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Gazzettino – Venezia-Regione, piano casa al veleno

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11

gen

2014

VENEZIA – Piano casa Orsoni: la città diverrà un hotel.  Zorzato: falsità

IL RICORSO  «Chiederemo al Governo di impugnare questo provvedimento di Palazzo Balbi»

LA SITUAZIONE ATTUALE  Ecco le strutture ricettive oggi Ca’ Farsetti teme il boom

La cartina mostra la situazione attuale della dislocazione delle attività ricettive (hotel e case private) nella città storica. Con il Piano Casa Ter, ha detto ieri Orsoni, praticamente tutta Venezia sarebbe interessata da ampliamenti che possono portare a nuove destinazioni turistiche degli immobili. Ma il vicepresidente del Veneto, Marino Zorzato, ha smentito con forza questa eventualità e ha garantito la permanenza dei vincoli. A Venezia c’è il Pat, il Piano di assetto territoriale che il consiglio comunale ha adottato nel gennaio di due anni fa e che costituisce l’attuale strumento con cui la pianificazione del Comune viene adeguata alle disposizioni della Legge Regionale Urbanistica (11/2004).

 

IL RICORSO  «Chiederemo al Governo di impugnare questo provvedimento di Palazzo Balbi»

Orsoni: «Piano casa, città a rischio»

Il sindaco torna ad attaccare la legge regionale: «Potremmo diventare un enorme grand hotel»

L’affondo arriva direttamente dal sindaco Giorgio Orsoni e punta dritto su Palazzo Balbi, sede della Giunta regionale. «Siamo di fronte ad una norma contraddittoria e poco efficace – ha tagliato corto ieri mattina a Ca’ Farsetti – se si deve contemperare lo sviluppo con la tutela dell’ambiente. Si tratta di un progetto incongruente con i nostri piani urbanistici e con il Pat (il piano di assetto terroriale) totalmente stravolto dalle nuove disposizioni». Insomma, un attacco bell’e buono, quasi all’arma bianca contro il cosiddetto “Piano Casa ter” approvato nello scorso novembre dall’assemblea di Palazzo Ferro Fini, e che a fine mese dovrà (salvo sorprese) essere adottato.
Dopo l’incontro di giovedì, con tutti i primi cittadini delle città capoluogo del Veneto (Venezia, Padova, Treviso, Belluno, Rovigo, Vicenza, Verona) alla presenza anche del ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ieri mattina Orsoni, insieme all’assessore all’Urbanistica, Andrea Ferrazzi e ai tecnici dell’assessorato (Maurizio Dorigo, Oscar Girotto) ha sfoderato la grinta della battaglia sottolineando prove alla mano, con una serie di planimetrie e relative simulazioni legate all’adozione del Piano Casa Ter, come la città possa diventare un enorme “grand hotel” visto e considerato che verrebbero abbattuti tutta una serie di controlli sulla residenzialità e sulle attività ricettive stravolgendo di fatto il tessuto cittadino e trasformando la Serenissima in un unico grande albergo.
«Ci conforta sapere – ha continuato il sindaco – che l’intento della Regione non è applicare questa norma ai centri storici. Una normativa che deve essere resa inoltre compatibile con le linee della programmazione urbanistica comunale. Ed é per queste ragioni che ci siamo impegnati a costruire una proposta di legge che modifichi o integri il Piano Casa proprio su questi punti. Parallelamente chiederemo al Governo di impugnare questo provvedimento con cui la Regione toglie ai Comuni i poteri attribuiti loro dalla Costituzione in tema di programmazione, pianificazione e sviluppo dei territori, nell’ambito della loro autonomia. Il rilancio del settore dell’edilizia e dell’economia del territorio è anche un nostro obiettivo, ma credo si possa intervenire diversamente. Penso alla rottamazione degli edifici, alla defiscalizzazione, alla sburocratizzazione delle procedure». Un attacco a testa bassa con l’assessore Ferrazzi che ha rincarato la dose: «Gli intendimenti di fondo della Regione sono interessanti – ha detto – e non c’è una volontà politica strumentale di contrastare le decisioni regionali. Il Comune è convinto che il tema del rilancio economico attraverso un impulso del settore edilizio sia serio e che per questo vada affrontato con accortezza e determinazione».
E su questo sono venuti in aiuto i tecnici: «Se il nostro Pat – ha sottolineato Girotto – comporta un carico aggiuntivo del 15 per cento, il Piano Casa che non prevede la valutazione ambientale strategica, consentirà un ampliamento che va dal 50 al 70 per cento con gravi conseguenze, soprattutto in Terraferma, sull’occupazione di suolo dovuto ad un indisciplinato aumento dei metri cubi di un corpo edilizio, magari su terreni agricoli».

 

LA REGIONE – Dura replica alle critiche del sindaco di Venezia

IL VICEGOVERNATORE  «Sono stanco di sentire balle La città storica sarà tutelata»

VICE PRESIDENTE – Marino Zorzato numero due della Regione difende il Piano Casa

Zorzato: «Basta bugie Restano tutti i vincoli»

«Balle, solo balle. Mi sono stancato di leggere solo fesserie. Scusate la foga, ma è così». Marino Zorzato, vicepresidente e assessore regionale al Territorio, va su tutte le furie. E nella sfuriate attacca subito sul “caso veneziano”: «Trovo francamente assurda la crociata che alcuni sindaci stanno facendo contro la legge – taglia corto, riferendosi a Orsoni – Anche perché i rischi di devastazione che vengono paventati non esistono: il Piano Casa non rimuove alcun vincolo, sia esso comunale, regionale o nazionale, e i limiti che le amministrazioni locali hanno fissato alla data di approvazione della legge, rimangono inalterati. È davvero una bufala che i nostri preziosi centri storici, come Venezia, possano venire alterati e subire dei danni dall’applicazione del Piano Casa: se ciò dovesse succedere sarà perché i Comuni non hanno adeguatamente tutelato il patrimonio edilizio storico con gli strumenti di cui già dispongono. È bene che i sindaci sappiano che l’ultima parola spetta e spetterà sempre alla Soprintendenza ai Beni artistici e architettonici».
Insomma chi ha orecchie per intendere, intenda. L’attacco del primo cittadino di Venezia, sulla trasformazione della Serenissima in una grande albergo con il nuovo Piano Casa, viene rispedito al mittente con l’invito ad informarsi. Insomma, una burrasca in un bicchier d’acqua secondo il vicepresidente della Regione. «Si può stimare che il Piano Casa nel Veneto valga dai 6 agli 8 milioni di metri cubi – ha concluso Zorzato – che corrispondono appena a un valore tra il 5 e il 7 per cento dei 100 milioni di metri cubi di nuova espansione edilizia prevista nel Veneto. Con quale coraggio, chiedo, alcuni sindaci puntano l’indice accusatore sul Piano Casa, quando città come Venezia prevede nel suo Pat un’espansione di oltre 6 milioni di metri cubi per il residenziale e di 3 per il produttivo? Quando Padova ha aggiunto ai 2,6 milioni che residuavano dal vecchio Piano Regolatore per la residenza, il direzionale e il commerciale, ulteriori 2 milioni di metri cubi con il Pat? Non possono essere questi amministratori a venirci a dare lezioni di tutela del territorio».
Zorzato rivendica i risultati del Piano Casa tornando all’attacco dei sindaci contestatori. «Utilizzando questo strumento – ha detto – settemila aziende del comparto hanno evitato la chiusura, 11mila posti di lavoro sono stati salvati e altrettante famiglie hanno potuto contare su un’entrata preziosa in tempo di crisi; sono stati realizzati interventi per 2,8 miliardi con un aumento degli investimenti pari al 5,8% nel campo delle ristrutturazioni: il tutto grazie ai 60 mila casi di recupero edilizio che hanno migliorato anche esteticamente i nostri centri abitati. Voglio ricordare che l’edilizia muove un indotto composto da oltre 80 settori merceologici diversi».
Dati che fanno capire la portata del progetto e in particolar modo l’ampiezza del settore casa nel Veneto. E se da una parte Zorzato sottolinea la bontà delle iniziative intraprese, dall’altra risponde piccato all’offensiva dei sindaci delle città capoluogo del Veneto. «Il dialogo e il confronto rimangono aperti con i Comuni e con tutti i soggetti interessati e, ribadisco, – ha aggiunto – ben vengano iniziative e proposte tese a migliorare la legge. Ma nessuno mi può impedire di difendere lo spirito e gli obiettivi di una norma che, come testimoniano i numeri e i risultati, ha prodotto nel Veneto solo benefici, sul piano economico e occupazionale, dando risposte concrete ai bisogni delle famiglie e delle aziende, senza deturpare il nostro territorio, anzi, migliorando in molti casi la qualità del patrimonio edilizio esistente».

P.N.D.

 

Il sindaco Orsoni: «Così diventeremo una città-grand hotel»

Il vicepresidente Zorzato: «Falsità, la legge non tocca i vincoli»

CONTESA – Tra il sindaco di Venezia e l’assessore Zorzato

40 %  L’INCREMENTO IN ALTEZZA

80 %  I COMUNI CHE LO APPLICANO

Lo scontro è diventato istituzionale. Da una parte i sindaci dei comuni capoluogo del Veneto, dall’altra la Regione. Tutti contro tutti e nel mezzo il bene più prezioso: la casa. Dopo il “siluro” lanciato giovedì dai primi cittadini di Venezia, Padova, Treviso, Belluno, Rovigo, Vicenza e Verona, e il “ramoscello d’ulivo” del vicepresidente e assessore regionale al Territorio, Marino Zorzato pronto al dialogo, ieri è stata nuova polemica al calor bianco.
Di più. Una gara di pugilato a distanza tra il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni che, al termine della giunta comunale, ha scelto di rincarare la dose dopo aver annunciato giovedì alla presenza anche del ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, di aver deciso di dare il via ad un progetto di legge regionale che punti alla modifica del Piano Casa, sottolineando la necessità di un intervento del Governo sulla Corte Costituzionale per una presunta “illegittimità” del provvedimento.
Così, tanto per sfoderare il classico “gancio” all’avversario, Orsoni, insieme all’assessore all’Urbanistica, Andrea Ferrazzi, ha presentato planimetrie e “simulazioni” assestando un colpo deciso:

«Siamo di fronte ad una norma contradditoria – ha tagliato corto – e poco efficace se si deve contemperare lo sviluppo con la tutela dell’ambiente. Un Piano incongruente con i nostri progetti urbanistici e con il Pat (il Piano di assetto territoriale ndr) totalmente stravolto dalle nuove disposizioni».

Ed ecco come nella documentazione offerta da Orsoni emerga una sorta di “risiko” che andrebbe a stravolgere il tessuto cittadino presupponendo una massiccia trasformazione soprattutto dal punto turistico-ricettivo.

Come dire: addio vincoli alla residenzialità, grande spazio a bed & breakfast e alberghi.

«É reale il rischio di una “città grand hotel” – ha accusato Orsoni – Non ci stiamo. Ci conforta sapere che l’intento della Regione non è applicare questa norma nei centri storici, ma il Piano deve essere reso compatibile con le linee di programmazione dei Comuni, città capoluogo in testa».

Dall’altra parte del Canal Grande, a Palazzo Balbi, l’assessore Marino Zorzato ha deciso di rendere “pan per focaccia”. «Per allontanare ogni dubbio e perplessità – attacca il vicerpresidente della Regione – sono disposto a discutere su tutto, ma se si vuole tornare alla situazione precedente, non sono d’accordo. Non ne faccio nulla. Mi è stato riferito che i sindaci delle città capoluogo intendono elaborare un loro testo di legge: se sarà migliore del nostro, e risulti favorevole alle istanze dei cittadini, lo approveremo, ma non vorrei che stessimo qui a a parlare della lesa maestà nel potere dei sindaci, visto e considerato che l’80 per cento dei primi cittadini sta applicando il Piano Casa senza problemi». E poi la smentita su Venezia. «Nessun vincolo viene toccato da questa legge. Se in città ci sono immobili non vincolati, non è affar nostro. Orsoni resta il dominus del suo piano regolatore e farebbe meglio a fare il sindaco invece che l’avvocato. Le legge non parla mai di cambio d’uso. Chi dice il contrario, dice balle!». Insomma, tutto rispedito al mittente nella polemica sulle attività ricettive nel cuore della Serenissima. Infine l’ultima questione: l’altezza degli edifici che, secondo un’interpretazione, potrebbe prevedere un 40 per cento in più per “alzare” immobili già esistenti. «Su questo è intervenuto il Decreto del Fare – taglia corto Zorzato – Qui a comandare su tutto sono e rimangono le Soprintendenze».

Paolo Navarro Dina

 

IN CONSIGLIO REGIONALE – Pd: pronto emendamento per una nuova modifica

BATTAGLIA – Lucio Tiozzo, capogruppo del Pd veneto

Intanto il Pd rilancia la battaglia in consiglio regionale annunciando la volontà di puntare ad una modifica del Piano Casa Ter a pochi mesi dalla sua approvazione. L’emendamento potrebbe essere presentato nel minor tempo possibile. Lo afferma il capogruppo Pd in consiglio regionale Lucio Tiozzo. «Se l’assessore Zorzato ci avesse dato ascolto – sottolinea l’esponente Pd – non saremmo arrivati a questo pesante scontro istituzionale tra enti locali e Regione. D’altro canto non serviva essere dei geni per capire che il caos sarebbe stato scontato. Vogliamo restituire ai Comuni i poteri che chiedono e una moratoria sui centri storici»

 

Altreconomia – Un’autostrada salva l’altra

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9

gen

2014

1 miliardo di euro è il debito che grava sul concessionario Cav

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha proposto una soluzione surreale al problema dell’indebitamento legato al Passante di Mestre: costruire la quarta corsia di un’altra arteria, la Padova-Venezia. Intanto il suo partito dà il via alla campagna “#iononpago”, contro gli aumenti dei pedaggi

La ricetta di Luca Zaia per rendere meno problematica un’autostrada è costruirne un’altra. L’arteria che ha un problema è il Passante di Mestre, gravato da un debito di un miliardo di euro, iscritto a bilancio del gestore Cav spa, e secondo Zaia è possibile fare in modo che la restituzione dell’indebitamento possa essere spalmata fino al 2050, diciotto anni dopo la data di scadenza naturale dell’attuale concessione. Per spostare il contratto in essere a favore di Cav -una società pubblica, perché partecipata dalla Regione Veneto e dall’Anas- il presidente della Regione Veneto suggerisce una cosa semplice: bisogna costruire una quarta corsia tra Padova e Venezia, un’altra tratta in concessione a Cav, ed ottenere così dal ministero delle Infrastrutture una proroga di diciotto anni rispetto alla naturale scadenza della concessione.

