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bruxelles

Il 2 dicembre scorso Opzione Zero era a Bruxelles, davanti ai parlamentari e alla Commissione Europea, per sottoporre il progetto del Passante di Mestre, che la Banca Europea per gli Investimenti vorrebbe rifinanziare attraverso i project bond.

 

Il report di Counter Balance

I project bond europei sono una indicazione preoccupante peri futuri piani di investimento a lungo termine dell’Unione Europea

La fase pilota del progetto Bond Initiative UE sta per finire. Nel corso degli ultimi due anni, nove progetti di infrastrutture sono stati approvati per il rifinanziamento attraverso questo strumento di condivisione del rischio elaborato dalla Commissione Europea e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI). E molti altri ancora ne seguiranno dal momento in cui questo strumento finanziario e simili meccanismi di garanzia verranno utilizzati per sfruttare il previsto pacchetto InvestEU di Juncker di 315 miliardi di euro.

Non potevamo pensare a un momento migliore per valutare la fondatezza di questo meccanismo e così, in collaborazione con il gruppo GUE/NGL e i gruppi politici dei Verdi, abbiamo riunito i deputati, le organizzazioni della società civile ela Commissione Europea (la BEI purtroppo non ha partecipato) per una tavola rotonda sul Progetto Bond Initiative UE del Parlamento Europeo – quali lezioni possiamo imparare dalla fase pilota e quali sono le implicazioni per il pacchetto Juncker?

Il progetto Castor, un impianto di stoccaggio di gas in Spagna, è il primo e probabilmente il più noto progetto che è stato rifinanziato attraverso project bond europei. Dopo le prime iniezioni di gas, che hanno causato una serie di centinaia di terremoti, il progetto doveva essere fermato, ma a causa di una clausola contrattuale è stato il governo spagnolo che ha dovuto assumersi le perdite. I gruppi della società civile spagnola erano ben rappresentati per parlare contro questo progetto che per prima cosa ha causato uno shock fisico e in seguito finanziario -con 1,4 miliardi di euro di debito passati ai cittadini spagnoli attraverso le loro bollette del gas.

Un altro caso emblematico è stato presentato: il Passante di Mestre, un’autostrada controversa in Italia. Finora ha ricevuto un prestito dalla BEI, ma l’enorme debito che il progetto ha generato potrebbe essere rifinanziato con i project bond europei. Rebecca Rovoletto di Opzione Zero, un’organizzazione della società civile italiana, ha spiegato il motivo per cui questo dovrebbe essere evitato. Diverse aziende e funzionari governativi coinvolti nel progetto sono invischiati in un enorme scandalo di corruzione e sono stati arrestati dalle autorità italiane. I project bond verrebbero utilizzati per ristrutturare il debito generato da queste dubbie strutture mentre il pubblico si assumerebbe la garanzia per questa operazione.

È sembrato che entrambi i progetti, Castor e Passante di Mestre, rivelino molte delle carenze strutturali del meccanismo dei project bond, hanno detto i rappresentanti di Counter Balance.

Prima di tutto il PBI è strutturato in modo tale che l’ente pubblico assorbe la maggior parte del rischio al fine di ottenere investimenti privati. Come conseguenza le perdite sono socializzate mentre i profitti sono privatizzati. Collegato a questo, il meccanismo consente di rifinanziare progetti rischiosi che non sono riusciti ad attrarre investimenti in qualsiasi altro modo e di conseguenza il rischio di fallimento e del debito pubblico è molto più alto.

Il PBI favorisce progetti come Castor e Passante, grandi progetti infrastrutturali, spesso con un notevole impatto ambientale. Questo meccanismo non è adatto per finanziamenti sostenibili, progetti auspicati a livello locale.

Il progetto Castor ha anche mostrato che la trasparenza rimane un problema enorme. Nonostante gli effetti ben documentati del progetto, la maggior parte dei dettagli contrattuali, le clausole e i rischi rimangono segreti.

Infine vi è coinvolto anche il rischio di corruzione. Nel caso del Passante di Mestre centinaia di arresti di politici e uomini d’affari, direttamente o indirettamente connessi con l’autostrada, sono stati eseguiti sul sospetto di corruzione e di collegamenti con la criminalità organizzata. In questo contesto, il presidente dell’autorità anti-corruzione italiana ha chiamato project bond uno strumento per il riciclaggio di denaro dal momento che non esiste alcun registro pubblico per gli obbligazionisti e la loro identità rimane sconosciuta.

