario straordinario per la realizzazione della Pedemontana veneta Vernizzi va mandato in “pensione”, come tutti gli altri commissari.

«L’iter per la pedemontana -denuncia Gatto- deve essere preso in mano dall’Anas, ma questo accadrà solo in assenza di commissario; e

l’Anas per prima cosa dovrà cominciare a valutare il progetto senza considerarlo una risposta ad un’emergenza viaria, come è stato fatto finora; l’iter della Pedemontana deve seguire quindi il regolare percorso di qualsiasi altro intervento. Di emergenze, infatti, non ce n’è proprio nessuna».

Ma Gatto evidenzia pure un altro aspetto:

«L’Anas dovrà fare chiarezza su troppi aspetti non chiari: in particolare, la questione relativa alla convenzione fra appaltatore e Regione, che non è mai stata resa nota».

E, in questo momento di passaggio, si inserisce il rinvio a data da destinarsi, da parte del Consiglio di Stato, della sentenza sui ricorsi sul tema, avvenuto martedì. Il Consiglio di stato, dopo aver momentaneamente sospeso gli effetti della sentenza del Tar del Lazio, doveva cioè esprimersi sul merito. Ma bisognerà attendere.

«Il rinvio lascia una porta aperta -conclude Gatto- e quindi per noi è un mezzo successo; inoltre abbiamo ancora una carta importante da giocare: si tratta di un altro ricorso al Tar del Lazio di un altro gruppo di espropriandi, gestito non dallo studio Garofalo ma dallo studio Ibba».

 

GRANDI NAVI IN BACINO

Cinquantadue pagine di fotografie con grandi navi immortalate mentre sparano fumi neri nell’atmosfera a poche decine di metri dalle case veneziane. Cosa contengono quei fumi? Dobbiamo credere a scatola chiusa a quello che dicono le compagnie di crociera? La domanda di Medicina Democratica che con AmbienteVenezia, associazione Bortolozzo, Comitato ‘NO Grandi Navi’ e ‘Laguna Bene Comune’ la rivolgono al Governo, ma anche al sindaco e all’Ulss 12 affinché sia avviata al più presto un’indagine sulla salute dei cittadini in connessione con il crocerismo.        Il nuovo dossier documenta fotograficamente l’invasività e la sproporzione delle grandi navi turistiche rispetto all’architettura veneziana, ma pone l’accento in particolare sulle grandi nuvole di fumo nero-giallastro che escono dalle ciminiere. La preoccupazione riguarda «l’impatto sanitario rispetto alle popolazioni costiere e delle aree portuali, l’inquinamento atmosferico e l’aumento di patologie e morti». Tra le domande:

«Quali sono gli inquinanti contenuti in quei fumi? Quanti chili o tonnellate di questi inquinanti sono stati emessi in atmosfera in questo ultimo anno? Qual’è il loro cono di ricaduta? Dal punto di vista medico e tossicologico quali sono i danni che possono causare questi inquinanti alla salute di chi è costretto a respirarli?».

 

Gazzettino – Mirano. Ca’ Perale, la discarica chiude

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22

giu

2012

MIRANO – Per molti anni è stata fonte di accese polemiche e sospetti

Partito il progetto di ricomposizione ambientale

La discarica di Cà Perale chiude definitivamente ogni tipo di attività. Per molti anni è stata fonte di dibattiti e sospetti, ora è finalmente partito il progetto di ricomposizione ambientale. L’impianto si trova in via Taglio Sinistro, nella strada che porta da Mirano a Mira, a pochi passi dal Passante. La discarica è stata attiva per otto anni, fino al 1996, per tutti i comuni del Miranese e della Riviera. Il sito terminò la propria funzione ricettiva dopo un periodo caratterizzato da 400mila tonnellate di rifiuti solidi urbani stoccati, ma pure da molte polemiche che investirono le Giunte Marchiori e Fardin. Decine e decine furono le interrogazioni presentate all’epoca in Consiglio dal centrodestra. Chiusa quell’attività venne aperta una nuova fase, durata 15 anni, durante il quale la discarica è stata sfruttata per la produzione di biogas. Ora cala il sipario: sono partiti in questi giorni i lavori per l’allestimento del cantiere che darà vita al progetto di riqualificazione ambientale. La notizia è stata accolta positivamente dalle famiglie che abitano nell’area del canale Taglio, sia nel territorio di Mirano che in quello di Mira. L’intero progetto sarà illustrato alla cittadinanza in un convegno pubblico organizzato dall’assessorato alle Politiche Ambientali per mercoledì 27 giugno alle 18.30 nella barchessa di Villa Errera, alla presenza dei tecnici Veritas. «È nostro obiettivo non solo informare i cittadini sulle modalità dell’intervento, ma pure coinvolgerli nella condivisione delle operazioni previste dal progetto» si legge nella nota diffusa dal Comune. L’intervento ha una durata prevista di 14 mesi ed è interamente finanziato dalla Regione Veneto: consisterà principalmente nella sigillatura e nel confinamento perimetrale del sito e sarà successivamente completato con nuove piantumazioni. La discarica verrà dunque confinata verso l’esterno attraverso la realizzazione di un diaframma plastico e sarà poi inserita nel paesaggio circostante con un’azione di forestazione. La vegetazione ricoprirà un ruolo fondamentale nella riduzione delle infiltrazioni e nella protezione dall’erosione.

Gabriele Pipia

 

LA NUOVA OPERA

A RISCHIO – La realizzazione del nuovo casello del Roncoduro è a rischio. Subirà dei pesanti ritardi

I primi numeri sul casello del Roncoduro, usciti in occasione della presentazione del progetto preliminare, parlavano di un’opera da compiere in poco più di tre anni, con costi pari ad 11,7 milioni di euro. Il progetto preliminare prevede la riapertura, all’altezza del preesistente casello Dolo- Mirano, di nuova barriera con possibilità di entrata ed uscita solo in direzione di Venezia. Piazzali per il pagamento del pedaggio, le rampe di ingresso e uscita autostradali, la modifica della rampa autostradale Mestre-Trieste ed i collegamenti della viabilità autostradale con la viabilità ordinaria esistente. Oltre a queste, si sarebbero dovute aggiungere, ormai il condizionale è più che mai d’obbligo, anche diverse «opere civili» ed impiantistiche sugli edifici di casello, sui manufatti idraulici che avrebbero dovuto assicurare la continuità della rete consortile esistente e opere di mitigazione con sistemazioni a verde, barriere antirumore e alberi schermanti. L’opera è stata concepita perché sia facilmente raggiungibile dalla ex SS11, conosciuta come Brentana, attraverso la già realizzata bretella ovest e la prevista est. Tutte opere che, nell’ottica dei sindaci Maddalena Gottardo e Massimo Calzavara, oltre che di Veneto Strade e Regione, sarebbero servite per rilanciare l’economia rivierasca e la mobilità dell’intera area. Adesso, con la decisione del governo centrale di non rinnovare le figure dei commissari straordinari, rischiano di vedere la luce con un pesante ritardo. Almeno stando alle considerazioni della sindaco di Dolo, Maddalena Gottardo.

(G.Dco.)

 

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