È, né più né meno, ciò che sempre in Veneto ha cercato di ottenere il gestore dell’autostrada Brescia-Padova, cercando l’approvazione del devastante progetti della Valdastico Nord, come raccontammo nel febbraio 2013 su “Altreconomia”.

Il “piano Zaia” cerca di disinnescare le polemiche che attraversano l’area metropolitana tra Padova e Venezia (unita da una tratta autostradale che non è il Passante), in particolare quelle dei pendolari sulle quattro ruote che hanno protestato contro l’entrata in vigore delle nuove tariffe 2014, che hanno visto il pedaggio passare da 80 centesimi a 2,80 euro.

Un tema -quello delle polemiche per i rincari autostradali- che si rinnova anno dopo anno, complice anche i meccanismi di calcolo di questi aumenti: il metodo “per la remunerazione delle concessionarie è totalmente ‘blindato’, i piani finanziari su cui si basa sono addirittura secretati, nel senso che nessuno li può vedere, nemmeno i parlamentari, e tale meccanismo è stato recentemente dichiarato da uno dei massimi gestori, che non ha peli sulla lingua, ‘del tutto privo di rischi per i concessionari’” ha scritto nei giorni scorsi il professor Marco Ponti -uno dei massimi esperti in Italia di Economia dei trasporti- in un intervento su arcipelagomilano.org.

In tutto questo, c’è la Lega Nord -il partito del presidente della Regione Veneto Luca Zaia- che per il prossimo 11 gennaio ha promosso in tutto il Nord Italia manifestazioni con lo slogan #iononpago, presidi ai caselli per protestare contro i rincari. Prima di convocare l’iniziativa, “per dire BASTA a uno stato che fa pagare (e tanto) le autostrade solo al Nord” mentre “al Sud le autostrade sono GRATIS e a dicembre il governo Letta ha regalato altri 340 milioni di euro alla Salerno-Reggio Calabria!”, i Giovani Padani avrebbero potuto riflettere su quanto sta avvenendo nelle tre Regioni che amministrano –Piemonte, Lombardia e Veneto-, dov’è in corso o in programma la realizzazione di circa 20 nuove autostrade (qui la presentazione di Ae “Nuove autostrade utili davvero?”). E dovrebbero riflettere anche sul costo di queste infrastrutture, che oggi finiscono per gravare in parte sulle casse dello Stato (anche quelle come la Tangenziale Est esterna di Milano, che avrebbe dovuto essere realizzata dai privati in project financing) e domani -cioè per i prossimi cinquant’anni- saranno pagate dagli utenti, dai cittadini. Anche se non servono, anche se ormai è caduta in modo rovinoso la scusa dell’Expo 2015, usata come grimaldello per imporre l’avvio dei cantieri per opere come la Pedemontana Lombarda, che costa cinque miliardi di euro e ormai è chiaro a tutti non sarà pronta né per l’avvio (maggio 2015) né entro la fine dell’Esposizione Universale.

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ARCIPELAGOMILANO.ORG

TARIFFE AUTOSTRADALI E CRISI: IL MIRACOLO DI CONCESSIONARI SEMPRE PIÙ RICCHI

Gli elevati aumenti delle tariffe autostradali in una situazione di calo del traffico non deve stupire troppo: il meccanismo per la remunerazione delle concessionarie è totalmente “blindato”, i piani finanziari su cui si basa sono addirittura secretati (?!?), nel senso che nessuno li può vedere, nemmeno i parlamentari, e tale meccanismo è stato recentemente dichiarato da uno dei massimi gestori, che non ha peli sulla lingua, “del tutto privo di rischi per i concessionari”.

Si noti che essendo la grandissima parte delle autostrade già ampiamente ammortizzate, ci si dovrebbe in realtà aspettare una diminuzione delle tariffe, non il loro sistematico aumento. Una delle cause di questa scandalosa situazione è certo la presenza di azionisti pubblici, che ha fatto in modo che le resistenze politiche al sistema, soprattutto a livello locale, siano state debolissime, anche in Lombardia. Pubblico e privato collaborano gloriosamente, e in modo “bipartisan”, a tosare gli automobilisti, abituati d’altronde a non fiatare. Si vedano gli aumenti stellari delle tasse sulla benzina. Ma si sa, sono perfidi inquinatori, come gli viene spiegato tutti i giorni. Poi non votano mica compatti …

Il dispositivo con cui le tariffe sono calcolate è tecnicamente complicato (“price cap“, RAB, WACC, fattore X, previsioni di domanda, ecc.) e non possiamo entrare qui in dettagli, pena la morte per noia dei lettori.

L’unico punto “attaccabile” del meccanismo sono in realtà i nuovi investimenti, e i loro prezzi. Formalmente questi investimenti sono decisi dal Ministero, cioè dall’ANAS, che li impone ai poveri concessionari a prezzi stracciati. Ma questi nuovi investimenti hanno anche un secondo fine, oltre a quello di far viaggiare meglio gli automobilisti: se ben programmati, servono a procrastinare all’infinito le concessioni stesse quando scadono, grazie a un’interpretazione “flessibile” di una legge (nota come Costa – Ciampi). Si pensi che un concessionario (non lombardo, ma per pochi chilometri …) ha serenamente dichiarato alla stampa, nell’imminenza della scadenza della sua lucrosissima concessione, che “era sufficiente manipolare un po’ il bando di gara, per non avere sorprese …”.

Gli investimenti e i loro costi sono in realtà negoziati in modo del tutto opaco (“secretato”) da ANAS con i concessionari stessi, e la sensazione è che quei due soggetti vadano davvero molto d’accordo.

Ma quel che ho descritto sinora non è il peggiore dei mali del settore: c’è molto di peggio. Il sistema dei pedaggi è oggi l’unico modo per finanziare le strade. Infatti per quelle non a pedaggio (statali, provinciali e comunali) i soldi sono pochissimi, e in diminuzione. Peccato che la domanda di traffico, soprattutto in una regione metropolitana come la Lombardia, sia per il 75% di breve distanza, e interessi l’intera rete, con gravi fenomeni di congestione diffusa (e si ricorda che un traffico congestionato inquina il doppio di un traffico ragionevolmente fluido, oltre a generare alti costi in termini di tempo per famiglie e imprese).

Quindi tra un po’ la viabilità ordinaria, quella che serve di più alla Lombardia, diventerà pericolosa e darà luogo a un disastro economico (i costi di manutenzione, se non s’interviene subito, crescono esponenzialmente). Spostare traffico sul ferro e sui mezzi pubblici sarebbe ottima cosa, peccato che sia costosissimo per le esangui casse pubbliche, e le simulazioni della Commissione Europea dicano che al massimo si sposterebbe pochi punti percentuali del totale del traffico. Ma i soldi vanno solo alle autostrade, cioè a quelle che gli automobilisti (e i camionisti) si pagano da sé con i pedaggi, come se non le avessero già pagate molte volte, visto che versano allo stato alcune decine di miliardi all’anno in accise e tasse varie. Poi sia il CENSIS, che più recentemente l’ISTAT, hanno definitivamente chiarito che la tassa sulla benzina è regressiva, cioè colpisce maggiormente le classi a reddito più basso. Lo stesso ovviamente vale per i pedaggi autostradali.

Che fare? Non si può fare molto, data la natura privatistica dei contratti di concessione: non si possono modificare unilateralmente. Ma almeno sui meccanismi di gare per le concessioni in scadenza, e soprattutto sulla razionalità e i prezzi degli investimenti, è urgentissimo che intervenga l’organismo apposito appena creato, cioè l’Autorità di regolazione, e che l’ANAS nel frattempo renda del tutto pubblico e trasparente il dispositivo con cui questi ultimi aumenti sono stati calcolati, comprese le analisi costi-benefici comparative e indipendenti, sui cui certamente si basano le scelte d’investimento fatte. Chi scrive, forse perché un po’ distratto, non ne ha mai vista una.

Marco Ponti

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LE REAZIONI CONTRO LE NUOVE TARIFFE

MIRANO – Fuoco di fila politico contro Cav e le nuove tariffe autostradali. Il capogruppo della Lega in Regione Federico Caner lancia una proposta. La vignetta, sul modello austriaco, ma con una variante: invece dell’adesivo da applicare sul cruscotto, un dispositivo elettronico riconoscibile dai caselli automatici. A una condizione però: «Che Roma si assuma la responsabilità dei costi del Passante». Spiega Caner: «Mentre al Nord paghiamo per usare le strade costruite a servizio dei cittadini, al Sud è tutto gratis. Basterebbe che lo Stato decidesse di applicare al Nord sconti come quelli delle tratte gratuite, tipo Grande raccordo anulare di Roma, Palermo-Mazara o Palermo-Catania e saldare una parte del costo del Passante, rendendo così possibili sconti mirati ai residenti».

Interviene invece sul nodo del tornello di Vetrego il deputato Emanuele Cozzolino (M5S): «Il decongestionamento del traffico a Vetrego, se sarà confermato nei prossimi giorni, è positivo», afferma, «ma preoccupa che il problema sia stato risolto con la creazione di un altro danno: l’aumento spropositato delle tariffe. Praticamente un tassa pagata dai lavoratori costretti a spostarsi sulla Mestre-Padova. Al ministro Lupi ci permettiamo di ricordare che il progetto del Passante prevede lo spostamento del casello Venezia Ovest a Roncoduro e la liberalizzazione del tratto autostradale Dolo-Mestre e non gli aumenti scattati dal primo di gennaio».

Infine il comitato Opzione Zero torna sulla querelle: «Zaia propone ora di prorogare la concessione del Passante a Cav fino al 2050 per dilatare i tempi di rientro del debito e diminuire così i pedaggi. Ma per farlo Cav deve prevedere nuovi investimenti, dunque nuove opere. Pensare di uscire dalla crisi moltiplicando l’asfalto è demenziale. Il sistema Veneto è al collasso, Zaia smetta di farsi complice di una politica fallita».

(f.d.g.)

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«Vogliamo i dati sui flussi ai caselli»

Lettera dei sindaci di Mirano e Spinea a Cav: dobbiamo sapere quanti mezzi evitano il Passante per intasare le nostre strade

MIRANO – Mirano e Spinea chiederanno il monitoraggio dei flussi di traffico ai caselli di Mirano-Dolo (a Vetrego) e Spinea (a Crea). Contare, in pratica, i passaggi giornalieri dei veicoli in entrata e in uscita per confrontarne il numero prima e dopo l’aumento delle tariffe. La richiesta parte da Mirano, dove il sindaco Maria Rosa Pavanello ha preparato una pepata lettera indirizzata a Cav, Concessioni autostradali venete, che partirà in giornata. Dovrebbe arrivare anche la firma del sindaco di Spinea Silvano Checchin, interessato dallo stesso problema. Sul tavolo i due comuni pongono il problema del traffico extra-autostrada.

Pavanello parla di “effetto domino”: «Bisogna pensare alle possibili contromisure che gli automobilisti adotteranno per difendersi dall’aumento. Se da Vetrego a Padova la tariffa è di 2,80 euro, ma il pedaggio costa solo 1,60 euro e i due caselli distano tra loro meno di 7 chilometri, è ovvio che molti automobilisti non residenti nei nostri comuni e che prima utilizzavano il casello di Vetrego, ora potrebbero decidere di spostarsi a Spinea. I problemi ora saranno là e comunque resteranno anche per Mirano. A cascata infatti i due comuni potrebbero venire investiti da flussi anomali e imprevisti di traffico».

Considerazioni già espresse dal sindaco di Mirano in occasione della Conferenza dei sindaci di Miranese e Riviera dello scorso 5 marzo a Vigonovo, di fronte ai vertici di Cav. Allora Pavanello sottolineò come istituire tariffe differenti per l’utilizzo di caselli geograficamente vicini (come Vetrego e Spinea appunto) avrebbe potuto rivelarsi dannoso per l’equilibrio della viabilità locale.

Ora il sindaco rincara la dose: «L’elevato e discriminante aumento del pedaggio d’inizio anno non è affatto una corretta politica per incentivare gli utenti a usare il Passante». E chiede perciò a Cav di avviare «con urgenza un’estesa operazione di monitoraggio dei cambiamenti dei flussi di traffico e della reazione degli utenti alle nuove tariffe, sia sulle sia su quelle libere».

Mirano chiede in particolare i dati mensili del 2013 relativi al casello Mirano-Dolo (località Vetrego) e quelli registrati al casello di Spinea. Raffrontando le “alzate di sbarra” del 2013 e quelle di questi primi giorni del nuovo anno si teme di dover scoprire l’amara verità: un “tornello” affatto eliminato, ma solamente spostato o, peggio ancora, spalmato. Dove? Nei paesi, lungo le strade dei quartieri, dove transitano anche pedoni e biciclette.