Giorgio Chiarion-Casoni, uno degli architetti del project bond presso la Commissione Europea, ha sottolineato la necessità di non confondere i progetti stessi, con il meccanismo finanziario. “Sarei arrabbiato [per il progetto Castor] se fossi un cittadino spagnolo. Questo potrebbe essere evitato con una corretta due diligence. Il meccanismo non è da biasimare “, ha detto.

Egli ha riconosciuto però che nel meccanismo dei bond di progetto i rischi sono completamente spostati al pubblico. Questo avrà gravi conseguenze per il piano di investimenti Juncker che farà uso di simili meccanismi di condivisione del rischio per sfruttare gli investimenti privati per un importo di 315 miliardi di euro. Gli stessi rischi che con i project bond sono suscettibili di esistere, ma moltiplicati su una scala molto più ampia.

Per evitare nuovi disastri la società civile e il Parlamento Europeo devono agire. In questo contesto, l’evento pubblico può essere visto come un primo passo per sfidare l’avvio di nuovi meccanismi di condivisione del rischio a livello europeo dopo l’annuncio del pacchetto InvestEU, iniziando dai project bond.

Counter Balance ha chiesto una moratoria sulla Project Bond Initiative, al fine di rivalutare il suo impatto sociale, ambientale e finanziario sui cittadini europei. La società civile ha inoltre invitato la Commissione a garantire che una valutazione completa dell’iniziativa si concretizzi nel 2015, in occasione di una consultazione pubblica aperta e inclusiva che consenta non solo agli operatori del mercato, ma anche alle autorità pubbliche e alla società civile di esprimere le loro preoccupazioni sull’avvio dell’iniziativa. Infine, le ONG chiedono più controllo democratico sui project bonds attraverso un maggiore coinvolgimento del Parlamento Europeo ed, eventualmente, della Corte dei Conti Europea.

Relatori all’evento sono stati i deputati Teresa Rodriguez Rubio (GUE / NGL), Ernest Urtasun (Verdi/ ALE), Paloma Lopez Bermejo (GUE /NGL), Jordi Sebastia (Verdi / ALE), Pablo Echenique (GUE /NGL) e Victor Tormo Ruiz (GUE/ NGL). La società civile è stata rappresentata da Sebastian Monserrat Esteller (Plataforma de vecinos de Vinarós), Rebecca Rovoletto (Opzione Zero), Elena Gerebizza (Re: Common) e Xavier Sol (Counter Balance).
Giorgio Chiarion-Casoni ha rappresentato la Commissione Europea (DG ECFIN), la Banca Europea per gli Investimenti ha annullato la sua partecipazione all’ultimo minuto, purtroppo.

 

Presentato l’orario invernale di Trenitalia: confermate anche le Frecce che partono dal Veneto

VENEZIA – Ieri, a Roma, l’ad Vincenzo Soprano ha presentato il nuovo orario invernale di Trenitalia, che entrerà in vigore domenica 14 dicembre e terminerà il 13 giugno 2015. Diciamo subito che per il Veneto non cambierà nulla. Né per i treni a lunga percorrenza, né per quelli regionali.

Come si prevedeva, la metropolitana di superficie, che corre da Padova a Mestre e che nell’orario attuale scade il 23 dicembre, è stata prorogata sino a giugno ed è rimasto inalterato anche l’orario di partenza da Padova Stazione Est, ai minuti 49, con dieci corse al giorno ed altrettante al ritorno.

Per quanto riguarda, poi, tutti gli altri regionali, stessa quantità di treni e stessi orari sia sui locali ad andamento lento, con fermate in tutte le stazioni, sia sui regionali veloci delle linee Venezia-Padova -Verona; Venezia- Padova- Rovigo- Bologna; Venezia-Castelfranco-Bassano del Grappa; Venezia- Portogruaro; VeneziaTreviso-Udine; Padova- Castelfranco-Belluno. Nessuna novità anche per le Frecce che partono ed arrivano nel Veneto.