Filippo De Gaspari

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AUTOSTRADE, PARLA IL CAPOGRUPPO CANER

Lega: vignette telematiche e al Passante ci pensi Roma

VENEZIA – Capitolo autostrade: come neutralizzare la mina vagante dei pedaggi rincarati? Il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, ventila abbonamenti scontati per pendolari e autotrasportatori; le società di gestione – e anche l’Udc veneta per voce di Antonio De Poli – chiedono al Governo un allungamento delle concessioni che consenta di spalmare i debiti e allentare così le tariffe. L’immancabile movimento dei forconi non escludono di allargare la contestazione ai caselli. Vie d’uscita? «Mentre al Nord paghiamo per usare le strade che abbiamo costruito al servizio dei nostri cittadini, al Sud si viaggia gratis, il problema è tutto qui», commenta Federico Caner, capogruppo della Lega in Regione «non serve un grande sforzo da parte di Lupi, basterebbe che lo Stato garantisse al Veneto condizioni simili a quelle in vigore sul Gra di Roma, sulla Palermo-Mazara e sulla Palermo-Catania, tutte gratuite. In fondo con quel che pagano i veneti al Paese, Roma potrebbe pure decidere di saldare una parte del costo del Passante, rendendo così possibile un sistema di sconti mirati ai residenti». «In questo caso», insiste «potremmo adottare una vignetta su modello austriaco, non con adesivo, bensì con dispositivo elettronico che i caselli automatici riconoscerebbero. Così non ci sarebbe bisogno di controlli e di code, e si potrebbe acquistare una sorta di abbonamento per il transito giornaliero, settimanale, mensile, annuale. Ora la palla passa al ministro, spetta a lui il compito di pareggiare le disparità tra la gestione oculata e virtuosa delle nostre autostrade e quella “allegra” del Mezzogiorno dove non si paga, anzi è lo Stato a ripianare i buchi delle società di gestione». Saranno queste le parole d’ordine delle manifestazioni di protesta che la Lega annuncia per domani all’altezza dei principali accessi autostradali.

Di tutt’altro avviso Scelta Civica, «Perché Zaia si sveglia ora che la frittata è fatta?», punge il consigliere Diego Bottacin «dal governatore, abilissimo ad annunciare azioni tanto imprecisate quanto inefficaci, vogliamo sapere perché i tempi di ammortamento del Passante siano tanto brevi visto che la concessione dura soltanto 24 anni anziché gli abituali 40. Ma soprattutto chiediamo cosa sarà fatto, oggi non fra una settimana, per eliminare una tassa occulta sulle tasche di famiglie e imprese, sui migliaia di lavoratori costretti ogni giorno a percorrere l’autostrada».

Siparietto sul web, con un botta e risposta riguardante il presidente della Cav, Tiziano Bembo. Chi lo accusa di incapacità, invitandolo a dimettersi, e chi lo difende ricordando gli oneri scaricati sulla concessionaria di Padova-Mestre: a parte il debito del Passante da ripianare, ci sono la vecchia autostrada Padova-Venezia, liberalizzata nei tratti Mirano-Dolo/Mestre-Venezia e da manutentare; la tangenziale mestrina, gratuita ma onerosa sul versante dell’asfaltatura e dell’illuminazione, così come la bretella per l’aeroporto di Tessera; fino allo sconcertante tornello di Tornello di Vetrego. Il tutto da finanziare con l’unico pedaggio consentito. Le cose stanno davvero così? «Sì, è la pura verità», replica Bembo.

 

LA RISPOSTA

Traffico di attraversamento problema di Mirano

di Maria Rosa Pavanello – Sindaco di Mirano

È vero, come è stato rilevato, che per il nostro comune la questione è di primaria importanza: ecco cosa sta facendo l’Amministrazione

Sul problema della viabilità nel comune di Mirano, per prima cosa devo ringraziare il signor D’Alessandro, lettore della “Nuova Venezia”, che nei giorni scorsi ha analizzato la questione e fatto delle proposte. In molti punti sono concorde, soprattutto nell’analisi del problema di quello che viene definito “traffico di attraversamento”. Questo, come è stato giustamente evidenziato, rappresenta uno degli aspetti più critici, capaci di condizionare negativamente la percezione di vivibilità della nostra città.  Purtroppo l’aumento del traffico non si limita al solo quadrante ovest, analizzato nell’intervento, ma investe molte aree del centro urbano e del comune in genere, non risparmiando i quartieri periurbani e le nostre frazioni.

Consci dell’importanza di individuare soluzioni adeguate, nella fase di conclusione del Piano di assetto del territorio, abbiamo riaperto la consultazione attraverso un processo partecipato che abbiamo chiamato “La Piazza delle idee”, che ha visto coinvolte associazioni e cittadini. Ciascuno ha portato suggerimenti e approfondimenti ai vari temi trattati. Tra questi, quello dell’aumento del traffico e della sua gestione è stato senz’altro uno dei più dibattuti. Certamente il suo puntuale apporto sarebbe stato utile e importante in quella sede. In alternativa, avrebbe potuto chiedere un appuntamento con gli assessori che si occupano di viabilità, ambiente e lavori pubblici. Ad ogni modo, riceviamo ugualmente, e volentieri, lo spirito propositivo della lettera, raccogliendo l’invito a valutare i vari suggerimenti.

Entrando nel merito delle proposte, vanno segnalati alcuni punti deboli delle osservazioni del signor D’Alessandro. Per quanto riguarda l’eventualità della costruzione della camionabile con direzione SR 515 Noalese (la cosiddetta “bretella”), va ricordato che Mirano tutta, in ogni sua sfumatura politica, ha rigettato da tempo l’idea della costruzione di nuove strade: alle ultime consultazioni elettorali nessuno dei partiti e delle coalizioni presentatisi aveva nel suo programma la realizzazione di nuovi percorsi stradali.

La sua proposta di deviare gli autobus in via don Minzoni e via Nazario Sauro non è praticabile: anche volendo sorvolare sul fatto che queste sono due zone interamente residenziali (che, quindi, dovrebbero essere escluse da questo tipo di traffico), occorre notare che le due vie non hanno una larghezza tale da permettere il passaggio di un autobus. Inoltre, non sarebbe consigliabile gravare ulteriormente su via don Minzoni, già affollata dall’inevitabile afflusso quotidiano dei 3600 studenti degli istituti superiori e dei loro insegnanti. La maggior parte delle proposte originano dalla constatazione che via Battisti sia troppo trafficata, in particolare per colpa degli autobus. Non si può esattamente dire che sia così. Gli autobus che percorrono quella strada, infatti, non sono certo molti: oltre alle corse scolastiche (limitate a poche ore del giorno) e al piccolo e poco impattante omnibus per la stazione di Mira-Mirano (16 passaggi al giorno tra andata e ritorno), transitano solo i bus della tratta Borgoricco-Mirano, una quantità decisamente esigua (una quarantina di passaggi quotidiani, tra andata e ritorno), i passaggi di autobus in via Dante sono di gran lunga oltre i 200 al giorno.

D’Alessandro ci chiede, forse con ironia, che voto ci diamo. Sinceramente – ci credano i cittadini – non ci avanza il tempo di pensare a quale voto meritiamo. La verità è che la gestione di un territorio come il nostro è complessa e richiederebbe per essere affrontata con efficacia una possibilità di spesa di livello dieci volte maggiore a quella a cui siamo costretti dalle regole nazionali, come invece era possibile negli anni passati. Questa giunta sta lavorando con passione e attenzione, cercando di risparmiare su tutti i fronti, pur di garantire i servizi necessari ai cittadini, soprattutto quelli delle fasce più deboli, e pur di mantenere livelli sufficienti di manutenzione. Qualche volta si riesce a mettere in cantiere piccoli ma significativi interventi.

Va anche osservato che non tutte le decisioni che riguardano Mirano e la sua viabilità sono completamente in mano all’Amministrazione. Molto dipende da enti sovraordinati. A questo proposito, vale la pena ricordare lo sforzo dell’Amministrazione – attraverso riunioni e lettere, fino alle cause legali – per tutelare Mirano e assicurarle ciò cui ha diritto. Basti ricordare l’impegno che stiamo riversando per la questione dei 19 milioni di euro che Mirano attende da anni per le opere (in gran parte viarie) di compensazione legate al passante autostradale: un importo, questo, con cui la nostra città potrebbe risolvere gran parte dei problemi di viabilità. Abbiamo pesantemente sollecitato e coinvolto tutti gli enti firmatari e addirittura la prefettura come soggetto garante, con sei incontri effettuati alla presenza di dirigenti regionali, provinciali e comunali per sbloccare una situazione bloccata, ma non per cause certamente imputabili all’Amministrazione.

Da ultimo, molte delle iniziative che vengono citate sulla viabilità in altri comuni limitrofi, in realtà sono interventi di competenza sovracomunale, attuati in primo luogo dalla Provincia, con la quale i comuni sono chiamati a collaborare nel rispetto dei rispettivi ruoli (resta da vedere, peraltro, come verranno ridefiniti questi rapporti con l’eliminazione della Provincia di Venezia). In ogni caso, va anche detto che questi interventi – citiamo tra tutti il nuovo casello autostradale di Martellago/Scorzè o l’allargamento di via Costituzione a Spinea – anche se esterni ai nostri confini amministrativi, consentiranno comunque un beneficio anche per il nostro Comune.

 

Mobilitazioni per gli aumenti autostradali

AUTOSTRADA –  Il tratto di A4 che attraversa il territorio di Dolo. Da più parti si stanno mobilitando contro gli aumenti dei pedaggi

«Il problema del tornello è stato risolto creando altri danni». A Sparare a zero contro la concessionaria autostradale Cav ora è il miranese Emanuale Cozzolino, parlamentare del Movimento 5 Stelle, che critica apertamente l’aumento della tariffa sulla Mirano-Padova da 80 cent a 2.80 euro. «Il decongestionamento del traffico al tornello di Vetrego è ovviamente un fatto positivo, ma questo grave problema non è stato risolto con una soluzione bensì con la creazione di un ulteriore danno – scrive Cozzolino -. L’aumento delle tariffe autostradali è infatti spropositato e per i lavoratori si trasforma di fatto in una ulteriore tassa da pagare. Il rischio è poi quello di spostare semplicemente la massa di traffico sulla viabilità ordinaria, creando ulteriori disagi per i residenti e per gli stessi pendolari». Cozzolino ne ha pure per Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti: «Si appresta a produrre altri danni con la realizzazione della nuova Romea, intanto gli ricordiamo che il progetto del Passante prevede lo spostamento del casello Venezia Ovest a Roncoduro».

Intanto il comitato mirese Opzione Zero, che ha già allacciato i contatti con un legale per valutare ricorsi e class action contro le nuove tariffe, punge il governatore Luca Zaia:

«La sua soluzione per diminuire i pedaggi è prorogare la concessione a Cav dal 2032 al 2050, in modo da dilatare i tempi per rientrare nella spesa di un miliardo per il Passante. Ma per ottenere una proroga Cav deve prevedere nuovi investimenti: ecco dunque l’ipotesi della quarta corsia sulla Venezia-Padova, che significa solo altro asfalto e nuovi debiti».

(g.pip.)

 

Pedaggi, scende in campo il governo

VENEZIA – I rincari autostradali, un affare di Stato, anzi di governo. Non a caso, una settimana dopo l’aumento dei pedaggi, che hanno colpito pesantemente la tratta Padova-Venezia e il sistema del Passante di Mestre, scendono in campo i ministri. Due appuntamenti diversi per luogo e tempo, uno a Roma e uno a Venezia, ma ugualmente inerenti il tema delle infrastrutture e dei loro costi, nell’ambito della riforma che farà finalmente decollare le Città Metropolitane, a partire da quella lagunare.

In presa diretta oggi pomeriggio alla Camera dei Deputati il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi risponderà all’interrogazione parlamentare presentata a tempo di record da Andrea Martella, vicepresidente del gruppo Pd. Ma siccome ne stanno arrivando altre, è evidente che la prima risposta di Lupi è quella che conta. Martella ha puntato il dito contro l’incremento delle tariffe del 12.9 per cento sulla Venezia-Trieste e addirittura del 250 per cento da Padova a Dolo, sostenendo che non si possono scaricare i debiti dei concessionari sugli utenti, come si fa con il Passante di Mestre.

Il ministro dovrà spiegare, inoltre, come intende realizzare la politica degli abbonamenti autostradali, annunciata alcuni giorni fa, per ridurre l’impatto degli aumenti a beneficio di pendolari e autotrasportatori. Una svolta salutata con favore, ma anche con grande scetticismo, dalle categorie interessate. E lo attendono al varco i Cinquestelle, che non riuscendo a trovarne traccia negli uffici ministeriali, già definiscono «un decreto fantasma» quello che ha autorizzato i rincari.

A Venezia, invece, il ministro dello Sviluppo Economico, il padovano Flavio Zanonato, ospite di Giorgio Orsoni, incontra a Ca’ Farsetti i sindaci di Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, Rovigo e Belluno. Ufficialmente i primi cittadini dibatteranno di Piano Casa regionale, in realtà affronteranno con il ministro il tema della crisi economica. A partire dalle situazioni di criticità industriale, per proseguire con le ricadute sugli enti locali della Legge di Stabilità. Ma sul tappeto ci sarà anche la Città Metropolitana che potrebbe unire il cuore del Veneto.

Una riforma contraddetta dai rincari sui trasporti che impediscono la comunicazione tra realtà territorialmente contigue che si scoprono sempre più vicine per motivi economici, oltre che culturali. E gli aumenti delle tariffe, come hanno denunciato in questi giorni un po’ tutti, sono un formidabile ostacolo allo sviluppo e alla crescita economica e produttiva.

In attesa che i ministri parlino, continuano a fioccare le prese di posizione. Che sulle tariffe hanno come obiettivo critico la Regione Veneto e la società di gestione della Padova-Venezia (la Cav) controllata da Palazzo Balbi e dall’Anas.

«Perché i tempi di ammortamento del Passante sono così brevi? E cosa intende fare il presidente Zaia per evitare che la situazione si replichi con la Pedemontana Veneta, arteria attualmente in costruzione con modalità identiche a quelle del Passante di Mestre?». Lo chiede Diego Bottacin, consigliere regionale ed esponente veneto di Scelta Civica, che ha indirizzato al governatore un’interrogazione: «Questi abnormi rincari sono una tassa occulta che pesa sulle tasche di famiglie e imprese, su migliaia di lavoratori».

Antonio De Poli, dell’Udc, chiede di «allungare di 10-15 anni la convenzione con la Cav che scade nel 2032, con l’obiettivo di ridurre l’impatto dei rincari dei pedaggi su famiglie e imprese». Il capogruppo della Lega in consiglio regionale, Federico Caner, lancia una proposta di “sconto”: «Se Roma si assumesse la responsabilità di parte dei costi del Passante, potremmo adottare una “vignetta” su modello austriaco».

Giuseppe Pietrobelli

 

IL CAOS A “COSTO ZERO”

La replica Cav: «Erano illeggibili solo 54 tagliandi, lo 0,8 per cento»

Caro direttore,
la spiegazione tecnica di quanto accaduto nella giornata di ieri è la seguente: se un utente inserisce un biglietto in una pista automatica e questo risulta smagnetizzato l’operatore del servizio, da remoto, è costretto a richiedere all’utente la sua provenienza. Successivamente l’operatore “tabula” la stazione di entrata e l’utente ha la possibilità di pagare il pedaggio.
Nel caso in cui l’utente dichiari di essere entrato in una stazione che dà pedaggio zero viene emesso automaticamente un rapporto di mancato pagamento a completamento dell’operazione di esazione. L’operatore invita l’utente a non prendere in considerazione il rapporto di mancato pagamento e ad inserirlo in un apposito contenitore posto vicino all’apparecchiatura. Le preciso che la frequenza di emissione di tali rapporti per biglietti smagnetizzati nella giornata di ieri è stata davvero bassa. Per la precisione su 6310 emissioni di biglietti, sono risultati illeggibili circa 54 tagliandi su 6 porte/uscite, per una percentuale dello 0,8. Cav esegue molto spesso le manutenzioni ai propri impianti che ovviamente sono acquistati dagli stessi fornitori di altre concessionarie. Le macchine si sa a volte si inceppano e l’incidenza degli inconvenienti, a mio modesto giudizio di parte, sono modesti. Posso comprendere il fastidio degli utenti che hanno segnalato il problema, ma mi risulta che ciò non abbia creato code all’uscita dei caselli. Resta il fatto che cercheremo, come sempre, di migliorare per evitare anche questo tipo di disagi.

Tiziano Bembo – Presidente Cav

 

Nuova Venezia – Chisso respinge i treni lombardi in Veneto

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2014

Altolà dell’assessore: «Noi guardiamo ai colossi svizzeri, austriaci, tedeschi non certo alla società regionale di Maroni»

VENEZIA – Una partita delicata e redditizia, destinata a riservare sorprese. In palio c’è l’appalto dei treni regionali nel Veneto a partire dal 2015. Vale 150 milioni di euro l’anno e la gara europea annunciata dalla Regione, che ha disdettato il contratto con Trenitalia rea di inadempienze e ritardi, suscita già molti appetiti. A cominciare da Milano, dove il governatore Roberto Maroni persegue la fusione tra le società Trenord (50% Regione Lombardia, 50% Trenitarlia) e Atm (l’azienda trasporti milanesi) capace di dar vita a un colosso “padano” del trasporto su ferro: «Se parte questo progetto», commenta il leghista «avremo un soggetto in grado di allargare la propria sfera d’azione anche al di fuori della Lombardia e avremo anche l’opportunità di sfruttare la grande occasione offerta dal fatto che la Regione Veneto ha disdetto il contratto con Rfi e presto bandirà una gara per aggiudicare il servizio di trasporto locale». La prospettiva, però, non entusiasma affatto Renato Chisso, l’assessore alla mobilità di Palazzo Balbi. Reduce da un pluriennale braccio di ferro di ferro con Trenitalia, alle prese tuttora con i guai dell’orario cadenzato e le proteste dei malcapitati pendolari, teme di cadere dalla padella alla brace: «Prima il Veneto», scandisce sornione l’esponente di Forza Italia echeggiando lo slogan elettorale di Luca Zaia «se i lombardi pensano di venire qui a farla da padroni, si sbagliano di grosso. I nostri treni non saranno affidati a una società regionale di medio calibro, abbiamo rinunciato a prolungare il contratto con Trenitalia per bandire una gara rivolta a società di spessore europei in grado di competere con Rfi nell’offrire un servizio all’altezza: parlo delle ferrovie svizzere, austriache, tedesche, inglesi, non certo dei candidati provinciali dell’ultima ora». Chisso avrà pure il dente avvelenato con l’omologo lombardo Maurizio Del Tenno («Abbiamo salvato i treni veneti», dichiarava pomposamente l’assessore del Pirellone dopo il ripristino degli otto convogli regionali Milano-Venezia, adibiti quasi esclusivamente ai pendolari meneghini… ) ma lo stesso Zaia – liquidate come «sciocchezze» le voci su fantomatici accordi nel segno della macroregione nordista – precisa che la gara avrà carattere rigorosamente internazionale: «Invieremo il bando da Stoccolma in giù», fa sapere «e a vincere sarà il migliore. L’obiettivo è uno solo: garantire ai viaggiatori veneti il miglior servizio ferroviario possibile». A frenare le candidature, però, potrebbe concorrere il vantaggio di cui, obiettivamente, gode Trenitalia: costola di Rfi, dispone in partenza di tratte, convogli, personale, depositi, officine, materiali… «È vero», replica il governatore «per questo chiedo al Governo di garantire la par condicio ai candidati, separando finalmente rete ferroviaria e gestore dei treni».

Filippo Tosatto

 

de poli (UDC) CONTRO L’ORARIO cadenzato

«Zaia viaggi con i pendolari»

VENEZIA «Il governatore Zaia faccia un tour sui treni affollati prima di riprendere a difendere l’orario cadenzato che ha solo un obiettivo: far risparmiare la Regione a danno dei pendolari. Così il sistema non va».

A lanciare la provocazione è il senatore dell’Udc e segretario del partito in Veneto, Antonio De Poli. «In questi giorni», continua «ricevo segnalazioni dai cittadini su ritardi e disagi»: sotto accusa, ancora una volta, c’è la tratta Bassano-Padova, già al centro delle polemiche nel giorno di esordio del cadenzato.

«Una mattinata da incubo per i pendolari. Treni affollati e decine di persone costrette a rimanere a terra», ricorda il senatore, che accoglie la protesta e le preoccupazioni espresse, fra gli altri, dall’assessore alle Politiche giovanili di San Giorgio in Bosco (Padova), Fabio Miotti: «Tra chi spara contro l’orario cadenzato c’è anche un sindaco che dovrebbe indirizzare a Zaia il video in cui vedono decine di persone costrette a viaggiare sui vagoni come sardine». Sulla questione, nei giorni scorsi, De Poli ha rivolto un’interrogazione al ministro delle infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi.

 

Sfmr: «Si chiude con 28 milioni»

Net Engineering: alla delibera della Regione da sommare 4,4 milioni di interessi

VENEZIA «Metrò» del Veneto: non bastano 23 milioni di euro per chiudere il contenzioso tra la Regione e la Net Engineering di Monselice, la società che ha ottenuto negli anni Novanta da Bernini e Cremonese l’incarico di progettare il Sfmr, il sistema ferroviario metropolitano regionale. La società la cui sede è a Monselice ha fatto sapere che la cifra in ballo è più elevata perché vanno calcolati gli interessi legali: si va da un minimo di 2.895.034,39 euro ad un massimo di 4.417.962,43 per un totale di 28.309.368,76:

«Net Engineering si riserva di emettere un nuovo comunicato dopo il deposito del lodo arbitrale», dice una nota ufficiale a commento della delibera 2261 della giunta regionale del 10 dicembre scorso, pubblicata sul Bur.

Dopo 25 anni, è tempo di bilanci, con l’orario cadenzato entrato in vigore nell’asse metropolitano 1 Padova–Mestre, l’unico dei tre progettati entrato in funzione. Il progetto di Net è stato ereditato dall’assessore Renato Chisso che coadiuvato dall’avvocato Alfredo Biagini e dal segretario del Bilancio Mauro Trapani, ha dovuto affrontare il contenzioso legale dopo che l’ex governatore Giancarlo Galan aveva imposto lo stop al pagamento delle fatture del Sfmr.

Ne è nata una lite che si trascina dal 2007 nelle aule del tribunale, da quando Net Engineering ha accusato la Regione Veneto di non aver saldato le fatture relative alla progettazione definitiva ed esecutiva del Sfmr. Il primo accordo risale al 2008 ma la transazione non viene rispettata e nel 2010 Net sollecita un lodo arbitrale, che la vede vincitrice. A questo punto, la giunta Zaia che prende il posto di quella guida da Galan, alza bandiera bianca e avvia l’iter per saldare le fatture. L’ultimo atto è del 10 dicembre, con la delibera che fissa a 23 milioni di euro il contenzioso ma a Monselice hanno rifatto i conti con gli interessi legali. La delibera della giunta Zaia «pur riconoscendo sussistere in capo a Net un credito in linea capitale di 23.891.406,33 euro rappresenta una unilaterale proposta di modifica del contratto condiviso tra Regione Veneto e Net e sottoscritto in sede arbitrale l’8 agosto scorso», dice Net.

 

COMUNICATO STAMPA COMITATO OPZIONE ZERO

Mentre il ministro Lupi propaganda abbonamenti autostradali, impraticabili persino per le associazioni di categoria degli autotrasportatori, e Bembo (presidente di CAV in quota Lega) dichiara che non è pensabile l’estensione degli sconti, Zaia si fa portavoce della schizofrenia di questo sistema ormai in cortocircuito che si vorrebbe risolvere con gli stessi errori che lo hanno provocato, cioè con nuove opere totalmente inutili.

Dopo l’ennesimo retorico “Basta asfalto”, il Governatore del Veneto svela la sua ricetta: prorogare la concessione del Passante di Mestre a CAV fino al 2050 per dilatare i tempi di rientro del debito (oggi pari a 1 miliardo) e così diminuire i pedaggi. Ma per ottenere una proroga, CAV deve prevedere nuovi investimenti… Ed ecco spuntare un’inutile demenziale quarta corsia sulla Padova-Venezia, che significa altro asfalto e altro indebitamento per le casse pubbliche.

A fronte di una crisi strutturale che sta raschiando il fondo delle tasche dei cittadini e dei lavoratori, con un traffico in costante calo evidenziato dallo stesso Lupi, pensare di uscirne moltiplicando le opere con quarte corsie o addirittura nuove autostrade, come la Romea Commerciale, ci sembra francamente al limite della patologia, se non della malafede.

Se dovesse andare in porto la devastante superstrada Pedemontana da Montecchio a Spresiano, ci sarebbe un ulteriore calo del traffico sul Passante (direttrice Verona – Belluno) con conseguente aumento dei pedaggi sulla Padova-Venezia. Stessa sorte toccherebbe all’A13 Padova-Bologna, se dovesse essere realizzata la Orte-Mestre.

Insomma, abbiamo sotto agli occhi un “sistema Veneto” al collasso, in cui il meccanismo del project financing sta mostrando il suo fallimento e conclamata insostenibilità; in cui non si riescono a ripagare i debiti, ma si è pronti a crearne degli altri; in cui si proteggono solo i concessionari autostradali e le lobby finanziarie.

Da sempre Opzione Zero chiede che il problema del caro pedaggi sia risolto “a monte” con scelte strategiche di mobilità da rivedere radicalmente, considerando fondamentale il trasporto pubblico e su  rotaia, a reale servizio dei cittadini e dei pendolari. Pertanto, consigliamo a Zaia di smettere di farsi complice di una politica opaca e fallita.

 

di Alvise Fontanella

Un abbonamento per il pedaggio autostradale tra Dolo e Padova. Come per il treno, come per il bus. Tra l’esigenza della Cav di garantirsi giusti ricavi e quella dei pendolari di non venir massacrati, bisogna trovare un punto di equilibrio. Una tariffa equa, dedicata agli utenti abituali, sui quali gli aumenti che la Cav ha deciso, moltiplicati dalla frequenza quotidiana, peserebbero eccessivamente. Una tariffa speciale, che non può essere limitata ai residenti a Dolo e dintorni, come pensa di fare la Cav: ma deve essere allargata, se non a tutti i residenti in Veneto, almeno a chi abita a Padova, a Venezia, nei Comuni della Città metropolitana che sotto il dogado di Galan, dopo lunga trattativa diedero il via libera al Passante di Mestre. Il patto politico fu chiaro e lungimirante: si doveva in cambio allungare la Tangenziale gratuita, liberando dal pedaggio il tratto da Quarto d’Altino fino a Dolo, facendone la grande dorsale gratuita della Patreve. E fu così: si andava gratis fino a Dolo, e chi proseguiva fino a Padova pagava, per i pochi chilometri oltre la tratta gratuita, 60 centesimi, il giusto. E senza fare il “tornello” a Vetrego.

Poi la Cav s’inventò l’isopedaggio, cioè rese uguale per il traffico di attraversamento il costo del Passante e quello della Tangenziale, applicando un superpedaggio che si paga alle tre barriere, e si evita invece passando dai caselli. Perciò i cosiddetti “furbetti” del tornello di Vetrego non erano affatto furbetti: l’unica furbetta era la Cav, che costringeva i pendolari Mestre-Padova a uscire e rientrare al casello di Dolo se volevano continuare a usufruire della tratta gratuita, com’era loro sacrosanto diritto.

Questo diritto non può essere cancellato. Il presidente della Cav non può raccontarci che il pedaggio da Mestre a Padova era di 2,20 euro ed è stato aumentato di appena 60 cent. Eh no: il pedaggio, per chi entra dalla Tangenziale di Mestre e va a Padova, o viceversa, era di 0,80 cent ed è stato portato a 2,80: significa levare di tasca ai pendolari uno stipendio all’anno.