Le Frecce Argento per Roma, via Padova e Bologna, restano in tutto 36 (18 più 18), con gli orari invariati (si va a Roma dalla laguna in tre ore e mezza), mentre le Frecce Bianche per Milano e Torino Porta Susa e Nuova restano sempre 44, ma con alcune fermate a Milano Rho Fiera nel periodo in cui sarà aperta l’Expo 2105. Leggere novità, invece, per le Frecce che partono da Bolzano e vanno a Roma via Trento, Rovereto, Verona e Bologna. Il viaggio attuale dura 4 ore e 25 minuti. Dal 14 dicembre si guadagneranno 8 minuti.

L’ad Soprano, infine, ha dato anche altre notizie generali che interessano il Veneto. Saranno messi in circolazioni 210 nuovi treni regionali, distribuiti su tutta la penisola e saranno rimesse in servizio 1.100 carrozze ristrutturate.

Due: il contratto tra Regione e Trenitalia scadrà, effettivamente, il 31 dicembre 2014. Sono necessari 12 mesi per preparare il nuovo bando, mentre per il cambio d’appalto (sempre se non vinceranno la gara le Fs) ci sarà bisogno di un periodo che andrà da 24 a 36 mesi. Biglietti ed abbonamenti: anche nel Veneto, previo accordo, naturalmente, con la Regione, nei prossimi anni sarà istituita una nuova Tpl smart card multiservizi, che potrà essere utilizzata anche come carta bancaria.

Felice Paduano

 

Salzano. La segnalazione dei residenti di via Villetta a prefetto, sindaco e vigili

«Lasciano l’auto e scavalcano il guardrail in cerca di informazioni o del bagno»

SALZANO – Immaginatevi di essere a casa e, all’improvviso, si presenti un estraneo che vi chieda se avete una tanica e una bicicletta per andare a prendere il carburante. O di uscire in giardino e vedere vicino alla proprietà delle persone con i pantaloni abbassati impegnate a fare i loro bisogni. Oppure ancora, individui che salgono in auto provenendo dai campi. Anche di notte. Fantasia? Non proprio. Andateglielo a chiedere ai residenti di via Villetta a Salzano, abituati ormai da quasi sei anni ad assistere a queste scene. Abitano a poche decine di metri dal Passante e nel punto dove non ci sono le barriere, c’è chi scavalca il guardrail e poi succede quel che succede, specie nel tratto in direzione Milano. C’è chi ha fatto delle foto per far capire che non sono fantasie e le ha inviate al Comune, alla Prefettura, a Concessioni autostradali venete (Cav), alla polizia locale Miranese nord e alla Lega Consumatori.

Tutto nasce dopo febbraio 2009, quando il Passante è stato aperto al traffico; da subito si è notata l’assenza di un’area di servizio lungo gli oltre 32 chilometri di tracciato ed è un problema per chi deve fare rifornimento o andare al bagno.

Così si sfruttano le aree di sosta per improvvisare un bagno di fortuna, tanto che la scarpata pare quasi una zona franca: gli automobilisti scavalcano la rete di recinzione come se nulla fosse. «A parte il viavai di gente», racconta un residente, «poco fa ci è capitata in casa una persona era rimasta senza benzina. È scesa, si è diretta verso la nostra casa e ci ha chiesto se avessimo una tanica di benzina e una bicicletta per andare dal più vicino distributore». S

cene che si erano viste pure in passato ma che non accennano a scomparire. «Non solo, perché abbiamo visto degli individui risalire dalla nostra proprietà», continua l’uomo, «e dirigersi verso un’auto che li aspettava alla piazzola di sosta. Chi sono? Dove vanno? Nei mesi scorsi, qui vicino, un trattore è andato a fuoco anche se non è stato rubato nulla dai garage: questo episodio c’entra qualcosa? E poi hanno rubato le pompe irrigue».

Domande cui i residenti chiedono una risposta, così come chiedono di installare, laddove mancano, le barriere fonoassorbenti che permetterebbero di ridurre i rumori ed evitare anche spiacevoli intrusioni. «La sola recinzione», dicono i residenti, «è insufficiente e inutile: è alta solo un metro e si può scavalcare senza problemi».

Alessandro Ragazzo

 

La posizione Uil sulla vertenza alla società autostradale Cav. Clima teso tra lettere anonime e dispetti

La controparte dovrebbe essere l’azienda ma nella società autostradale Cav – i cui dipendenti arrivano in gran parte dalla Venezia-Padova che fu il regno di Lino Brentan – i sindacati sembrano più impegnati a farsi la guerra alimentando la disaffezione di buona parte dei lavoratori.