La manovra 2014 della Cav sembra contraddire quel “Prima i Veneti” che fu ed è la bandiera di Zaia: il traffico di attraversamento vede scendere il pedaggio da 3,30 a 2,80 mentre i pendolari subiscono l’aumento record da 0,80 a 2,80. È l’opposto di quel che si dovrebbe fare: il costo del Passante, che è un pezzo dell’asse Torino-Trieste, deve gravare soprattutto sul traffico di lungo corso, sul traffico occasionale, non su quello locale e abituale, sui pendolari della Tangenziale, sui residenti in Veneto che con le loro tasse pagano le autostrade e le tangenziali gratuite del Sud e di Roma, e poi debbono pure pagarsi le strade venete in project financing perché lo Stato per noi non ha soldi. I pendolari della Patreve devono poter continuare a muoversi tra Mestre e Padova pagando solo, per il tratto Padova-Dolo, la normale tariffa, e non un superpedaggio che di fatto fa loro pagare anche il tratto gratuito. Il governatore Luca Zaia ha già invitato la Cav a studiare la possibilità di una “vignette” per i residenti: e ci aspettiamo che l’invito di un azionista che detiene il 50% sia molto simile a un ordine. Non ci sono problemi tecnici: ci pensa il sistema Telepass a leggere le targhe e ad applicare gli sconti agli abbonati.

Dopotutto, per ammissione dello stesso presidente Tiziano Bembo, la Cav in cinque anni – gli anni della grande crisi, dal 2008 ad oggi – ha già rimborsato metà dell’investimento complessivo richiesto dal Passante: di questo passo, al termine della concessione ventennale, avrà rimborsato il 200 per cento del capitale investito. Dovrebbe bastare, no?

Alvise Fontanella

 

La considerazione: «Ogni cittadino dà in solidarietà al resto del Paese 3.700 euro all’anno»

Le polemiche che sono seguite all’aumento dei pedaggi autostradali scattato in questi primi giorni dell’anno, mi danno lo spunto per fare una riflessione sul rapporto tra lo Stato centrale e le autonomie locali. In Italia ci sono una decina di Regioni dove si pagano più tasse rispetto alla media nazionale. In linea generale, ciò è dovuto a due ordini di motivi: il primo è legato al fatto che in queste realtà territoriali il livello di reddito è superiore alla media nazionale; il secondo è riconducibile alla fedeltà fiscale che in alcuni territori è maggiore che in altri. Per contro, queste realtà ricevono pochi contributi da parte dello Stato, confermando, tra i cittadini e gli imprenditori, la sensazione che nella parte più sviluppata del Paese si paghi molto e si riceva poco.

Il Veneto è un caso molto emblematico: il suo residuo fiscale pro capite (dato dalla differenza tra quanto si versa a Roma di tasse e contributi e quanto si riceve in termini di servizi e trasferimenti) è pari a poco più di 3.700 euro. Ciò vuol dire che ogni cittadino veneto dà in solidarietà al resto del Paese 3.700 euro all’anno. Consapevoli che le opere pubbliche si dovrebbero realizzare con le tasse che i contribuenti pagano regolarmente, in virtù della cronica mancanza di risorse pubbliche, le grandi infrastrutture del nostro Paese, ed in particolar modo nel Veneto, vengono sempre più realizzate con il meccanismo del «Project financing». In altre parole, per costruire una grande opera (sia essa un’autostrada o un ospedale) si chiede il coinvolgimento di soggetti privati, ponendo così rimedio alla mancanza di risorse pubbliche. E’ chiaro che questi privati partecipano all’iniziativa solo se hanno un ritorno economico: spesso questo beneficio si traduce in nuove tariffe o con aumenti di pedaggio per quanto riguarda i nuovi tratti autostradali, che poi, però, ricadono sulle tasche dei contribuenti e delle imprese che operano in quell’area.

Alla luce di tutto questo, proviamo ad indovinare in quale parte del Paese viene maggiormente utilizzato il «Project financing »? Guarda caso proprio al Nord, con il risultato che i contribuenti del settentrione si pagano queste infrastrutture due volte. Dapprima con le tasse, che in misura maggiore di altre parti del Paese versano allo Stato, poi attraverso il pagamento di ticket e di tariffe, per coprire gli investimenti privati. L’obiezione che qualcuno potrebbe sollevare è abbastanza scontata: senza il loro apporto, quasi sicuramente queste opere, necessarie per modernizzare il Paese, non si potrebbero realizzare. Questo è assolutamente vero, tuttavia, voglio sollevare una questione di principio: perché i veneti, e in generale i cittadini del Nord, devono pagare le grandi opere due volte , quando «subiscono» un livello di pressione tributaria che non ha pressoché eguali nel resto d’Europa, mentre in altre parti del Paese continua a pagare «Pantalone»? Mi riferisco alla famigerata Salerno- Reggio Calabria. Secondo l’ex ministro Corrado Passera, la superstrada senza pedaggio doveva terminare entro la fine del 2013. Invece, a distanza di oltre 50 anni dall’avvio dei lavori, ci sono ancora 13 chilometri di cantieri aperti e 58 chilometri non finanziati. E mentre in questi giorni i nostri ticket autostradali hanno subito i rincari più elevati d’Italia, con la legge di Stabilità approvata prima di Natale, il Parlamento ha deciso di rifinanziare la «grande incompiuta» con altri 340 milioni di euro. E’ proprio il caso di dire: oltre il danno anche la beffa.

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Non sono autostrade per pendolari

C’ è un punto in cui il rapporto tra costi e benefici non lascia scelte. E i pendolari che usano l’autostrada, anche se confortati da uno stipendio di tutto rispetto, l’hanno già superato. La scelta obbligata è la statale. O la provinciale. O le stradine, quelle che neanche il navigatore.

Colpa dei rincari e dei tempi. Nel senso di congiunture. Il macro clima influisce sempre di più sulla meteorologia del risparmio e la curva dei conti personali è cambiata. Il “massì, lasciamo questi tre-quattro euro al casello che torniamo prima dalla famiglia” è diventato un lusso. Perché gli euro ora sono cinque, otto o dieci. Al giorno. E la famiglia ha bisogno anche di quelli per vivere bene, alle volte solo per sopravvivere.

Per qualcuno “la scelta” tra fare e non fare l’autostrada vale uno stipendio. Caso specifico, uno fra tanti: ci aiutano il cruscotto e l’econometro di un duemila diesel. Da Treviso centro (abitazione) a Padova Fiera (posto di lavoro) sono 52 chilometri in autostrada e 46 lungo la Noalese. L’autostrada da Padova Est a Treviso Sud, più lunga e comunque più veloce, costa 9 euro e 60 andata e ritorno che per 220 giorni lavorativi l’anno fa 2.112 euro. E c’è un altro fattore che incide sulla differenza, scoperto provando le due tratte: l’econometro. Tra l’autostrada, percorsa a 120 all’ora, e la Statale, percorsa a 70, l’automobile fa 5 chilometri in più al litro che con calcolo approssimativo, fidatevi, fanno circa 2 euro e mezzo di benzina al giorno. Altri 500 euro l’anno di differenza.

Ai già ragguardevoli costi andrebbero aggiunti, questa volta in ambedue i casi, la benzina (3.600 euro l’anno) e l’usura dell’auto (0,21 centesimi al chilometro), calcolo che il Corriere del Veneto ha fatto solo qualche giorno fa su diverse tratte. Non è questo il nodo, va ricordato a completezza del quadro ma qui stiamo ragionando solo sull’aumento dei pedaggi. Capitolo tempi. In autostrada sono 41-44 minuti da garage a garage, abbastanza stabile. Lungo la Statale da 52 minuti a 1 ora e 8 minuti a seconda del traffico e dell’ora, naturalmente al netto di incidenti o giornate limite. Diciamo da 10 a 25 minuti in più a tratta. E chi sta alzando la manina nell’ultimo banco per parlare di mezzi pubblici la abbassi pure: ci sono impieghi e orari e percorsi e distanze che rendono l’automobile indispensabile.

Il punto è proprio questo: è veramente una scelta? No, non lo è. Non è nemmeno un dramma, che come ci scriveva qualche giorno fa un volontario in India la fine del mondo è un’altra cosa. Ci si può tranquillamente accontentare delle strade ordinarie (e così da Padova a Mestre, da Mestre a Treviso o da Verona a Vicenza). Resta da capire se i comuni di Quinto, Scorzè, Santa Maria di Sala e tutti quelli tagliati dalla Noalese (che potrebbe essere il Terraglio, la Riviera del Brenta, la Regionale 11 o un’altra statale) saranno contenti di farsi attraversare da migliaia e migliaia di veicoli in più. Magari anche i Tir come hanno minacciato gli autotrasportatori. E viene da chiedersi se è veramente questa la soluzione per la mobilità in Veneto, evitare (e non boicottare) un servizio nato (al prezzo di grandi investimenti) per decongestionare il traffico, migliorare la sicurezza, sostenere il lavoro e l’economia.

A queste tariffe non ci sono alternative e se fossimo i concessionari delle nuove arterie a pagamento in costruzione con il project financing – dalla Pedemontana alla Romea commerciale, dalla superstrada per Jesolo alla Nogara mare – saremmo un tantino preoccupati per il piano di rientro.

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«Il Passante il mio capolavoro. Farei in project anche i treni»

Galan e il caso dell’autostrada «pagata due volte». L’ex governatore: meglio il pedaggio che le tasse allo Stato.

VENEZIA— Giancarlo Galan, ce l’hanno tutti con lei. Dicono che il Passante si sta rivelando una fregatura, che per ripagarlo i veneti sono costretti a buttare il sangue al casello. Lei l’ha voluto, ideato, costruito. Col senno di poi, è stato un errore?

«Sta scherzando, vero?».

No. Dal governatore Luca Zaia al presidente di Cav Tiziano Bembo tutti dicono di avere le mani legate, che il piano finanziario approvato al momento della realizzazione del Passante non lascia scappatoie davanti agli aumenti matti e disperatissimi necessari a ripagare Anas dell’investimento.

«Se qualcuno pensa di governare il Veneto dando la colpa dei rincari dei pedaggi a Galan, forse è meglio che vada a coltivare gli asparagi. Il Passante l’ho voluto io e lo rivendico. Zaia non lo voleva ed è una verità. Ma se fosse stato per lui e per la Lega staremmo ancora aspettando il tunnel scavato nel fango grazie a una fantomatica macchina di una società svedese…».

Nulla di cui pentirsi dunque?

«Al contrario, c’è molto di cui andare orgogliosi. Chieda ai veneti se stanno meglio ora, col Passante, o prima, con la tangenziale di Mestre. Quanto a Cav, è il capolavoro della mia vita. Con quella società abbiamo smentito chi va dicendo che il Veneto è un gigante economico e un nano politico, abbiamo sconfitto l’Anas, Pietro Ciucci, l’establishment romano, i grand commis di Stato. E per che cosa, per creare una poltrona in più e farci sedere il capo staff di un partito in consiglio regionale? No. L’abbiamo fatto per dimostrare che su 32 chilometri di autostrada si possono fare utili mostruosi e che le risorse spropositate che lo Stato lascia normalmente ai concessionari privati possono essere dirottate nelle casse della Regione, che poi li reinveste sul territorio».

Intanto, però, i veneti si pagano l’autostrada due volte: con le tasse e con i pedaggi.

«C’è un fondo di verità in questo, una verità che purtroppo non riguarda solo le autostrade ma anche gli ospedali e molte altre opere. Dopo di che, se vogliamo essere onesti, dobbiamo anche dire che sul piano infrastrutturale molte risorse destinate al Veneto vengono assorbite dal Mose».

Non c’è alternativa? Dalla Pedemontana alla Nogara-Mare, passando per la Nuova Valsugana e la Romea Commerciale, dobbiamo abituarci a pagare due volte quel che altrove (sul Grande Raccordo Anulare di Roma, ad esempio) è gratis da sempre? «Possiamo inveire contro Roma ladrona quanto vogliamo ma è così. E finché le cose non cambieranno, delle due l’una: o le strade si fanno con i privati o, semplicemente, non si fanno».

C’è chi invoca la ri-nazionalizzazione…

«Ma siamo impazziti? Va bene che spira il vento dello statalismo più sfrenato ma non diciamo fesserie. Preferisco pagare il pedaggio a un privato efficiente e trasparente, in cui è chiaro a chi vanno gli incassi e come vengono utilizzati (bene o male che sia), piuttosto che sborsare più tasse per uno Stato lento, burocratico, opaco, in cui non si capisce mai chi ha le responsabilità delle buche e dove vanno a finire i soldi. Ha presente com’è presa la Cesena-Orte?».

La frammentazione dei concessionari, ben cinque in Veneto, non aiuta a semplificare il quadro.

«E’ una follia. Quella di riunire le concessioni in un’unica società è sempre stato un mio cruccio ma come nel caso delle multiutilities per fare certe operazioni servono le persone, non bastano le intenzioni. E purtroppo in questi settori ci sono interessi diversi che si faticano a conciliare».

Lei ha governato questa regione per 15 anni. E’ soddisfatto del risultato ottenuto sul piano della mobilità?

«Molto è stato fatto e sfido chiunque a negarlo. Certo, c’è ancora tanto da fare. Penso che il Veneto sia una grande città diffusa, che si articola in due poli: Venezia e Verona. Questi due poli vanno collegati con le strade e le autostrade, un sistema ferroviario metropolitano, due scali aeroportuali possibilmente sotto il medesimo ombrello societario, due piattaforme logistiche, Verona e Padova-Venezia, un porto e un grande polo medico. Penso sia questa la direzione su cui lavorare».

A proposito di sistema ferroviario metropolitano: è come un miraggio, lo immaginiamo da anni ma non si concretizza mai.

«E’ difficile dirsi soddisfatti quando si pensa alla metropolitana di superficie. E’ un progetto che ho ereditato da chi mi ha preceduto e che ho tentato in ogni modo di portare avanti. Disgraziatamente era concepito secondo quei vecchi sistemi statalisti di cui parlavamo prima e i risultati si vedono: oltre alla suggestione c’è ben poco. Ah, se solo potessi tornare indietro! Farei sedere attorno a un tavolo tecnici e progettisti, poi farei una bella gara… ».

Non lo dica…

«E invece sì che lo dico: rifarei in project financing pure quello!».

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Auto e treno, i costi e i tempi. Che cosa conviene ai pendolari

Usare la macchina tutti i giorni costa fino a mille euro al mese

La ferrovia è più economica ma solo per chi ha orari d’ufficio

VENEZIA — Studenti, stagisti, impiegati, operai, ingegneri. E ancora: avvocati, medici, infermieri, commercianti, insegnanti. In veneto ogni mattina quasi un milione di persone esce di casa e si riversa sui treni regionali o sulle autostrade. Percorre chilometri e chilometri per andare dal Comune dove abita a quello dove lavora. E arrivata sera, inverte la marcia rigettandosi nelle stazioni e sulle strade rifacendo lo stesso percorso al contrario. Il Veneto della «metropoli diffusa» è una terra di pendolari in un mondo di tariffe che non smettono di crescere. Poco importa che siano pedaggi autostradali o abbonamenti ferroviari. Il prezzo che si paga per andare al lavoro è sempre più alto. Per questo motivo, alla luce degli aumenti delle tariffe autostradali del primo gennaio e dei disagi denunciati periodicamente da chi prende il treno due volte al giorno abbiamo deciso di mettere a confronto i diversi mezzi di trasporto. E di sottolineare i vantaggi e gli svantaggi dell’automobile e del treno.

Spese a confronto (auto)

Andare al lavoro in macchina non costa poco. Basta dare un’occhiata alla tabella per scoprire che con la stessa cifra ci si può pagare un anno di affitto nella città dove si lavora. Secondo i calcoli ufficiali dell’Automobile club d’Italia (Aci) i pendolari che usano un’automobile a diesel spendono mediamente 0,25 centesimi al chilometro comprensivi del carburante e dell’usura dell’auto che include anche il cambio gomme obbligatorio (l’alternanza estive- invernali) imposto dalla legge due anni fa. Ipotizzando un lavoratore che infila la strada dieci volte a settimana (cinque all’andata e cinque al ritorno) per quarantotto settimane (tutti hanno diritto a un mese di ferie) e aggiungendo la spesa dei pedaggi (aggiornati al primo gennaio) il risultato è di quelli salati. Di fatto chi si muove nella Città metropolitana allargata spende da un minimo di cinquemila euro (Venezia- Treviso) a un massimo di diecimila euro all’anno (Treviso- Padova). Non basta? Allora chiedete a chi va da Verona a Padova o viceversa. Là la spesa supera di poco i mille euro al mese. Praticamente uno stipendio. Non resta dunque che lasciare l’auto in garage e prendere il treno.

Spese a confronto (treno)

Il treno è decisamente più economico. Anche aggiungendo una spesa di trecento euro all’anno per fare un abbonamento all’autobus che porta fino alla stazione (o dalla stazione di arrivo al luogo di lavoro) è molto difficile arrivare a spendere più di cento euro al mese. I prezzi degli abbonamenti mensili, anche se sono recentemente aumentati, sono senza ombra di dubbio i più bassi d’Europa.

Tempi a confronto (treno)

I tempi di percorrenza dei treni regionali però non sono competitivi. A parte il fatto che le stazioni dei piccoli Comuni non sempre sono collegate alle case dei veneti dagli autobus di linea e che in quelle dei capoluoghi non si sa mai dove parcheggiare, basta ascoltare le lamentele quotidiane di chi prende un treno per affrontare la tratta casa-lavoro con un certo senso di preoccupazione. I treni sono lenti, rari. E non sempre rispettano gli orari di partenza e arrivo. E non solo. Per chi deve fare i turni o per chi non va o non torna dal lavoro nelle cosiddette fasce protette (7-9 e 17-19) prendere un treno è una vera e propria avventura. Per muoversi tra i capoluoghi della PaTreVe comunque si deve uscire di casa almeno un’ora prima per arrivare al lavoro anche negli orari canonici. E non diversa è la situazione del Polo Ovest. Da Verona a Vicenza o da Rovigo a Verona ci vuole più di un’ora e mezza per arrivare a destinazione. E non sempre la giornata fila liscia come si vorrebbe. Per chi finisce di lavorare dopo le 21 o per chi inizia prima delle 7 infine non c’è quasi nulla da fare. I treni, per molte tratte, non ci sono proprio e non resta che tirare fuori la macchina dal garage e lasciare giù mezzo stipendio.

Tempi a confronto (auto)

Al momento, l’automobile è il mezzo più rapido per muoversi in Veneto. Pur sapendo che a causa del traffico, dei semafori e delle code non si riesce quasi mai a superare una media di 60 chilometri all’ora nemmeno nelle tratte autostradali, chi usa l’auto nell’area della Città metropolitana arriverà al lavoro a qualunque orario in un massimo di un’ora (la tratta più lunga è Padova-Treviso). Nei tragitti più brevi i tempi sono dimezzati: chi abita a Venezia ci mette meno di trenta minuti sia per andare a Padova che per andare a Treviso. Più lunga infine è la strada di chi va da Padova a Verona. Ci vuole quasi un’ora e mezza per arrivare a destinazione. Ma con un treno regionale le ore diventano quasi tre. E alle volte, il tempo è denaro.

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Pedaggi, in Veneto rincari record. Ecco quanto costa andare al lavoro

Gli aumenti più pesanti d’Italia. E a Dolo la tariffa cresce del 250% in una notte. Chi si sposta nella PaTreVe pagherà dai 1300 ai 2300 euro all’anno

VENEZIA—Se non ve ne siete già accorti tornando dalle vacanze, ve ne renderete conto a brevissimo quando riprenderete ad andare al lavoro regolarmente. Le autostrade costano di più. I pendolari che percorrono la A4 tra Verona e Padova o la Valdastico (A31) devono sborsare per il pedaggio l’1,44% in più rispetto al 31 dicembre 2013, chi si muove lungo il Brennero deve affrontare un aumento dell’1,63%, chi fa uso del Passante deve fare i conti con una crescita media delle tariffe del 6,26% e chi ha bisogno della A31 tra Rovigo e Padova o della A27 tra Venezia e Longarone spende il 4,43% in più. La botta più forte è dedicata a chi va dal Veneto al Friuli. La tratta dell’A4 tra Venezia a Trieste e quella della A28 tra Portogruaro e Pordenone aumentano infatti del 7,17%. Non basta? Allora fate quel pezzetto di autostrada che va da Dolo a Padova, il famoso «girello» dei pendolari che volevano risparmiare andando dal capoluogo lagunare a quello patavino. Bene. Là l’aumento è stato un secco +250%, per scoraggiare gli automobilisti a fare i furbi.

 

Andare da Venezia a Padova o da Dolo a Padova adesso costa 2,80 euro, 50 centesimi in meno per chi viene da Venezia, due euro in più per chi viene da Dolo, con buona pace dei residenti della Riviera del Brenta (che però potranno usufruire di uno sconto del 40% sulla tariffa se faranno la tratta più di venti volte al mese). Inutile aggiungere che i veneti non sono stati tra gli italiani più fortunati quanto a tariffe. A conti fatti sono quelli che hanno subito gli aumenti maggiori tra quelli accordati dal ministero delle Infrastrutture su richiesta dei concessionari. A fronte di una crescita nazionale media delle tariffe del 3,9% i concessionari che operano in Veneto hanno ottenuto un aumento del 4,3%. Perché? Perché dei 23 concessionari di tutta la rete autostradale italiana i tre che hanno ottenuto aumenti maggiori a livello nazionale (Autovie Venete, Cav e Autostrade per l’Italia) operano tutti nella nostra regione. Una mazzata che si traduce in centinaia di euro in più da pagare per chi deve prendere l’autostrada tutti i giorni per andare al lavoro e che nel prossimo futuro si rifletterà anche sui bilanci dalle aziende che fanno circolare le merci per il territorio regionale. In attesa di capire quanto incideranno le nuove tariffe sui prezzi delle merci, ci dobbiamo accontentare di capire quanto influisce l’aumento dei pedaggi sugli stipendi dei residenti della mitologica PaTreVe.

 

Partendo dal presupposto che si lavora cinque giorni a settimana per 48 settimane (siamo ottimisti e calcoliamo un mese di ferie all’anno, ndr) chi vive a Venezia e lavora a Padova, per esempio, quest’anno per percorrere all’andata e al ritorno i 25 chilometri che separano i due capoluoghi lascerà alla A4 Holding 1344 euro all’anno, mentre chi percorre i 60 chilometri che vanno da Treviso a Padova (con il ritorno fanno 120) inizi pure a ragionare su un possibile trasloco in pianta stabile o il 2014 gli costerà di pedaggio 2304 euro (e non contiamo la benzina e l’usura dell’auto). Lasciando il fronte della Città metropolitana allargata e spostandosi più a Ovest, chi va da Verona a Vicenza o viceversa metta in conto di spendere 1344 euro, mentre chi va da Verona a Rovigo si metta proprio una mano sul cuore: in un anno dovrà pagare 3984 euro. Dura la vita autostradale anche per chi va da Verona a Padova o viceversa. Per andare al lavoro dovrà lasciare all’A4 Holding 2592 euro all’anno, più di duecento euro al mese, per capirci. Meno difficile da digerire la tratta Vicenza Padova che con 912 euro è l’unica sotto i mille tra capoluoghi veneti. Ma basta già spostarsi poco fuori, per esempio a Montecchio, per dover sborsare 1296 euro ogni anno, circa cento euro al mese. D’altra parte, a sentire il ministero dei Trasporti, sarebbe potuta andare molto peggio di così. I concessionari avevano chiesto aumenti molto più corposi dicendo di aver fatto enormi investimenti per mantenere efficiente la rete autostradale. E con il calo delle auto in circolazione a causa della crisi non ci stavano più dentro con le attuali tariffe. Di parere del tutto diverso le associazioni dei consumatori che già prima dell’entrata in vigore dei nuovi prezzi si erano scagliate contro «una serie di aumenti ingiustificati ». A commentare per tutti comunque ieri è stata la Cna che non è voluta entrare nel merito della questione, ma per bocca dei suoi rappresentanti nazionali ha rammentato al ministro Maurizio Lupi che «c’è poco da stupirsi se domani ritorneranno i forconi in piazza».

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I sindaci schierano i vigili: «Se i pendolari passano da noi sarà un disastro»

Dopo i rincari dei pedaggi autostradali, il timore è che il traffico si sposti nei paesi e lungo le statali

VENEZIA — Automobilisti di tutto il Veneto segnatevi bene a mente questa informazione: a partire dal 7 gennaio e per tutta la settimana a venire i comandanti della polizia municipale schiereranno tutti i loro agenti agli incroci principali delle città di provincia per controllare eventuali anomalie del traffico. «Con la fine delle festività e la ripresa della vita lavorativa e scolastica ordinaria ci troviamo davanti alla prova del fuoco – spiega il comandante della polizia municipale del Comune di Mira Mauro Rizzi -. Se a causa dell’aumento dei pedaggi autostradali ci dovesse essere un riversamento del traffico lungo le statali e le regionali sarebbe un problema. Già ci sono i lavori in corso che creano disagi, ma così aumenterebbero anche i rischi per la viabilità».

Il timore delle forze dell’ordine della Riviera del Brenta è che a fronte di un aumento secco delle tariffe di Cav (nel caso della tratta Dolo- Padova il prezzo del pedaggio è balzato da 80 centesimi a 2,80, con un aumento del 250%), i pendolari della zona saluteranno per sempre i caselli e si incolonneranno con pazienza lungo le strade secondarie che passano per i centri urbani. «Se quelli che facevano il tornello per non pagare l’intera tratta dovessero attraversare la città non so che cosa succederebbe – confessa il comandante di Dolo Alberto Baratto -. Al momento non abbiamo rilevato crescite preoccupanti del traffico urbano e lungo la Riviera, ma con la fine delle feste potrebbe intensificarsi. In ogni caso siamo pronti per eventuali emergenze». A creare ulteriori preoccupazioni sono le minacce degli autotrasportatori. Secondo l’Aiscat, l’associazione delle concessionarie autostradali, le strade a pedaggio della regione sopportano tutti i giorni il passaggio di 895 mila veicoli. Anche se solo una piccola parte si riversasse nel traffico urbano, i disagi sarebbero incalcolabili.

«Non solo a livello di tempi e spostamenti – interviene il sindaco di Jesolo Valerio Zoggia che teme un ulteriore intasamento della Triestina, la statale che collega la terraferma veneziana al Friuli passando lungo il litorale -, ma soprattutto per la qualità dell’aria che respiriamo». La diminuzione della velocità dei mezzi in coda e l’aumento dei tempi di spostamento dovuti al traffico porterebbero anche a una possibile crescita dei Pm10 nei centri abitati con un forte impatto anche sulla salute e sulla qualità della vita. «Credo che il governo dovrebbe correre subito ai ripari pensando a forme di sgravi fiscali per chi usa le autostrade per lavoro – continua Zoggia – non possiamo permetterci un cambio di abitudine degli automobilisti in questo senso». «Prenderemo le decisioni che servono dopo il monitoraggio di questa prima settimana – aggiunge il primo cittadino di Portogruaro Antonio Bertoncello, anche lui interessato dalle sorti della Triestina -. Al momento però non abbiamo dati e non ci fasciamo la testa prima del tempo».