Da un lato ci sono Ugl, Cisl e Cisal e dall’altro ci sono la Uil e la Cgil. Le posizioni sull’integrativo sono molto diverse, anche perché le sigle rappresentano settori diversi: mentre l’Ugl è più forte tra gli esattori, Cgil e Uil lo sono tra gli impiegati.

Dopo il servizio pubblicato martedì sulla Nuova in cui si dava conto della battaglia legale tra Cav e ministero sul numero minimo di esattori da tenere ai caselli e del confronto tra i sindacati, è apparsa nelle bacheche una lettera anonima – dai toni tutt’altro che concilianti – che se la prende non solo con l’Ugl ma con tutti gli esattori accusandoli di «rimanere incollati otto ore per turno davanti al televisore».

L’accordo integrativo è finito nel congelatore proprio perché non si riesce a raggiungere un accordo sul ruolo degli esattori, destinati ad essere marginali rispetto al potenziamento delle porte automatiche. Il punto di vista dell’Ugl è che «bisogna prendere coscienza del fatto che il mondo del lavoro autostradale è cambiato e che le esigenze delle aziende di oggi sono diverse dalle esigenze delle aziende di ieri», spiega Loredana Borghi della segreteria regionale Uil Trasporti secondo la quale non si può non capire che il mondo è cambiato, e la tecnologia ha rivoluzionato anche l’organizzazione delle autostrade. «La vera tutela della figura dell’esattore non sta nella difesa ad oltranza del mero servizio di presidio ai caselli», spiega la Borghi, «ma nel fatto che questo personale debba essere qualificato e arricchito anche con altre mansioni, ed eventualmente qualificato e ricollocato in azienda, solo così non si mette a rischio il posto di lavoro di nessuno».

L’esito della trattativa dipenderà molto anche dall’esito del ricorso al Tar del Lazio contro il dispositivo interpretativo del 2 luglio sui cosiddetti caselli a diamante del Dirigente del Ministero dei Trasporti secondo il quale sarebbe obbligatoria la presenza di un esattore per casello mentre oggi Cav, alle uscite di Spinea e Preganziol (dove si entra da una parte si esce dall’altra) nei turni notturni utilizza una persona per due caselli. Un principio che però la società autostradale vorrebbe estendere anche di giorno, in concomitanza con l’apertura del nuovo casello di Martellago e Scorzè, che dovrebbe essere pronto in primavera. Per ribadire il fatto che un solo esattore per Spinea, uno per Martellago e uno per Scorzè siano sufficienti c’è anche il fatto – secondo l’azienda – il fatto che il numero delle auto che esce a questi svincoli è, rispetto alla barriera di Villabona, del tutto marginale.

(f.fur.)

 

Cav vuole ridurre gli esattori alle uscite dell’autostrada, l’Ugl propone di lasciare all’azienda il premio di produzione

Ci sono la Cav contro il ministero, i sindacati contro la Cav, e una parte dei sindacati contro l’altra. Abbastanza per dire che, alla battaglia dei caselli, la sbarra resterà abbassata ancora per un bel po’. È da mesi che la società autostradale che gestisce il Passante di Mestre è intenzionata ad aumentare il numero delle stazioni automatiche incontrando come è immaginabile la resistenza degli esattori dei caselli – che nelle intenzioni iniziali dell’azienda dovrebbero essere ridotti da 84 a 76 – ma anche inciampando nelle direttive del ministero delle Infrastrutture. E l’Ugl: «Disposti a rinunciare al premio di produzione per garantire i posti di lavoro».

Il Ministero. A fronte di un confronto, anche teso, che dura da mesi, è arrivata lo scorso luglio una nota del ministero delle Infrastrutture, e in particolare della Struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali. Poche righe, inviate a tutte le società autostradali, nelle quali si legge che «le società dovranno garantire, in ogni caso e per l’intero arco delle 24 ore, la presenza fisica di personale di esazione in ogni stazione». Insomma – è il ragionamento del ministero – le società concessionarie gestiscono un servizio, prendendo una barca di soldi, e quindi devono farlo bene garantendo l’occupazione: non è ammissibile che, in caso di necessità, un automobilista sia costretto ad aspettare a lungo. I vertici della Cav (società mista Regione-Anas) si sono messi le mani tra i capelli perché la società veneta – così come le società Brescia-Padova o la Brebemi – non rispetta questo principio nei turni notturni (dalle 22 alle 6) alle uscite di Spinea e di Preganziol. Si tratta infatti di svincoli cosiddetti a diamante con due caselli distinti per l’entrata e per l’uscita e per la società una persona in servizio – che faccia la spola con l’auto da una parte all’altra in caso di necessità – è più che sufficiente. Tanto che, nelle intenzioni di Cav, c’è la volontà di applicare per tutto il giorno quel che oggi è limitato al solo turno notturno, anche al nuovo casello di Martellago-Scorzè, che aprirà in primavera.