Sul fronte opposto dal punto di vista geografico, ma dello stesso parere il sindaco di Rubano Ottorino Gottardo che rischia di trovarsi investito dal traffico di pendolari tra Vicenza e Padova. «La mia speranza è che gli automobilisti si facciano scoraggiare dal fatto che la velocità sulle nostre strade è molto più bassa di quella autostradale – spiega -. Capisco che le tariffe siano aumentate, ma anche il tempo è un costo, quindi al momento ci limitiamo a monitorare la situazione ». Da stamattina i comportamenti dei pendolari saranno tenuti sotto controllo anche dalla polizia stradale che valuterà, sulla base di una possibile diminuzione del traffico autostradale, di rafforzare le pattuglie sulle strade regionali e su quelle urbane. «Se il traffico autostradale dovesse subire variazioni ce ne accorgeremo immediatamente », conclude il comandante della polizia stradale di Venezia Maria Faloppa.

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Tosi: «I rincari erano inevitabili, paghiamo anche gli sprechi del passato»

Il sindaco e concessionario, presidente della Brescia-Padova, che nel 2012 ha prodotto ricavi per 322 milioni di euro

VERONA — Gli aumenti autostradali? Inevitabili. A Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona, ma anche presidente della Brescia-Padova, la concessionaria autostradale veneta parte del gruppo A4 Holding, di cui resta di fatto il vero «forziere » (nel 2012 ha prodotto ricavi per 322 milioni di euro e un utile di 38, quelli che consentono al bilancio consolidato di A4 Holding di chiudere in attivo per 18,5 milioni di euro, visto che la gestione delle partecipate – dalle costruzioni, all’immobiliare, alle telecomunicazioni, e perfino ai campi da golf – era in rosso per 41 milioni), non ci sta a vestire i panni del colpevole dei rincari autostradali: «Per quel che ci riguarda, avevamo proposto un aumento del 4% e ci è stato riconosciuto un ben più limitato 1,89%». Riduzione tra l’altro che non sta per niente bene a Brescia- Padova, determinata a chiedere una riconsiderazione di quanto concesso, che potrebbe sfociare, in caso di risposta negativa, in un contenzioso davanti al Tar. Ma il problema degli aumenti resta.

I vostri non saranno i rincari più vistosi, ma in questo momento tutti pesano molto. Possibile che in un’epoca di spending review, le società autostradali non riescano ad evitarli?

«Il problema è diverso. Bisognerebbe guardare nel Paese alle situazioni di serie A e B che si creano tra aree dove le autostrade sono gratis, dove le infrastrutture sono costruite e mantenute dallo Stato, e altre dove lo Stato non spende nulla e le opere si fanno sulla base dei pedaggi gestiti da spa private».

Già, ma proprio per questo, visto che in Veneto le tasse pagate non servono a costruire grandi opere, che vengono pagate una seconda volta con i pedaggi, come per il Passante, non si potrebbe almeno evitare di pagarle una terza volta, come con gli aumenti Cav del 6%, i cui piani finanziari dovrebbero esssere già definiti?

«Non conosco in concreto la genesi degli aumenti sul Passante. Ma so che il criterio di fondo con cui i ritocchi vengono concessi è la tenuta del piano finanziario. Immagino che ci saranno stati extra-costi ».

Eppure il tema resta sul tappeto.

«Quegli aumenti non sono fatti a capocchia, sono concessi su opere inserite nei piani finanziari: non si traducono in guadagni per le concessionarie».

Sì, ma provare a tagliare spese?

«Negli ultimi anni sono stati compiuti contenimenti drastici rispetto ai decenni d’oro. Da cui ci trasciniamo risultati come una gestione del personale che ci costa in media 70 mila euro l’anno. Una cifra enorme; e non parlo di dirigenti, ma della media per dipendente. Oltre alle scelte sbagliate sulle acquisizioni societarie fatte in passato».

È l’accusa del consigliere regionale ex Udc e ora di Futuro popolare, Stefano Valdegamberi, secondo cui i pedaggi, magari indirettamente, sostengono un insieme di società in perdita.

«Valdegamberi sbaglia però a collocare nel tempo le responsabilità: che sono di chi ha gestito nel passato, e cioè degli amici suoi. Noi abbiamo passato gli ultimi anni a ripulire la Brescia-Padova, buona parte di quelle società l’abbiamo dismessa ».

La crisi ha ridotto il traffico sulle autostrade. I rincari non rischiano di deprimerlo ancora, inducendo ad un ritorno sulla rete ordinaria, azzerando tra l’altro l’obiettivo-decongestione, per cui si fanno le grandi opere?

«Non credo che il rischio sia reale. I tempi di percorrenza non rendono comunque competitive le strade ordinarie. E sono fattori di cui tengono conto piani finanziari e adeguamenti tariffari».

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Autostrade, Zaia lancia il bollino annuale

Il governatore propone il modello austriaco della «vignetta» per spalmare i costi dei pendolari. Le mani legate sui treni

Presidente Luca Zaia, l’aumento dei pedaggi autostradali ha mandato i veneti su tutte le furie. I pendolari sono inferociti e le chiedono di intervenire perlomeno su Cav, la concessionaria che gestisce il Passante e la Venezia-Padova partecipata al 50% dalla Regione. Lo farà?

«Ho già parlato col presidente Tiziano Bembo, una soluzione per ammortizzare l’impatto degli aumenti dev’essere trovata. Non sta a me dire come, gli uffici di Cav ci stanno lavorando».

Avrà pure una proposta…

«Personalmente sono favorevole all’introduzione della “vignetta” sul modello austriaco o sloveno. Un sistema mutualistico per cui tutti sono tenuti a sottoscrivere il bollino autostradale, ad un costo di una cinquantina di euro all’anno, così che spalmando su una platea più vasta i costi, questi gravano meno sui singoli utenti. Ma mi chiedo: i veneti sarebbero disponibili? Anche quelli che usano di rado l’autostrada? Senza contare che un’autostrada meno cara disincentiverebbe l’uso dei mezzi pubblici, con nuove polemiche. E’ un equilibrio complicato».

Certo gli aumenti deliberati a inizio anno gridano vendetta.

«Restiamo su Cav. Quando fu costruito il Passante, e ricordo che tutti lo chiedevano per liberare la tangenziale di Mestre, fu spiegato urbi et orbi che questo sarebbe stato ripagato con i pedaggi. Così è andata e ora l’equilibrio finanziario della società va salvaguardato».

Non si possono trovare dei correttivi in corsa?

«Soluzione alternative andavano studiate prima, ora è tardi. Per la Pedemontana, ad esempio, abbiamo già stabilito l’esenzione totale per gli studenti fino a 23 anni e per i pensionati over 65».

Passante, Pedemontana, Nogara- Mare, Romea commerciale. Il Veneto di domani sarà «a pagamento».

«L’autostrada è un’infrastruttura ma è anche un servizio che, in quanto tale, va pagato. Bisogna essere onesti: nessuno costruisce le strade gratis, per farle servono i soldi. Dove li troviamo? E’ come se chi ha acquistato la casa col mutuo poi si lamentasse degli interessi… ».

E così i cittadini pagano due volte: con le tasse e con i pedaggi.

«E’ un ragionamento criptoleghista che mi trova perfettamente d’accordo. Stiamo lottando da anni contro questo andazzo e non prendo lezioni dai rivoluzionari del sofà. E’ un fatto incontestabile che il Veneto paghi ogni anno 21 miliardi di euro di tasse, denari sprecati in mille rivoli che quando servono per le autostrade o i treni non si trovano mai».

Le concessionarie dicono che «gli adeguamenti» servono per ripagare gli investimenti. Quali?

«Non sta a me fare l’avvocato difensore dei concessionari. Ci sono dei dubbi in proposito? Si vada in procura».

Forse si stava meglio quando si stava peggio, con le autostrade nazionalizzate…

«Questo è populismo allo stato puro. Secondo lei i 2 mila miliardi di debito pubblico da dove sono saltati fuori? C’è stata un’epoca, quella dell’Italia del boom, in cui spendere 100 o spendere 1.000 era lo stesso. Oggi non sarebbe più sostenibile».

Un’alternativa all’automobile ci sarebbe: il treno. Ma alla fiaba della metropolitana di superficie ormai non crede più nessuno. E lei?

«Le ragioni per cui alcune infrastrutture non ci sono o sono in ritardo vanno ricercate nel passato ed è inutile star qui a recriminare. Si dice: perché la PaTreVe non ha un servizio metropolitano come Barcellona, Londra, Parigi? E’ un paragone senza senso: si tratta di aree di dimensioni differenti, urbanizzate in modo diverso. Dolo non è il Tibidabo e sulla nostre linee circolano appena 200 mila persone: siamo ben lontani dalle economie di scala di certe metropoli europee».

Forse se si facessero più investimenti l’utenza aumenterebbe.

«La Regione fa sempre la sua parte, ovviamente col bilancio che ha, mettendo sul trasporto pubblico oltre 700 milioni l’anno. Lo Stato dov’è? Ci riempie di spot sull’Expo di Milano ma non ha fatto nulla per migliorare i trasporti che serviranno i 15 milioni di turisti che arriveranno nel 2015».

Vanno aumentati i prezzi dei biglietti?

«Vedere cammello, pagare moneta. Il servizio ferroviario ci costa caro già oggi per cui pretendo da subito treni capienti, confortevoli, puntuali, “giapponesi”, sulle corse che ci sono. Vogliamo poi migliorarci ulteriormente, aggiungendone di nuove? Pensiamo a come finanziarle. Mi ripeto: i servizi si pagano. Tutti guardiamo con ammirazione alla tutela dell’ambiente in Germania ma lì un metro cubo d’acqua arriva a costare 7 euro. Qui ci sarebbe la rivoluzione. Ad esempio, perché non differenziare i prezzi degli abbonamenti? Ci sono pendolari- operai e pendolari-manager, studenti di famiglie facoltose e studenti figli di cassintegrati».

La gara nel 2015 risolverà i problemi?

«Una gara in Veneto è già stata fatta e l’ha vinta Trenitalia. Ne faremo un’altra e sarà l’occasione per mettere nero su bianco le aspettative dei veneti. Poi toccherà al governo dare un segnale, eliminando quello che è un monopolio di fatto. Ricordo che la trafila è: ministero delle Finanze, Ferrovie dello Stato, Trenitalia. Un trittico che spiega molte cose».

Resta senza risposta la Grande Domanda: può esistere un «Veneto metropolitano» all’interno del quale è impossibile muoversi?

«Ci sono dei problemi, non lo nego, e stiamo lavorando duro per risolverli, senza chiacchiere. Ma sia chiaro: io penso al Veneto, non alle suggestioni elettorali come la PaTreVe. A Belluno non hanno forse diritto alle autostrade ed ai treni come tutti gli altri? ».

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Il caro pedaggi aumenterà il traffico in molte strade di Riviera e Miranese

Su Facebook gli automobilisti annunciano l’abbandono dell’autostrada

MIRANO – Il salasso in autostrada e l’invasione di auto nei centri abitati. Ecco perché i rincari del pedaggio in A4 e A57 non riguardano solamente i pendolari. Rischia tutta la viabilità ordinaria, vera alternativa all’autostrada e a tremare sono sia il Miranese che la Riviera. A fare due conti sono gli stessi sindaci, che da questa settimana, al rientro dalle ferie, si troveranno a dover gestire una situazione che non avevano messo in conto in questo inizio d’anno, capitata tra capo e collo a Capodanno con l’aumento delle tariffe al casello fino al 250% sulla tratta Mirano-Padova, a pieno titolo ora diventati gli 11 chilometri più cari d’Italia. Ovvio che con questi aumenti, la maggior parte dei pendolari del Miranese sceglieranno la viabilità locale per raggiungere la città del Santo. Le alternative alla A57 per raggiungere Padova in realtà sono più di una, ma questo non basterà a spalmare la mole di traffico senza un incremento, anche minimo, di auto e tir nei centri abitati, con conseguenze nefaste per la circolazione, i tempi di percorrenza e la sicurezza stradale.

A rischio soprattutto la strada regionale 515 Noalese, che collega Treviso con Padova e attraversa proprio i comuni di Santa Maria di Sala e Pianiga (a Mellaredo). Ma anche la strada provinciale 25 (via Marinoni) tra Caltana e Pianiga, verso la Riviera del Brenta (Fiesso e Stra). Tra Santa Maria di Sala e Mirano a rischio congestione è via Cavin di Sala, fino alla confluenza (in pieno centro del capoluogo salese, alla curva Beccante) con la Noalese, ma anche viale Venezia a Mirano: qui potrebbe riversarsi tutto il nuovo traffico che utilizzerà il casello di Spinea, località Crea, al posto di quello di Dolo-Mirano, località Vetrego. Non se la passerà meglio la Riviera, che rischia di trovarsi tutto il traffico autostradale lungo la statale 11 del Naviglio Brenta e occhio anche alla provinciale 26 da Roncoduro a Dolo, sempre verso la Riviera.

Non si tratta solo di ipotesi: sui social network molti pendolari annunciano già le loro intenzioni. «Abbandono l’autostrada e passo in Riviera», commenta un automobilista. Addirittura un lavoratore incita a fare della convenienza una forma di protesta: «Usiamo tutti le statali, così che capiscano che ci stanno massacrando».

Forconi al volante insomma: anche così si crea il blocco. I sindaci corrono già ai ripari: chiederanno un incontro con la Regione e il prefetto, come annunciato dal primo cittadino di Santa Maria di Sala Nicola Fragomeni, per chiedere la tutela dei paesi attraversati dalle provinciali e regionali. Intanto già oggi, al rientro delle ferie, si avrà il primo banco di prova delle scelte dei pendolari.

Filippo De Gaspari

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IL CALVARIO DEI PENDOLARI »L’AUTOSTRADA

Lupi: abbonamenti scontati ai lavoratori

Il ministro dei Trasporti: «Stiamo lavorando a riduzioni mirate del 20 per cento. Concessioni più lunghe? L’Ue direbbe no»

VENEZIA – Famiglia, messa, staff, cinema. Finalmente, alle otto della sera Maurizio Lupi, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, riaccende il cellulare e replica alle domande del cronista. Nel Veneto cresce la protesta contro i rincari autostradali e le società concessionarie chiamano in causa il suo ministero: eventuali riduzioni dei pedaggi – è la tesi – non rientrano nelle nostre facoltà ma richiedono l’autorizzazione preventiva dei Trasporti.

«Una premessa: nel Veneto, quasi tutte le concessionarie ci avevano richiesto aumenti superiori a quelli accordati, noi li abbiamo calmierati in partenza ma questo non è sufficiente. In tempi di crisi che colpisce le famiglie e le imprese, ogni rincaro diventa doloroso. Per questo, con i tecnici del ministero stiamo studiando un sistema di abbonamenti sulla rete autostradale diretti alle categorie che, per ragioni di lavoro, sono più esposte agli aumenti, come i pendolari e gli autotrasportatori. L’obiettivo realistico? Se attraverso il sistema dell’abbonamento riuscissimo a ridurre i costi del 20%, avremmo ridotto di molto l’impatto degli adeguamenti tariffari».

Nel tratto più controverso, quello Padova-Venezia, la Cav auspica un allungamento dei tempi di concessione, dagli attuali 23 a una quarantina d’anni, perché ciò consentirebbe di “spalmare” il debito contratto per realizzare il Passante di Mestre, rendendo possibili sconti ai caselli altrimenti vietati da esigenze di bilancio. È una prospettiva praticabile?

«Rispondo con franchezza, nell’immediato lo ritengo improbabile alla luce della scontata opposizione dell’Unione Europea, che solleverebbe un problema di violazione della libera concorrenza. È evidente però che la questione è fondata e attuale. Il sistema delle concessioni dev’essere rivisto, anzitutto perché da sei anni a questa parte la domanda di traffico autostradale è diminuita. Dobbiamo garantire i contratti e il rispetto della legge, certo, ma dall’altra parte non si può continuare con questo meccanismo di rinnovo automatico che ignora le mutate condizioni di mercato».

Lei ipotizza una revisione delle regole. Ma su quali basi? E con quali effetti sulle tasche dei consumatori?

«Per quanto riguarda l’interlocutore europeo, dobbiamo avviare un tavolo di confronto nella consapevolezza che i tempi della trattativa non saranno brevi e l’esito non sarà scontato. Sul fronte interno, invece, credo ci sia disponibilità e coscienza da parte del sistema dei concessionari per rivedere una dinamica non più adeguata alle esigenze del Paese, anzi, per molti versi in controtendenza. Su questo versante sono ipotizzabili agevolazioni mirate, almeno per le categorie pendolari: gli abbonamenti scontati favorirebbero non soltanto loro ma anche i concessionari che hanno interesse a stimolare la domanda evitando un ulteriore calo della percorrenza autostradale».

Sconti per lavoratori pendolari e camionisti. È una vaga promessa o un obiettivo concreto del suo ministero?

«È un impegno che assumiamo, al quale stiamo già lavorando. Conto di darvi buone notizie in tempi ragionevoli».

Filippo Tosatto

 

Appello web: adesioni verso quota 2 mila «Scongiurare l’ennesima stangata» 

VENEZIA. Si avviano a quota 2 mila le adesioni giunte al nostro sito a sostegno degli «sconti pendolari» della Venezia-Padova, una campagna inaugurata dal nostro giornale con l’appello rivolto dal direttore Antonio Ramenghi al governatore Luca Zaia. L’iniziativa, che ha sollevato il tema dei rincari autostradali in particolar modo sul Passante (più 20 per cento in due anni), sta raccogliendo consensi crescenti: in meno di quattro giorni hanno firmato cittadini di ogni età e fascia sociale. Qual è la richiesta? Che la Regione Veneto, proprietaria del 50% di Cav, si faccia carico di una serie di agevolazioni e sconti a favore dei pendolari che ogni giorno percorrono la tratta Venezia-Padova. Una misura necessaria, a detta di tutti, perché su questo tratto autostradale padovani, mestrini e trevigiani rischiano di bruciarsi le tredicesime. Il costo dei venti chilometri tra Padova Est e la barriera di Venezia-Mestre, attualmente, è di 2 euro e 80 centesimi. Stessa cifra per chi esce a Mirano/Dolo o Mira/Oriago. Il sistema più conveniente, attualmente, per raggiungere Mestre da Padova è quello di scegliere il casello di uscita di Spinea Crea (1,60 il pedaggio da Padova Est) ed entrare a Mestre attraverso la viabilità ordinaria. Questa tariffa differenziata rischia di riproporre il tema del tornello che tanti disagi ha provocato al casello di Vetrego.

 

MENTRE DE POLI PUNGE ZAIA E IL GOVERNO

Bembo cerca uno spiraglio «Rischio di danno erariale»

VENEZIA – Che fare? A parole tutti concordi, nei fatti prevale un rimpallo di responsabilità sull’asse Venezia-Roma. Che il salasso dei pedaggi autostradali investa competenze svariate lo riconosce anche Antonio De Poli, segretario dell’Udc veneta, lesto peraltro a incalzare la Regione:

«Le concessionarie non possono scaricare le loro inefficienze sui cittadini, il governatore Zaia convochi subito un tavolo con le società concessionarie tra cui la Cav e non stia dalla parte di chi mette i rincari»; il senatore centrista spiega che«quella che si sta giocando è una partita senza colore politico ma in difesa dei veneti, di pendolari e autotrasportatori» e in un’interrogazione parlamentare al ministero dei trasporti chiede spiegazioni sui criteri adottati che «hanno graziato il Sud e dato una stangata al Nord».

Conclusione salomonica: «Ciascuno deve fare la propria parte, solo così riusciremo a vincere questa sfida che si gioca in Veneto ma anche nei palazzi romani».

Giorni di passione per Tiziano Bembo, presidente della Cav. Che si sente preso di mira, perché i contestatissimi aumenti nella sua tratta Padova-Mestre sono pur sempre inferiori a quelli adottati dalle società che gestiscono la Padova-Rovigo e la Treviso nord-Mestre:

«Figuratevi se non vorrei applicare riduzioni tariffarie e sconti», fa sapere «il punto è che gli adeguamenti dei pedaggi sono sanciti dalla concessione, eventuali modifiche, che stiamo valutando dal punto di vista tecnico, devono essere autorizzati dal ministero. In presenza di minori introiti al casello determinati da scelte unilaterali, lo Stato subirebbe un contraccolpo sul piano dell’Iva e dell’Ires e potrebbe farci causa chiedendo il risarcimento del danno erariale».

«È l’ennesimo regalo avvelenato del centralismo», chiosa il governatore Zaia «la Cav non ha effettivo potere decisionale sulle tariffe soggetta com’è alle decisioni del Governo di Roma. Ma noi non ci arrenderemo, lo dobbiamo ai nostri pendolari».

 

SALASSO PEDAGGI»la venezia-padova 

Il governatore Zaia si impegna, Cav studia i flussi. Gli autotrasportatori infuriati, protestano anche gli agenti di commercio

PADOVA – La richiesta corre sul web ma è sempre più diffusa nell’opinione pubblica: «La Regione intervenga per i pendolari di Padova e Mestre» introducendo delle agevolazioni sostenibili dopo il salasso cui sono sottoposti dal primo gennaio i pendolari della Venezia-Padova (più 6,2%, che si aggiunge al più 13,6% dell’anno scorso). Il governatore Luca Zaia si è impegnato, sollecitando il gestore Cav a studiare un sistema che salvi la tredicesima ai pendolari dell’autostrada più trafficata e importante del Veneto (120 mila passaggi al giorno). Cav, dal canto suo, ha promesso di studiare i flussi di traffico ma ha messo le mani avanti: «Allo stato attuale, a normativa vigente, appare difficile estendere la scontistica ad altre categorie, oltre ai residenti dei cinque comuni del Veneziano più danneggiati dal Passante» ha spiegato il presidente Tiziano Bembo. Ad appena 24 ore dal ritorno al lavoro di gran parte dei pendolari, insomma, la protesta anziché spegnersi sembra aumentare in rabbia. Contro la politica, soprattutto: perché non ha saputo aumentare gradualmente i costi e imposto due balzi che, in due anni, hanno fatto crescere il pedaggio del 20%. La Cav è una concessionaria controllata per il 50% dalla Regione Veneto, che ne esprime il presidente, e per il 50% dall’Anas, che ne esprime l’amministratore delegato.

Intanto si aggiungono reazioni: «Far gravare i pedaggi autostradali sulle tasche di tutti i veneti, anche di chi non si mette in auto neppure una volta all’anno, è una proposta inaccettabile che non risolverebbe alla radice la questione: l’equilibrio finanziario delle concessionarie va garantito ma non possono essere pendolari e autotrasportatori a farsene carico» spiega il senatore Udc Antonio De Poli commenta la proposta di «bollino» sul modello austriaco.

Protestano anche le associazioni di categoria: «Noi artigiani siamo come sempre chiamati a pagare e a subire questi aumenti – commenta Roberto Boschetto, presidente dell’Unione provinciale artigiani di Padova – ad incorporarli nei nostri costi per poter lavorare, facendo crescere così le sofferenze di questi mesi. Com’è possibile continuare a chiedere sacrifici sempre agli stessi, quando ci sono realtà che appena hanno una necessita la scaricano sugli altri aumentando le tariffe?»

Anche gli agenti di commercio di Padova e Rovigo prendono posizione contro gli aumenti dei pedaggi: «Questo ulteriore aggravio di costi peserà nel bilancio delle nostre attività e assottiglierà ulteriormente i ricavi derivanti dall’attività svolta».

«Il Passante deve restare una strada a servizio dei veneti e quindi le tariffe non possono diventare proibitive e lo stesso discorso vale per le tratte venete della Società Autostrade» aggiungono Dario Bond e Piergiorgio Cortelazzo, capogruppo e vice del gruppo Ncd in Regione. «Una cosa è certa, un pendolare nella tratta Padova Est-Mestre nel 2014 non può spendere mille euro in più all’anno rispetto al 2013, è quasi uno stipendio medio che si volatilizza. Perché tutta questa fretta negli aumenti? Ragioniamo sulle agevolazioni».

(d.f.)

 

Appello web, 1.700 firme in tre giorni «Ecco come ci bruciamo la tredicesima»

VENEZIA. Millesettecento sottoscrizioni sul sito del nostro giornale a sostegno degli «sconti pendolari» della Venezia Padova: un appello lanciato dal nostro giornale dopo l’appello al governatore Zaia da parte del direttore Antonio Ramenghi. La campagna avviata dal nostro giornale, che ha sollevato il tema dei rincari autostradali in particolar modo sul Passante (più 20 per cento in due anni) sta raccogliendo le adesioni di migliaia di persone: in meno di tre giorni hanno firmato la campagna più di milleseicento persone. Qual è la richiesta? Che la Regione, proprietaria del 50% di Cav, si faccia carico di una serie di agevolazioni e sconti a favore dei pendolari che ogni giorno percorrono la tratta Venezia-Padova. Una misura necessaria, a detta di tutti, perché su questo tratto autostradale padovani, mestrini e trevigiano rischiano di bruciarsi le tredicesime. Il costo dei venti chilometri tra Padova Est e la barriera di Venezia Mestre, attualmente, è di 2 euro e 80 centesimi. Stessa cifra per chi esce a Mirano/Dolo o Mira/Oriago. Il sistema più conveniente, attualmente, per raggiungere Mestre da Padova è quello di scegliere il casello di uscita di Spinea Crea (1,60 il pedaggio da Padova Est) ed entrare a Mestre attraverso la viabilità ordinaria. Questa tariffa differenziata rischia di riproporre il tema del tornello che tanti disagi ha provocato al casello di Vetrego.

 

PROGETTO ALLO STUDIO

Quarta corsia, un sogno che vale 300 milioni

VENEZIA – Il progetto – per ora solo di massima – esiste. E potrebbe prendere forma nei prossimi mesi. Una quarta corsia autostradale tra Padova Est e la barriera di Venezia Mestre potrebbe essere il «grimaldello» attraverso il quale Cav potrebbe riuscire a farsi prolungare la concessione autostradale che attualmente scade nel dicembre 2032. Diciotto anni in più di gestione con l’impegno ad investire altri 300 milioni di euro nel potenziamento dell’asse principale che collega le due città principali del Veneto centrale: Padova e Mestre. Una quarta corsia, del resto, si rende necessaria per snellire il traffico che, soprattutto nei periodi di punta e in caso di incidente, rischia di formare code e incolonnamenti pericolosi. Il sogno di una quarta corsia, del resto, non è nuovissimo: se ne era già parlato ai tempi della realizzazione del Passante. Ma anche alla luce delle recenti polemiche sul salasso dei pedaggi autostradali, il progetto potrebbe essere riesumato. Perché l’investimento nelle reti infrastrutturali è condizione necessaria per ottenere dall’Anas e al Ministero delle Infrastrutture un allungamento della concessione. L’attuale scadenza, infatti, era legata alla conclusione naturale della concessione Anas. Ora però la concessione generale sta per essere allungata per tutti i tronchi stradali in carico ad Anas. E questo potrebbe aprire la strada a un rinnovo della concessione per il Passante e il tratto Padova Est -Venezia della A4 gestito dal concessionario regionale. La scadenza che potrebbe essere ipotizzata è quella del dicembre 2050, diciotto anni più lunga dunque dell’attuale. Con questo sistema, anche il rimborso del debito in carico a Cav potrebbe essere rimodulato e, con esso, anche le tariffe che potrebbero tornare ad essere più leggere.

Più difficile, attualmente, l’estensione delle agevolazioni in essere per i cinque comuni del Veneziano interessato ai pendolari padovani e mestrini. Anche se Cav sta approfondendo la questione.

Dal primo gennaio scorso, inoltre, è stata abolita anche l’ultima convenzione in essere da parte della società Cav, quella a favore dei giornalisti professionisti iscritti all’Ordine del Veneto.

Analoga convenzione era in essere con la società Autostrada Brescia Padova a favore sempre dei giornalisti professionisti iscritti all’Ordine.

(d.f.)

 

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