Il ricorso al Tar. Per questo un mese e mezzo fa Cav ha deciso di impugnare davanti al Tar del Lazio la decisione del ministero delle Infrastrutture insieme all’Aiscat (l’associazione delle società concessionarie) la quale già aveva contestato il provvedimento sostenendo che l’obbligo di avere l’esattore sia «in contrasto con il principio di autonomia gestionale d’impresa che deve essere riconosciuta ad ogni attività imprenditoriale ivi compresa quella esercitata dalle società concessionarie» e che vi siano altre soluzioni, «alternative al presidio fisico», per fornire un servizio efficace. Nel caso di Cav, come si legge anche nel bilancio di esercizio 2013 «l’eventuale assistenza all’utenza è garantita da un monitoraggio centralizzato e da un’unica persona che sovrintende a tutte le necessità della stazione».

E gli esattori? Specie in via di estinzione. Il confronto sindacale. Tanto che per difendere i posti di lavoro, quelli dell’Ugl, rappresentativi soprattutto tra gli esattori, hanno annunciato di essere pronti a rinunciare al premio di produzione, pari a 7 mila euro per il triennio 2014-2017. Cgil e Uil, che avevano sposato la proposta aziendale di accelerare con le casse self-service e sono più votati tra gli impiegati, non hanno però nessuna intenzione di rinunciare al premio. «Perché dovremmo rinunciare a un diritto dei lavoratori?» chiosa Ilario Simonaggio, Filt Cgil sostenendo il punto di vista portato avanti in trattativa da Stefano Molena, rappresentante sindacale in azienda e pure segretario comunale del Partito democratico di Campolongo. «Noi preferiamo garantire l’occupazione e nuovi posti di lavoro con l’apertura del casello di Martellago», dice Stefano Gusson dell’Ugl, «e per farlo siamo pronti a rinunciare al premio. È un gesto di responsabilità».

A complicare i rapporti c’è una petizione, firmata da 109 dipendenti su 240, in cui si chiede si chiede di uscire dallo stallo di una situazione che riguarda «solo un settore e sta prevaricando il miglioramento di tutti».

E mentre i lavoratori si interrogano su cosa sia più giusto fare, la trattativa è al palo. E Ugl, con Cisl e Cisal, hanno proclamato lo stato di agitazione. I conti della Cav. La società di cui è presidente il leghista Tiziano Bembo non sta male. Dalla lettura del bilancio 2013 emerge che l’utile al netto delle imposte è stato di 9,8 milioni di euro, più del doppio del 2012, anche se è pur vero che a pesare è il debito con Anas di 986 milioni. Oggi c’è il Cda, e si discuterà anche di questo.

Francesco Furlan

 

Gazzettino – Ospedale a Padova est l’accordo non si trova

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

29

nov

2014

Il nuovo ospedale di Padova, faro dell’eccellenza veneta, policlinico universitario con i laboratori di ricerca accanto ai pazienti, 970 posti per 650 milioni di euro, non ha ancora una sede. Dopo otto anni anche ieri gli attori istituzionali coinvolti non sono riusciti a mettersi d’accordo. Davanti al presidente della Regione, Luca Zaia, che aveva dato l’ultimatum, la proposta del sindaco Massimo Bitonci di un’area nel quadrante di Padova est, nella zona del palasport, non è stata ritenuta idonea dalla Provincia e dall’Università che hanno manifestato alcune criticità, dall’inquinamento al fatto che 200mila metri quadrati erano troppo pochi. Il sindaco a dire la verità è arrivato con una lettera dei proprietari privati che confinano con l’area comunale, altri 200mila metri quadrati, i quali dichiaravano la loro disponibilità a vendere. Ma l’Università, pur dicendosi favorevole a valutare l’opzione, l’ha giudicata ancora allo stato virtuale. Risultato: il presidente Zaia per cercare di salvare l’accordo, ha chiesto ai tecnici dei soggetti coinvolti di effettuare una ulteriore verifica non solo su Padova est, ritenuta comunque un’area interessante, ma su tutte le altre proposte, compresa Padova ovest, che sembrava tramontata per sempre dopo la fine del project-financing in esame decretata proprio con una delibera regionale nell’ottobre scorso.

Un arretramento che fa salire il tono della polemica. Il sindaco Bitonci non le ha mandate a dire. «Mentre la Regione non ha sollevato obiezioni il presidente Soranzo (indipendente ma eletto con i voti dei sindaci Pd) ha provato un tentativo di scippo verso un comune esterno, motivato solo da penosi calcoli politici. Al rettore dico che se a Padova est abbiamo 200mila metri quadrati, a Padova ovest non ne abbiamo nemmeno uno visto che sono da espropriare».

L’Università però non chiude del tutto la porta: «Disponibili a valutare un allargamento a 400mila metri quadrati», mentre il presidente della Provincia, contrattacca: «Il sito lo devono decidere i 17 comuni che hanno aderito al Pati». Alla fine è il presidente Zaia che cerca di spegnere i fuochi. «Vogliamo l’ospedale a Padova e non fuori città. Per questo ho incaricato i tecnici di valutare approfonditamente l’area S. Lazzaro a Padova est e metterla in comparazione su esplicita richiesta di Provincia e Università con tutte le proposte, compresa la zona di Padova ovest. Ma l’imperativo categorico è di elaborare nel più breve tempo possibile una nuova bozza di accordo. I veneti e i padovani non possono più aspettare». Giusto.

Mauro Giacon

 

Il comitato promotore per una legge regionale ad hoc ha raccolto le adesioni necessarie

CHIOGGIA – Ne servivano 500, ne sono state raccolte, in meno di un anno, 705. Il comitato promotore di una legge regionale per finanziare la ferrovia Chioggia-Padova-Venezia, ha depositato ufficialmente in Comune le firme dei cittadini e chiede all’Amministrazione comunale di discutere la questione in Consiglio e di votare la delibera di iniziativa popolare già preparata dal comitato che, nei giorni scorsi, ha anche incontrato il presidente del Consiglio Daniel Tiozzo Fasiolo.

L’obiettivo, una volta votata dal Consiglio locale, è di arrivare direttamente a quello regionale. La proposta di legge risale nei contenuti al 2007 ed è stata redatta, su iniziativa di un gruppo di cittadini, con l’assistenza dell’Ufficio legislativo regionale (2009-13). Si fonda sull’applicazione dell’articolo 55 dello Statuto comunale e dell’articolo 20 del nuovo Statuto del Veneto, che consente a un Comune con oltre ventimila abitanti di presentare una proposta di legge.

«Già un passo avanti – afferma l’avvocato Giuseppe Boscolo, portavoce del comitato – sarebbe quello di poter discutere lo studio di fattibilità già esistente per la ferrovia in questione. L’ex assessore Renato Chisso si è sempre rifiutato e, ancora una volta, chiediamo alla Regione di renderlo pubblico e di permettere ai cittadini di discuterlo».

Marco Biolcati

 

Nell’assemblea straordinaria convocata da Alessandro Campalto

Primo: «Il triangolo dell’area della Riviera del Brenta compreso tra i corsi dei fiumi Brenta-Cunetta, Naviglio Brenta e Canale Novissimo è costantemente sottoposto a forte rischio idraulico».

Secondo: «Bastano 100/110 millimetri di pioggia costante per mettere in crisi tutto il sistema di smaltimento delle acque del territorio».

Terzo: «Le sempre più assidue situazioni di sofferenza idraulica sottolineano ancora una volta che la rete idraulica attuale non è più sufficiente a contenere i nuovi fenomeni piovosi».

Quarto: «Se lo Stato e la Regione del Veneto non metteranno urgentemente a disposizione del territorio i necessari finanziamenti regionali e statali per dare completezza alle azioni e alle opere previste dal Piano Generale di Bonifica e di Tutela del Territorio, la situazione è destinata a peggiorare».

Quinto: «La realizzazione dell’idrovia Padova-Venezia intesa come canale scolmatore delle piene del sistema Brenta-Bacchiglione è un’opera indispensabile per la salvaguardia idraulica di tutta la zona».

L’ira dei sindaci della Riviera del Brenta è tutta racchiusa in tali nodi emersi durante un’assemblea straordinaria convocata con carattere d’urgenza a Campolongo Maggiore dal neo presidente della Conferenza dei sindaci della Riviera del Brenta, Alessandro Campalto, dopo l’emergenza idraulica verificatasi la scorsa settimana. Presenti all’incontro anche i responsabili dei Consorzi di Bonifica «Bacchiglione» e «Acque Risorgive».

Se gli esperti idraulici hanno posto il limite di sopportazione idraulica del territorio rivierasco sotto i 100 millimetri, figurarsi cos’è successo la scorsa settimana quando in certe zone ne sono caduti di continuo ben oltre 200.

«Noi sindaci non abbiamo risorse economiche tali per poter risolvere il problema», ha dichiarato Alessandro Campalto. Non sembrano passarsela meglio i Consorzi di Bonifica, che si sono indebitati per anticipare di tasca propria, con i soldi dei consorziati, il pagamento di opere pubbliche volute e finanziate, finora a parole, dalla Regione.

Vittorino Compagno

MIRA – I sindaci coinvolti nel tracciati dell’Idrovia Padova – Venezia ascoltati in commissione ambiente in Consiglio regionale. «Sul tema ci sono posizioni diverse – sottolinea il consigliere regionale del Pd Bruno Pigozzo – che vanno recepite ed affrontate con risposte precise partendo dalla definizione della progettazione, per valutare una serie di nodi. In primo luogo la comparazione tra costi e benefici, sia per la soluzione come canale scolmatore in caso di precipitazioni eccezionali, che come canale navigabile di collegamento tra i poli industriali di Padova e Venezia ma soprattutto sull’impatto ambientale che l’opera avrà sulla laguna». Secondo il Pd, sarà necessario che la Regione chieda con forza al governo il superamento del Patto di stabilità per opere di salvaguardia come l’idrovia Padova-Venezia, «utilizzando tutte le possibili fonti di finanziamento regionali, nazionali ed europee». «Ho chiesto infine all’assessore Conte – afferma Pigozzo – che venga inserito, in fase di affidamento del progetto, uno strumento di monitoraggio sull’evoluzione delle soluzioni da adottare».

(l.gia.)

 

MIRA «L’idrovia va fatta anche superando i vincoli del patto di stabilità». A chiederlo è il consigliere regionale del Pd Bruno Pigozzo dopo che ieri i sindaci della Riviera del Brenta e del Padovano sono stati ascoltati in Commissione ambiente della Regione.

«È necessario chiedere con forza al Governo il superamento del patto di stabilità per opere di salvaguardia idraulica come l’idrovia Padova-Venezia, utilizzando tutte le fonti di finanziamento regionali, nazionali ed europee», spiega Pigozzo.

La Regione infatti ha avvallato il progetto per la realizzazione del completamento dell’ idrovia Padova-Venezia: sarà sia un canale scolmatore che un canale navigabile di classe 5. A favore senza condizioni ci sono i comuni del Padovano e della Riviera del Brenta, tutti eccetto Mira che con l’amministrazione grillina e il suo assessore ai lavori pubblici Luciano Claut ha espresso forti dubbi in tema di possibili allagamenti ed inquinamenti provenienti dalle ingenti quantità d’acqua scolmata in laguna.

Pigozzo e il gruppo Pd in Regione recepiscono questa preoccupazione. «È fondamentale capire», dice Pigozzo, «l’impatto che avrà l’opera in termini di inquinanti e sversamenti. Quello che va fatto per realizzare un’opera fondamentale in funzione anti allagamento è assegnare nella programmazione dei fondi europei la massima priorità agli interventi destinati alla salvaguardia idraulica come appunto il completamento dell’idrovia».

Chiede invece una riflessione il Comitato Acque del Mirese con il suo presidente Omar Bison: «Si rifletta sulle conseguenze che uno scolmatore come quello che si vuole costruire avrà sui territori vicino alla foce quando ci saranno le piene: ci sarà una marea alta e il Mose sarà chiuso. Lo scolmatore-idrovia rischia di mandare sott’acqua Mira in determinate condizioni».

(a.ab.)

 

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